Jojo Rabbit (2019)

Jojo Rabbit
Locandina Jojo Rabbit
Jojo Rabbit è un film del 2019 prodotto in Germania e USA, di genere Commedia e Drammatico diretto da Taika Waititi. Il film dura circa 108 minuti. Tratto dal romanzo 'Il Cielo in Gabbia' (Caging Skies) di Christine Leunens. Il cast include Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Scarlett Johansson, Taika Waititi, Sam Rockwell, Rebel Wilson, Alfie Allen, Stephen Merchant, Archie Yates, Luke Brandon Field, Sam Haygarth, Stanislav Callas. In Italia, esce al cinema giovedì 16 Gennaio 2020 distribuito da 20th Century Fox. Disponibile in homevideo in DVD da martedì 30 Giugno 2020, in Digitale da giovedì 30 Aprile 2020. Al Box Office italiano ha incassato circa 3499405 euro.

Il regista Taika Waititi (Thor: Ragnarok, Selvaggi in Fuga – Hunter for the Wilderpeople) imprime il suo stile distintivo, caratterizzato da umorismo e pathos, nel suo ultimo film, Jojo Rabbit, satira sulla Seconda Guerra Mondiale che segue le imprese di un ragazzo tedesco piuttosto solitario (Roman Griffin Davis nei panni di Jojo), la cui visione del mondo viene sconvolta quando scopre che sua madre (Scarlett Johansson), che è single, tiene nascosta in soffitta una giovane ebrea (Thomasin McKenzie). Aiutato solo dal suo amico immaginario, Adolf Hitler (Taika Waititi), Jojo è costretto a confrontarsi con il suo cieco nazionalismo.

Jojo Rabbit, scritto e diretto da Taika Waititi si ispira al romanzo “Il Cielo in Gabbia” di Christine Leunens ed è interpretato da Roman Griffin Davis, Thomasin McKenzie, Taika Waititi, Rebel Wilson, Stephen Merchant, Alfie Allen, con Sam Rockwell e Scarlett Johansson. I produttori sono Carthew Neal, Waititi e Chelsea Winstanley. Il team dietro le quinte comprende il direttore della fotografia Mihai Malaimare, lo scenografo Ra Vincent, il responsabile del montaggio Tom Eagles, il compositore Michael Giacchino, la costumista Mayes Rubeo, la make-up e hair designer Dannelle Satherley e il supervisore degli effetti visivi Jason Chen.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 16 Gennaio 2020
Uscita in Italia: 16/01/2020
Data di Uscita USA: venerdì 18 Ottobre 2019
Prima Uscita: 18/10/2019 (USA)
Genere: Commedia, Drammatico, Guerra
Nazione: Germania, USA - 2019
Durata: 108 minuti
Formato: Colore
Produzione: Fox Searchlight Pictures, TSG Entertainment (in associazione con), Piki Films, Defender Films
Distribuzione: 20th Century Fox
Box Office: USA: 31.779.308 dollari | Italia: 3.499.405 euro
Note:
Presentato l'8 Settembre 2019 al Toronto International Film Festival.
Soggetto:
Tratto dal romanzo 'Il Cielo in Gabbia' (Caging Skies) di Christine Leunens.
In HomeVideo: in Digitale da giovedì 30 Aprile 2020 e in DVD da martedì 30 Giugno 2020 [scopri DVD e Blu-ray]

Cast e personaggi

Regia: Taika Waititi
Sceneggiatura: Taika Waititi
Musiche: Michael Giacchino
Fotografia: Mihai Malaimare Jr.
Scenografia: Ra Vincent
Montaggio: Tom Eagles
Costumi: Mayes C. Rubeo

Cast Artistico e Ruoli:



Voci italiane (doppiatori):
Valeriano Corini (Jojo), Alessandro Budroni (Adolf Hitler), Domitilla D'Amico (Rosie), Emanuela Ionica (Elsa), Riccardo Rossi (Capitano Klenzendorf), Roberto Gammino (Capitano Deertz), Emanuela Damasio (Fraulein Rahm), Arturo Sorino (Yorki)


Produttori:
Carthew Neal (Produttore), Taika Waititi (Produttore), Chelsea Winstanley (Produttore), Kevan Van Thompson (Produttore esecutivo)


Make-Up e Hair Designer: Dannelle Satherley | Supervisore Effetti Visivi: Jason Chen | Casting: Des Hamilton.

Recensioni redazione

Jojo Rabbit, recensione del film
Jojo Rabbit, recensione del film
Matilde Capozio, voto 6/10
Dal regista di Thor: Ragnarok, una satira politica di grande ricchezza visiva, con più di un richiamo al presente, interpretata da Scarlett Johansson e Sam Rockwell.

Immagini

[Schermo Intero]

Jojo Rabbit offre, attraverso gli occhi di un bambino, la visione acutamente divertente, ma profondamente conturbante, di una società divenuta preda dell’intolleranza. Attingendo alla sua personale eredità ebraica e alle sue esperienze di vita circondate da pregiudizi, l’autore-regista Taika Waititi (la cui madre è ebrea, mentre il padre è Maori) è artefice di una potente presa di posizione contro l’odio attraverso una spietata satira della cultura nazista che si impossessò della psiche tedesca al culmine della seconda guerra mondiale. Waititi fa sua una storia che è un po’ troppo inquietante per potervisi avvicinare con sobria solennità, quella di un ragazzo che, come molti altri in quel periodo, viene sottoposto a lavaggio del cervello fino a raggiungere una devozione totalizzante nei confronti di Hitler. Ne ricava poi una commedia nera e affascinante, che in ultima analisi scardina l’ideologia malsana dell’antisemitismo e della persecuzione del prossimo. Sempre in equilibrio sul filo della comicità, Waititi mescola la furia della sua satira con un persistente senso di fiducia nella possibilità che fanatismo e odio vengano messi da parte.

Il film segue in modo evidente le tracce di alcuni degli eroi cinematografici di Waititi: Mel Brooks, Charlie Chaplin, Ernst Lubitsch e Stanley Kubrick, solo per citarne alcuni. Come questi registi, Waititi era alla ricerca di una nuova modalità di rivisitazione di uno dei temi più inquietanti, attraverso la forza paradossalmente morale di una genuina parodia. In particolare Waititi fa eco a Brooks, attore ebreo che sovverte il potere persistente dell’immagine di Hitler attraverso il suo ritratto stravagante e ridicolizzato. Ma tanto quanto il film è in debito con i suoi audaci precursori, così Jojo Rabbit richiama molti aspetti dei nostri tempi, con i suoi personaggi profondamente umani, le cui cieche manie possono anche divertire, ma i cui dissidi interiori sono tremendamente reali ed evidentemente attuali.

Basata sul romanzo di Christine Leunens, “Il Cielo in Gabbia”, pubblicato per la prima volta nel 2004, la storia prende il via nell’immaginaria Falkenheim. In questa pittoresca cittadina dominata dai nazisti, la fine della guerra si sta rapidamente avvicinando. Eppure, nella cameretta di Jojo Betzler, che ha dieci anni, sta montando l’attesa. Oggi per lui si presenterà finalmente l’occasione che aspettava da sempre: quella di unirsi al Jungvolk, la Gioventù Hitleriana. A Jojo, credulone e sensibile com’è alla pervasiva propaganda che lo circonda, questa sembra la sua prima occasione per fare qualcosa di grande e importante, per proteggere la madre single che ama più di ogni altra cosa, e forse anche per provare un senso di appartenenza.

Per lenire le sue insicurezze, Jojo si fa accompagnare da uno sproporzionato amico immaginario: una versione clownesca e strampalata di Hitler, che, con il contorno di tutte le emozioni tipiche di un bambino, dispensa i consigli che Jojo avrebbe desiderato ricevere dal padre assente. Con Adolf in testa, Jojo si sente invincibile. Ma in realtà, per Jojo questo è solo l’inizio dei suoi problemi. Umiliato (e quasi decapitato) nel campo del Jungvolk, la sua frustrazione non fa altro che aumentare.

Poi, a un certo punto, Jojo fa una scoperta che lentamente, ma radicalmente, sarà destinata a trasformare la sua visione del mondo. Inseguendo quello che crede essere una specie di fantasma, scopre invece che sua madre tiene nascosta una ragazza ebrea, con enormi rischi per tutti quanti. Lo shock quasi lo annulla: ecco il “pericolo” di cui era stato avvertito, qui in casa sua, sotto il suo naso, a pochi metri da dove ha l’abitudine di confidarsi con Hitler, il suo amico immaginario. Ma mentre Jojo cerca di tenere d’occhio la misteriosa Elsa, la sua paura e la sua attenzione si trasformano in qualcosa che nemmeno Adolf riesce a capire. Infatti, più conosce Elsa e più lei diventa una persona a cui Jojo non può immaginare che qualcuno, compresi i suoi idoli nazisti, possa fare del male.
Se per un verso Jojo Rabbit è un’allegoria comica sul prezzo del predominio del fanatismo, non importa se in camera da letto o in una nazione, quello di Jojo è anche il viaggio molto realistico di un bambino che diventa grande. Perché trovando il coraggio di aprire la mente, scopre come l’amore abbia il potere di cambiare il suo percorso.

Waititi dice che la sua speranza è sempre stata quella che il film potesse portare un totale, profondo sconvolgimento. Voleva mettere in discussione la sua stessa comfort zone, ma anche la convinzione che le storie sull’era nazista fossero già state tutte raccontate, soprattutto in un momento in cui la lezione di quei tempi è ancora straordinariamente attuale. Con il nazionalismo, l’antisemitismo e altre forme di intolleranza religiosa e razziale che montano, la sfida di riuscire a catturare l’attenzione della gente era enorme.

“Sapevo di non voler realizzare un film drammatico che trattasse apertamente di odio e pregiudizio, dato che siamo già più che abituati a quello stile”, spiega Waititi. “Quando una cosa mi sembra un po’ troppo facile, mi piace farci irrompere il caos. Ho sempre pensato che la commedia fosse il modo migliore per mettere il pubblico in una buona disposizione. Così, con Jojo Rabbit, voglio conquistare il pubblico con le risate, e una volta che si è abbassata la guardia, incomincio a somministrare questi piccoli carichi drammatici con il loro peso importante.”

Per la scrittrice Christine Leunens, la ripresa del suo libro da parte di Waititi, così concentrata e dall’umorismo più tagliente, rappresenta un interessante utilizzo della commedia al servizio di una storia di enorme serietà. “Nei film di Taika le risate non sono mai fine a se stesse”, osserva la Leunens. “Hanno delle implicazioni. Anche se non le si coglie subito, se ne sentirà l’effetto nel seguito. È dopo la risata che incominciano a farsi sentire, e la coscienza viene spinta a riflettere su cose che non sono del tutto giuste, né divertenti, su emozioni più profonde e complesse, e tra queste, la percezione dell’assurdità della situazione, la tragedia e il dolore.

NOTE DI REGIA – Taika Waititi

“Sono sempre stato attratto dalle storie in cui il mondo è visto attraverso gli occhi dei bambini. Qui, il caso vuole che si tratti di un bambino su cui normalmente si tenderebbe a non investire.

Mio nonno ha combattuto i nazisti durante la Seconda Guerra Mondiale e sono sempre stato affascinato da quel momento storico e da quegli eventi. Quando mia madre mi parlò del libro di Christine Leunens, “Il Cielo in Gabbia” fui attratto dal fatto che fosse raccontato attraverso gli occhi di un bambino tedesco indottrinato all’odio dagli adulti.

Avendo figli io stesso, sono diventato ancora più consapevole del fatto che gli adulti dovrebbero guidare i bambini nella vita e allevarli perché diventino la migliore versione di se stessi, eppure in tempo di guerra spesso accade il contrario. In effetti, dal punto di vista di un bambino, gli adulti di questi tempi sembrano essere piuttosto caotici e assurdi, proprio quando tutto quello di cui il mondo ha bisogno è una guida e un po’ di equilibrio.

Da ebreo maori, ho fatto esperienza di un certo grado di pregiudizio, quindi lavorare a Jojo Rabbit è stato un modo per ricordare, soprattutto oggi, che dobbiamo educare i nostri figli alla tolleranza e continuare a ripeterci che non ci deve essere posto per l’odio in questo mondo. I bambini non nascono nell’odio, vi vengono addestrati.

Mi auguro che l’umorismo di Jojo Rabbit contribuisca a coinvolgere una nuova generazione; è importante continuare a trovare modi sempre nuovi e originali per continuare a raccontare l’orribile storia della seconda guerra mondiale alle nuove generazioni, in modo tale che i nostri figli possano ascoltare, imparare e progredire, uniti verso il futuro.

Alla fine dell’ignoranza, sperando che possa essere sostituita dall’amore.”

LA CREAZIONE DI JOJO RABBIT

Sullo schermo i nazisti sono stati oggetto di parodia già negli anni ’40, quando erano ancora una minaccia globale, con il motivo ricorrente dell’ultima risata sempre riservata a loro. Come disse una volta Mel Brooks: “Se riesci a ridurre Hitler a qualcosa di ridicolo, hai vinto.”

La tradizione va da Chaplin (Il Grande Dittatore), Lubitsch (Essere o non Essere) e Brooks (The Producers), fino a John Boorman (Speranza e Gloria), Roberto Benigni (La Vita è Bella) e persino Quentin Tarantino (Bastardi Senza Gloria).

Spesso ha scatenato polemiche. Si dice che il padre del comico ebreo Jack Benny sia uscito dal cinema sconvolto dall’interpretazione di suo figlio nei panni di un ufficiale della Gestapo in Essere o non Essere. Ma il film ha anche commosso generazioni e oggi è considerato un esempio magistrale di come la satira più ferocemente irriverente possa diventare un trampolino di lancio per una narrazione poliedrica e dal taglio umano.

Stephen Merchant, che in Jojo Rabbit interpreta la parte di un tetro gerarca nazista, osserva: “Sia durante la guerra, sia dopo, Hitler è stato costantemente deriso, perché per la gente era un modo di affrontare l’orrore a cui stava assistendo. Taika si inserisce nella stessa tradizione, ma con una sua voce molto moderna.”

La voce originalmente fuori dal coro di Waititi è per la prima volta venuta alla ribalta con una serie di commedie insolite e commoventi, caratterizzate da un tocco personale e per così dire artigianale, tra cui Eagle vs Shark e Boy. A seguito del successo del suo mockumentary Vita da Vampiro – What we do in the Shadows e della commedia avventurosa Vita da Selvaggi, Marvel lo ha scelto per portare la sua creatività bislacca in Thor: Ragnarok. (Ha anche interpretato Korg in quest’ultimo film, un ruolo che ha ripreso in Avengers: Endgame).

Jojo Rabbit è per molti versi candidato a rappresentare il culmine della sua carriera, con la sua mescolanza di elementi emotivamente intimi ed eccentricamente divertenti a temi epici che accendono la sua immaginazione. Ma in realtà il seme del film venne gettato dalla madre di Waititi, nativa neozelandese la cui famiglia russa di religione ebraica emigrò nel paese nei primi anni del 1900. Fu lei a leggere per la prima volta “Il Cielo in Gabbia” di Christine Leunens e a raccontare a Waititi la storia di un ragazzo la cui cieca fede in Hitler viene messa in discussione quando scopre che la sua famiglia tiene nascosta una ragazza ebrea dietro a un falso muro della soffitta.

“Gli parlò del libro, pensando che potesse avere un significato per lui”, osserva il produttore Carthew Neal. “Leggendolo, Taika si rese conto che era molto più serio di quanto immaginasse, ma aveva l’anima e la solennità richieste da una storia di questo tipo. Prese quindi le mosse da lì, aggiungendovi il suo tocco personale e trasferendo la storia all’interno del suo universo comico e variegato.”
Afferma Waititi: “Il libro è drammatico, pur avendo momenti comici. Ma ho sentito che se volevo affrontare questo argomento, avrei dovuto trattarlo con la mia personalità e il mio stile. In altre parole, più elementi fantastici e naturalmente più umorismo, una sorta di alternanza di dramma e satira.”

Waititi ha stupito la Leunens facendo del suo libro qualcosa di simile a un riff jazzistico, trasformando la struttura della storia in una buffa allegoria di come la disseminazione della paura possa mettere radici in menti ingenue, e come l’amore possa inaspettatamente fare crollare i muri che alziamo tra noi e gli altri. “Se il libro fosse un dipinto classico, il film di Taika sarebbe Guernica di Picasso”, riflette la Leunens. “Ha inserito tutte le scene più importanti, ma lo ha fatto aggiungendovi molti tocchi personali.”

In effetti, Waititi ha immesso in Jojo Rabbit la sua personale familiarità con la pervasività del fanatismo dei nostri tempi. “La maggior parte dei pregiudizi di cui sono stato vittima derivava dal colore della mia pelle”, spiega. “Tradizionalmente, in Nuova Zelanda, esiste un pregiudizio nei confronti del popolo maori. L’ho vissuto diventando grande e ho imparato a scrollarmelo di dosso. Non è un gran risultato, ma si fa quello che si può. In ogni caso, penso di essere riuscito a volgere in commedia molti di questi sentimenti. Ecco perché mi sento molto a mio agio nel ridicolizzare le persone che considerano una cosa intelligente odiare qualcuno per quello che è.”

Mentre scriveva il copione, Waititi si è lasciato conquistare soprattutto dall’idea che Elsa, la ragazza ebrea che emerge da dietro il muro, potesse trasformare Jojo, suo malgrado. “La cosa su cui ho deciso di puntare è stato il tentativo di creare un’amicizia tra due individui che, in cuor loro, si sentono nemici assoluti. Mi piace la dinamica per cui, contrariamente a quanto Jojo si aspetta, Elsa tiene tutte le carte in mano e conduce le danze”, aggiunge. “D’altra parte, si trovano in un circolo vizioso che li unisce, in quanto entrambi dovrebbero affrontare rischi terribili se il loro segreto dovesse essere svelato.”

Fondamentale per Waititi è stata anche la rappresentazione di tutti i nazisti del film come figure ridicole di cui farsi beffa, ma al contempo anche umane, con gli stessi difetti e debolezze che abbiamo tutti, il che rende la loro adesione all’ideologia fascista qualcosa di più grande di un agghiacciante ammonimento sulla facilità con cui le ideologie perverse possano attecchire su larga scala. Questo è particolarmente vero per Jojo, che inizialmente venera ciò che considera la forza di Hitler, fino a quando non riesce a cogliere in Elsa e in sua madre un potere ben più grande basato sui principi.
“Per me era importante che Jojo fosse chiaramente rappresentato come un bambino di dieci anni che non sa assolutamente niente della vita”, spiega Waititi. “In pratica ama semplicemente l’idea di indossare un’uniforme e di essere accettato. Ed è così che i nazisti indottrinavano i bambini, facendoli letteralmente sentire parte di questa banda fantastica.”

Mentre nel libro della Leunens Jojo cresce, Waititi ancora per tutto il tempo il film al punto di vista di uno stupefatto bambino dell’età di dieci anni. “Mi interessava l’idea di indagare la follia della guerra e l’odio, cosa che gli adulti manifestano ampiamente, attraverso gli occhi di un bambino”, afferma. “Gli adulti dovrebbero essere coloro che guidano i bambini e li allevano per essere la versione migliore di se stessi. Eppure, quando i bambini ci guardano in tempo di guerra, penso che ai loro occhi gli adulti risultino ridicoli e insani. Così mi sono avvicinato al racconto come un bambino che fa del suo meglio per dare un senso al suo mondo, nel momento più assurdo e caotico della storia”.

D’altra parte, Waititi sapeva di dover dare al pubblico un motivo per seguire Jojo all’interno del suo mondo. “Dovevo trovare qualche modo per creare nello spettatore interesse per Jojo”, spiega. “Uno era quello di dimostrare che in realtà Jojo si sente bullizzato, spaventato e insignificante nel più ampio quadro delle cose, e, come tutti i bambini, ha grandi sogni.”

Da un altro punto di vista, Waititi ha voluto porre al centro del suo film un resiliente legame tra madre e figlio. Ha trasformato Rosie Betzler non solo in una madre single, ma anche in una donna ribelle che decide che, fino a quando gli ideali di empatia e tolleranza saranno relegati ai margini, si batterà con coraggio per farli prevalere. Diversamente da Jojo, percepisce anche fin troppo chiaramente il mondo avvelenato che Hitler sta forgiando, e quindi la sua risposta immediata è quella di intervenire, “facendo quello che può”, come dice lei, il che, nelle sue modalità appassionatamente pratiche, non è poco. Ma questo significa anche nascondere a Jojo la verità che riguarda la sua vita per tenerlo al sicuro, sperando che il suo bambino si ravveda presto.

“Nella mia vita ci sono un sacco di donne forti, quindi volevo che anche questa fosse la storia di una mamma single dalla forza straordinaria che cerca di salvare suo figlio, e non soltanto da questa situazione orrenda, tentando allo stesso tempo di preservare l’innocenza di Jojo”, dice Waititi. “Il film Alice non abita più qui di Scorsese è stato per me un importante punto di riferimento. Ho sempre amato il ritratto di madre rappresentato da Ellen Burstyn in quel film, pasticciona e divertente, mi ricorda la mia, quindi era qualcosa a cui puntavo nella creazione del personaggio di Rosie.”
Se da una parte il film propone alcuni anacronismi come i brani dei The Beatles e Bowie, scrivendo il copione Waititi si è immerso in libri e documentari sulla seconda guerra mondiale. “Ho letto molto sulla psiche del popolo tedesco prima della guerra, e sulla questione di come sia stato possibile indottrinare l’intero paese, come sia stata sfruttata la disperazione della gente dopo la depressione”, spiega. “Ho guardato alcuni documentari, come La Seconda Guerra Mondiale a Colori e Hitler’s Children, The Hiltler Youth, per farmi un’idea più precisa della situazione. Volevo raggiungere la massima accuratezza, giocando solo con le musiche, la tavolozza dei colori e la lingua.”

Più Waititi andava avanti a scrivere e più il risveglio di Jojo sembrava rispecchiare il modo in cui il mondo reagì dopo la Seconda Guerra Mondiale: stordito da una perdita collettiva di innocenza, per poi essere di nuovo unito nell’affermare che non si sarebbe mai più permesso a idee tanto odiose di propagarsi in quel modo. Eppure, i tempi stanno cambiando ancora.

“All’epoca in cui stavamo andando in produzione, iniziammo ad assistere a un rigurgito di questa mentalità”, osserva Waititi, “e il racconto della storia si fece ancora più urgente. Mi sento in buona compagnia con opere del tipo de Il Grande Dittatore, cerchiamo di divertire, ma tentiamo anche di fare presente quanto sia seria la situazione in questo momento. È anche un promemoria del fatto che quello di Hitler è un episodio veramenterecente della storia umana e dobbiamo continuare a parlarne, perché le dinamiche che l’hanno provocato non sono affatto venute meno”.

Waititi non si è mai posto dei limiti nella scrittura del copione, sapendo che per dire ciò che voleva, doveva essere estremamente risoluto. “Da artisti ci si vuole mettere costantemente alla prova, e se non sono preoccupato del rischio che un progetto possa rivelarsi un disastro, non ci provo nemmeno”, confessa. “Mi piace che il mio lavoro risulti abbastanza pericoloso da poter essere un fallimento. Perché è allora che inizio ad attivarmi, incomincio a cercare di renderlo il migliore possibile, ed è così che crescono la mia creatività e la mia inventiva.”

Quando la sceneggiatura ha iniziato a circolare, quella forza inventiva è diventata la sua attrattiva principale. Il libero uso di un dialogo contemporaneo scelto da Waititi è molto piaciuto agli attori, che hanno apprezzato la sensazione di avere un piede saldamente radicato in una realtà molto vitale, e l’altro che si muove su un terreno molto più eccentrico.

Sam Rockwell si è letteralmente innamorato della sceneggiatura. “Mi è sembrata geniale e non lo dico tanto per dire. Intendo dire, Taika ha una mente straordinaria”, sostiene Rockwell. “Ricordo di aver letto la scena in cui Rosie dice a Jojo quanto sia forte l’amore e Jojo le risponde: ‘È il metallo la cosa più forte del mondo!’. È una scrittura fresca e divertente, ma al tempo stesso piacevole e commovente.”

Rockwell continua: “Taika ha una sensibilità influenzata da Mel Brooks e dai fratelli Marx e la mescola con una narrazione incredibilmente intensa e pregnante. Sa camminare in bilico sulla corda tesa.”
Per Scarlett Johansson, che interpreta Rosie, la vivace madre di Jojo, l’interesse per la sceneggiatura risiedeva nei rischi che essa comporta: il modo in cui Waititi intreccia farsa e disastro, portando la storia dalla commedia nera alla più caotica follia, fino a uno struggente senso di meraviglia. “Ciò che di più bello ho trovato in questa storia è la speranza che si arriva a provare alla fine, del tutto inaspettata,” osserva la Johansson.

ALLA RICERCA DI JOJO

Per poter dare vita a Jojo Rabbit, Waititi doveva per prima cosa trovare uno Jojo in carne ed ossa. Sarebbe esistito nella realtà un ragazzo che potesse incarnare con disinvoltura la girandola di passioni cieche e di emozioni indomite del suo personaggio, riuscendo allo stesso tempo a caricarsi sulle sue piccole spalle anche i temi impegnati del film e la profonda trasformazione di Jojo? Per rispondere a questa difficile domanda, Waititi e il team del casting hanno esaminato oltre 1.000 video di provini. Hanno condotto una ricerca estenuante, dalla Nuova Zelanda e dall’Australia al Regno Unito, agli Stati Uniti, al Canada e alla Germania. Alla fine, la ricerca si è bruscamente arrestata nel momento in cui si sono imbattuti nell’undicenne britannico, Roman Griffin Davis.

Davis sembrava intuire, con una raffinatezza quasi inquietante per i suoi pochi anni, come il semplice desiderio di Jojo di essere accettato, ammirato e amato si piegasse al servizio un programma cupo e malvagio.
Neal ricorda: “Taika stava cercando qualcuno che avesse quella speciale scintilla negli occhi e il grande entusiasmo per la vita di Jojo. Roman ci è piaciuto subito, ma successivamente abbiamo anche potuto constatare che era dotato della capacità di mescolare rabbia, ansia, piacere della scoperta e altre emozioni delicate con l’umorismo. La capacità di concentrazione di Roman è impressionante per un bambino della sua età, ed è stato in grado di portare un’intensità unica in scene molto difficili.”
Davis afferma che il suo più grande momento di ispirazione è stato quello in cui ha intravisto la possibilità di ricordare alla gente la storia straziante del fanatismo, e quanto questo possa profondamente influenzare non soltanto intere società, ma in particolare i bambini.

“In un’occasione ricordo di avere parlato di una svastica a un amico, ma lui non sapeva cosa fosse. Gli dissi che è il logo nazista, ma non sapeva nemmeno che faccia avesse”, spiega Davis. “Spero quindi che questo film ricordi alla gente quello che è successo nella Germania nazista attraverso un racconto diverso e mai sentito prima. Quello che amo di più del film è che anche se si tratta di argomenti pesanti, e di argomenti davvero importanti, molti di essi sono presentati attraverso l’umorismo e la commedia.”
Nonostante fosse il suo primo ruolo sullo schermo, e pur essendo stato intensamente sostenuto da Waititi e da compagni di cast di grande esperienza, Davis era cosciente di dover affrontare un compito immane.

“Jojo è un ragazzo estremamente conflittuale, quindi è stata una grande sfida”, ammette Davis. “Quando lo si incontra per la prima volta, lui crede veramente a tutta la propaganda a cui ha assistito. Ma si capisce anche che è solo un ragazzino ingenuo che non sa realmente di cosa si parli! Nei nazisti sta cercando qualcosa che gli manca nella vita. Suo padre se n’è andato, e sua madre è occupata con faccende di cui non parla mai, quindi non ha nessuno, a parte il suo amico immaginario, e crede che l’unico che possa aiutarlo davvero sia Hitler.”

Waititi sostiene che il suo obiettivo nel lavorare con Davis era quello di lasciare trasparire tutte le sue naturali reazioni, e il suo innato carisma. “Roman è davvero un ragazzino tenero e delizioso, e quando sei in giro con lui, tendi a proteggerlo. Ha un gran buon cuore, e siamo sempre stati convinti che questo aspetto avrebbe contagiato anche i risvolti meno evidenti del personaggio. C’è molto di Roman nel Jojo che recita sullo schermo.”

Sul set, Waititi ha lasciato a Davis lo spazio necessario per la sua personale esplorazione, ma si è anche servito, in qualità di coach, della sua rodata collaboratrice Rachel House, che si era occupata anche dei due protagonisti del suo precedente film Boy e di Selvaggi in Fuga, James Rolleston e Julian Dennison.
In aggiunta, un cast di alto livello ha sommerso Davis di consigli da veterani. “Nel corso del film, Roman è diventato un attore straordinario, in parte grazie al fatto di lavorare con grandi attori come Scarlett Johansson, Sam Rockwell, Rebel Wilson e Alfie Allen. Ha imparato a fare le domande giuste”, dice Waititi.
Rockwell osserva: “Taika è stato davvero bravo a far calare Roman nell’esperienza di Jojo, in un modo sempre divertente per lui. Non era una cosa semplice.”

In preparazione al suo ruolo, Davis ha studiato la Gioventù Hitleriana, l’organizzazione creata nel 1922 per indottrinare bambini e ragazzi all’ideologia nazista e addestrarli ad essere, in ultima analisi, degli strumenti di guerra. Questo gli ha fatto capire quanto fosse oscura la realtà del mondo di Jojo, al di là del fatto che lui la prendesse semplicemente come una gloriosa avventura, come è giusto che sia per un bambino di dieci anni.

“Quello che i nazisti hanno fatto ai bambini è stato davvero tremendo”, dice Davis. “Volevano avere un esercito di fanatici che li aiutasse a conquistare il mondo. Adesso so che c’erano soldati sedicenni in prima linea, ed erano terrorizzati, ma spesso erano i più coraggiosi e molti di loro sono stati uccisi”.

A completare il mondo a parte in cui vive Jojo, nel ruolo del suo adorabile migliore amico Yorki, c’è Archie Yates, che con grande partecipazione affettiva fa sua la visione molto personale del suo personaggio rispetto al mondo che lo circonda. Waititi parla di Archie, “È proprio come lo si immagina: un personaggio che ha illuminato il set e che tutti hanno amato. Ha un modo molto diverso e particolare di vedere il mondo, è molto fiducioso. In molti casi lui e Jojo sembrano i due personaggi più sani di mente del film.”

Per quanto bizzarra e inattesa fosse l’interazione con Hitler, per Davis alcune delle scene più impegnative sono state quelle in cui Jojo non sa come reagire nei confronti di Elsa, che è convinto essere dotata di poteri diabolici.
“È stato davvero difficile per me, perché all’inizio Jojo pensa tra sé e sé: ‘tutta la tua razza è inaffidabile’ e questo è completamente sbagliato”, afferma Davis. “Elsa vive sostanzialmente in un buco, affamata e tutta sola, quindi era difficile per me provare sentimenti così forti e scagliarmi contro di lei con invettive filo-naziste.”

Eppure, neanche Jojo riesce mantenere vivi a lungo i suoi sospetti nei confronti di Elsa. Se inizialmente si limita a mantenere il segreto per paura che sua madre venga arrestata, più conosce Elsa, e meno riesce a resistere a quella che sente come un’amicizia autentica e rivelatrice che scuote il suo mondo. Per molti versi, Elsa ha il coraggio e il senso di dignità che Jojo riesce solo a sognare di avere. Quando inizia a scrivere le false lettere del fidanzato di Elsa, Nathan, Jojo non può fare a meno di impregnarle della sua crescente infatuazione.

“Nonostante tutto quello che crede di dover pensare di lei, Jojo inizia ad amarla davvero”, osserva Davis. “Credo che sia abbastanza sconcertante per lui: come può provare un tale affetto per Elsa nonostante le sue radicate convinzioni? È costretto a mettere tutto in discussione, Hitler compreso.

Thomasin McKenzie, ELSA
Per interpretare Elsa, la “ragazza del muro” che Jojo scopre con estremo stupore, Waititi è andato alla ricerca di un’adolescente che potesse portare la forza ferrea e la padronanza di sé in grado di disinnescare la diffidenza di Jojo. Doveva essere abbastanza misteriosa da invogliare Jojo a voler saperne di più, ma con un’umanità in grado di liberare Jojo dalle sue illusioni e di metterlo di fronte al fatto sconcertante che tutto ciò che è stato indotto a credere sugli ebrei non è nient’altro che un’enorme menzogna.
Più di tutto, Waititi voleva che Elsa provasse un po’ di gioia nell’esercitare il suo potere su Jojo. “Elsa si trova in una situazione precaria per tutto il percorso, intrappolata in quella minuscola intercapedine, ma ciò che Taika voleva più di tutto era di contrastare le circostanze dimostrando che Elsa è in realtà più forte e accanita di chiunque altro”, afferma Neal.
Waititi ha trovato la sicurezza grintosa e complessa di cui era alla ricerca in Thomasin McKenzie, neozelandese, che è salita alla ribalta internazionale l’anno scorso, grazie alla sua straordinaria performance nel ruolo di una ragazza senzatetto che vive nei boschi con il padre, in Senza Lasciare Traccia di Debra Granik. “Ho conosciuto Thomasin in Nuova Zelanda”, osserva Waititi. “E sapevo che era una stella nascente, dotata di qualcosa di veramente speciale.”
Se da una parte il personaggio di Elsa rappresenta la speranza e la resilienza dell’umanità di fronte all’odio sfrenato e al male… Waititi l’ha voluta rappresentare anche come un’esuberante adolescente moderna.
Waititi afferma: “Tutto ciò che Jojo sa degli ebrei viene dalla propaganda e dagli insegnamenti ricevuti a scuola, secondo i quali gli ebrei hanno le corna e la coda del diavolo, e sono creature mostruose. Quindi, volevo che Elsa fosse una ragazza molto carina, e sveglia, con un piglio da dura, in modo che Jojo ne fosse immediatamente affascinato e intimidito.”
Toccata da questa storia con “una prospettiva sconosciuta”, McKenzie si è tuffata nelle ricerche. Queste ultime, insieme alle conversazioni con Waititi, l’hanno portata ad approfondire la psiche di Elsa e l’hanno aiutata a creare un personaggio che sfida gli stereotipi. “Ho fatto molte ricerche personali su cosa volesse dire essere una giovane ebrea durante la Seconda Guerra Mondiale”, dice la McKenzie. “Ma nella mia mente mi ero fatta un’idea di Elsa come vittima e quando ho incontrato Taika, lui mi ha chiesto di liberarmi di quell’idea e di pensare a Elsa come a una ragazza che non è affatto una vittima e che sicuramente non si vede in quel modo. Mi piace la sua vita ricca, e con molte diverse sfaccettature.
Mai conformista né passiva, Elsa possiede, in un modo molto vitale, una certa malizia che utilizza per cercare di impedire a Jojo di denunciarla. “Taika mi disse di guardare il film Schegge di Follia – Heathers perché quello era il tipo di personaggio che aveva immaginato per Elsa,” osserva la McKenzie, riferendosi alla commedia cult degli anni ’80 su una banda di ragazze adolescenti precoci e consapevoli, in lotta per conquistare popolarità alle scuole superiori.
Waititi spiega: “Volevo che la Thomasin pensasse a Elsa come a una di quelle studentesse brillanti, prima che tutto questo accadesse. Doveva esserci in lei una sorta di risentimento per avere dovuto rinunciare a una vita molto divertente in cui era una ragazza molto in vista, con un sacco di cose da fare, mentre ora era costretta alla clandestinità con niente di cui occuparsi. Mi piace anche il fatto che in qualche modo lei incolpi Jojo e tutte le sue cattive idee per il suo destino da reclusa”.
La McKenzie vede in Elsa una ragazza con una voglia matta di libertà. “Quello che più mi piace di lei è che non vuole la pietà, vuole solo vivere la sua vita senza che succedano tutte queste porcherie”, dice la McKenzie. “Di certo non ho mai dovuto subire una situazione di vita o di morte simile alla sua, ma mi sono immedesimata in questa figura di ragazza adolescente che prima degli accadimenti flirtava con i ragazzi e spettegolava con le amiche, facendo le cose che tutti i ragazzini normalmente fanno e sognano. Lei non è cambiata da quando si nasconde”.
L’insolita entrata in scena di Elsa è una delle sequenze preferite della McKenzie. “All’inizio non si capisce se è un mostro o un fantasma. Non si sa chi è, né quali siano le sue intenzioni. Il punto di vista è quello di Jojo, quindi all’inizio Elsa fa paura. Ma poi, come Jojo, si capisce sempre di più chi è e tutto quello che sta passando. Mentre Elsa e Jojo iniziano a capirsi sempre meglio, lontani da tutta la propaganda che li circonda, sviluppano un rapporto quasi fraterno”.
Lavorare con Roman Griffin Davis ha fatto emergere molto questo aspetto. “Ho incontrato Roman per la prima volta durante le prove”, ricorda la McKenzie. “Fece il suo ingresso in tutta calma ed era sicuro di sé, buffo e per nulla intimorito. È stato capace di portarsi dietro tutte queste emozioni intense che non credo ci si potesse aspettare da un undicenne. Lo ammiro molto per il fatto che ha sentito la grande responsabilità di raccontare la storia di Jojo”.
Nelle sue brevi ma memorabili scene con Scarlett Johansson, la McKenzie osserva come molto delle loro rispettive perdite venisse comunicato attraverso poche parole: “Non si riesce a percepire a fondo la loro relazione, ma Rosie è la persona che le sta salvando la vita e che si sta mettendo molto in gioco tenendo Elsa nascosta in casa sua. Elsa la ammira e prova il desiderio di stabilire una relazione con lei, il desiderio di avere una madre e qualcuno con cui parlare”.

Scarlett Johansson, ROSIE BETZLER
Scarlett Johansson ha interpretato un’aliena, il soggetto di un dipinto di Vermeer e la Vedova Nera della Marvel, oltre a molti altri personaggi, ma il ruolo della madre di Jojo, Rosie Betzler, donna divertente ma anche ferocemente provocatrice, è stato qualcosa di nuovo. La Johansson conosceva già Waititi, e quando venne a sapere di Jojo Rabbit ne fu subito incuriosita. Poi, dopo avere fatto la conoscenza di Rosie, non le è più riuscito di scrollarsi di dosso il personaggio. “Ciò che amo in Rosie è che è sfacciatamente fantasiosa, poetica e romantica, e allo stesso tempo è il vero punto di riferimento di Jojo. Combatte per la Resistenza ed è una donna davvero molto moderna”, precisa la Johansson. “È una luce che brilla in un periodo molto buio. È molto raro che io legga qualcosa e che mi dica semplicemente ‘Questo lo devo fare’, ma è così che mi sono sentita dopo aver letto il copione.” La Johansson e Waititi hanno discusso a lungo sul tipo di madre che Rosie incarna, nello sforzo di bilanciare il suo bisogno di vivere coraggiosamente e di essere fedele a se stessa, facendo tutto il possibile per mettere Jojo al riparo dalle perdite e dai pericoli. “Taika ed io abbiamo avuto diverse discussioni su cosa voglia dire essere un genitore appassionato alla sua vita lavorativa, pur essendo allo stesso tempo un genitore molto coinvolto. Penso che questo abbia contribuito alla creazione del personaggio di Rosie. È piena di vita, misteriosa, e ciò che è più importante, non si arrende mai”, osserva la Johansson. “Essere madre è una parte importante della sua identità, ma si tratta solo di una parte. È allo stesso tempo piena di fervore e di idee, e volevo assicurarle tutte queste diverse sfumature, per farla sentire veramente piena di vita.” Waititi afferma che la Johansson ha donato spessore al ruolo, arricchendolo di sfumature impreviste. “Scarlett ha quell’aria da sciocca che avrei sempre voluto vedere in un film”, dice. “Al tempo stesso, ha reso il personaggio di Rosie una lettera d’amore alle madri single. Anche nel bel mezzo di un periodo così folle e pericoloso, Rosie riesce a preservare l’innocenza di Jojo, ed è davvero uno dei personaggi più forti del film”. Durante le riprese, la Johansson ha instaurato un legame, tanto stretto quanto necessario, con Roman Griffin Davis. “Rosie e Jojo hanno uno speciale rapporto affettivo e volevo che la tenerezza fosse percepita immediatamente su schermo”, afferma la Johansson. “Anche se Rosie è una sognatrice ed è un po’ comica, sa anche essere molto pragmatica. Una gran parte dell’essere genitore consiste nel saper mantenere un equilibrio costante tra il lato pratico, responsabile e adulto, e il lato fantasioso con cui creare un mondo magico per i propri figli”. Chiunque fosse presente sul set riusciva a percepire in modo palpabile lo stretto rapporto d’affetto che univa la Johansson e Davis. “Scarlett era davvero affettuosa con Roman, e lui ha risposto con talmente tanta forza che era possibile percepire un profondo legame tra i due fin dal primo giorno”, afferma Neal. In una delle scene più toccanti del film, Rosie impersona il padre assente di Jojo nel tentativo di sentirsi più vicina a lui, disegnandosi una barba finta e intrattenendo con se stessa una conversazione a due facce: una miscela di emozioni esplosive, di malinconia e di tenerezza. Un personaggio al tempo stesso comico, in grado di far commuovere e dal sapore agrodolce: la Johansson attribuisce alla scrittura di Waititi il merito di aver evocato la sua performance più eclettica. “La scrittura di Taika sa essere in un certo qual modo triste, commovente e affascinante al tempo stesso”, spiega la Johansson. “I suoi scritti sono tanto variopinti quanto complessi. È il dono di Taika ai suoi attori”.

Sam Rockwell, CAPITANO KLENZENDORF
Nei panni del Capitano Klenzendorf, lo sfacciato e tracotante addestratore delle truppe della Gioventù hitleriana, a più riprese idolo, nemesi e confidente di Jojo, Sam Rockwell fa sfoggio, ancora una volta, delle sue mutevoli capacità recitative. Reduce da un Oscar per il suo ritratto di un poliziotto di paese in Tre Manifesti a Ebbing, Missouri  e dal plauso per l’interpretazione del leggendario Bob Fosse in Fosse/Verdon per la televisione, Rockwell dona un’assurda comicità e un tocco umano al guerriero nazista con un occhio solo, privo di fede nel comando militare e che nasconde un crescente numero di segreti. Rockwell era incuriosito da Klenzendorf, personaggio in grado di sposare comicità e dramma, esasperante cinismo e quieta ribellione. “Taika aveva in mente una tematica davvero insolita per un film”, afferma. “La prima cosa che ci si chiede è: questo film avrà davvero come protagonista un ragazzino filonazista? Poi si scopre in realtà che la storia parla di tolleranza, famiglia e umanità e penso che sia un film veramente bello, altamente sofisticato”. Piuttosto che prendere spunto dalle figure storiche del nazismo, Rockwell si è invece lasciato ispirare dai comici classici. “Ho preso ispirazione da Bill Murray e Walter Matthau”, afferma ridendo. “Klenzendorf è tedesco, ha un occhio solo ed è gay; a parte questo, è molto simile a Matthau in Che Botte Se Incontri Gli “Orsi”. Per quanto possa sembrare un personaggio insensato, Rockwell adora il fatto che nella caratterizzazione di Klenzendorf c’è molto di più di quanto sembri. “Amo recitare in ruoli che presentano una dicotomia, e Klenzendorf ha più di una chiave di lettura. Nasconde diversi segreti. Per prima cosa è un nazista gay: sebbene fossero figure storiche realmente esistite, non sono parole che si sentono spesso insieme nella stessa frase. Ho trovato affascinante lavorare con questa contraddizione”. Rockwell ha trovato ispirazione anche grazie ai colleghi del cast. “Stephen Merchant mi faceva impazzire con le sue uscite: il modo in cui lui e Taika riuscivano a improvvisare ci faceva morire dal ridere”, afferma. “E poi Rebel Wilson… wow, è una persona esilarante. Il suo modo di fare commedia è divertente, bizzarro e totalmente originale”. Anche per il più che braccio destro di Klenzendorf, Freddie Finkel, devoto alla Germania al 100% ma ancor più a Klenzendorf per la tacita relazione tra i due; il casting è stato alquanto inaspettato. Ad assumere il ruolo del personaggio è stato Alfie Allen, meglio conosciuto come il turbato Theon Greyjoy de Il Trono di Spade. “È un ruolo diverso da tutto ciò che ho fatto in passato”, nota Allen. “È un’idea rischiosa ed entusiasmante, e spero che faccia quello che dovrebbe fare l’arte: provocare emozioni diverse in ogni tipo di persona”. Allen era entusiasta della possibilità di collaborare a stretto contatto con Rockwell. “Le opportunità che avevamo ogni giorno per improvvisare e divertirci erano semplicemente incredibili”, afferma. “Se mi avessero chiesto prima con quale persona avrei voluto lavorare, avrei sicuramente risposto Sam. Era più di un sogno che diventava realtà: andavamo davvero d’accordo, e l’intera dinamica era fantastica”. L’atmosfera familiare sul set ha reso molto più semplice per tutti gli attori correre dei rischi, dice Allen. “Taika è talmente appassionato da riuscire a coinvolgere tutti gli altri”, osserva Allen. “Adora divertirsi, ma gli piace anche lavorare sodo e scavare in profondità, quindi per lui è importante costruire una certa fiducia e creare un’atmosfera in cui tutti si sentano a proprio agio. Tutto ciò ha portato alla luce il meglio di noi”.

Taika Waititi, ADOLF HITLER
Waititi stesso assume uno dei ruoli centrali del film nei panni dell’amico immaginario e consigliere di Jojo, Adolf. “Io non ero assolutamente la mia prima scelta per il ruolo”, scherza Waititi, “né tantomeno si trattava della scelta più ovvia. All’inizio, ci siamo rivolti ad alcuni attori diversi; forse è un tema che rende la gente nervosa, come probabilmente è giusto che sia, ma molti attori non si sentivano a loro agio con un ruolo simile. Personalmente, mi sono divertito: non ho minimamente basato il personaggio sullo storico Hitler. È frutto dell’immaginazione di Jojo, quindi la sua conoscenza del mondo è limitata soltanto a ciò che può comprendere un bambino di 10 anni. In pratica, è il diavoletto sulla spalla di Jojo. È anche un po’ una proiezione degli eroi di Jojo, tutti combinati insieme, incluso suo padre”. Waititi incarna lo stereotipo tristemente noto di Hitler (il modo di parlare dispotico e collerico, il gesticolare esasperato), ma il suo Hitler è ricolmo della gioia fanciullesca tipica di Jojo, almeno finché non inizia a svelare i piani che ha in mente. “Ho deciso di interpretare il personaggio come una versione più stupida di me stesso, se possibile, ma con i baffi alla Hitler”, dice Waititi. La versione di fantasia di Hitler immaginata da Jojo non corrisponde certo alla figura storica. Al contrario, è uno straordinario e folle concentrato degli impulsi di Jojo, dei suoi desideri, delle cose che ha letto o sentito, e del sogno di possedere una figura paterna. “La versione di Adolf immaginata da Jojo è quella di un uomo piuttosto gentile, il che potrebbe sembrare strano perché si tratta pur sempre di Hitler; altre volte, però, sa essere davvero spaventoso”, racconta Davis. “Taika è stato davvero incredibile a recitare in quel modo: riusciva a essere davvero divertente e poi, all’improvviso, iniziava a fissarti in modo inquietante. Taika è una persona estremamente positiva e ottimista, ma quando impersona Hitler può davvero sembrare malvagio”. La prima volta che Davis ha visto Waititi in costume, gli è venuta la pelle d’oca. “Ero andato nella stanza di Taika per fargli una domanda, e lui era Hitler in persona! Sono rimasto a bocca aperta, perché non avevo mai visto un vero Hitler in grandezza naturale. L’avevo visto soltanto nelle immagini di un piccolo iPad, ma vederlo grande il doppio di me era piuttosto terrificante”, ricorda. Durante la storia Jojo matura e Hitler segue passo passo questa sua evoluzione. “Ho iniziato conferendo ad Adolf un certo portamento, ma nel corso del film le sue movenze diventano sempre più tristi, ed è un po’ come se fosse appesantito”, descrive Waititi. “Se inizialmente ha la stessa leggerezza di Jojo, verso la fine del film è ormai diventato un despota infelice”.

Rebel Wilson, FRAULEIN RAHM
Fraulein Rahm, interpretata da Rebel Wilson, rappresenta l’intermezzo comico di Jojo Rabbit: è l’istruttrice della Gioventù tedesca che insegna alle ragazze come svolgere i propri “doveri femminili” in tempo di guerra, ma sogna di poter raggiungere il fronte lei stessa. La star australiana è nota per la sua capacità di dare vita a personaggi ignari, dall’esilarante innocenza. Fraulein Rahm non fa eccezione: è sempre disposta a credere all’assurdo mito nazista del momento. Quando Waititi ha mostrato alla Wilson la sceneggiatura e le ha chiesto di dare il suo tocco personale a un personaggio veramente insolito, lei si è mostrata entusiasta. “Non capita tutti i giorni di ricevere una sceneggiatura comica così divertente e potente: ho voluto immediatamente farne parte”, dice. “Quel che più mi piace dello stile di Taika è il suo senso dell’umorismo, molto naturale e insolito”. La Wilson si è divertita un mondo anche con Rockwell. “Sono una sua grande fan ed è veramente bravo nel suo lavoro, ma sa anche essere estremamente gentile. Quindi, a parte il fatto di dover essere dei nazisti, è stato davvero bello lavorare con lui”, scherza. Nonostante sia il ritratto satirico di una donna che non si pone mai interrogativi, la Wilson nota che Fraulein Rahm rappresenta molte delle donne tedesche che hanno assunto ruoli di primo piano durante la guerra. “Il film è ambientato verso la fine della seconda guerra mondiale: molti degli uomini tedeschi erano morti, e dunque alle donne era permesso di fare lavori che in precedenza erano svolti da uomini”, spiega la Wilson. “Sono fatti realmente accaduti: nel 1945 ogni cosa veniva prodotta a mano, e le donne facevano tutto ciò che era in loro potere. Fraulein Rahm si rende utile in ogni modo possibile: insegna alle ragazze i doveri femminili, fa fisioterapia a Jojo, e poi usa una mitragliatrice”. La Wilson era capace di improvvisare senza alcun timore. Aveva capito come bilanciare l’assurdo oblio del personaggio con il suo reale impatto sul mondo: ciò si adattava perfettamente al mix di tematiche del film, afferma Neal. “Rebel faceva morire dal ridere l’intera troupe”, afferma. “Improvvisava e si inventava le battute continuamente: è proprio il modo in cui Taika preferisce lavorare”.

Stephen Merchant, CAPITANO HERMAN DEERTZ
Forse il personaggio più oscuro e spaventoso di tutti in Jojo Rabbit è il capitano Herman Deertz della Gestapo di Falkenheim, che indaga meticolosamente sui resoconti relativi a sacche di resistenza ed ebrei nascosti. Il difficile ruolo è stato interpretato dall’attore e scrittore comico inglese Stephen Merchant, noto per avere collaborato alla stesura e co-diretto con Ricky Gervais la serie britannica The Office, collaborato alla stesura e interpretato Extras assieme a Gervais, aver creato la serie comica HBO “Hello Ladies”, e diretto il suo film più recente, Una Famiglia al Tappeto. Merchant ha apprezzato le complesse tematiche inserite da Waititi nella sceneggiatura. “Ha preso spunto da fatti apparentemente cupi e ha trovato il modo di svilupparli con umorismo, emozione e cuore”, afferma. “Ho scoperto che la sceneggiatura aveva una potente carica satirica sulla scia de Il dottor Stranamore e altre commedie nere che affrontano tematiche pesanti, rendendole estremamente divertenti”. Nonostante fosse la loro prima collaborazione, Merchant immaginava già che lui e Waititi sarebbero si sarebbero trovati sulla stessa lunghezza d’onda. “Probabilmente, pensavo già di condividere con lui una sensibilità comune, sia in termini di senso dell’umorismo che di stile recitativo… e non mi sono sbagliato. Taika è stato molto collaborativo: mi dava una grande libertà, permettendomi di giocare con il personaggio e improvvisare le battute”. Parte dell’obiettivo di Merchant era conferire al Capitano Deertz un’aria minacciosa, pur mantenendo al tempo stesso il tono farsesco della pellicola. La sua speranza è che il personaggio ricordi alla gente quanto possono diventare pericolosi i culti della personalità. “C’è qualcosa di ridicolo nell’adorazione di questo piccolo uomo con i baffetti che assomiglia a un contabile arrabbiato: è uno dei temi su cui Taika gioca nel film”, osserva. “È un monito su come le persone possano farsi totalmente coinvolgere da stronzate (non mi viene una parola migliore). Ancora oggi sentiamo l’eco del passato. Vediamo ancora persone in tutto il mondo che perdono il lume della ragione per motivi del genere (specialmente quando ci sono in ballo un’uniforme e un’identità da preservare), e quindi credo che fare satira su queste cose non sia tempo sprecato”. “Il film farà certamente infuriare alcune persone, ma spero che la gente possa vedere che è anche un meraviglioso racconto, molto attuale, su un ragazzo che impara a pensare da solo e a non credere ciecamente a tutto ciò che gli viene detto, mettendo in discussione i fatti della vita reale”, conclude.

RICREARE LA GERMANIA DELLA SECONDA GUERRA MONDIALE

Come per la storia, il design di Jojo Rabbit riproduce il mondo attraverso la lente, limitata ma estremamente vivida, di un bambino di 10 anni: un’esistenza ricolma di colori brillanti e di bucolica bellezza, anche in mezzo all’oppressione e alla distruzione della Germania nazista. Fin dall’inizio, Waititi sapeva di voler offrire di più al pubblico di un nostalgico “sguardo sui tempi della guerra”.
“In molti film dell’epoca della seconda guerra mondiale, tutti si vestono di marrone e grigio e il mondo sembra triste e datato. Se andiamo a osservare attentamente lo stile dell’epoca, però, scopriamo colori brillanti e alta moda. Non era nostra intenzione spingerci fino a rappresentare qualcosa di surreale, ma volevamo davvero far risaltare il colore e l’energia che di solito non si vedono”, dice Waititi. Per creare il variopinto mondo di Jojo, Waititi ha riunito una squadra affiatata e pluripremiata, guidata dal direttore della fotografia Mihai Malaimare (The Master, Il Coraggio della Verità), dallo scenografo candidato all’Oscar Ra Vincent (Lo Hobbit – Un Viaggio Inaspettato, Thor: Ragnarok) e dalla costumista Mayes Rubeo (Thor: Ragnarok, Avatar).

Malaimare racconta che le riprese a colori della Germania della seconda guerra mondiale, scoperte di recente, hanno modificato completamente la sua percezione di un’epoca che, nell’immaginario collettivo, è in bianco e nero. Vedere quel mondo a colori (e immaginare il modo in cui Jojo, Rosie ed Elsa l’avrebbero vissuto) l’ha trasformato in una nuova dimensione, conferendogli rinnovata vitalità. “All’inizio, io e Taika parlavamo del fatto che la nostra percezione di quel periodo può giocare brutti scherzi”, spiega Malaimare. “Avevamo guardato talmente tanti film muti dell’epoca della Seconda Guerra Mondiale, in bianco e nero o con colori ancora più cupi, che siamo rimasti sbalorditi nel vedere una gamma cromatica così vibrante. Ma questa era la realtà: una volta che abbiamo deciso di rispecchiarla, l’idea ha permeato la scenografia e i costumi, contribuendo a impostare il tono che Taika voleva dare alla sua storia. Può sembrare strano per il pubblico solo perché non ci siamo abituati, ma credo che il colore renda il tutto più reale”. Ra Vincent aggiunge: “Ognuno di noi si è reso conto di avere l’opportunità unica di creare un nuovo look per i film ambientati nell’epoca della seconda guerra mondiale. Dato che il pubblico vede attraverso gli occhi di Jojo, la gamma cromatica della nostra creazione non poteva usare semplici colori: erano necessari colori molto intensi, per rendere gli ambienti più gioiosi e astratti. All’età di Jojo, si ha una visione più rosea di ciò che ci circonda, e il mondo appare più grande e sorprendente. Così, abbiamo deciso di ricreare questa sensazione, i sentimenti che accompagnano tutti noi durante l’infanzia, ma trasportati nella Germania degli anni ’40”. Malaimare ha inoltre esaminato attentamente immagini autentiche di bambini dell’epoca, studiando in particolar modo il lavoro del creatore di Magnum Photos, Henri Cartier-Bresson. Cartier-Bresson ha iniziato a fotografare l’Europa alla vigilia dei grandi cambiamenti dei primi anni Trenta. Più tardi, dopo essere fuggito da un campo di lavoro per prigionieri di guerra tedeschi, ha documentato la vita della popolazione europea durante e dopo la liberazione degli Alleati. Le sue fotografie di bambini evocano una particolare sensazione di irrealtà, portando alla luce la spontanea giocosità e la gioia di vivere dell’infanzia, in netto contrasto con ambienti di guerra e rovina. Per creare l’Hitler immaginato da Waititi, quest’ultimo e Malaimare hanno deciso di adottare una tecnica fotografica realistica per evidenziare quanto fosse normale, per Jojo, conversare con un amico evocato dalla sua mente. “Taika e io siamo rapidamente giunti alla conclusione che avremmo dovuto interpretare questo Hitler come un personaggio concreto: più è reale, più è possibile vedere con gli occhi di Jojo”, spiega Malaimare. Utilizzando la serie di macchine da presa digitali Arri Alexa SXT da 35 mm, Malaimare ha adottato un approccio unico per ciò che riguarda gli obiettivi. Piuttosto che servirsi dei classici obiettivi anamorfici 2X standard, ha usato gli obiettivi anamorfici a compressione 1,3X per una maggiore sensazione di organicità. “Abbiamo scoperto che la tecnica di utilizzo basata su obiettivi anamorfici 1,3X era in grado di darci il grado di saturazione del colore richiesto. Le tonalità della pelle ottengono un effetto simile al velluto, che risulta più vivido ma non troppo cinematografico”, spiega il direttore della fotografia. “È un altro elemento che contribuisce al tono del film. E dato che gli obiettivi Hawk sono prodotti in Germania, è stato utile girare nelle vicinanze”. Per dare vita alla città natale immaginaria di Jojo, Falkenheim, la produzione si è diretta a Žatec e Úštěk, due cittadine della Repubblica Ceca: una zona che all’epoca era considerata parte della Germania, e che durante la Seconda Guerra Mondiale era sotto l’occupazione tedesca. Questo luogo non ha mai subito bombardamenti, e gli edifici dell’anteguerra hanno mantenuto vivo quell’aspetto antico, da libro di fiabe. “Abbiamo scelto queste cittadine perché erano molto caratteristiche, e tra tutte le località ceche che abbiamo visitato sembravano le più simili a quelle della Germania, così ricolme di architettura in stile barocco tedesco”, afferma Vincent. Malaimare ritiene che la Repubblica Ceca gli abbia dato la libertà creativa a cui ambisce ogni direttore della fotografia. “Durante le riprese di un film d’epoca, si cerca spesso di nascondere i particolari del mondo moderno con le varie angolature e l’illuminazione. Ma il posto ci sembrava davvero bello e autentico: ovunque si guardasse era possibile scorgere talmente tanti dettagli che abbiamo potuto sfruttare molte altre opzioni. Nessuno avrebbe potuto affermare di trovarsi nel XXI secolo, perché non c’erano cavi, condizionatori o altro che permettesse di stabilire una collocazione temporale. Così, abbiamo avuto il lusso di poterci muovere liberamente e girare a 360 gradi: è stata un’esperienza meravigliosa”. La maggior parte dei set interni sono stati costruiti sui palcoscenici dei Barrandov Studios di Praga, un luogo emblematico per fare satira sulla Seconda Guerra Mondiale: durante l’occupazione, quello stesso studio era fautore di una spaventosa propaganda nazista. “Girare Jojo Rabbit in questo posto rappresentava una sorta di giustizia poetica”, osserva Vincent, “così come una benedizione dalla terra, che ci ha permesso di aprire una nuova strada per far crescere le idee antirazziste e antifasciste”. Il fulcro del lavoro di Vincent è rappresentato dalla progettazione di casa Betzler, luogo in cui si svolge gran parte dell’azione. “Volevamo che la casa di Jojo e Rosie avesse una gamma cromatica differente rispetto a quella degli altri film d’epoca”, spiega Vincent. “L’edificio in sé è una casa in pietra tipicamente barocca, a schiera, ma abbiamo deciso che l’arredamento e le tappezzerie dei Betzler sarebbero stati molto vivaci e al passo con i tempi. L’epoca compresa tra il 1930 e il 1945 adottò in realtà uno stile rivoluzionario per l’Europa, nonostante la guerra. Dato che Rosie è una donna molto elegante, anche la sua casa possiede un grande fascino, con motivi Art Déco molto moderni”.

“Gli interni della casa ci sembravano incredibili. I set di Ra erano così ricchi di elementi che potevamo girare in qualsiasi direzione ed era sempre una gioia per gli occhi”, dice Malaimare. Tuttavia, nelle viscere della luminosa abitazione, dietro il muro, si nasconde il luogo in cui vive Elsa, uno spazio oscuro e angusto che evoca una sensazione opposta e rispecchia la tensione quasi insopportabile con la quale la ragazza è costretta a convivere. Ciò ha rappresentato per Malaimare una delle sfide tecniche più difficili. “Per illuminare quello spazio, usavamo solo candele, lampade a gas e alcuni LED da 5 watt. Ma utilizzavamo anche gli obiettivi T1: quando si gira a una simile velocità in condizioni di luce così scarse, si riscontrano limitazioni estreme, soprattutto per quanto riguarda i movimenti dell’attore. È stato un lavoro molto difficile, quindi eravamo entusiasti di riuscire a girare riprese simili”, afferma. Man mano che gli eventi del film diventano più tetri, lo stesso vale per i colori. Vincent spiega: “Per i momenti più felici e gioiosi del film, abbiamo usato una gamma diversificata di colori sovrasaturi. In seguito, man mano che la storia si fa più drammatica, i colori si attenuano. La maggior parte del film si svolge in autunno, così abbiamo avuto anche l’opportunità di portare su schermo verdi brillanti, interrotti qua e là da splendide tonalità di rosso, arancione e rosa per le scene di strada”.

VESTIRSI PER LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Per i costumi, Mayes Rubeo, nota per realizzazioni che spaziano dall’antico regno Maya di Apocalypto, al mondo di fantasia di Avatar, all’universo Marvel di Thor: Ragnarok, ha lavorato a stretto contatto con Vincent. Durante le sue ricerche, Waititi aveva notato che la gente tendeva a vestirsi in modo molto più formale rispetto a oggi (forse per fatalismo), e desiderava catturare quell’immutabile senso di elegante bellezza. “Verso la fine della guerra, la gente credeva che ogni giorno potesse essere l’ultimo, così tutti indossavano i loro vestiti migliori e si facevano belli”, spiega. “Se proprio dovevano morire, almeno volevano avere un bell’aspetto”. Come per Vincent, Waititi ha spiegato alla Rubeo che voleva per il suo film un look inaspettato, ricolmo di spirito d’infanzia. “Taika diceva sempre di voler ricreare un universo basato sulla seconda guerra mondiale che non assomigliasse a nessun altro, dato che questo film è visto attraverso gli occhi di un bambino di 10 anni”, ricorda la Rubeo. “A quell’età, penso che ci si ricordi tutto, ma con una sorta di luminosità. Ogni cosa sembra far parte di una mattina di primavera. Per quel che mi riguarda, ho capito che Taika stava cercando qualcosa di molto simile a quello che i neorealisti italiani facevano negli anni ’40, ma a colori. Il film ha tutte le caratteristiche di una pellicola neorealista, in cui sono presenti sia momenti incantevoli e felici che attimi drammatici, e l’atmosfera può passare dal divertente al tragico in un attimo”. Il cuore del lavoro della Rubeo era il centro del mondo di Jojo: la raffinata e chic Rosie Betzler. La Rubeo ha frugato tra i vestiti delle più incantevoli sartorie italiane per poter scegliere tra autentici pezzi d’epoca. Ma ha anche creato a mano alcune delle camicette e dei vestiti di Rosie, facendo risaltare ancor di più il suo personaggio. “Rosie è un personaggio meraviglioso, estroverso, la cui vita è come una provocazione: è totalmente determinata, e per nulla contenta di Hitler. Per me, lei rappresentava il punto di riferimento da cui nascevano tutte le altre idee di caratterizzazione”, afferma la Rubeo. “Abbiamo parlato del suo background artistico, e ne ho preso atto per farne il mio punto di partenza. Inoltre, si ha la sensazione che prima della guerra i Betzler trascorressero un’esistenza felice. Anche se ora possono permettersi di mangiare una singola patata a pasto, Rosie continua a servirla su una tovaglia di lusso, perché crede ancora nella bella vita”. Era necessario che il look di Rosie fosse inconfondibile: il pubblico deve poterla riconoscere, in un batter d’occhio, nella scena che rappresenta la svolta emotiva cruciale della storia. “La farfalla sembrava poter esprimere chi è realmente, e abbiamo usato un paio di scarpe molto particolari, che spiccano per una donna dell’epoca. Credo che si tratti di un’immagine evocativa: si vedono le scarpe, e in quel preciso momento lo spettatore crea un collegamento con la farfalla”, dice la Rubeo.

Per Mihai Malaimare, non c’era bisogno che la macchina da presa si allontanasse in quel momento. “Abbiamo lavorato con Mayes per tutto il tempo per prepararci a questo”, spiega. “Così, con la macchina da presa abbiamo cercato di fare in modo che il pubblico notasse costantemente le scarpe di Rosie. Per esempio, si notano bene le sue scarpe quando balla lungo il fiume in quell’attimo magico: in questo modo, in seguito non c’era più bisogno di farne mostra”. Jojo ovviamente indossa soprattutto la sua divisa della Gioventù tedesca, per la quale la Rubeo si è ispirata ad autentici modelli d’epoca. “Avevamo trovato alcune divise vintage a Berlino, ma ne servivano molte in taglie diverse per tutte le comparse, quindi le abbiamo create noi. Quando si vede Jojo in divisa a casa sua, si pensa a un ragazzo che cerca di essere il poliziotto della sua abitazione”, spiega. Per l’assurda interpretazione di Hitler da parte di Waititi, la Rubeo si è ispirata anche alla famigerata divisa semplice del Partito Nazista, di colore marrone. Ma ha voluto che questo Adolf indossasse un voluminoso paio di pantaloni da cavallerizza, a sottolinearne sia la natura immaginaria che la tremenda insicurezza. Per gran parte del film, la Rubeo è rimasta fedele all’aspetto austero e misurato, prerogativa del militare tedesco. Tuttavia, ha avuto la possibilità di ostentare abiti sfarzosi con il capitano Klenzendorf, che segretamente si immagina uno stilista di uniformi, e che infine esce allo scoperto per dare vita al suo (poco ortodosso) abito da sogno. “Il capitano Klenzendorf vive in un mondo tutto suo”, scherza la Rubeo. “Ha una creatività stravagante a cui volevamo dare espressione alla fine della pellicola, momento in cui esplode in scena. Taika ha fornito moti spunti: sapevo che voleva qualcosa di fatto in casa, colorato e divertente, ma anche un’idea un po’ coraggiosa. Per me, era fondamentale farla sembrare una divisa creata da una persona che non sa praticamente nulla delle regole dell’alta moda. È stata una cosa divertente!”. Con tanti stili che, proprio come il film, spaziano da elementi storici a idee originali uniche nel proprio genere, la Rubeo ha trascorso intense ore di lavoro con Waititi, ma afferma che per lei è sempre stato un piacere. “Taika apprezza la comunicazione costante, e lo stesso vale per me: quando si passa così tanto tempo insieme, si riesce a creare qualcosa in armonia con tutti gli altri elementi, il che è un fattore fondamentale per Jojo. Anche il supervisore degli effetti visivi, Jason Chen, ha lavorato sodo per espandere il mondo di Jojo. Nello specifico, ha modellato il lavoro su di lui nella scena di battaglia culminante del film, quando il combattimento su larga scala esce dall’immaginario per materializzarsi nella via di Jojo. “Volevamo che il film si scatenasse in un caos assoluto, con carri armati dappertutto e un sacco di sparatorie e distruzione”, racconta Chen. “Per la maggior parte del film, siamo stati partecipi dell’immaginazione di Jojo e della sua visione giocosa della guerra; ma quando la battaglia si scatena in città, siamo improvvisamente colpiti da ciò che la guerra rappresenta realmente. Volevamo che l’atmosfera spaventosa e il rumore diventassero reali”.

“In un certo senso, tutto appare molto intenso e vivido, ma abbiamo anche creato qualcosa che si avvicina a uno dei momenti più magici e surreali del film”, osserva Malaimare, parlando della scena cardine. In una delle scene più insolite, tra le preferite di Chen, Jojo ed Elsa parlano in soffitta, cominciando loro malgrado ad affezionarsi l’uno all’altra, mentre uno scintillante paesaggio notturno fa da sfondo nel cielo dietro di loro. “C’è un’unica finestrella sopra di loro che riflette le bombe che esplodono in lontananza. Abbiamo usato un fondale quasi indistinguibile dalla volta stellata che li sovrasta, per creare un momento tanto romantico quanto commovente”, afferma Chen. Come il resto della troupe, Chen apprezzava il fatto di essere spronato tutti i giorni a portare la sua creatività all’ennesima potenza. “Taika fa un ottimo gioco di squadra”, spiega. “Accoglie i suggerimenti di chiunque nella troupe. È veramente sincero quando propone a qualcuno l’abbozzo di un’idea, chiedendo di aiutarlo a forgiarla”.

GLI ULTIMI RITOCCHI: UNA COLONNA SONORA PER I TEMPI DI GUERRA
Waititi e il suo editore, Tom Eagles (Vita da Vampiro, Selvaggi in Fuga) hanno collaborato a stretto contatto con il compositore premio Oscar Michael Giacchino. Durante il montaggio del film, quest’ultimo ha creato una colonna sonora che procede di pari passo con lo spirito del film, accompagnando l’intero spettro delle emozioni di Jojo. “Sono un fan dei lavori di Michael da molto tempo, e specialmente della sua incredibile e commovente colonna sonora per il film Up di Pixar”, spiega Waititi. Noto per aver creato alcune delle colonne sonore tra le più immediatamente riconoscibili per sette avventure animate di casa Pixar, Giacchino è diventato anche uno dei compositori più ricercati per film campioni d’incassi come Star Trek Beyond, Spider-Man: Homecominge, The War – Il Pianeta delle Scimmie. Tuttavia, afferma che la colonna sonora per Jojo Rabbit potrebbe essere la sua preferita tra quelle da lui create sino a oggi. “Sono orgoglioso di far parte di un film che non ha paura di dire la verità, e di aver contribuito a creare qualcosa che potrebbe far storcere il naso; tuttavia, spero che faccia nascere grandi discussioni su tematiche importanti”, afferma. “Taika ha semplicemente realizzato un’idea folle in un modo meraviglioso, e credo che chiunque voglia dire la necessaria verità a questo mondo debba prendersi dei grandi rischi”. Waititi continua: “Il suo lavoro su Jojo Rabbit ha elevato la pellicola a un nuovo livello, aumentandone l’impatto emotivo e accompagnandone i temi, i personaggi e il mondo cinematografico. Lavorare con lui è stato un processo istintivo e di grande collaborazione”. Solitamente Giacchino evita di leggere le sceneggiature, preferendo assorbire più direttamente le emozioni dalle riprese; tuttavia, in questo caso, Waititi gli ha chiesto di fare un’eccezione per poterne discutere assieme. Giacchino era molto contento di averlo fatto. “Mi è piaciuta tantissimo”, dice, “e conoscendo gli altri film di Taika, sapevo che avrebbe dato alla pellicola il taglio giusto. Ha davvero capito che commedia e tragedia sono elementi indissolubili. La commedia migliore scaturisce dalle situazioni più difficili per l’uomo, e la Germania nazista fa parte di uno dei peggiori momenti della storia”. Dopo aver compreso quanto fosse potente la sceneggiatura, lui e Waititi hanno discusso sullo stile musicale. “Eravamo entrambi d’accordo sul fatto che volevamo andare dritti al sodo con la musica, puntando a emozioni pure e reali”, dichiara Giacchino. “Taika non voleva che la musica avesse un’impronta comica, perché il film era già divertente di suo. La prima domanda che pongo sempre è: dopo la visione del film, quale sensazione vuoi che la gente si porti a casa? Per me, quella sensazione era rappresentata da Jojo, che passa da un atteggiamento chiuso e ristretto a una visione del mondo aperta, cominciando a vedere ogni cosa in un modo totalmente diverso. Questa è stata l’ispirazione”.

Era chiaro a Giacchino che, proprio come le immagini che scaturiscono dall’innocenza, dall’esuberanza e dall’ingenuità di Jojo, allo stesso modo la musica doveva essere guidata dal carattere emotivamente instabile del ragazzo. “Ho pensato che la musica dovesse accompagnarlo costantemente, così, per prima cosa, ho scritto una suite di 11 minuti che mostrasse l’evoluzione del personaggio. Nonostante vi siano momenti in cui sono Rosie o Elsa a cambiare la musica, la colonna sonora è dettata principalmente dalle emozioni di Jojo. La melodia principale viene riprodotta nell’arco del film in diversi modi. Inizia come una marcia e poi diventa un adagio durante la battaglia, momento in cui il nazionalismo di Jojo comincia a trasformarsi in qualcos’altro”. Oltretutto, Giacchino era pronto a pensare fuori dagli schemi: dallo scrivere canzoni da far cantare a Jojo e ai suoi compatrioti nel campo della Gioventù tedesca, insieme alla compositrice Elyssa Samsel, allo sfruttare il suo legame con Paul McCartney, per spiegargli come fosse assolutamente necessario concedere a Waititi il permesso di usare la versione tedesca di “I Want To Hold Your Hand” dei The Beatles in una scena con una crisi isterica di Hitler. Tuttavia, il riferimento prevalente era alla musica classica. “Sapevo che avrei voluto una colonna sonora dal forte carattere europeo: doveva creare la sensazione di camminare per le strade nella Germania del 1939 e sentire quella musica che risuonava dalla finestra di qualcuno. Ero influenzato da Chopin, Liszt e Satie. Tuttavia, la mia maggiore ispirazione deriva da un pensiero costante: che cosa mi chiede il film? È necessario provare ad accettare le emozioni più forti, e sentirle in modo viscerale. È la vera sfida di un film del genere”. Sono le emozioni che hanno portato alla scelta di un ensemble ridotto: un’orchestra di 22 elementi con un quartetto d’archi al centro, un pianoforte, un paio di chitarre, alcuni ottoni e strumenti a percussione. “Per me, è davvero un bel cambiamento lavorare con un gruppo così piccolo e intimo”, dice Giacchino. “Sono abituato a lavorare con orchestre composte da un centinaio di elementi, ma personalmente credo che più piccola è l’orchestra, più il suono diventa emozionale”.

Quando nel film risuonano le voci dei The Beatles e, successivamente, di Bowie (viene utilizzata la versione tedesca di “Heroes”, una canzone sul muro di Berlino, che uno degli studiosi di Bowie, David Buckley, ha definito come “probabilmente, l’affermazione definitiva del pop sul potenziale trionfo dello spirito umano sulle avversità”), la colonna sonora entra in contrasto con simili anacronismi. “Credo che avere una colonna sonora più tradizionale, unita alla musica dei The Beatles e di Bowie, renda la pellicola ancora più bizzarra e forte”, osserva Giacchino. “In qualche modo tutto funziona nel suo insieme, e non saprei nemmeno dire come. Probabilmente, è perché ogni elemento è stato scelto tra le giuste emozioni per ogni scena. Uno dei problemi più grossi che abbiamo affrontato è stato quello di convincere alcune persone a lasciarci usare le loro canzoni per una storia su Hitler. In passato, ho avuto l’incredibile opportunità di lavorare con Paul McCartney, che è uno dei miei eroi, e quindi, assieme ad altre persone, siamo andati da lui per spiegargli che questo film non è quello che potrebbe sembrare, e che si tratta realmente di una potente dichiarazione contro l’odio. Alla fine, tutto si è risolto e Taika ha potuto utilizzare le canzoni che desiderava”. Infatti, perché Jojo Rabbit potesse avere successo, avevamo bisogno che la gente credesse in ciò che stavamo tentando di realizzare, per quanto audace fosse. Alla fine, per quanto Jojo Rabbit possa mettere in mostra la tragica e assurda realtà dell’autoritarismo e del fervore nazionalista, così come le guerre personali scatenate dal pregiudizio e dall’odio, la pellicola ci ricorda al tempo stesso l’implicazione umana e la nostra prima responsabilità di fare sempre tutto ciò che è in nostro potere… anche semplicemente cercando di essere buoni gli uni con gli altri. Waititi riassume: “È il momento giusto per raccontare questa storia… perché è uno di quei casi in cui non si vuole che sia troppo tardi per raccontarla”.

 

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info: 16/01/2020.

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