99 Home
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Venezia 71: 99 Homes, la recensione


Ramin Bahrani, con '99 Homes' dirige un bel film attuale, dove l'uomo è costretto a svendere se stesso e a combattere per mantenere quei diritti che un tempo pensavamo fossero inalienabili. Ottima la prova offerta da Andrew Garfield e Michael Shannon.
Voto: 8/10

Presentato in concorso alla 71a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, 99 Homes è l'ultimo film di Ramin Bahrani che già due anni fa era passato al Lido di Venezia con il suo At Any Price. La pellicola segue la storia di Dennis (Andrew Garfield) che, dopo aver perso la propria casa, decide di cominciare a lavorare con l'uomo (Michael Shannon) che l'ha messo in mezzo ad una strada, scoprendo il lato oscuro del mondo della finanze e della speculazione immobiliare, trasformando se stesso in una sorta di carnefice.

Quello che Bahrani mette in scena è, prima di tutto, una sorta di mefistofelica rappresentazione di quella che è comunemente conosciuta come sindrome di Stoccolma; vale a dire quello stato psicologico turbato che, a seguito di un momento cruento o di un atto violento, porta la vittima a sviluppare un sentimento di "amore" nei confronti del proprio carnefice o, comunque, di colui che ha dato inizio all'atto violento. Dennis, all'inizio del film, è un uomo onesto: un padre di famiglia molto giovane, che cerca di arrivare a fine mese con qualche lavoro saltuario, da idraulico a operaio, mentre sua madre arrotonda facendo la parrucchiera in casa. Tuttavia arriva il giorno in cui Dennis è costretto a lasciare la sua casa: bistrattato da un sistema giuridico che uccide i cosiddetti pesci piccoli e in qualche modo ingannato dalla legge delle speculazioni immobiliari, il ragazzo si trova – con tutta la famiglia – in mezzo alla strada, costretto a passare la notte in motel dove altri come lui cercano di andare avanti. Dennis, però, è anche un uomo che non si arrende e alla fine si coalizza proprio con colui che gli ha portato via tutto, finendo con il diventarne una sorta di copia conforme. In questo senso Bahrani mette in scena un gioco al massacro subdolo e infame, che rispecchia alcune delle brutture che l'uomo di oggi è costretto a subire: ecco allora che il mondo del regista è un universo dove i protagonisti sono spinti a diventare alleati – se non proprio ad amare – coloro che li hanno feriti, umiliati e spinti sul limite di un baratro senza via d'uscita.

L'aspetto più interessante di 99 homes è da ricercare proprio in una sorta di forzata aderenza all'attualità dell'economia mondiale: il teatro che la pellicola offre è quella di un mondo ormai piegato dalla crisi, pronto a tutto pur di ottenere qualche briciola. Un mondo dove il più forte domina, senza se e senza mai, spesso ricorrendo a strumenti tutt'altro che leciti. Un mondo dove è il Capitale a dettare le regole di vita e morte di ognuno. E in questo ritratto il registra è senz'altro aiutato dalle ottime prove istrioniche offerte dai due grandissimi attori protagonisti. Andrew Garfield, con il talento necessario per passare dal toccante Non Lasciarmi ai panni di The Amazing Spiderman, ha irrobustito il proprio fisico e nascosto il suo volto da bambino dietro una barba incolta. Ne è uscito, così, un personaggio che sul corpo porta i segni di una vita passata al lavoro, senza mai cercare di uscire dai confini di un sentiero che sembrava già tracciato. L'attore britannico diventa allora il volto perfetto per raffigurare questo povero diavolo che svende la sua anima per un tocco di pane, prima, e la sicurezza economica poi. Al suo fianco c'è un Michael Shannon come sempre inquietante e credibile al punto giusto, che utilizza i suoi tratti somatici per restituire allo spettatore la maschera deformata di un'umanità che, di umano, ormai non ha più nulla.

Valutazione di Erika Pomella: 8 su 10
99 HomesVenezia 2014
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