Locandina Ritorno Da Mia Madre

Torno Da Mia Madre (2016)

Retour chez ma mère
Locandina Torno Da Mia Madre
Torno Da Mia Madre (Retour chez ma mère) è un film del 2016 prodotto in Francia, di genere Commedia e Drammatico diretto da Eric Lavaine. Il film dura circa 90 minuti. Il cast include Josiane Balasko, Alexandra Lamy, Mathilde Seigner, Philippe Lefebvre. In Italia, esce al cinema giovedì 25 Agosto 2016 distribuito da Officine Ubu. Al Box Office italiano ha incassato circa 180632 euro.

Stéphanie aveva un matrimonio e un lavoro ma li ha persi entrambi ed è costretta a tornare a vivere con la madre in una casa in cui fa troppo caldo, non si può bere direttamente dalla bottiglia né splamare il burro col primo coltello che capita, e quando vengono a cena il fratello e la sorella non può che finire male.

Stéphanie ha 40 anni, è divorziata e ha perso il lavoro. Si trova così costretta a tornare a vivere da sua madre Jacqueline, che la accoglie a braccia aperte nel proprio appartamento. La convivenza non è facile e le strambe abitudini della madre si rivelano il pretesto per nascondere… un piccante segreto. Quando tutti i fratelli si riuniscono per cena, ecco che la tavola imbandita si trasforma in un campo di battaglia dove invidie e regolamenti di conti trovano spazio tra i gustosi piatti preparati da Jacqueline. Benvenuti in un universo ad alto rischio: la famiglia!

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 25 Agosto 2016
Uscita in Italia: 25/08/2016
Prima Uscita: 01/06/2016 (Francia)
Genere: Commedia, Drammatico
Nazione: Francia - 2016
Durata: 90 minuti
Formato: Colore
Produzione: Same Player (co-produzione), Pathé (co-produzione), TF1 Films Production (co-produzione), Appaloosa Cinéma (co-produzione), Scope Pictures (co-produzione), Canal+ (con la partecipazione di), TF1 (con la partecipazione di), NT1 (con la partecipazione di)
Distribuzione: Officine Ubu
Box Office: Italia: 180.632 euro

Cast e personaggi

Regia: Eric Lavaine

Cast Artistico e Ruoli:

Immagini

[Schermo Intero]

Intervista a Éric Lavaine

Com'è nato questo progetto?
Guardando dei reportage sulla "generazione boomerang". Sotto questo aggettivo piuttosto divertente, si nasconde un dramma. Oltre alla "generazione Tanguy", coloro che decidono tranquillamente di restare con i propri genitori, abbiamo anche quella "boomerang", rappresentata da coloro che sono costretti o forzati a tornare a vivere dai genitori. Questo fenomeno, che ha colpito maggiormente i paesi del Sud Europa, a cominciare dalla Spagna, toccherà 410.000 Francesi adulti. Ci si ritrova costretti a tornare a vivere dai propri parenti generalmente a seguito di un licenziamento, a delle difficoltà economiche o a una rottura sentimentale. Quindi non è per scelta che si torna nel nido materno!

Per lei, è l'occasione di parlare della famiglia?
In BARBECUE, il mio penultimo film, mi sono interessato agli amici e questa volta in TORNO DA MIA MADRE mi occupo della famiglia: una quarantenne che torna a vivere dalla mamma mi sembrava un buon pretesto per affrontare il tema. È una questione che mi tocca perché, come faccio dire a uno dei personaggi: "Adoro i miei genitori, ma da qui a passare la vita con loro… al massimo un week-end!". È l'identità della famiglia: è il posto dei regolamenti di conti, del non-detto e dei conflitti, ma al tempo stesso è una base fondamentale.

Fare ridere raccontando di una quarantenne obbligata a tornare a vivere dalla madre perché disoccupata è stata una scommessa rischiosa…
Anche restando ancorati alla realtà si possono avere delle situazioni molto divertenti. Il dramma genera spesso la commedia. E la risata è un modo formidabile di comunicare delle sensazioni e delle idee. Il rischio che si corre è che le risate "spengano" l'emozione. In TORNO DA MIA MADRE, è stato necessario dosarle per lasciare spazio anche allo smarrimento di Stéphanie.

Lei non esita a parlare della sessualità dei anziani.
L'altro aspetto che mi interessava nella situazione di una figlia che torna a vivere dalla madre, è che una volta adulti e si ha la fortuna di avere ancora i genitori, ci si sente ancora bambini. Si attribuisce al genitore la sola funzione di madre o padre, e si tralascia la loro funzione di amanti. Di colpo, parlare di sessualità degli anziani diventa un tabù: si nega ai nostri genitori il diritto di avere una vita sentimentale e sessuale. La visione infantile che ha Stéphanie di sua madre mi ha divertito.

Lei tratta anche del conflitto tra fratelli…
Quando mi sono accostato al soggetto, ciò che mi ha colpito, è stato che persone della "generazione boomerang" subiscono una doppia pena: non solo si confrontano con la loro sconfitta – ritrovarsi nella stanza della propria adolescenza è umiliante – ma i loro fratelli e sorelle non gli perdonano il fatto di rifugiarsi da mamma e papà. Pensano che se ne approfittino, e da qui parte una forma di gelosia.

Lei ha collaborato spesso con lo sceneggiatore Héctor Cabello Reyes. Come è stato scrivere con lui?
Solitamente partiamo da un'idea che mi diverte. Successivamente, si lavora a quattro mani. Trovo che scrivere sia già complicato in sé, e scrivere da soli è molto difficile per me: mi annoio molto velocemente. Ho bisogno di un compagno per divertirmi, testare le idee e trovare una soluzione: Héctor mi permette di avere uno sguardo più critico sui dialoghi. E poi, su un soggetto così ampio come la famiglia, ognuno può apportare il proprio vissuto. In questo modo abbiamo il doppio delle cose da raccontare. Peschiamo dalle nostre vite personali. Inoltre, Héctor possiede una qualità formidabile: è un attore eccellente, che coinvolge.

Lei mette in scena delle sequenze comiche inaspettate, come l'appuntamento di Stéphanie all'ufficio di collocamento.
Anche qui, questo tipo di scena parte da una constatazione della realtà. Quando l'agente dell'ufficio di collocamento, interpretato da Patrick Bosso, dice a Stéphanie: "Non le resta che lanciarsi nel coaching", è molto vicino alla realtà: basti vedere il numero di persone disoccupate che decidono di diventare coach per gli altri! Lo stesso vale quando Stéphanie si accorge che il posto in "marketing relazionale" che le viene proposto consiste nel distribuire dei volantini su pattini a rotelle, e che suo fratello riprende con "Perché non hai accettato? Non esistono sotto-mestieri", mi è venuta voglia di fare la guerra a tutti quei cliché che sentiamo in continuazione. Dire che non ci sono sotto-mestieri, è insopportabile! Ci sono molti più sotto-mestieri che professioni gratificanti e valorizzanti. Quello che mi piace nel cinema, è la possibilità di far ridere sulla base di miei pensieri su alcuni argomenti.

Il personaggio di Stéphanie vive un periodo molto difficile della sua vita…
Mi sono ispirato a un'amica architetto: aveva i soldi, una vita facile e poi un giorno ha perduto tutto. Passare da TUTTO a NIENTE è molto difficile da sopportare. Per descrivere la vita di Stéphanie fino a questo momento – il suo periodo felice – ho avuto l'idea di un'apertura molto glamour: il paesaggio è grandioso, il tempo è bello, lei è bella nella sua Audi decappottabile.. Audi che lei restituisce alla fine dei titoli di testa. E' la fine dei giorni facili… e l'inizio del film!

Dall'inizio del film percepiamo lo smarrimento di Stéphanie.
Alla fine, il disagio morale è tanto importante quanto il disagio materiale. Dal momento in cui Stéphanie si trasferisce dalla madre, lei si prende subito cura della figlia per quale proviamo profonda empatia. Come nella scena dove Stéphanie perde la pazienza per la zip inceppata di suo figlio, sotto l'occhio sconcertato delle due giovani madri. Non è facile per lei assumere il ruolo di madre in un contesto tale e non riesce ad essere di esempio nei confronti del figlio.

Alla fine, il personaggio di Josiane Balasko è il solo ad avere una vita amorosa soddisfacente.
Esattamente! Sono sempre coloro che non consideriamo a essere i più felici. Nella nostra società, a causa delle convenzioni, tendiamo a rifiutare il fatto che i nostri genitori possano avere una vita amorosa e intima. I figli di Josiane Balasko dovrebbero gioire del fatto che la loro madre sia felice. Alla fine del film, è la madre che, malgrado l'età, è il personaggio più aperto: lei ha senza dubbio compreso la vita meglio degli altri. Penso che lei abbia qualcosa di molto moderno. Lei ha una doppia vita da molto tempo, senza che il marito o i figli se ne siano mai accorti. Anche questo viene da una storia vera: ho un amico che mi ha raccontato che quando aveva dieci anni, con sua madre, è rimasto bloccato con l'auto in panne in piena notte. Erano le vacanze estive e il padre era rimato a Parigi. E bene, è stato il vicino del secondo piano che ha aiutato sua madre "per caso", li ha raggiunti alle tre del mattino fino in Bretagna! Dopo la morte del padre, sua madre e il vicino sono andati a vivere insieme ufficializzando una relazione segreta che continuava da più di vent'anni!

Come ha scelto le sue attrici?
Josiane, Mathilde e Alexandra hanno un punto in comune: hanno il ritmo. E che sia per la commedia o per il dramma, è la maestria della tempistica che fa le grandi attrici.
Per quanto riguarda Alexandra Lamy, raramente mi è capitato di lavorare con un'attrice che così brava nella commedia, che incarna così bene un personaggio e che sappia suscitare empatia ed emozioni. Alexandra è molto ancorata alla realtà: è una tosta, viene dalle Cevenne! C'è sempre un lato di "vita vissuta" nelle sue interpretazioni, e questo rende i personaggi che incarna molto credibili! Anche se l'avevo già vista in RICKY di François Ozon, è stato soprattutto in funzione di un "colpo di forchetta" che l'ho scelta. Per un primo incontro, l'ho invitata al ristorante italiano di un mio amico. Dal mio primo incontro con Alexandra, che non conoscevo di persona, rapito dalla sua simpatia: malgrado l'aspetto sofisticato, ho avuto l'impressione di essere con uno dei miei migliori amici! E sul set è stato un vero spasso: si è sempre adattata a tutto.
Per la madre, ho voluto un'attrice che fosse la Mamma italiana: penso che con le sue rotondità, Josiane Balasko manifesti una sensualità che si presta molto bene ad una vita sentimentale-sessuale raggiante. Con una piccola donna magra si sarebbe perso tutto questo. Josiane è una golosa della vita. Sono cresciuto con LES BRONZÉS e quando ho saputo che Balasko aveva letto la sceneggiatura e che voleva fare il film, per me è stato un sogno! E' sempre stata molto rispettosa della sceneggiatura, anche se l'avevo incoraggiata a fare delle proposte. Ci siamo incontrati e mi ha fatto morire dalle risate. E soprattutto, si è intesa alla grande con Alexandra. Per la sorella, volevo una ragazza piuttosto carina e Mathilde è una bella donna. Mathilde interpreta una donna gelosa della sorella e se avesse avuto un brutto aspetto sarebbe stato meno divertente. Mathilde è bravissima ad interpretare il ruolo della cattiva pur generando empatia nei suoi confronti. Qui lei interpreta una donna infelice e che ce l'ha con il mondo intero; non si vuole bene e – come tutte le persone che non si vogliono bene – non vuole bene nemmeno agli altri. E' necessario che suo marito la lasci per rendersi conto che lei tiene a lui. Inoltre, è molto contenta di sentirsi – senza dubbio per la prima volta – superiore a sua sorella minore: è molto difficile per lei ammettere che è sempre stata gelosa di Stéphanie. Ma poi anche lei finisce per deporre le armi. Mathilde è un'attrice formidabile e le sue occhiate a Jérôme Commandeur sono irresistibili.

E i suoi attori?
Jérôme Commandeur mi ha fatto pensare a Jacques Villeret ma più bello. Nella vita è molto divertente, con un certa fragilità, e anche se non è un veterano come Josiane, è avido di apprendimento e tra qualche anno sarà un attore affermato. In TORNO DA MIA MADRE, è un componente esterno della famiglia e interpreta un ragazzo molto gentile; sembra un po' babbeo ma in fondo è solo molto attaccato al suo lavoro che adora. Non è fondamentale all'intrigo che lui dia un corso di psicologia a Stéphanie sulla "ricerca dell'utero materno" o che sia ossessionato dalle sue Stabilo, ma questo mi ha permesso di costruire dei bei momenti comici.
Senza che lo sapessi all'inizio, la scelta di Philippe Lefebvre è stata una fortuna: è il sogno di ogni regista. Fa delle proposte, integra le indicazioni che gli vengono date e ha sempre ragione. E' un attore formidabile con una grande filmografia alle spalle.
Per l'amante della madre volevo un tipo seducente che formasse una coppia credibile con Josiane. Con Didier Flamand – che è irresistibile sia in scena che fuori – trovo che la coppia sia perfettamente verosimile: Josiane irradia e Didier potrebbe essere facilmente sedotto da lei e dal suo aspetto "italiano".

Quali sono state le sue priorità nella messa in scena?
Dal momento in cui si fa un film per il cinema, c'è un servizio minimo che noi dobbiamo allo spettatore: ai miei occhi, il film deve essere bello e giusto. Non cerco effetti particolari, ma il risultato finale deve essere al servizio della situazione. Preferisco parlare di direzione artistica che di messa in scena. D'altro canto, volevo che il film fosse ambientato nel sud per privilegiare i colori caldi. Con il mio capo-operatore François Hernandez, abbiamo lavorato in stretto contatto con i costumi e la scenografia. D'altronde, i vestiti di Josiane riprendono i colori dell'appartamento come se lei si fondesse con la scenografia per dimostrare che lei abita lì da molto.

Tecnicamente è un film dotato di grande fluidità.
Questo film sarebbe potuto essere un pièce teatrale – ma siamo al cinema! E quindi abbiamo bisogno di una scrittura cinematografica ed effettivamente la fluidità globale è quello che mi interessa. Il film si svolge spesso in ambienti molto ristretti ed ho fatto in modo che film non fosse una semplice concatenazione di campi e controcampi. Per la scena della cena di famiglia, che è abbastanza lunga, mi sono spostato in maniera impercettibile da inquadrature larghe a quelle più strette. Più si entrava nei discorsi tra fratelli e sorelle, più le inquadrature divenivano strette. Abbiamo girato in un vecchio condominio di uffici, dove abbiamo ricostruito un appartamento molto più vasto di quello che sembra. Avevo lo spazio per fare grandi cose con le lenti focali!

A chi avete affidato le musiche?
Ho organizzato un casting! Ho chiesto a tre musicisti di basarsi su tre sequenze del film, specificando loro quello che volevo in termini di atmosfera: li ho avvertiti che avrei ascoltato le loro proposte una sola volta poiché lo spettatore in sala ascolta una sola volta i loro pezzi (e che avremmo potuto declinare in più varianti il tema). E così ho selezionato Fabien Cahen, storico collaboratore di Zazie. Penso che la musica sia molto riuscita: non è sentimentale ed è priva di effetti stilistici. Offre una certa coerenza all'insieme.

Mi parli della canzone di apertura.
Ho scelto "Any Story" di Hindi Zahra per aprire e chiudere il mio film. È un titolo dolce, avvolgente, con una certa malinconia. È una canzone che si sposa bene con lo spirito di TORNO DA MIA MADRE; era necessario che questi due o tre giorni che passiamo con questa famiglia ci rendessero felici anche se la situazione non fosse fondamentalmente cambiata. Non bisogna dimenticare che c'è un amore molto forte che lega questi fratelli e sorelle. E che bisogna lasciar correre i rancori e il "non-detto" per arrivare a ciò che di più bello può regalare la famiglia.

Intervista ad Alexandra Lamy

Cosa l'ha convinta a prendere parte a questo progetto?
Fin dall'inizio ho avuto la sensazione che tutti i personaggi fossero a me familiari. Come nel film, ogni volta che ci ritroviamo in famiglia, mia madre mi chiede sempre di aiutarla con Internet! E la cosa più divertente è che l'ultima volta che sono stata da lei, ho ascoltato Cabrel. Penso che tutti si ritroveranno in questa storia. Inoltre c'è una base molto solida nella sceneggiatura: amo le storie che si concentrano su un contenuto reale e che non si accontentano solo di concatenare una serie di battute. E' una bella commedia che si interroga con realismo sulla domanda "Cosa facciamo quando abbiamo perduto tutto e siamo costretti a tornare a vivere dai nostri genitori?". Ci sono molti giovani che non hanno i mezzi per poter vivere da soli, soprattutto nella regione parigina. È un modo per parlare della famiglia.

Cosa ne pensa del fenomeno della "generazione boomerang"?
Éric si è ispirato a fatti reali per approcciarsi al soggetto. Come agli affitti che sono sempre più alti, che è necessario guadagnare tre volte tanto l'affitto e avere qualcuno che si prenda cura di voi, soprattutto nelle grandi città, è molto difficile per i giovani. Siamo tutti toccati da questo fenomeno. Ed è ancora più complicato quando si hanno dei bambini a carico: Stéphanie è obbligata a lasciare suo figlio al suo ex-marito perché lei non è in grado di mantenerlo.

Come descriverebbe il suo personaggio?
Il personaggio di cui parliamo è molto legato all'attualità: Stéphanie ha un figlio, ma lei non è un grado di crescerlo perché non ha più neanche una stanza per lui. È necessario collocarla in una situazione reale per comprendere la sua storia, sempre restando nella commedia. E' stato un vero lavoro quello che abbiamo fatto con Éric: volevamo rimanere ancorati alla famiglia e a quello che le accade. Come reagire quando si torna dalla mamma e come comportarsi per non "approfittare" della situazione e far fronte a questo tipo di accuse maligne? Ci siamo molto divertiti con Philippe, Josiane e Mathilde a costruire a poco a poco questa famiglia. Evidentemente, tutti eravamo coinvolti.

Perché torna dalla madre e non sceglie di stare da amici?
Penso che, in momenti come questi, si ha il bisogno di ritrovare il nido materno. Capiamo che lei ha un bel rapporto con la madre e le viene rimproverato di essere la sua "cocca". Di fronte ai suoi amici, lei non ha veramente intenzione di mostrare loro che sta attraversando un momento difficile perché è una donna piuttosto orgogliosa. Quindi ha bisogno di ritrovarsi in un luogo sicuro come la casa della madre. Sono sicura che se mai dovessi ritrovarmi in questa situazione, avrei voglia di stare dai miei genitori, accudita e di ritrovarmi nella mia stanza di quando ero bambina.

Il personaggio della madre è particolarmente aperto.
Lei si gode la vita, è stata costretta a rifarsene una. Noi figli le vediamo solo come madri e non come donne: pensiamo che le nostre madri rimangano tali per sempre, dimenticandoci che loro hanno anche il diritto al piacere e all'amore.

Perché ha così timore del confronto con la sorella durante la cena?
È dura perdere il lavoro: ci si sente deboli e a disagio, e se si ha un rapporto conflittuale con la sorella, si sa che lei approfitterà di questa situazione di debolezza. E non si ha voglia di confidare loro il proprio fallimento: Stéphanie ha paura che la famiglia vada a puntare il dito su quello che le è capitato. È sempre stata la "cocca" di famiglia e questo crea l'occasione per regolare tutti i conti in sospeso. Carole non sopporta che Stéphanie si ritrovi da sola con sua madre. Di colpo, Stéphanie capisce che suo fratello e sua sorella rischiano di mettere in scena un processo contro di lei.

Sarà scioccata di scoprire che sua madre ha un amante.
È sempre una situazione un po' delicata: Stèphanie potrebbe avere l'impressione che questo uomo vada a rimpiazzare la figura di suo padre. Ma oggi le cose sono cambiate, s'invecchia più lentamente e c'è ancora seduzione tra le persone anziane. Per i figli è complicato. Rimproveriamo a nostra madre di essersi ripresa troppo facilmente dopo la morte di nostro padre, ma è una posizione egoista: non siamo sempre con loro e dobbiamo accettare la loro felicità al di fuori della nostra. Dovrà passare un po' di tempo prima che Stéphanie possa accettare l'idea che un'altra persona entri nella vita di sua madre, ma penso che in fondo lei sia contenta per sua madre.

Com'è stato lavorare con i suoi colleghi?
Penso che il rapporto tra le due sorelle funzioni benissimo: si sente che le due sono legate da un rapporto di amore-odio, si vogliono bene ma non vogliono ammetterlo. C'è anche della gelosia tra le due. Soprattutto perché Stéphanie è la più piccola ed è quella che ha ricevuto più attenzioni. È stato straordinario lavorare con Mathilde Seigner: è una collega formidabile con la quale si può fare un vero lavoro di squadra.

Ovviamente, adoro Josiane Balasko da sempre: sono cresciuta con LES BRONZÉS ed ero incantata da possibilità di lavorare con lei. È un'attrice sempre attiva, tutte le generazioni la adorano.  All'inizio ci siamo avvicinate lentamente, ma poi ci siamo intese in poco tempo. E ci siamo fatte delle grosse risate. Josiane è una grande lavoratrice. Ripassavamo il copione insieme in albergo, trovavamo i toni di voce e formulavamo delle proposte. Senza darci lezioni, ma per collaborare e andare avanti insieme. È questo che mi piace, avere dei compagni di lavoro con i quali cercare delle cose che possano essere costruttive per l'interesse della messa in scena.

Cosa ne pensa di Éric Lavaine e del suo rapporto con gli attori?
Ho adorato lavorare con lui! Ci siamo incrociati molto tempo fa e all'epoca avevo fatto un paio di battute che lo avevano fatto ridere. Per me, una persona che ha un grande senso dell'umorismo ed è anche molto intelligente. Quando ho letto la sceneggiatura, ho riso molto e quando ci siamo incontrati ci siamo resi subito contro che avevamo le stesse idee riguardo al film. Ci siamo davvero divertiti, ma allo stesso tempo lui è un grande lavoratore. Tutti pensano che la commedia sia facile, ma è il genere che richiede più impegno. Éric è un regista meraviglioso  che sa come gestire gli attori: è preciso e incoraggia sempre le loro proposte. Ha il senso del ritmo, scrive bene e mette gli attori a proprio agio. E' sempre allegro e quando gli viene proposta un'idea la accoglie con interesse ed entusiasmo.  Inoltre lavoreremo insieme su un prossimo film.

Intervista a Josiane Balasko

Cosa l'ha colpita e divertita nella sceneggiatura?
Questa storia è molto divertente in quanto è il personaggio più anziano – in questo caso io! – che si rivela di più: è vedova e ha un amante che nasconde da molto tempo (ride). In poche parole, è più felice dei suoi figli. Ama i suoi figli cercando preservare anche la sua vita privata. Dove i malintesi si moltiplicano. Mi ha colpita anche la sensibilità nella scrittura dei dialoghi e di alcune scene come quella della cena, molto divertente. E all'improvviso, tutto questo caos mette il bastone tra le ruote al mio personaggio…

È contenta di riprendere in casa la figlia o si vede costretta a farlo?
È un po' difficile per lei: capisce che è necessario ingannarla per evitare di farsi sorprendere con il suo amante, e di colpo i suoi figli iniziano a pensare che lei abbia dei gravi problemi di memoria. È la prima volta che interpreto una donna così diversa da me: ha le sue piccole abitudini, gioca a Scarabeo con le amiche, è minuziosa, a volte maniacale – tanto che alcuni tratti del suo carattere che mi erano estranei sono stati divertenti da interpretare. È quello che amo fare: esplorare delle sfaccettature e registri differenti. Ed Éric Lavaine conosce bene la sua "musica" e la sa trasmettere.

Perché la madre è così reticente all'idea di parlare del suo amante con la figlia?
Perché lei sta con lui da molto tempo! Non l'ha incontrato per caso negli ultimi sei mesi. Sono amanti da più di vent'anni: è riuscita a preservare la sua vita famigliare pur vivendo una vita amorosa segreta. Ha ovviamente voglia di parlarne. Infatti, durante la cena, è tentata di raccontare la sua vita amorosa ai figli – da cui nasce una sequenza molto divertente – ma poi ci ripensa di fronte all'ostilità delle figlie.
Si aspettava che la figlia maggiore, interpretata da Mathilde Seigner, si arrabbiasse così tanto?
Penso che Stéphanie sia da sempre stata la "cocca" della mamma. Questa è la spiegazione. E' un fenomeno frequente tra i fratelli. Questo spiega il lato duro di Carole – che noi chiamiamo "Caca" in famiglia: si è messa addosso una corazza ma è molto frustrata, per questo si sfoga sul marito al punto di farlo fuggire. Nel corso di questo week-end, la famiglia implode da quando il marito di Carole se ne va e i miei figli iniziano a litigare. Questo tipo di conflitto, che è espresso bene da Éric Lavaine, mi ha fatto pensare ai problemi di eredità dove ci si scontra per un pezzo di appartamento o dei piccoli gingilli! Nel momento in cui si va a toccare quello che fratelli e sorelle sembrano voler possedere, ecco che la lotta diventa sanguinosa.

Mi parli dei suoi colleghi.
Alexandra Lamy ha un senso del ritmo straordinario, è una grande professionista. E' sempre di buon umore, è solare, raggiante. E' davvero più facile lavorare con persone così. Ci ammiravamo a vicenda da molto tempo e questo  è stato un ritrovo nel vero senso della parola. Mathilde Seigner ha già interpretato il ruolo di mia figlia e ci siamo già schiaffeggiate a vicenda (ride)! Da allora mi chiama "mamma" qualche volta. In MAMAN – altro titolo profetico – l'avevo già trovata piacevole, molto professionale e super divertente. Adoro anche Cécile Rebboah, che interpreta l'amica di Stéphanie, e che interpretava anche la mia segretaria nel telefilm LA LOI DE BARBARA.

E i ruoli maschili?
Per Didier, ho detto a Éric Lavaine che mi sarebbe piaciuto lavorare con un mio complice, una persona che conoscevo da più di quarant'anni: Didier Flamand. Ed ha accettato poiché noi interpretiamo due vecchi amanti molto passionali. Si capisce bene perché il mio personaggio è innamorato di lui: è un bambinone, ha ancora fascino ed è un tipo divertente anche se lei non gli perdona nulla! Jérôme Commandeur, che aveva già lavorato con Éric Lavaine, è un tipo delizioso. Può interpretare perfettamente quello goffo e sottomesso. Era la prima volta che lavoravo con Philippe Lefebvre e ci siamo intesi alla grande. Alla fine, abbiamo davvero costruito una famiglia nella quale i figli non sono negligenti: amano sinceramente la loro madre.

Lei ha recitato quasi interamente nell'appartamento.
In generale, il problema di quando si recita in un appartamento è che ci si ritrova in cinquanta persone chiuse in uno spazio piccolo. In TORNO DA MIA MADRE, avevamo gli alloggi e la mensa nel palazzo. Era come stare in un piccolo studio cinematografico. Ci siamo davvero appropriati del condominio e facevamo anche delle feste il sabato!

Cosa ne pensa di Éric Lavaine e del suo modo di gestire gli attori?
Abbiamo fatto delle letture all'inizio perché avevamo delle scene molto lunghe.  Per esempio, la sequenza della cena è stata girata in due o tre giorni e ha richiesto numerose ripetizioni. Ma abbiamo girato molto velocemente. Con la troupe di Éric Lavaine non avevamo tempo di fare le parole crociate! Devo dire che è stato piacevole lavorare a ritmo sostenuto continuando a ripetere le scene che non andavano bene. Éric Lavaine è esigente ma sempre di buon umore. Non è mai stressante lavorare con lui, e se lui stressato, non lo lascia trasparire. Si ha l'impressione che si stia sempre divertendo. E' molto aperto e ci incoraggia sempre a fare delle proposte.
Intervista a Mathilde Seigner

Quale aspetto del progetto le interessava maggiormente?
Era da molto tempo che Éric Lavaine ed io volevamo lavorare insieme. Ho trovato la sceneggiatura fantastica, anche perché il fenomeno della "generazione boomerang" è – purtroppo – molto attuale perché molte persone si ritrovano da sole, senza soldi e senza un lavoro, per questo sono costretti a tornare nella loro cameretta d'infanzia. Mi metto nei loro panni e non vorrei mai tornare nell'appartamento dei miei genitori! E' una regressione ed una sconfitta enorme perché significa tornare indietro. E' una situazione drammatica.

La sceneggiatura l'ha divertita?
Certo che sì! Di solito non rido leggendo le sceneggiature, ma ricordo di essermi fatta grasse risate leggendo questa storia. Bisogna dire che i conflitti tra fratelli mi divertono molto. In ogni caso, arrivare a far ridere con delle risposte cattive e pungenti è molto divertente! E' difficile far ridere quando si è cattivi – è molto più facile con una commedia popolare con delle battute buoniste. Riuscire a far ridere con dei personaggi che si scambiano cattiverie inaccettabili è molto forte. Per questo le situazioni nel film sono assolutamente cedibili: la storia è ancorata alla realtà, pur rimanendo sempre divertente, corrosiva e commovente. Penso che tutti potranno immedesimarsi.

Come descriverebbe il suo personaggio?
È molto rigida all'inizio. Quando entra in scena è molto antipatica: ha un pessimo carattere ed è subito pronta a sparare cattiverie. Eppure, se è molto antipatica all'inizio, avviene in lei un cambiamento radicale e diventa toccante. E' raro che un ruolo secondario si evolva così tanto da portarla a salvare la sorella.

Perché non va d'accordo con la sorella?
Lei è folle di gelosia all'idea che i suoi genitori amino così tanto Stéphanie, da sempre la preferita e la cocca di casa. La sua unica difesa è quella di attaccare la sorella in un momento di estrema debolezza. E lei è contenta che la sorella soffra. Tutti gli esseri umani gelosi, feriti o abbandonati diventano più duri. E' nella nostra natura: invece di ammettere che siamo tristi, che stiamo male o che siamo gelosi, iniziamo ad attaccare e a mordere.

Cosa la disturba maggiormente del fatto che Stéphanie torni a vivere dalla loro madre?
Tutta la sua gelosia riaffiora in quel momento. È sempre stata gelosa per tutta la sua vita e sfoga la frustrazione sugli uomini. L'idea che la sorella torni a vivere dalla madre è per lei insopportabile. Per questo manda all'aria la cena. E' la sua vendetta: non sopporta che Stèphanie sia tornata a casa. Ai suoi occhi la "cocca" è tornata all'ovile!

Perché tratta così male suo marito?
Il suo rapporto con gli uomini è complicato, ed è legato a quello che ha vissuto e alla sua sofferenza. Lei è dura, brutale, violenta con il suo compagno come con la sua famiglia. Dopo il fatto, capisce di essersi spinta troppo lontano. Ma il modo in cui parla a suo marito corrisponde a quello con il quale si rivolge alla famiglia.

Mi parli dei suoi colleghi.
Per me, Jérôme Commandeur, che non conoscevo, è stato un vero incontro. Interpreta un cretino dotato di molta intelligenza e recita con emozione e delicatezza.  Conoscevo Alexandra Lamy da molto tempo e sono contenta di aver lavorato con lei. In realtà era come se avessimo già lavorato insieme. Josiane Balasko, che adoro, aveva già interpretato mia madre. Ho avuto l'impressione che lo fosse per davvero: in poche parole, eravamo già in famiglia. Anche Philippe Lefebvre, che non conoscevo, è stato formidabile.

Cosa ne pensate di Éric Lavaine e del suo lavoro con gli attori?
Abbiamo fatto delle letture e abbiamo parlato dei personaggi, ma non abbiamo ripetuto molto. Una volta sul set, ci si ritrova tutti insieme  e lui ci dirige con precisione: fa rifare le scene se non gli piacciono, esprime spesso la sua opinione senza mai essere umiliante o cattivo. Fa uscire le cose che vuole senza forzarle. Non è arrogante e non ha manie di protagonismo come alcuni registi: l'atmosfera è sempre gioiosa e si lavora con il buon umore senza mai perdere la testa.

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