Before I Disappear
Before I Disappear

Venezia 71: Before I Disappear, la Recensione


'Before I Disappear' è un film che paga l'arroganza stilistica del proprio regista: un film autocelebrativo e debole, che poggia le basi su una sceneggiatura affrettata, un protagonista odioso e una musica che, a lungo andare, infastidisce anche lo spettatore più paziente.
Voto: 3/10

Dopo essersi fatto le ossa con una discreta carriera nel campo dei cortometraggi, il regista Shawn Christensen approda alla sua prima prova registica per un lungometraggio, scelto per far parte della rosa di pellicole che compongono la selezione delle Giornate degli Autori alla 71° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Before I Disappear, tratto proprio da un cortometraggio, offre al regista la possibilità di cimentarsi in varie fasi della produzione, quasi come un Dio-dittatore. Purtroppo, però, in ogni campo Christensen fallisce miseramente e il suo esordio è un saggio autocelebrativo di presunzione, ridondanza e luoghi comuni.

Richie (Christensen) è un ragazzo con una vita difficile: lavora in un bar dalla reputazione dubbia e da quando la sua ragazza Vista lo ha lasciato sembra non avere nessuna ragione per continuare a vivere. Decide così di suicidarsi, tagliandosi le vene e aspettando che la vita lo abbandoni mentre è disteso in una vasca il cui contenuto vira sempre di più verso il cremisi. Quando tutto sembra deciso, però, una telefonata di sua sorella (la sempre superba Emmy Rossum di Shameless) lo costringe a rimandare il folle gesto per potersi occupare della nipotina Sofia (Fatima Ptacek) mentre lei è alle prese con la giustizia. La notte di Richie, allora, si trasforma in un ginepraio di (dis)avventure: da Gideon (il Paul Wesley di The Vampire Diaries) che cerca la sua fidanzata a Bill (Ron Perlman di Sons of Anarchy), capo di Richie che conosce il destino della ragazza scomparsa.

Sembra esistere, almeno in campo cinematografico, una regola non scritta che invita la critica a non essere mai troppo dura con i registi esordienti e, al contrario, dare fiducia a questi giovani che si lanciano sul campo minato della creatività, creatura sempre più mitologica in quel di Hollywood (e non solo), dove tra reboot e remake sembra essersi ormai estinta la scintilla dell'immaginazione. Spesso questa regola è applicabile e applicata; ma quando un esordio strasborda in maniera tanto evidente di autocelebrazione, arroganza e narcisismo, difendere l'indifendibile diventa mera ostinazione. Sulla carta Before I Disappear avrebbe potuto avere tutti i numeri necessari per essere un film più che dignitoso: una storia che, pur nella sua non-originalità avrebbe potuto emozionare il pubblico; un cast di tutto rispetto e, infine, una colonna sonora intrigante. Ecco, Shawn Christensen prende tutti questi elementi e tutte queste potenzialità per farne una basa per il proprio ego smisurato, che emerge da ogni inquadratura eccessiva e ridondante, molto spesso del tutto inutile nella costruzione del quadro originale. Al regista piace guardare se stesso e il proprio lavoro, senza tener minimamente conto che dall''altra parte dell'obiettivo c'è qualcuno che ha pagato un biglietto per essere intrattenuto. La pellicola è solo un'immensa, fastidiosa, assordante autocelebrazione di un narcisismo che trova nei continui primi piani del regista/attore/sceneggiatore la sua rappresentazione massima. Shawn Christensen scrive e interpreta un personaggio assolutamente irreale, superficiale e, in qualche modo, di carta. Uno di quelli pronti a volare subito via perchè non ha radici abbastanza forti per permettere ad un qualsiasi sentimenti che non sia l'astio di emergere nel cuore dello spettatore. A questo si aggiunge anche una superficialità narrativa: l'elemento che avrebbe dovuto rappresentare il cuore della pellicola – il rapporto tra zia e nipote – è appena accennato, condotto verso una banale, facile e assurda risoluzione, che non incontra nessun ostacolo nè cambiamenti, tanta da risultare non solo poco credibile, ma anche completamente fuori luogo.

Tutto questo, oltretutto, è accompagnato da una regia che va di pari passo con il narcisismo del regista di cui parlavamo poco più sopra. Una regia che invece di mettersi al servizio della storia, viene sfruttata affinché il regista possa mettere in mostra tutto quello che sa fare con la macchina da presa. Peccato che le poche trovate registiche degne di nota sono "omaggi" a film precisi, tanto che le situazioni risultano ampiamente già viste. Dall'incipit che pare preso – come colore, stile e musica – dall'inizio di quel piccolo capolavoro che è Piccole bugie tra amici di Guillaume Canet, regista anche lui giovanissimo ma che ha dato una chiara impronta al proprio cinema, senza bisogno di dover andare a pescare a piene mani dal lavoro di altri. Un altro esempio di questo gravissimo difetto di Before I Disappear è una scena "musicale" del tutto fuori luogo e fuori tempo, che si svolge ad un bowling: vi sfidiamo, nel vederla, a non pensare al meraviglioso Across the Universe. Persino le parti con Emmy Rossum erano talmente stereotipate da sembrare una versione più povera dei meravigliosi episodi di Shameless, dove l'attrice interpreta Fiona Gallagher. Per nascondere tutti questi difetti (evidentissimi ad un occhio un minimo attento), il regista tenta di puntare tutto sulla musica: peccato che essa sia quasi sempre troppo invadente: non di commento, nè di contrasto, le note utilizzate servono per una qualche ragione ancora non meglio identificata, che però fa sì che l'insuccesso qualitativo di Before I Disappear rimanga indelebile.

Valutazione di Erika Pomella: 3 su 10
Before I DisappearVenezia 2014
Impostazioni privacy