1938 Diversi

1938 Diversi (2018)

1938 Diversi
Locandina 1938 Diversi
1938 Diversi è un film del 2018 prodotto in Italia, di genere Documentario diretto da Giorgio Treves. Il film dura circa 62 minuti. Il cast include Lilana Segre, Roberto Herlizka, Stefania Rocca, Alessandro Federico. In Italia, esce al cinema giovedì 11 Ottobre 2018 distribuito da Mariposa Cinematografica.

1938-2018: ottant'anni dalla promulgazione delle leggi razziali fasciste. Un anniversario importante e purtroppo ancora molto attuale. Ottant'anni fa il popolo italiano, che non era tradizionalmente antisemita, fu spinto dalla propaganda fascista ad accettare la persecuzione di una minoranza che viveva pacificamente in Italia da secoli. Come fu possibile tutto questo? E quanto sappiamo ancora oggi di quel momento storico? 1938 Diversi vuole raccontare che cosa comportò per gli ebrei italiani l'attuazione di quelle leggi e come la popolazione, ebraica e non, visse il razzismo e la persecuzione. Il film mostra gli articoli, le vignette, i fumetti, i filmati con cui nel volgere di pochi mesi gli ebrei vennero trasformati prima in "diversi", poi in veri e propri nemici della nazione. Racconta le conseguenze sulla vita di ogni giorno degli ebrei italiani all'indomani delle leggi, sia attraverso la voce di alcuni testimoni, sia attraverso la ricostruzione animata di alcuni episodi di discriminazione e umiliazione. Importanti studiosi aiutano a rileggere questo drammatico passaggio storico sotto una luce nuova, capace di illuminare il ruolo decisivo dei mezzi di comunicazione di massa in una delle più tragiche persecuzioni razziali dell'umanità.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 11 Ottobre 2018
Uscita in Italia: 11/10/2018
Genere: Documentario
Nazione: Italia - 2018
Durata: 62 minuti
Formato: Colore
Produzione: Tangram Film, Sky Arte
Distribuzione: Mariposa Cinematografica
Note:
Miglior Documentario - Cinema del Reale 2019

Cast e personaggi

Regia: Giorgio Treves

Cast Artistico e Ruoli:

Immagini

[Schermo Intero]

NOTE DI REGIA – Giorgio Treves

Nel maggio 1940 per sfuggire alle leggi razziali fasciste i miei genitori riuscirono a lasciare Torino e l'Italia e a imbarcarsi sull'ultima nave passeggeri che andava in America. Altrettanto motivato il produttore Roberto Levi che, rimasto in Italia con la famiglia, ha subìto le conseguenze delle leggi razziali fino ad una provvidenziale fuga in Svizzera. Il film nasce dunque da un profondo bisogno di sapere, di capire e di far conoscere. Anche perché quegli eventi, seppur in modi diversi, tornano a ripetersi e a minacciare il nostro futuro. Abbiamo il dovere di mobilitarci e cercare di impedirlo. Sino al 1935 in Italia il razzismo quasi non esisteva e il fascismo, nel ventennio della sua dittatura, è riuscito a inoculare nella nostra società un virus che in forme sotterranee ha messo radici e continua a proliferare. Con l'occasione dell'anniversario della Promulgazione delle leggi razziali, il film vuole dunque contribuire ad approfondire e a capire cosa sia successo. A riflettere su come siano nate, come siano state accolte e quali conseguenze abbiano avuto. Con l'aiuto di storici di fama mondiale oltre che di accademici e di insigni esperti abbiamo cercato, con un linguaggio moderno e coinvolgente, di analizzare i fatti, dando rilievo anche a documenti e materiali d'archivio poco conosciuti e rari. La voce ufficiale della "grande storia" si intreccia alla "microstoria" dei racconti personali di testimoni che hanno vinto blocchi emotivi per raccontare le loro esperienze e i loro ricordi. Il film vuole infatti essere non solo un approfondimento storico e didattico, ma soprattutto un'occasione di coinvolgimento emotivo degli spettatori per stimolare una riflessione e una presa di coscienza. Ricorrendo all'animazione, all'efficacia degli effetti digitali e alla sensibilità di noti attori che leggono le fredde disposizioni amministrative, i deliranti proclami e le strazianti pagine di diari ed epistolari, vogliamo che le parole diventino anche "immagine" ed emozione per toccare la sensibilità dello spettatore e fargli superare pregiudizi e indifferenza. Non credo che sia solo un bisogno morale che mi spinga a voler raccontare il periodo delle leggi razziali, né la necessità "privata" di sapere come abbiano vissuto e cosa abbiano sofferto i miei parenti e correligionari, né una generica urgenza che se ne sappia di più, ma soprattutto la convinzione che con un linguaggio diretto si debba risvegliare l'interesse e la curiosità dei giovani e dei ragazzi. Mai come ora la frase di Santayana "Chi non conosce il passato sarà destinato a riviverlo" ci deve essere di ammonimento.

NOTE DI PRODUZIONE – Roberto Levi e Carolina Levi

Siamo certi non sfuggirà l'importanza di dedicare, nell'ottantesimo anniversario delle leggi razziali (ottobre 1938), un film ad un evento per lo più misconosciuto ma che presenta non pochi aspetti riconducibili a situazioni e attitudini che tendono oggi a ripresentarsi. Abbiamo pensato, con il regista Giorgio Treves, di realizzare un documentario con un approccio inedito. In primo luogo, ci è parso interessante analizzare come sia stato possibile "inoculare l'antisemitismo" presente nelle parole di Mussolini, in un popolo che risultava e risulta di componenti "razziali" tanto varie dovute ad una storia millenaria di invasioni, di divisioni tra nord e sud, e che ha ricercato la propria identità se mai nell'ambito di localismi anche minimi. Di un popolo nel quale la minoranza ebraica, uno su mille, si era perfettamente integrata fino a fornire il proprio contributo alle lotte risorgimentali, alla Prima Guerra Mondiale per non parlare degli apporti culturali, scientifici, politici in misura superiore alla propria consistenza. A tal proposito si è formata la convinzione che il razzismo antisemita sia stato una deriva dell'idea mussoliniana di fare degli italiani, anche se in larga misura poveri e analfabeti, un popolo nuovo ispirato alle glorie della romanità di cui sarebbe l'unico legittimo discendente. Dall'emblema del fascio littorio al saluto romano, all'architettura con le sue statue emblematiche, tutto era diretto a celebrare questo paradigma; come ulteriore conseguenza si formava un popolo pronto a combattere e naturalmente a vincere come scritto su tutti i muri d'Italia. Un primo passo verso il razzismo fu l'impostazione politico-ideologica della guerra all'Etiopia che portò alla realizzazione dell'Impero. Una guerra che avrebbe portato con i colonizzatori italiani la civiltà tra popolazioni "primitive". Con la proclamazione dell'Impero e il massimo consenso a Mussolini, malgrado l'isolamento del resto d'Europa, le sanzioni, i sacrifici imposti dall'autarchia, era giunto il momento di indicare negli ebrei una differenza razziale per cui dovevano essere separati dall'eroica popolazione discendente dal mitico Impero romano. Viene perciò redatto il Manifesto della Razza degli scienziati cui segue il discorso di Mussolini a Trieste e l'avvio di una campagna antisemita non solo sui giornali specializzati quali il Tevere, la Difesa della Razza, ma anche sui maggiori quotidiani nazionali. Accanto al principio della differenza biologica in senso razziale, venivano a galla altri più antichi pregiudizi, presenti da sempre in Europa, circa un complotto giudaico che avrebbe controllato le finanze mondiali e per quanto riguarda la Chiesa, la ricusazione di un popolo responsabile della morte di Gesù Cristo. In questo contesto, ci proponiamo di illustrare, con interventi di storici e di ricordi familiari, come gli ebrei italiani hanno vissuto le imposizioni delle leggi antisemite; alcuni lasciando il Paese, altri sperando che la tempesta sarebbe passata. Ricorderemo in particolare chi, in quanto italiano, si credeva garantito dallo Statuto Albertino e fu tradito in primo luogo dal Re. Ci è apparso poi non poco significativo se riferito all'attualità, analizzare il comportamento degli italiani nei confronti delle leggi antiebraiche. Da un popolo abituato da un regime totalitario a credere e ad obbedire per oltre quindici anni non era da attendersi alcuna reazione. Da qui una diffusa indifferenza e un'ignoranza ancora oggi presente. Vogliamo perciò limitarci all' "elites": la burocrazia statale è stata in larga parte più che solerte nell'applicazione delle leggi che le erano demandate. Numerose anche le delazioni che pervenivano ai prefetti per indicare ebrei che in qualche modo riuscivano a sottrarsi alle limitazioni previste. Spettava alla burocrazia anche l'applicazione di due istituti che contraddicevano i fondamenti del razzismo biologico: la discriminazione che riconosceva ad ebrei più meritevoli di altri un'attenuazione dei provvedimenti; l'arianizzazione che consentiva ad ebrei di un solo genitore di diventare ariani provando di essere frutto di un adulterio. Pratiche gestite dalla Direzione della Razza e dal Tribunale della Razza dipendenti dal Ministero degli Interni; pratiche che si prestarono anche a vari episodi di corruzione. La cacciata degli ebrei dal PNF, dalle scuole di ogni ordine e grado, dalle libere professioni, dall'esercito, da tutto l'apparato statale, dall'impiego in banche, assicurazioni e altre attività finanziarie aprì vari vuoti che senza alcuno scrupolo furono immediatamente riempiti. In particolare, vanno ricordate le cattedre universitarie attribuite ad ebrei di notorietà anche internazionale e prontamente ricoperte e mai restituite neppure dopo la Liberazione. Infine, meritano un cenno gli intellettuali (scrittori, artisti, giornalisti) il cui comportamento acquiescente e spesso complice è spiegato molto bene da Guido Piovene nel saggio "La coda di paglia" e che egli riassume con il termine "vigliaccheria". Il nostro documentario si ferma al novembre 1943 quando un decreto della Repubblica Sociale indicava gli ebrei nemici dello Stato, li privava della cittadinanza italiana, intimava loro di presentarsi per essere confinati in campi di lavoro, che sarebbero stati la prima trappa di una consegna ai tedeschi. Non vogliamo ripetere le già tante volte ascoltate testimonianze dei pochi reduci di Auschwitz; né le immagini ormai note di quei luoghi. Ci importa invece in conclusione far capire come il Governo fascista, con un antisemitismo da alcuni considerato "all'italiana" che non è stato oggetto perciò di una reale presa di coscienza, abbia contribuito a determinare un esito drammatico.

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