Babadook
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Babadook, la recensione


'Babadook' un film dell'orrore elegante e ben fatto, che alle strutture dello spavento alterna anche una costruzione scenica che sembra strizzare l'occhio ai vecchi horror tedeschi.
Voto: 8/10

C'è un'età in cui ogni bambino ha dovuto sfidare la minaccia incombente dell'uomo nero: una figura fantomatica evocata da genitori e parenti per mettere a tacere l'irrequietezza dei primi anni, le malefatte guidate dalla disobbedienza, i capricci vuoti e inutili. "Se non fai il bravo viene l'uomo nero e ti porta via," è forse una delle frasi più dette dai genitori di tutto il mondo, costretti a rapportarsi spesso con una genitorialità di cui avevano smussato i lati più complicati. Ed è proprio da questa visione d'insieme, da questa adamitica paura infantile e dal difficile ruolo di genitore che Jennifer Kent prende spunto per il suo film d'esordio, la pellicola Babadook, presentata allo scorso festival di Torino.

C'è stato un tempo in cui  Amelia era una scrittrice di successo con una vita perfetta; poi, però, le cose sono andate a rotoli. La donna si è trovata improvvisamente sola dopo la morte del marito, con un figlio da crescere in completa solitudine. Sette anni dopo il dolore per quell'abbandono non l'ha ancora lasciata libera e Samuel, suo figlio, a volte sembra ancora un estraneo. Come se non bastasse, inoltre, il bambino dorme male per via degli incubi che lo perseguitano e che costringono sua madre, sera dopo sera, a cercare il mostro che il ragazzino afferma di vedere ogni volta. Quando poi in casa appare un libro, intitolato appunto Babadook Samuel riconoscere in quella figura lo stesso essere mostruoso che gli impedisce di vivere (e dormire) con serenità.

Babadook è un film horror sui generis. Vi metterà paura e, questo, di per sè, è già un immenso risultato, visto il genere a cui la pellicola appartiene. Non mancheranno salti sulla sedia, rumori sinistri, apparizioni infernali che vi faranno dubitare della vostra capacità di mettervi a dormire e abbandonarvi ad un sonno sereno e scevro da visioni spaventose. Al di là di questa struttura che funziona a meraviglia, anche grazie ad un ritmo ben cadenzato, Babadook è anche una pellicola che non si accontenta di mettere in scena una storia dell'orrore, anzi. Lo spavento serve solo come pretesto per poter anche affrontare la difficile tematica dell'elaborazione del lutto e del rapporto genitore-figlio, che non sempre è idilliaco come ci viene mostrato nel 90% delle pellicole di matrice horror. Jennifer Kent firma dunque un film dell'orrore elegante e ben fatto, che alle strutture dello spavento alterna anche una costruzione scenica che sembra strizzare l'occhio ai vecchi horror tedeschi di matrice espressionista, quelli che – per citare un nome – hanno come figura di riferimento quella del Dottor Caligari. Le inquadrature sono geometriche, piene di linee e angoli in cui si annida la paura: non solo paura del mostro, ma anche paura di non farcela, di fallire, di non poter guarire dal un male dell'anima.

Valutazione di Erika Pomella: 8 su 10
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