La famiglia Belier
La famiglia Belier

La famiglia Belier, la recensione


'La Famiglia Bélier' è una pellicola deliziosa, divertente, intrisa di ironia e buon umore, sulle ali delle note di uno dei monumenti storici della musica francese.
Voto: 8/10

Paula (Louane Emera) è una ragazza come tante: è innamorata di un suo coetaneo, va a scuola, ha una migliore amica e una famiglia che la fa impazzire. Ma Paula ha una situazione familiare che non è così diffusa: tutti i componenti del suo nucleo familiare sono, infatti, sordomuti, e fanno affidamento su di lei per comunicare con il resto del mondo. Paula aiuta così alla bancarella dove vengono venduti i formaggi di famiglia e prima di andare a scuola dà una mano in fattoria. Le cose si complicano quando suo padre (François Damiens) si candida per divenare sindaco del paese; come se non bastasse, per seguire il suo amato Gabriel (Ilian Bergala), Paula decide di entrare nel coro della scuola. Ben presto il suo insegnante (Eric Elmosnino) si accorge del talento della ragazza e la invita a prepararsi per un provino per entrare in una prestigiosa scuola di canto. A Parigi.  

Ci sono pellicole che fanno bene al cuore, pellicole in grado di riappacificare lo spettatore con il mondo circostante, fatto il più delle volte di soprusi e cattiverie gratuite. La famiglia Bélier, del regista Eric Lartigau, rientra in questa categoria. La storia di Paula è piena di angoli bui, di possibili corridoi dove la malinconia e la tristezza aspettano un agguato; si tratta di un racconto che ha tutto il potenziale per trasformarsi in melodramma ruffiano, che chiama a sé con forza coatta l'emotività del pubblico. Una ragazza appena adolescente, che porta sulle spalle il peso di tutta la sua famiglia sordomuta, esclusa dai più e lasciata ai margini per ignoranza e/o pregiudizi. Ecco, questo è tutto quello che Lartigau cerca di evitare. Alla via del melodramma il regista preferisce – e a ragione – quella della commedia. C'è una leggerezza diffusa in La famiglia Bélier, un tocco spumoso che fa breccia nel cuore dello spettatore e lo trascina con eleganza in una diegesi costruita perfettamente in ogni minima parte che, proprio per il suo non pretendere uno scambio emotivo, riesce a toccare le corde più intime dell'anima di chi è seduto in poltrona.

La famiglia Bélier è una pellicola difficile da recensire perchè è, essenzialmente, un film che si sente. Una storia che viene costruita sulle basi di mani che si muovono in continuazione per articolare una lingua quasi segreta, codificata, a tratti magica. Una storia che si fa forte degli occhi smarriti della protagonista, delle sue spalle gobbe, dei suoi maglioni nei quali cerca di scomparire. Sì, perchè Paula – che presenta se stessa sempre con la formula Paula Bélier, Bélier come montone – è una protagonista che vorrebbe scomparire dal quadro, che si nasconde dietro ai suoi compagni, che non apre mai pienamente la bocca per dar aria ai suoi polmoni. Eppure è proprio questa sua timidezza unita ad una sua innata fragilità che permette allo spettatore di empatizzare con lei, di fare il tifo per questa ragazzina circondata di silenzio che non vuol far altro che cantare, senza deludere la sua famiglia. Un altro ruolo importante, naturalmente, lo gioca la musica. L'insegnante di canto è così fissato con Michel Sardou che spinge la sua classe a cantare a ripetizione le sue canzoni: la maladie d'amour, Je vais t'aimer,  la java de Broadway En Chantant (quest'ultima un vero e proprio inno al buon umore contro i pensieri tristi) riempiono lo schermo, lo denotano come universo pieno di note e di passione. Una costruzione musicale attenta e precisa che culmina con l'esibizione sulle note di Je Vole che basta, da sola, a rendere questa pellicola assolutamente – assolutamente! – imperdibile.

Valutazione di Erika Pomella: 8 su 10
La Famiglia Belier
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