Another me
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Another me, la recensione


Presentata al Festival del film di Roma la pellicola che chiude il concorso ufficiale della manifestazione: Another me, un thriller psicologico banale e scontato sul tema del doppio che non riesce a far leva nemmeno sulla presenza di Sophie Turner.
Voto: 3/10

Si chiude oggi il concorso del Festival internazionale del film di Roma con la presentazione degli ultimi tre film in gara: Tir di Alberto Fasulo, The mole song – Undercover agent Reiji dell'acclamato Takashi Miike e Another me di Isabel Coixet. E mentre l'Auditorium – Parco della musica ancora freme per la prima di Hunger games: la ragazza di fuoco, che ha provocato una specie di apocalisse zombie adolescenziale, arriva il film della Coixet come un colpo alla nuca. Fra abbandoni di sala, sbuffi e fragorose risate Another me non è sicuramente stato preso bene dalla stampa che quasi all'unisono lo ha stroncato all'apparizione del primo titolo di coda.

Eppure dopo La mia vita senza me e La vita segreta delle parole, presentato alla Mostra del cinema di Venezia e premiato con quattro Goya, proprio non ci si aspettava che una delle registe principalmente sostenute da Pedro Almodóvar fosse in grado di sfornare quella che probabilmente potremmo definire una delle peggiori pellicole del festival. Non basta nemmeno la presenza di Sophie Turner (la Sansa Stark della fortunata serie Il trono di spade) e del bel Jonathan Rhys-Meyers a risollevare le sorti di un'opera che magari poteva sperare di puntare almeno sul target adolescenziale ma che non funziona da nessun punto di vista.

Tratto dal romanzo omonimo di Cathy MacPhail, Another me è un noir tutto al femminile, un thriller psicologico che un po' ricorda il cinema horror giapponese alla Ringu, un po' quello di Alfred Hitchcok e un po' trae spunto dagli archetipi classici delle storie sui fantasmi mettendo al centro della narrazione il tema del doppio. A incutere timore è stavolta una gemella cattiva che torna dal passato per vendicarsi della sua famiglia che al momento del parto ha scelto di far sopravvivere l'altra figlia. A parte la trama discutibile il problema principale del film è la totale mancanza di tensione nell'intreccio innanzitutto ma anche nel montaggio e nella regia che sfruttano a tal punto gli stereotipi di genere da risultare ridicoli. Ecco allora luci a intermittenza, gente che guarda dalla finestra, scritte sui muri, vetri che si rompono da soli, riflessi di presenze sconosciute, voci che compaiono dal nulla, ci sono perfino l'ascensore e l'inquietante vecchina vicina di casa. Per non parlare poi del fatto che, oltre la bella presenza, Fay (la protagonista interpretata dalla Turner) è totalmente insulsa e priva di spessore così come manca di caratterizzazione qualsiasi altro tipo di personaggio presente nella storia. Nulla da fare, al di là di un certo senso estetico la Coixet fa stavolta decisamente un buco nell'acqua. Insalvabile.

Valutazione di redazione: 3 su 10
Another MeFestival del Cinema di Roma 2013
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