Revenant - Redivivo
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Revenant – Redivivo, la Recensione


Un uomo ferito, abbandonato nei boschi dai suoi compagni, in cerca della sua vendetta: l'epica odissea di cui è protagonista Leonardo Di Caprio nel nuovo film di Alejandro G. Inàrritu
Voto: 7/10

La parola "revenant" sta letteralmente a indicare colui che, in italiano, definiremmo "morto vivente" o "morto che cammina"; il corpo, insomma, di una persona morta che si crede sia tornata fra noi per terrorizzare e perseguitare gli esseri viventi. È una definizione che calza, quindi, al protagonista di Revenant, ultimo film di Alejandro Gonzàlez Inàrritu, con protagonista Leonardo Di Caprio.

Siamo nel 1823, in un freddo inverno nei territori lungo il fiume Missouri, dove un gruppo di cacciatori è alla ricerca di pelli e pellicce, e deve fare i conti con l'ostilità, oltre che del clima rigido e degli animali feroci, anche dei nativi americani.

Hugh Glass (Leonardo Di Caprio) è una delle guide di questi cacciatori, comandati dal Capitano Andrew Henry (Domhnall Gleeson), che sono stati decimati a causa di un'imboscata da parte degli indiani Arikara.

Quando Glass viene attaccato brutalmente da un grizzly, che lo lascia gravemente ferito, i suoi compagni temono che trasportarlo con sé rallenterebbe ulteriormente il loro cammino. Glass è dato ormai per spacciato, e uno dei membri del suo gruppo, John Fitzgerald (Tom Hardy), cerca di ucciderlo prima di abbandonarlo definitivamente in mezzo alla foresta. Solo, ferito e disarmato, strappato brutalmente dal figlio, Glass trova, contro ogni previsione, la forza di mettersi in cammino con lo scopo di vendicarsi.

Il personaggio di Hugh Glass è realmente esistito, la sua storia ha ispirato l'omonimo romanzo di Michael Punke da cui è tratto il film, ed era già stata parzialmente narrata al cinema: nel 1971 Richard Harris e John Houston erano stati protagonisti del western Uomo bianco, va' col tuo Dio! di Richard C. Sarafian, nonostante i personaggi avessero nomi diversi.

Revenant vuole sfuggire all'etichetta tradizionale di western, mescolando thriller e dramma, in cui non mancano scene cruente, e scegliendo un soggetto meno esplorato dal cinema, quello dei cosiddetti "trappers", i cacciatori di animali da pelliccia; un'impresa ambiziosa a cui Inàrritu si è dedicato dopo aver realizzato un'altra prova rischiosa come un intero film girato in piano sequenza, ovvero Birdman. E se Birdman si svolgeva quasi interamente fra le mura di un teatro di Broadway, qui ci troviamo nella natura più selvaggia e incontaminata, un paesaggio che il regista illustra con grande cura stilistica: Inàrritu, infatti, insieme al suo abituale direttore della fotografia Emmanuel Lubezki, ha scelto di effettuare le riprese con luce naturale (abitudine già nota ai seguaci, e alla troupe, di Terrence Malick). I virtuosismi del regista stavolta si snodano tra luci, ombre, suoni e colori degli sterminati paesaggi inesplorati, e non mancano echi di quel misticismo che aveva già affrontato nelle sue opere precedenti.

Revenant è sicuramente un'opera ambiziosa, con un set già diventato mitico a causa delle difficoltà legate al clima, con abbandoni da parte di alcuni membri della troupe, aumenti continui del budget, e Leonardo Di Caprio che affronta una prova impegnativa soprattutto dal punto di vista fisico: in un ruolo quasi privo di dialogo, mostra il suo corpo ferito, provato, ricoperto dal sangue e dal ghiaccio, dallo sguardo rabbioso e disperato, in un tour de force che va ad alimentare l'eterno fermento intorno alla sua (finora mancata) statuetta dell'Oscar. Accanto a lui, spicca nel cast il perfido Fitzgerald di un Tom Hardy sempre più in ascesa.

La lunga odissea di Hugh Glass soffre in qualche momento di eccessiva prolissità, e sono meno riusciti i momenti onirici con voice over; nel complesso, ci troviamo di fronte ad un'epica stilisticamente molto curata, e affascinante a livello visivo, un prodotto in apparenza ostico per un vasto pubblico, ma i nomi di regista e protagonista ne fanno sicuramente una delle opere più attese della stagione.

Valutazione di Matilde Capozio: 7 su 10
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