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Recensione Due giorni, una notte


'Due giorni, una notte' è l'ultimo lavoro dei fratelli Dardenne: la storia di una donna che combatte contro una società sempre più abituata a fagocitare se stessa. Sullo sfondo di un Belgio industriale e freddo, Marion Cotillard dà l'ennesima prova del suo sconfinato talento in un dramma dal ritmo teso.
Voto: 7/10

Sandra (una sempre strepitosa Marion Cotillard) è una giovane donna che rischia di perdere il proprio lavoro, dopo un periodo di assenza dovuto ad una forte depressione. L'azienda di pannelli solari per cui lavora, però, sta attraversando la crisi, come tutta l'Europa. Il suo capo, allora, ammette di non essere in grado di tenere Sandra e, allo stesso tempo, pagare un bonus di mille euro agli altri dipendenti. Inizia così per Sandra una difficile corsa contro il tempo: lottando contro il suo istinto al pianto e alla resa, aiutata dal marito Manu (Fabrizio Rongione), Sandra percorre le strade del suo mondo cercando di convincere i propri colleghi a rinunciare al proprio premio per permetterle di continuare a lavorare e ad avere, così, uno stipendio. La donna, però, ha il tempo contato: il lunedì mattina si svolgerà la votazione che deciderà il suo lavoro e Sandra dovrà dunque riuscire a contattare tutti in soli due giorni e una notte.

Due giorni, una notte è l'ultimo film di Jean-Pierre Luc Dardenne, presentato nella selezione ufficiale dello scorso Festival di Cannes, che tratta in  modo umano e personale della crisi che sta mettendo in ginocchio l'Europa. Alla base dell'operazione filmica c'è la riflessione – inquietante e disturbante – secondo cui la società moderna è così affamata e così disperata da essere capace di essere la carnefice di se stessa. Ci si trova così davanti ad una rilettura dell'Homo Homini Lupus teorizzato dal filosofo Hobbes. Il personaggio di Sandra è costretta a spostarsi da una situazione disperata all'altra, passando da chi ha bisogno del bonus per le scuole dei figli, a chi ammette di non riuscire ad arrivare a fine mese, senza dimenticare l'immigrato che ha paura di perdere il proprio posto di lavoro. Come una mendicante, fragile e umiliata, Sandra deve bussare alle porte di chi, proprio come lei, è in ginocchio, pregando questi colleghi di rinunciare alla propria vita per quelli della donna. Ma i fratelli Dardenne sono stati abili nell'altalenare le varie tipologie di essere umani che Sandra incontra nella sua corsa contro il tempo. Se i registi si fossero concentrati solo su un'umanità ridotta all'ombra di se stessa, schiava di un mercato sempre più micidiale, probabilmente il risultato sarebbe stato fin troppo buonista e altamente inverosimile. Invece Jean-Pierre e Luc tratteggiando anche ritratti di uomini rissosi e malvagi, di giovani donne che si nascondono dietro abiti appariscenti e un atteggiamento fastidiosamente superficiale. In questo alternarsi di "buoni e cattivi" i Dardenne trovano una propria cifra stilistica che permette a Due giorni, una notte di essere un film intimo, personale, che non rinuncia ad incursioni in un ibrido stilistico che sembra strizzare l'occhio al modus operandi tipico del genere documentaristico.

Uno degli elementi che rendono la pellicola riuscita – se non l'elemento più importante – è dato dall'interpretazione di Marion Cotillard, che conferma le sue doti e la sua grande espressività, capace di creare empatia anche nelle situazioni più disperate. Il suo personaggio, infatti, è una maschera di debolezza, una donna che gli altri percepiscono come non in grado di effettuare i propri doveri. Peggio: in un paio di occasioni viene percepita come una ladra, una mendicante che vuole rubare i soldi di chi ha lavorato, limitandosi a chiedere compassione e pietà. A tutte queste accuse Sandra sembra incapace di rispondere, specie nella prima parte della pellicola. Si trascina, senza voce e con le dita tremanti, sullo sfondo di un Belgio fortemente operaio e industriale, che sembra privo di scorci che possano spingere lo spettatore ad una facile emotività. Questa debolezza di Sandra, a lungo andare, rischierebbe di venire a noia, facendo saltare i nervi anche al pubblico più avulso alle insicurezze umane. Un personaggio, quindi, che se non fosse stato poggiato sulle spalle esili ma al contempo capaci di Marion Cotillard avrebbe rischiato di risultare inefficace, falso e sopra le righe. Invece, grazie alle doti istrioniche dell'attrice francese, Sandra riescere a prendere le sembianze di una guerriera stanca. Una donna che zoppica mentre cerca di rialzarsi e che proprio grazie alla battaglia che sceglie di intraprendere per mantenere il proprio posto di lavoro riesce a trovare coraggio e forza. Ed è in questo che Due giorni, una notte riesce a colpire: nel ritratto di questa donna che ha provato in tutti i modi ad arrendersi, senza mai riuscirci fino in fondo. Per fortuna.

Valutazione di Erika Pomella: 7 su 10
Due giorni, una notte
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