Locandina Imprevisti Digitali

Imprevisti Digitali (2019)

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Locandina Imprevisti Digitali
Imprevisti Digitali (Effacer l'historique) è un film del 2019 prodotto in Francia e Belgio, di genere Commedia diretto da Benoît Delépine, Gustave Kervern. Il film dura circa 106 minuti. Il cast include Blanche Gardin, Denis Podalydes, Corinne Masiero, Vincent Lacoste, Benoît Poelvoorde, Bouli Lanners, Vincent Dedienne, Philippe Rebbot, Michel Houellebecq, Clémentine Peyricot, Lucas Mondher. In Italia, esce al cinema giovedì 15 Ottobre 2020 distribuito da Officine Ubu.

Marie ha paura di perdere il rispetto di suo figlio a causa di un sex tape finito online, Bertrand si invaghisce della voce di una centralinista e cerca di proteggere la figlia dal cyberbullismo e Christine, che ha perso il marito a causa della sua dipendenza dalle serie tv, è disposta a tutto per far aumentare la sua valutazione come autista privato.

Tre vicini di casa in un sobborgo francese si ritrovano coinvolti in una serie di imprevisti causati dalla loro inettitudine nel rapportarsi alle nuove tecnologie. Marie ha paura di perdere il rispetto di suo figlio a causa di un sex tape finito online, Bertrand s'invaghisce della voce di una centralinista e cerca di proteggere la figlia dal cyber bullismo e Christine, che ha perso il marito a causa della sua dipendenza dalle serie tv, è disposta a tutto per far aumentare la sua valutazione come autista privato. I tre si lanceranno così in una battaglia contro i giganti di internet. Una battaglia ben al di fuori della loro portata… forse.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 15 Ottobre 2020
Uscita in Italia: 15/10/2020
Genere: Commedia
Nazione: Francia, Belgio - 2019
Durata: 106 minuti
Formato: Colore
Produzione: France 3 Cinema (co-produzione), Pictanovo (co-produzione), Scope Pictures (co-produzione)
Distribuzione: Officine Ubu

Cast e personaggi

Regia: Benoît Delépine, Gustave Kervern
Sceneggiatura: Cécile Rodolakis
Musiche: Régis Boussin
Fotografia: Hugues Poulain
Scenografia: Philippe Hournon Madphil
Montaggio: Stéphane Guillot Elmadjian
Costumi: Agnès Noden

Cast Artistico e Ruoli:
foto Vincent Lacoste

Vincent Lacoste

Ragazzo del Video
foto Benoît Poelvoorde

Benoît Poelvoorde

Ragazzo servizio a domicilio
foto Bouli Lanners

Bouli Lanners

Dio / Hacker
foto Vincent Dedienne

Vincent Dedienne

Agricoltore
foto Philippe Rebbot

Philippe Rebbot

Fannullone
foto Michel Houellebecq

Michel Houellebecq

Cliente suicida



Produttori:
Sylvie Pialat (Produttore), Benoît Quainon (Produttore), Benoît Delépine (Produttore), Gustave Kervern (Produttore), Genevieve Lemal (Coproduttore), Mauritius Andreas (Produttore esecutivo)


Arredi: Pascal Lavoué Suono: Régis Boussin e Fabien Devillers Gaffer Michel Foropon Capo Macchinista: Stéphane Canda Primo Assistente alla Regia: Gérard Bonnet Direttore di Produzione: Jean-Baptiste Fauchard Supervisore alla Post-produzione: Bénédicte Pollet

Immagini

[Schermo Intero]

INTERVISTA A BENOIT DELÉPINE E GUSTAVE KERVERN

In linea con i tuoi precedenti lavori, IMPREVISTI DIGITALI è un film di denuncia ispirato al Movimento dei Gilet Gialli e una divertente e caustica critica all'epoca digitale in cui viviamo. Qual è l'idea originale del film? Come è nato?
BD: Questo è il decimo film che realizzo con Gustave, siamo entrambi registi, ma anche grandi amici e lavoriamo bene insieme, i nostri film spesso si ispirano alle nostre vite. Abbiamo iniziato con il film Aaltra girando a Picardy e il nostro sogno finale era di arrivare fino alle Mauritius, dove è nato Gustave. Ci abbiamo provato in molti film ma non ci eravamo mai riusciti… e ora eccoci qua! Dato che questo film parla anche di globalizzazione incontrollata, abbiamo pensato che fosse l'occasione giusta per andare alle Mauritius e realizzare il nostro sogno – è anche la patria dei Dodo (ndr: una scena nel film spiega che il Dodo è un uccello gigante delle Mauritius che si è estinto a causa dell'attività umana). Proprio come i Dodo, anche gli uomini credono di essere i padroni del mondo e non temono nessun predatore – ora si trovano però a fare i conti con l'intelligenza artificiale, che è molto più potente e pericolosa dell'uomo e ora possiamo vedere chiaramente cosa ci sta accadendo. Sappiamo che non andrà a finire bene nemmeno per noi.
GK: Ogni giorno, anche prima che ci venisse l'idea di girare questo film, Benoît e io ci telefonavamo spesso per commentare come siamo ormai sopraffatti dagli incredibili colpi di scena che ci riserva la nostra vita quotidiana. Per esempio, ancora non mi capacito che io debba pagare 60 euro per il mio piano tariffario telefonico quando vedo in ogni dove pubblicità per piani a 20 euro – e per quante volte io chiami l'assistenza clienti non ho ancora ricevuto una proposta tariffaria decente. Hai sempre la sgradevole sensazione di essere preso in giro o raggirato.
BD: Anche parlare con le persone faccia a faccia è diventato difficile, devi rapportarti sempre di più con i sistemi automatici.
GK: La scena del film in cui viene ordinata online una doga in legno per il letto mi è capitata davvero nella realtà. E' stata una vera impresa riuscire a cambiare quell'asse: il negozio mi ha fornito i contatti della ditta con sede in Svizzera che l'aveva costruita, la ditta a sua volta mi ha detto di rivolgermi al negozio e così via… Tutti viviamo situazioni del genere anche quando ci rivolgiamo ad assicurazioni, banche e compagnie telefoniche – "prema il tasto 1, prema il tasto 2" – è una gran perdita di tempo! Spesso ci vuole un intero pomeriggio per riuscire a risolvere la faccenda (e il più delle volte non sapevi nemmeno fosse una faccenda da risolvere). Se parli con le persone, la maggior parte ti dirà che ha vissuto un'esperienza simile. Mi ha quasi portato a un esaurimento!
BD: La vita di tutti i giorni è diventata una costante allucinazione collettiva. Per fare i nostri film, ci immergiamo totalmente nella realtà che ci circonda.

Il film mette a fuoco in modo preciso e accurato alcune delle assurdità che caratterizzano la tecnologia moderna, prendiamo ad esempio la scena in cui Marie (Blanche Gardin) prende nota nel suo congelatore delle numerose username e password oggi indispensabili.
BD: E' vero, io le dimentico in continuazione e mi tocca cambiarle ogni volta!
GK: Alla fine ti ritrovi a usare la stessa password per ogni cosa, con il rischio poi che riescano a entrare nei tuoi profili e introdursi nei i tuoi dati. Inoltre devi rispettare i parametri di sicurezza delle password, che diventano di volta in volta più complicate e difficili da memorizzare…
BD: Viviamo in un manicomio a cielo aperto! In costrizione, senza alternative e senza poter più parlare davvero con le persone reali. E le persone sembrano non rendersi conto che non c'è più lavoro e che la disoccupazione ha raggiunto livelli altissimi e continua a crescere. E se non c'è lavoro, perché le persone dovrebbero andare in pensione a 64 anni? Non ha senso. Alcune persone avvedute, pensando al nostro futuro, si sono accorte che ci sarà sempre meno lavoro e che le macchine e i computer faranno tutto il lavoro e che non sarà più possibile pagare le nostre pensioni.

Nel film mostrate ad esempio quanto sia difficile trovare in questo mondo virtuale una persona fisica e reale a cui rivolgere le proprie lamentele per un servizio o un prodotto. Tutto è intangibile, senza un volto, globalizzato e irreale.
BD: Abbiamo fatto ricerche e ci siamo messi in contatto con degli hacker. Nel Cloud le nostre informazioni sono raccolte e conservate in diversi luoghi del mondo. Ma esiste ancora un luogo fisico dal quale è possibile cancellare ogni cosa – e di solito questo punto si trova in California. E' per questo che Marie decide di andare a San Francisco.
GK: I nostri tre protagonisti sono confusi quando si trovano davanti ad un mostro digitale.
BD: I tre si incontrano grazie al Movimento dei Gilet Gialli e il destino li fa diventare amici e un prezioso supporto reciproco l'uno per l'altro. Non si può prendere d'assalto una fortezza da soli, no?
GK: Ci era già capitato di ambientare un film in una piccola cittadina della Francia (era accaduto ad esempio in Le Grand Soir). In questo titolo vediamo le persone alle prese coi loro progetti abitativi, che non guidano per non sprecare la benzina e il chilometraggio.

Pensate che il Movimento dei Gilet Gialli abbia riempito in qualche modo quel senso di vuoto e isolamento che le persone avvertivano?
GK: All'inizio il film doveva raccontare la storia di un solo individuo, un protestante ante litteram sulla falsa riga dei Gilet Gialli, che lottava contro tutto questo isolamento, questo disagio sociale e contro la digitalizzazione dei servizi pubblici… In realtà abbiamo scritto la sceneggiatura molto prima che scoppiasse il fenomeno dei Gilet Gialli.
BD: Temevamo che le persone potessero pensare che avevamo semplicemente seguito in modo opportunistico questo fenomeno dilagante.
GK: Così successivamente decidemmo di modificare il soggetto del film e scrivere di tre personaggi, ognuno con problemi differenti, ma per altri aspetti molto simili tra di loro.
BD: Volevamo inoltre far emergere l'idea che, in un mondo sempre più individualistico caratterizzato da oggetti elettronici che tendono a isolare le persone, esiste ancora un senso di solidarietà fra gli individui.
GK: Corinne (Masiero) ha pianto durante la scena sulla rotatoria. Si sapeva che era coinvolta nel Movimento dei Gilet Gialli, ma non si sapeva quanto in profondità. E' stato molto importante per lei, l'ha aiutata a riacquistare fiducia nell'uomo e nel suo spirito altruista e a prendere coraggio per agire. Era stanca di proteste che non portavano a niente ed era sull'orlo di un esaurimento nervoso. Quando ti senti come Don Chisciotte che combatte contro i mulini a vento, a lungo andare ti stanchi. Il Movimento dei Gilet Gialli l'ha rinvigorita e riempita nuovamente di gioia.
BD: Ti racconto una storia. Stavamo cercando un posto tranquillo dove scrivere, che avesse la giusta atmosfera e che non fosse troppo distante da Parigi. Abbiamo scelto Arras. Tra una cosa e l'altra, abbiamo deciso di girare lì e abbiamo trovato la nostra idea di progetto abitativo nella periferia di Arras. Un mese dopo abbiamo iniziato a girare e Corinne ci ha chiesto dove avremmo organizzato il set per le riprese. Le abbiamo risposto: "A Nord, vicino ad Arras". "State scherzando? Intendete a Saint-Laurent-Blangy?" – "Esatto!" – "Ma siete pazzi?". E' il luogo dove era cresciuta, che coincidenza!

Il film mostra come divario sociale, economico e tecnologico siano connessi tra di loro, corretto?
BD: Tutto è interconnesso! Alcuni giorni fa ho presentato uno dei nostri film a La Clef, un cinema attivista. Vedere un film tutti insieme è un'esperienza totalmente diversa dal vederlo da soli a casa in tv o al computer. Questa è una delle ragioni per cui abbiamo filmato ampie sequenze in campo lungo. Al cinema sperimenti questo momento in compagnia, mentre il vederlo a casa da solo tende a isolarti.  
GK: Qualunque cosa tu possa pensare dei Gilet Gialli, ciò che continui sempre a sentire in giro è che le persone hanno ripreso a parlarsi, a fare conoscenza e a riconnettersi gli uni con gli altri. Penso che sia qualcosa di importante! Hanno vissuto vicini per non so quanto tempo e non si sono mai rivolti una parola. Il film racconta di tre vicini di casa che si sentono soli e si ignorano a vicenda.
BD: Quando Christine (Corinne Masiero) sale sulla macchina a noleggio della compagnia per cui lavora per scoprire perché non raccoglie abbastanza stelle, le viene domandato se vorrebbe avere più like sui social e più amici. Lei risponde: "No, ho tutti gli amici di cui ho bisogno!". Amo questa scena – lei si riferisce ai suoi amici veri e reali. Nel mondo virtuale, avere 10.000 amici è come non averne affatto.
GK: Con la tecnologia digitale anche i servizi pubblici tendono a chiudere e questo ha un effetto disastroso soprattutto nelle aree più rurali dove risulta sempre più difficile trovare un ufficio postale, un ospedale… uno dopo l'altro chiudono.

Sebbene alcune situazioni narrate non siano propriamente comiche, riuscite lo stesso a strappare una risata nel pubblico.
GK: Come quando Bertrand (Denis Podalydès) deve recarsi a un altro ufficio postale che si trova a 30 miglia di distanza… è divertente, ma allo stesso tempo tristemente vero.
BD: Mi fa venire in mente la frase "Heart of Hauts de France", la regione dove abbiamo filmato. "Heart of Hauts de France" è un perfetto esempio di politichese. Suona molto meglio rispetto a "Foie de bas de France" [letteralmente, "Fegato della Bassa Francia"]!

Sebbene i protagonisti siano tutti finanziariamente in difficoltà, non sono materialmente indigenti. Nel film sottolineate come questo malessere non colpisca solamente la parte più povera della nazione. Alcuni beni di consumo proposti ai consumatori oggigiorno in realtà non li rendono per niente felici.
BD: Quando sono tornato a fare visita alle persone con cui sono cresciuto, le ho trovate piuttosto benestanti rispetto agli standard odierni. Sono cresciuto in una fattoria che non era molto confortevole, ma ero molto felice lì. In questi giorni passati nella periferia ho visto che le persone non si trovano tecnicamente in difficoltà, ma vivono di credito.
GK: Il progetto abitativo in cui abbiamo girato non è così male, anzi è abbastanza carino, e le persone che ci vivono sono accoglienti. Nonostante ciò, abbiamo notato che a stento si parlano tra di loro. Rientrano a casa la sera, guardano la tv… manca il senso della comunità.
BD: Non hanno problemi finanziari, ma esistenziali. Abbiamo incontrato un giovane – sposato, accasato e con figli – che vive in una villetta indipendente, lavora a Parigi e torna a casa la sera molto tardi ogni notte, alla fine non ha retto più e dopo qualche anno ha deciso di farla finita. Passava troppo in viaggio, aveva una vita banale e sentiva troppa pressione su di lui.
GK: I bambini di solito hanno la loro camera e se ne stanno lì a giocare ai videogiochi, non sono minimamente interessati alla presenza di qualcuno con loro. Abbiamo girato tra i residenti e a volte, grazie alle nostre riprese, sono riusciti a incontrarsi.

Quindi, molto di ciò che accade nel film è accaduto davvero nelle realtà mentre giravate?
BD: Si, questo è anche uno dei motivi per cui facciamo film. Ogni volta è una nuova avventura per noi, ci piace incontrare la gente che vive nel posto dove stiamo girando.
GK: In genere non modifichiamo mai le case e gli appartamenti in cui giriamo. E' socialmente interessante vedere gli interni di una casa, le decorazioni, il gusto e lo stile che hanno. In questo film ad esempio, c'era una spillatrice di birra in ogni casa curiosamente.
BD: Non ce lo aspettavamo! Probabilmente perché nei dintorni non ci sono bar. Nemmeno sforzandoci ci sarebbe venuto in mente di aggiungerlo nella sceneggiatura. E di fronte al letto avevano tutti una tv al plasma gigante.

I vostri film si basano solo sulle vostre esperienze e sui vostri pensieri, o si ispirano anche ai libri? Mi viene in mente ad esempio l'opera del geografo Christophe Guilluy in cui descrive la periferia francese, o lo scrittore Nicolas Mathieu e il suo libro "Leurs enfants après eux".
BD: Io vivo in periferia, a circa 10 miglia da Angoulême, e di solito mi sposto in bici (elettrica, lo confesso!). Ho studiato l'evoluzione delle Francia negli ultimi 20 anni, non c'è da meravigliarsi che tutto questo sia entrato nei film e nei libri.
GK: Quando uscì Le Grand Soir, ricordo che Télérama [un settimanale di cultura] dedicò un'intera sezione alla periferia francese, comprendendo interviste anche a noi, a Depardon e ai due personaggi che hai citato poco fa.
BD: Non per vantarmi, ma non appena ho visto il prezzo di un litro di diesel salire sopra €1.50, ho pensato che sarebbe stata una carneficina. La gente è stata spennata – come i Dodo. Sono stati incoraggiati ad andare a vivere fuori dai centri urbani perché sarebbe stato più economico, hanno contratto debiti e poi sono stati spinti a usare il diesel perché meno caro – per poi vedere che il prezzo ha toccato i livelli degli altri carburanti. Sono stati totalmente fregati! Il movimento dei Gilet Gialli ha espresso oggi tutto quello che avevamo anticipato. Pensavano che qualcosa non andasse nel sistema. In tv ci sono più dibattiti sul calcio che sulle pensioni, è assurdo!  

C'è una scena in cui Christine spiega che ha avuto un crollo nervoso a causa della sua dipendenza da serie tv, una dipendenza come quella per le droghe. Pensate che anche le serie tv facciano parte dell'economia di libero mercato della tecnologia di oggi? 
GK: Inizialmente, pensavamo che il film potesse essere tutto girato al telefono. Ci siamo chiesti come avremmo potuto fare e siamo giunti alla conclusione che sarebbe stato terribilmente noioso. Volevamo però far emergere che oggi tutti siamo perennemente incollati ai nostri telefoni, perfino le persone più anziane. Non ci si crede! E' davvero una nuova dipendenza. Ci sono i videogiochi per i ragazzi e le serie tv per gli adulti, sono dipendenze che ti fanno stare chiuso in casa, comodo sul divano, e ti senti felice perché non devi uscire e prendere la macchina. Tra birra alla spina e lo schermo gigante, hai un bar e un cinema personale a casa. Inoltre ti sembra che sia più economico, quando invece devi sottoscrivere tre o quattro diversi contratti.
BD: Facendo qualche calcolo, spendiamo 6 ore al giorno davanti alle serie tv. Come media oraria non è eccessiva, ma è mentalmente pericoloso perché stai facendo letteralmente un'abbuffata di tv. Il boss di Netflix recentemente ha affermato che le serie tv competono con il sonno… non è incredibile? La nozione di "tempo del cervello disponibile" è oggi superato da qualcosa di ancora peggiore.
GK: Prima alla macchinetta del caffè si parlava di cinema, ora di spettacoli televisivi. Se non hai visto Money Heist o Game of Thrones sei fuori dal giro, non sei nessuno. Una delle cose più allucinanti di Internet è che sei costantemente sotto giudizio e in attesa di ricevere un voto, proprio come Christine. Ristoranti e taxi sono classificati per gradimento, ma anche tu puoi essere giudicato da un tassista se sei un cattivo cliente. Siamo tutti osservati e giudicati, come se fossimo a scuola.
BD: Fare classifiche è un altro modo di cercare difetti per poi cancellarli. Ma l'uomo non è un essere fatto di difetti dopotutto? Non lo siamo tutti noi esseri umani? Siamo così contenti di lasciare la scuola che mai e poi mai torneremmo indietro. All'inizio ci si deve adeguare alle regole della scuola – hai bisogno di imparare a scrivere, leggere e contare – ma in nessun modo accetteresti di dover essere valutato anche nella tua vita adulta. Quando verrà la nostra ora, davanti al nostro angelo custode, lui ci dirà: "La tua vita vale una stella" Ma che cavolo!

Parliamo del cast. Prima avete menzionato Corinne Masiero, come l'avete scelta?
GK: Grazie a Louise Wimmer, un film eccezionale in cui lei è davvero bravissima. Dopo aver visto quel film, l'abbiamo seguita nella sua carriera, ci piace questa sua attitudine sbruffona e spavalda. Pensiamo a lei come alla versione femminile di Depardieu. Quando abbiamo iniziato i casting, sapevamo che ci sarebbe voluto almeno un mese, durante i casting noi vogliamo divertirci, fino a quando si crea la giusta atmosfera e sentiamo che sta per accadere qualcosa di unico.
BD: La compariamo a Depardieu per le sue abilità attoriali. Possiede un istinto quasi animalesco, inoltre è precisa e professionale.

Cosa mi potete dire di Denis Podalydès? A uno sguardo superficiale, non sembra molto adatto al vostro mondo…
GK: Ci fa sempre ridere di gusto. Adoriamo i film dei fratelli Podalydès.
BD: Le loro avventure tra fratelli sono molto interessanti e divertenti.  Denis è una sorta di Woody Allen francese – vulnerabile, vero, commovente… Un ragazzo davvero incredibile. Quando gli abbiamo proposto la parte, ha accettato subito. E' stato un vero dono per noi averlo nel cast, ha aiutato il film a prendere piede e a far sì che finanziatori e produttori si fidassero di noi e del film.
GK: Incarna esattamente il personaggio stravagante che ci eravamo immaginati. Ha davvero la commedia nel sangue.
BD: Non è mai pretenzioso o giudicante. Sul set ha cercato sempre di farci scappare un sorriso e di fare sempre del suo meglio per la buona riuscita del film. E' generoso e incredibile.

Blanche Gardin, invece, sembra centrare alla perfezione il vostro mondo e il vostro senso dell'umorismo. 
GK: Blanche è stata una scelta ovvia!
BD : E' molto di più di una scelta ovvia. Dopo che l'hai conosciuta, credi anche che ci sia la vita oltre la morte. Sul set è pazzesca, una forza della natura! Quando le abbiamo offerto la parte, non nutrivamo troppe speranze – è ricercata quasi quanto Depardieu. Blanche è precisa, vera, dotata di coraggio e senso dell'umorismo. All'inizio ha declinato la nostra offerta perché era impegnata con un suo film. Così le abbiamo detto che nel nostro film ci sarebbe stato Viggo Mortensen e lei ha risposto: "Beh ripensandoci, il mio film può aspettare"
GK: Non credo ci abbia creduto…
BD: Alla fine ha recitato con Denis, non le è andata così male!
GK: Blanche si pone sempre degli standard molto alti, penso si intuisca anche dai suoi spettacoli. Non è cresciuta con il sogno di diventare attrice.
BD: Avrebbe davvero potuto rifiutare la nostra proposta.
GK: Se lo avesse fatto, non avremmo insistito. Fortunatamente ha accettato con entusiasmo. Ecco come sono stati scelti i nostri tre attori. La cosa interessante è che sono tra di loro diversissimi, sia fisicamente che psicologicamente. Tutti e tre ci hanno detto di sì anche perché conoscevano i nostri film precedenti, siamo accomunati da un modo di pensare molto simile.

Blanche, Corinne e Denis sono dei nuovi arrivati nel vostro mondo, ma nel film ritroviamo anche cammei di attori che sono soliti collaborare con voi, come Benoît Poelvoorde, Michel Houellebecq, Vincent Lacoste, Bouli Lanners…
GK: Pensavamo che, essendo questo il nostro decimo film, avremmo potuto riunire tutte le persone che ci piacciono. Comunque, ci siamo dimenticati che in Near Death Experience, Michel ha interpretato un ragazzo suicida. Ogni volta che lavoriamo insieme, finisce per volersi uccidere!
BD: C'è una scena in particolare, in cui Poelvoorde mi ha davvero commosso. Mi ha ricordato Old Women di Goya. E' la scena in cui interpreta un fattorino di "Amazon". E' arrivato ad Arras e ci ha regalato questa scena così potente.

Si tratta del primo vostro film prodotto da Sylvie Pialat. Come vi siete conosciuti? Si tratta di un tributo indiretto all'opera di Maurice Pialat?
GK: Conosciamo di persona Sylvie e da sempre ci sarebbe piaciuto fare un film con lei.
BD: L'abbiamo conosciuta grazie a Maurice. E' un nostro fan e ama la televisione.
GK: I lavori di Maurice Pialat parlano di umanità, emozioni potenti, recitazione pura e vera.
BD: C'è qualcosa nei suoi film che richiede silenzio. Il nostro lavoro sembra incompleto rispetto al suo, che invece sembra così serio. Ciò detto, ho visto un suo film ieri e non mi è sembrato così divertente.
GK: Per tornare a Sylvie, ci piace molto come produttrice ma anche fuori dal contesto lavorativo, un po' come accade con tutte le persone con le quali lavoriamo. Siamo molto contenti del lavoro svolto con lei, vede le cose nel modo giusto, è sempre nel posto giusto al momento giusto.  

Avete girato nei luoghi dei grandi giganti tecnologici?
BD: Ci siamo recati nella Silicon Valley, ma la scena in cui Marie viene sfrattata è stata girata al Louvre-Lens Museum.
GK: Non ci era possibile nominare le grandi aziende come Apple, è stato un grande problema.
BD: Le grandi aziende sono più protette delle persone comuni. Non potevamo nominare Cupertino. E' come se non fossimo autorizzati a nominare Clermont-Ferrand perché è il quartier generale di Michelin! Non è una cosa da pazzi?
GK: Abbiamo dovuto sbiancare la maschera di Anonymous con il SFX perchè Warner detiene i diritti di quelle maschere.
BD: Perfino quel simbolo anarchico è stato privatizzato da una corporazione multinazionale. Siamo davvero spacciati…

IMPREVISTI DIGITALI per voi è un film comico, disperato o estremamente lucido nella visione che vuole offrire?  
GK: Direi tragicomico. Anche i nostri primissimi film lo sono. Le Grand Soir ad esempio è una commedia, sebbene a molti appaia come un film pesante e serio. Penso che IMPREVISTI DIGITALI comprenda molti generi, e che tra essi, la tragedia appaia in modo più persistente rispetto alla commedia. Sono contento di questo, significa che la sostanza prevale sulla forma.

BD: C'è qualcosa di davvero sbagliato in questa epoca. Siamo seduti in un vecchio bar e devi combattere contro le grandi catene di ristorazione come Starbucks. Tutto questi piccoli luoghi antichi sono gestiti da uomini e donne anziane che presto andranno in pensione. Una volta che avranno chiuso, lo scenario del futuro immaginato dal romanziere Michel Houellebecq sarà purtroppo realtà.

INTERVISTA A BLANCHE GARDIN

Conoscevi i lavori di Benoit Delépine e Gustave Kervern?
Per molto tempo li ho ammirati da lontano. Speravo un giorno di poterli incontrare. Ogni volta che vedevo un loro film, pensavo che avevo un forte legame con loro, come se fossimo stati fratello e sorella. Quando li ho incontrati, mi sentivo molto intimidita, ho passato molto tempo a studiarli, proprio come fece Jane Goodall con i suoi gorilla.  Ho dovuto trovare il giusto modo per poter stare con loro. Per fortuna la magia a volte accade! Non so se sono stata io ad adattarmi a loro oppure se sono stati loro ad adattarsi a me, ma l'unione tra di noi è stata meravigliosa. Non mi era mai capitata una cosa del genere, dal punto di vista lavorativo e artistico.

Eri disposta a lavorare con loro a prescindere dal materiale che ti avrebbero proposto oppure la tua decisione è stata presa dopo aver letto la sceneggiatura?
Ho letto i temi che venivano affrontati nel copione e ho subito riconosciuto il loro tocco, sociale e poetico allo stesso tempo, che tanto ammiro e amo. Inoltre, era anche divertente. Credo di essere in relazione con tutti i personaggi di Kervern e Delépine. Da Depardieu in Mammuth, a Yolande Moreau in Mammuth e Louise-Michel… Mi riferisco a ciò che tutti abbiamo in comune e su cui tutti siamo d'accordo. Non è facile farsi piacere ciò che vediamo ogni giorno guardandoci allo specchio, ma c'è sempre un posto rispettabile nel profondo ed è in quel posto che risiede la nostra umanità. Quel posto appare sempre nei personaggi di Kervern e Delépine. Non scrivono mai personaggi totalmente cattivi – ci ricollegano sempre ad una versione decente di noi stessi. Ho accolto Marie al 100%.

Diversamente da te, Marie sembra essere una scansafatiche. La tua carriera invece è caratterizzata da duro lavoro e determinazione.
Sono sempre stata una grande lavoratrice. C'è stato un tempo in cui sono stata una fannullona, mi sentivo persa… credo che capiti a tutti prima o poi, fa parte delle fasi della nostra vita. Nessuno di noi è una persona singola, siamo molteplici come le vite che viviamo. Anche oggi ad esempio, ci sono momenti in cui mi sento come Marie e mi chiedo: "Che senso ha?". Mi capita soprattutto quando mi imbatto nei nuovi valori del mondo di oggi e che trovo orribili. Sto pensando al grossolano darwinismo economico odierno dove le alternative sono adattarsi o morire. Sei costretto a relazionarti a questo, anche se fai parte dei vincitori del gioco. Improvvisamente potresti anche trovarti dalla parte dei perdenti, oppure potresti svegliarti una mattina e decidere di andare ad aiutare le persone invece che andare a fatturare… Tutti abbiamo questo tipo di relazioni oggi in questo mondo che sta andando allo sfacelo e dove ti senti tagliato fuori e lontanissimo dalle generazioni future e passate.

Il film parla di Darwinismo economico e digitale. Anche tu ti rivedi nella complessa relazione con le nuove tecnologie che viene raccontata nel film?
Come tanti, anche io mi sento lasciata indietro e quindi mi trovo costretta ad usarli. E' una sorta di schiavitù. Non ti senti solo se hai un cellulare tra le mani, ma non è vero – sei solo come mai sei stato prima. Chiami sempre meno le persone, mandi messaggi per creare connessioni ma non sono connessioni reali. Questi nuovi aggeggi ci portano a una sorta di pigrizia umana.

Il film denuncia anche la sorveglianza digitale a cui tutti noi – dietro le nostre spalle – siamo sottoposti e a causa della quale Marie cade vittima per via di un video hard ricattatorio.
Sì esatto, finirà per renderci cittadini "modello" in modo che non possiamo essere confrontati con le cose che abbiamo fatto dieci anni prima. Ci stiamo muovendo verso una sorta di controllo sociale che sarà sempre più gestito dalle persone stesse – non lasceremo alcuna traccia che potrà essere usata contro di noi, manterremo sempre di più un basso profilo. Si tratta di un piano perfettamente organizzato per un controllo totale delle nostre azioni.

Nel mondo virtuale, non sai a chi rivolgerti quanto hai un problema da risolvere. Questo è esemplificato dall'incapacità di Marie e Bertrand di risolvere i loro problemi – entrambi hanno a che fare con guardie di sicurezza o robot.
Marie va a visitare Google come se Google fosse una persona. Ma è una battaglia persa. Il potere del gigante tecnologico è intangibile e non tracciabile. Ci sentiamo tutti indignati nel vedere quanto potenti siano le aziende digitali, ma sappiamo benissimo di non poterci fare nulla – quindi possiamo solo adattarci. C'è anche qualcosa di divertente nei servizi digitali, eppure è un sistema estremamente perverso. Non puoi dire alle persone: "Facciamola finita con i cellulari" – ormai ne siamo tutti dipendenti, me compresa sebbene io non ne faccia un grande uso. Se non ho il mio telefono con me non riesco a trovare il mio indirizzo in tutti i sensi della parola. I telefoni stanno sostituendo i nostri uffici e le persone a cui un tempo chiedevamo le indicazioni stradali. Un giorno mi trovavo a Lille, avevo bevuto troppo e rotto il mio telefono, allora mi sono detta: "Al diavolo questa società consumistica!". Il giorno dopo però, quando mi sono svegliata, ho realizzato che i biglietti del mio treno erano nel telefono! Mi ero persa, non sapevo a che ora fosse il mio treno e non sapevo nemmeno dove fosse la stazione. Sono rimasta lì, bloccata come una balena spiaggiata. Non avevo nemmeno voglia di chiedere indicazioni alle persone intorno a me. Con i telefoni cellulari, si perde il contatto con la realtà. Da questo punto di vista, mi rivedo totalmente nel film.

La scena in cui conservi le password nel freezer è davvero divertente e geniale, e ben rappresenta l'assurdità del nostro tempo.
A volte i computer generano una password. In realtà sono i computer che conoscono le tue password. Così ti senti al sicuro come se il computer fosse un amico fedele, con una bussola morale… ma la verità è che non è affatto così! Perché dovresti fidarti di una macchina?

Credi che le nuove tecnologie e le nuove forme di povertà o solitudine siano collegate?
Lo credo. Questo film prende di mira il progresso, e per me va bene. Qualunque cosa pensiate, dobbiamo criticare il progresso, il che non vuol dire essere necessariamente un reazionario… Potremmo davvero agire diversamente: potremmo progredire a livello umano e non solo tecnologico. Siamo così convinti di essere i migliori perché siamo la versione più recente dell'umanità, ma a dire il vero, non necessariamente – non deve funzionare così.  Il fatto della questione è che, se si parla con uno smanettone nerd del web, ti dirà che il miglior iPhone non è per forza il più recente. Il progresso non sempre è lineare. Il progresso tecnologico comporta l'interruzione delle connessioni umane. E poi porta alla standardizzazione più deprimente che si possa trovare. Nei bar, la gente parla solo dell'ultimo programma televisivo – è diventato l'unico argomento di conversazione.

Christine è attratta dagli show televisivi ed è interpretata da Corinne Masiero, che a sua volta è nota per il suo ruolo in uno show televisivo; Bertrand ha dei problemi con internet ma possiede uno schermo TV gigante e si è abbonato a diversi servizi online… Il film sottolinea le contraddizioni che abbiamo menzionato poco fa – desideriamo ardentemente la tecnologia, anche se temiamo di ritrovare in essa un nuovo tipo di schiavitù volontaria.
È sempre più difficile vivere secondo le proprie idee – devi affrontare contraddizioni senza precedenti. La gente non ha mai avuto così poco senso. I più grandi ambientalisti accendono ogni mattina i loro telefoni cellulari, anche se tutti sappiamo che l'inquinamento da alta tecnologia è un dato di fatto. Non sappiamo dove ci sta portando tutto questo, ma per il momento non è affatto divertente.

Tu vieni dalla stand-up comedy. Quanto diverso – anche impegnativo – è stato per te svolgere un ruolo e dire battute che non avevi scritto tu?
Ciò che è accaduto con Kervern e Delépine è abbastanza unico nel suo genere. Non so se mi capiterà di nuovo. Eravamo come anime gemelle, ci capivamo a un livello tale che per la maggior parte degli umani è impossibile raggiungere. C'è molto di me nel personaggio e il set aveva qualcosa di speciale, non era come gli altri. Non mi sembrava di interpretare un personaggio – ero a mia volta uno spettatore ed ero immersa nel calderone di pozione magica creato da Kervern e Delépine. Ero esausta a fine riprese, ma per le giuste ragioni. Quindi, non posso fare un confronto complessivo tra film e cabaret. Sul palco hai l'impressione di poter controllare quello che stai facendo ma non puoi vedere te stesso; mentre sul set posso rivedermi. E potevo vedere entrambi i ragazzi arrivare sul set la mattina, e mentre studiavano le scene che dovevamo girare, sentirli dire: "Non va bene, è una schifezza accidenti!" e poi stracciare la sceneggiatura e spremere le meningi, con me o senza di me… Ma per tutto il tempo, sono rimasti i ragazzi più dolci, generosi e gentili con tutti. Sono soliti filmare in lunghe sequenze e lasciano che gli attori respirino e diano corpo ai loro personaggi. Mi sono venute in mente un sacco di idee perché faccio fatica a recitare dialoghi che non ho scritto di mio pugno. É stata un'esperienza incredibile!

Sei abituata a stare da sola sul palco. Come ti sei sentita a recitare con altri attori?
È diverso, ma poi non così tanto, come il pubblico di uno spettacolo è a sua volta anche un personaggio con cui ti ritrovi a dialogare. Tu giochi con lo spettatore, e non è un modo di dire, è un dato di fatto. Hai davanti ogni sera un pubblico diverso, e devi recitare in base a come il pubblico risponde a quello che stai facendo. Anche sul set c'è un pubblico, è la troupe. Vuoi piacere alla troupe e farla ridere… E' bello lavorare con altri attori e conoscerli meglio, e in questo film sono stata molto fortunata nel trovarmi accanto a persone incredibili come Corinne Masiero, Denis Podalydès, Houellebecq, Poelvoorde, Lacoste… Ero al settimo cielo!

Alla fine di questo film porterai via con te la parte comica o il commento terrificante sui nostri tempi?
Spesso oggi si usa il termine "dramedy", credo sia il termine più adeguato. La commedia si basa troppo sul relativismo: "Andiamo, non è un problema, perché non ridi?" Non è questo tipo di film, è molto più disperato di così. IMPREVISTI DIGITALI racconta che abbiamo perso una battaglia su più fronti, ma rimane fiducioso sulle persone e la loro umanità, su quello che continuiamo a portare dentro, nonostante tutto. Il film è tragico per quanto riguarda i problemi del sistema, ma allegro nei personaggi che porta in scena. C'è una parte in ognuno che continua a sperare che le altre persone siano buone con loro.

INTERVISTA A DENIS PODALYDÈS

Conoscevi già Kervern e Delépine? Come ti sei trovato a lavorare con loro?
Conoscevo i loro lavori – Mammuth, Le Grand Soir, Saint-Amour. Ognuno di questi film mi ha impressionato a modo suo, in modo particolare per lo stile e la combinazione tra precisione visiva ed estrema libertà in termini di tono del racconto, narrazione e recitazione. Uno spirito dadaista e mezzi modesti che vanno a beneficio dell'acutezza politica e dell'irresistibile comicità. I loro film sono come nessun altro, liberi, radiosi, esigenti e tuttavia profondamente umani e senza pretese. Durante le riprese ho recuperato alcuni loro film che non avevo visto, tra cui Aaltra, Avida, Louise-Michel e Near Death Experience. Il loro cinema è selvaggio, totalmente audace, visivamente ricco e vario in un modo misterioso (ogni film ha un tono che è unico), con cast eccezionali – Bouli Lanners, Yolande Moreau, Albert Dupontel e molti altri – e strani personaggi che abitano i loro film, come Michel Houellebecq che mi ha davvero affascinato mentre giravamo una scena insieme. Più scoprivo i loro film, più ero felice di farne parte e di essere introdotto nel loro paesaggio cinematografico.

Come sei entrato a fare parte del progetto?
Mi hanno contattato e mi hanno offerto la parte. Ho accettato subito, ero così felice e orgoglioso che avessero pensato a me.

Qual è stata la prima impressione leggendo la sceneggiatura? Ti sei trovato bene con loro?
Era una breve sinossi che riguardava solo il mio personaggio, basata sull'immagine del dodo. Molto divertente, chiara, con scene già perfettamente raffigurate, intenso, divertente e commovente. L'ho subito preso in simpatia e non vedevo l'ora di girare. Pochi minuti dopo, ero già loro, non potevo che dire di sì! Certamente, chi potrebbe non trovarsi bene? C'è un piccione in me che è incredibilmente ingenuo e anche, in alcuni campi (tra cui i computer), terribilmente stupido. Bertrand è così vulnerabile (anche più di me!).  Gustave e Benoît volevano che non dimostrasse comportamenti forti o abilità particolari che non avrei potuto recitare in modo comico. Mi sono relazionato con tutti e tre i personaggi principali, sia pigri che volitivi, ma anche fantasiosi, spensierati e pieni di speranza nonostante tutto.

Condividi con Bertrand lo stesso rapporto con la tecnologia?
Ho aperto centinaia di account, inserito i dati della mia carta di credito centinaia di volte, persi nei meandri del web perché mi è stato detto di acquistare una soluzione software per ottenere un canale sportivo, scaricato lo stesso software cinque o sei volte, aperto e-mail sospette, ho spuntato e deselezionato caselle di posta, detto ciao, grazie, sono soddisfatto, ho visto enormi quantità di informazioni scomparire perché avevo raggiunto il tempo limite di sessione, ho iniziato tutto da capo, mi sono infuriato, ho scagliato via il mio pc in un moto di rabbia… Sono caduto in ogni trappola possibile e mi sono sentito indignato – come me ci sono probabilmente migliaia, o anche milioni di uomini scollegati da tutto, persi e che gridano impotenti sulle tastiere. Fortunatamente non sono ai livelli di Bertrand, accanto a me ho delle persone che mi proteggono.

La figlia di Bertrand è vittima di cyber-bullismo. Conosci qualcuno che ha vissuto una situazione simile?
No, non conosco nessuno.

Bertrand incarna una delle nostre contraddizioni peggiori, è dipendente dai dispositivi digitali e a sua volta ne è vittima.
È dipendente dal web e crede che la sua salvezza si possa trovare solo nel mondo digitale. Tutto è iniziato da Facebook, con il quale è in conflitto, fino alla connessione più seducente di tutti: la voce esotica di Miranda, la fase finale della sua alienazione. Le sue fantasie, la sua sessualità, la sua vita romantica sono completamente digitali.

Internet, i social media e le nuove tecnologie ti spaventano o ti attraggono?
Mi sono tolto dai social media. Non ho più Facebook, anche se non mi sono mai cancellato definitivamente perché è praticamente impossibile ed è rimasta la mia foto profilo. Non ho né Twitter né Instagram o altro. Quando sono al computer, la maggior parte del tempo non navigo per immagini e siti, ma scrivo o mando email – tutto qui. Non provo né antipatia, né paura, né attrazione, né dipendenza. Perché non sono solo e non mi sento solo.

Supporti anche tu la tesi del film secondo la quale le nuove tecnologie intensificano, o creano, solitudine e isolamento?
Sì, sono d'accordo. Ho la sensazione che creino finte comunità – un gran numero di finzioni, di connessioni, incontri e dibattiti immaginari. Non leggo blog e non visito chat room – tutti quei dialoghi che esprimono odio o passioni convenzionali, scritti male e così via, sono allo stesso tempo assordanti e mortalmente silenziosi. Questo è quello che credo, probabilmente mi sto perdendo qualcosa, un brulicante mondo emozionante che, nonostante le apparenze, ha una vita quasi reale, ora che si è ramificata e diversificata così tanto. Quindi probabilmente sono io che mi illudo, e sono molto più isolato di quanto mi interessi credere. La prova è che sono molto spesso l'ultimo a scoprire eventi e notizie. E sono consapevole che le idee rilevanti – forse grandi – sono ovviamente pubblicate online ogni giorno – e che io ne verrò a conoscenza solo molto più tardi, grazie a un libro o a un giornale stampato…

Come è stato collaborare con Kervern e Delépine?
Hanno creato un ambiente piacevole ed eccitante, una combinazione di pura gioia, concentrazione assoluta e aspettative molto alte. Gustave e Benoît non hanno mai smesso di lavorare sul film, pensandoci e ripensandoci, riscrivendo scene, perfezionando ogni scena. E, nel frattempo, continui a sentire battute sul set, vedi la troupe sorridere… Benoît ha una risata incredibile, radiosa e commovente, Gustave interviene con battute divertenti e lo fa spontaneamente, e ti senti come se inconsciamente, mentre ti rimetti in riga, chiedendoti di fare qualcos'altro, ti spingessi fuori dalla tua comfort zone e dal modus operandi della commedia. Per girare alcune scene c'è voluto del tempo prima che trovassi lo stile giusto da usare. Non si fanno problemi a rinunciare a una battuta che suona giusta durante una lettura ma che si dimostra artificiosa sul set.

Cosa mi dici di Blanche e Corinne?
Mi è piaciuto molto lavorare con loro: provare, recitare, aspettare, ricominciare, parlare – o non parlare – sognare, ridere… l'intera serie di relazioni che si costruisce su un set giorno per giorno. Grazie a questa atmosfera, era facile fidarsi l'uno dell'altro. Non ci conoscevamo e abbiamo dovuto scoprirci un po' alla volta, gradualmente, senza esagerare con il cameratismo – cosa che a volte è necessaria quando fai una commedia dove tutti devono essere di buon umore, cadendo l'uno nelle braccia dell'altro e cose simili… Ho amato la loro gentilezza, il loro mistero, i loro atteggiamenti e i loro personaggi, la loro vulnerabilità e la folle immaginazione. Sogno un sequel o di fare altri film con loro. Mi sono trovato bene con tutta la troupe e tutto il cast, inclusi gli attori che ci hanno raggiunto per una sola scena o un paio – per non parlare dei vicini a Saint-Laurent Blangy, dove abbiamo girato le scene degli interni. Abbiamo creato una vera e propria comunità vivente durante le tre settimane trascorse nella zona di Arras.

Qual è la tua opinione sul film? È una commedia? Una tragedia? È disperata? Piena di speranza?
È sicuramente una commedia, disperata e piena di speranza, che non può essere una contraddizione. Mi piacciono le commedie che fanno ridere anche se trattano temi che non sono divertenti. Ogni buona commedia si nutre di situazioni disperate e la risata che provoca genera ottimismo, è la sua ragion d'essere, il suo potere sovversivo.

INTERVISTA A CORINNE MASIERO

Prima di lavorare con loro, cosa ne pensavi dei lavori di Kervern e Delépine?
Sono una fan di quello che rappresentano: libertà, umorismo e franchezza. Il loro primo film, Aaltra, era folle.  Quando vogliono qualcosa, vanno fino in fondo, che abbia a che fare con la forma o la sostanza, che alle persone piaccia oppure no. Inoltre non si prendono sul serio, hanno un favoloso umorismo autoironico, che è una qualità che amo. Possiedono anche un grande senso della cinematografia – adoro i loro film a livello estetico. Prendono parte a piccoli festival, lavorano con cinema indipendenti, se loro sono presenti vuol dire che ti puoi fidare.  Ho sempre desiderato incontrarli e lavorare con loro – avrei fatto qualsiasi cosa mi avessero chiesto. Ero così felice quando mi hanno proposto la parte.

Lo eri ancora di più quando hai letto il copione?
Non ho mail letto il copione! Benoît mi ha riassunto il film, facendo riferimento ai giganti tecnologici e io ovviamente ho accettato. Non vedevo l'ora di scoprire il film. Mi piace fare le cose quando non ho tutto già mappato e definito. E' più divertente.

Hai presente di cosa tratta il film?
Certo. Globalizzazione, disumanizzazione, tutto questo macello che sta incasinando tutto, in particolare quel poco che ci era rimasto di socialità. Benoît mi disse: "Sto cercando una location vicino ad Arras." E io: "Bene, io vivevo lì una volta, precisamente a Saint-Laurent-Blangy" – "Stai scherzando? E' proprio dove volevo girare!". E' stato davvero strano, abbiamo girato in un complesso abitativo che prima lì non c'era, ho fatto un salto nel passato e in ricordi che non sono solo belli e piacevoli. La casa dove vivevo non c'è più – è stata abbattuta – mi è sembrato strano e buffo allo stesso tempo.  Alcuni posti mi suscitano ancora qualcosa, mi sono imbattuta in compagni delle medie… Due periodi distinti della mia vita si sono scontrati.

Gustave and Benoît dicono che alcune scene ti hanno agitato, perché eri anche tu un Gilet Giallo….
Sì è vero, anche se non ero parte del movimento di Arras. Ma la verità è che è venuto fuori qualcosa di potente che non era pianificato, e mi ci sono volute alcune ore per riprendermi. Quando la finzione incontra la realtà, diventa tutto un po' strano.

Christine, il tuo personaggio, confessa a un certo punto di soffrire di overdose da show televisivi. Fa ridere, ma allo stesso tempo è un problema serio. Piuttosto ironico se pensiamo che tu sei famosa per il programma Capitaine Marleau.
Sono una vera binge-watcher. Mi piacciono la BBC e le serie scandinave, e alcuni spettacoli di HBO. Gli show francesi non sono abbastanza divertenti e avventurosi. Non ne sono però ossessionata come Christine. Conosco le dipendenze, ne ho sofferto, quindi riconosco quando sta per diventare pericoloso ed è il momento di smettere. La dipendenza da televisione non distrugge il corpo, ma può danneggiare il cervello – beh dipende anche dalla qualità dello show. Non ci sono così tanti spettacoli televisivi capaci di espandere i nostri orizzonti e di esortarci a pensare fuori dagli schemi.

Il film mette in luce le contraddizioni di Internet e del mondo digitale – Christine si basa su Internet per il suo business di veicoli a noleggio, ma lei è sconvolta dal fatto che è stata valutata con una sola stellina. Non siamo tutti più o meno coinvolti in queste contraddizioni?
Certo che lo siamo. Conosco due persone che sono riuscite a vivere senza cellulare e connessione Internet – tutto sommato penso che abbiano fatto bene. Hanno preferito le relazioni umane a quelle digitali. Ecco di cosa tratta il film: puoi connetterti con l'altro anche senza usare la nuova tecnologia. Dovremo tornare a fare così tutti, altrimenti penso che sarà un suicidio di massa. Al momento c'è un'improvvisa consapevolezza -tutti ci svegliamo e sentiamo che c'è qualcosa di sbagliato, ed è una sensazione globale. Ci vorrà qualche anno, ma credo che stiamo andando verso una nuova umanizzazione: troveremo un modo per utilizzare i nuovi strumenti digitali in un modo sociale più equo. Voglio crederci.

Il grande paradosso di Internet è che è nelle mani di società multinazionali ultra-ricche, più potenti anche dei governi, che evadono le tasse in larga misura, raccolgono un sacco di informazioni guardando e spiando le persone. È una combinazione di capitalismo duro e fascismo soft. Nel contempo, Internet alimenta rivolte collettive, come è stato esemplificato dal movimento dei Gilet Gialli, la Primavera Araba, Iran, Hong Kong, e i numerosi flash mobs che si riuniscono in tutto il mondo per protestare…
E' sempre stato così, due facce della stessa moneta. Fin dall'inizio, quei grossi figli di puttana stanno raccogliendo i benefici, ma a un certo punto le cose cambieranno, devono cambiare, troveremo un modo per fottere quelli che ci stanno fottendo. La gente finisce sempre per vincere – siamo più numerosi di loro. Personalmente penso che a lungo termine, quando si guarda alla storia, si può vedere che, nonostante tutto, ci sono stati dei progressi politici e sociali nei secoli. Ecco anche perché i figli di puttana perderanno, perché la loro è una visione a breve termine, fanno un casino per diventare più ricchi adesso ma non guardano al futuro. La nostra è una visione a lungo termine, ecco dove abbiamo il vantaggio.

Raccontami com'è stato lavorare con questi "due ragazzi".
Fantastico! Sono estremamente meticolosi, hanno alte aspettative e possono cambiare idea in ogni momento. Quindi tutti andavamo a mille e questo ci ha permesso di trovare nuove suggestioni e idee. Gustave e Benoît pensano costantemente al film, 24 ore su 24. Arrivano e ti dicono: "Stanotte ci è venuta in mente una cosa" – "Hey, ma non avete altro di meglio da fare di notte? Dormire, ad esempio?" Devi pensare con la tua testa, ascoltare quello che hanno da dire con attenzione – anche solo una parola cambia tutto… Sono dei conduttori, poiché prestano attenzione ad ogni singolo dettaglio. Sono grandi ascoltatori. E sono molto rispettosi l'uno dell'altro, non litigano mai, si può sentire il vero amore tra loro, è davvero incredibile. Quando incontri persone così, è davvero facile legarsi e penso che si veda anche attraverso lo schermo. Fare un film con loro è un'esperienza totalizzante. Anche se è un lavoro serio, ti fa un mondo di bene, è una vera gioia.

Come è stato lavorare con Blanche e Denis?
E' stato un dono. Denis è incredibilmente umile. Con la sua esperienza avrebbe potuto vantarsi, ma non lo ha mai fatto.  È sempre calmo, sempre puntuale, conosce le battute alla perfezione… è un piacere vederlo lavorare. Denis è uno Stradivarius! Ammiro molto Blanche come scrittrice, ma ha fatto in modo di non essere prepotente e ha permesso a Gustave e Benoît di fare il loro film. Ha del talento per tutto, recita, improvvisa, è un vulcano di idee… Avere loro due intorno a me, unitamente all'originale e attenta direzione dei due registi, è stata un'esperienza estremamente edificante.

Hai avuto occasione di parlare con le guest stars: Houellebecq, Poelvoorde, Lacoste, Lanners?
Non con tutti, dipendeva dai turni sul set. Adoro Bouli, è un vero gentleman, un grande attore e un grande regista. Non vedo l'ora di vedere la sua scena, è stato impressionante vederlo al lavoro mentre interpreta un semidio di Internet. Abbiamo cenato con Poelvoorde, fantastico. Si pone molte domande e penso che sia bravissimo come attore, uno dei migliori. Non lo conosco personalmente, ma lo ammiro profondamente.

IMPREVISTI DIGITALI è ottimista o pessimista?  
Solo il tempo saprà dircelo! E' una caratteristica del film che mi piace molto, il film resta aperto a diverse interpretazioni. Sta a noi attivarci per assicurarci che le cose migliorino.


Interviste dal pressbook del film.

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