Locandina Final Portrait - L'arte di essere amici
Final Portrait - L'arte di essere amici (Final Portrait) è un film del 2017 prodotto in UK, di genere Biografia e Commedia diretto da Stanley Tucci. Il film dura circa 90 minuti. Il cast include Armie Hammer, Geoffrey Rush, Clémence Poésy, Tony Shalhoub, James Faulkner, Sylvie Testud. In Italia, esce al cinema giovedì 8 Febbraio 2018 distribuito da BIM Distribuzione.

E' il 1964 e fuori da una galleria d'arte parigina, l'arruffato 64enne Alberto Giacometti (Geoffrey Rush) è appena uscito dall'inaugurazione di una sua mostra. Il suo amico americano James Lord (Armie Hammer), conviviale ed elegante quarantenne, lo raggiunge. Giacometti riflette sul fatto che Lord non ha mai posato per lui. Lord deve partire per New York un paio di giorni dopo, ma Giacometti gli promette che sarà una cosa veloce e Lord decide di posare per un ritratto. Lord arriva allo studio di Giacometti: un locale con una stanza da letto adiacente e una scala traballante che danno su un cortile ingombro e disordinato. Annette Arm (Sylvie Testud), la moglie di Giacometti – una donna dall'aria stanca anche se molto più giovane di lui – accoglie Lord calorosamente. Giacometti sta lavorando a una scultura, ma si lamenta col fratello e suo braccio destro Diego (Tony Shalhoub) che l'opera è un vero fallimento. Giacometti comincia a lavorare al ritratto, ma dice a Lord che non sarà mai in grado di dipingerlo così come lo vede. E pronuncia quello che suona come un infausto avvertimento: finire un ritratto è impossibile. Preoccupato, Lord gli ricorda che ha un aereo per New York da prendere, ma l'artista lo rassicura. Arriva Caroline (Clémence Poésy), una prostituta che è anche amante, musa e modella di Giacometti. Lord sorride, vedendoli baciarsi e ridere insieme. Poi si accorge che anche Annette li vede. Giacometti ha una relazione con Caroline, alla luce del sole, da quattro anni. Lord tiene un diario di tutto quello che succede. Giacometti e Caroline escono a bere e a mangiare con amici, in un ristorante locale, poi vanno a letto insieme. A un certo punto Giacometti si alza e torna al suo studio dove lavora tutta la notte. All'alba, si infila a letto accanto alla moglie e accende la luce, perché ha paura del buio. E' la sua solita routine. Il giorno dopo, una mattina di marzo insolitamente mite, Lord incontra Giacometti che sta parlando col suo agente: gli dice che non venderà mai il suo ultimo ritratto, perché ha intenzione di donarlo a Lord. Ma tornato a lavorare alla tela, Giacometti comincia a mostrare i primi segni di frustrazione. Esclama che è impossibile realizzare il ritratto che ha in mente. Gli serviranno un altro paio di giorni. Lord non ha altra scelta che cambiare il suo biglietto aereo. Non riesce a capire come Giacometti possa dubitare così tanto delle sue capacità, soprattutto ora che ha sempre più successo. L'artista risponde che non c'è terreno più fertile del successo, per coltivare il dubbio. Sente che tutte le opere che ha esposto fino ad allora sono incompiute e che per lui è impossibile arrivare ad essere soddisfatto del suo lavoro. Diego arriva dalla galleria d'arte con un grosso mazzo di banconote. Giacomo ne sfila alcune per darle il fratello, ne tiene qualcuna per sé e il resto lo consegna a Lord chiedendogli di aiutarlo a trovare un nascondiglio. Lord assiste a un incontro di Giacometti col suo mercante d'arte, al quale consegna alcuni dei suoi ultimi lavori in cambio di suoi vecchi disegni. Lord resta sorpreso da quella transazione, ma Giacometti non può separarsi dalle sue opere originali, e il mondo dell'arte adora i suoi ultimi lavori, considerati emblematici. Mentre continua a lavorare al ritratto di Lord, Giacometti è sempre più frustrato e arriva a chiedersi se abbia senso continuare. I due amici escono a mangiare con Annette, ma una volta arrivati al ristorante Giacometti vede Céline e si allontana per andarsi a sedere con lei, con grave imbarazzo di Lord. Pur essendo abituata ad essere lasciata sola, Annette si sente ferita e se ne va. E' il quarto giorno e Lord pensa che il ritratto stia procedendo bene. Ma Giacometti gli dice che non riesce a riprodurre quello che vede, e che ha bisogno di un'altra settimana. Lord cambia di nuovo il biglietto aereo. Annette è in camera da letto con Isaku Yanaihara, un amico giapponese che aveva posato per Giacometti e che l'artista aveva incoraggiato ad avere una relazione con la moglie. Intanto, nello studio, Caroline fa le moine a Giacometti per convincerlo a comprarle un'auto di lusso. Alla fine, con grande gioia di Caroline, Giacometti acconsente. Diego racconta a Lord che, da bambino, amava guardare suo fratello e suo padre scolpire insieme. Lui non si univa a loro perché si divertiva di più ad andarsene in giro e a cacciarsi nei guai. Lord gli confessa di essere stato così anche lui, sempre occupato a farsi buttare fuori da qualche collegio. Giacometti irrompe nella stanza e si mette a strappare con forza i suoi disegni. E' appena stato da un litografo per informarsi sulla possibilità di trasferire le sue opere sulla pietra, ma gli è stato detto che la carta è troppo vecchia perché il processo funzioni. Lord cerca di salvare i disegni, mentre Diego resta a guardare: è abituato a queste sfuriate. Più tardi, Diego mostra a Lord una delle sue sculture e gli dice che Caroline è scomparsa, cosa che spiega il comportamento del fratello. Giacometti si rivolge ad Annette chiedendole di posare per lui, nello studio gelato, ma lei rifiuta. Frustrata, Annette gli rinfaccia di non darle niente, mentre lei gli dà tutto. Lui non capisce che altro possa volere, oltre a un tetto sopra la testa. Ma per lei non sono né la casa né il matrimonio che contano. Come se non bastasse, lo vede dare tutti i suoi soldi a Caroline. Per tutta risposta, lui le lancia una manciata di soldi ed esce di casa infuriato, per andare a cercare la sua amante. Caroline riappare all'improvviso com'era sparita, e il delicato equilibrio della vita di Giacometti è ristabilito. Al telefono, Lord sta spiegando a qualcuno in patria perché dovrà ritardare ancora il suo rientro. Giacometti è felice di riavere Caroline, ma è di nuovo in crisi: dopo altre due settimane di sedute, Lord capisce la lotta che l'artista deve affrontare per esprimere in termini visuali la realtà che ha di fronte, così come la vede. Durante una passeggiata per le strade della città, Lord e Giacometti parlano del loro amico comune Picasso e delle sue insicurezze di artista. La seduta di posa successiva va ancora peggio e l'artista deve fermarsi per non distruggere l'opera. Lord si lamenta dei ritardi con Diego che, pur capendo le difficoltà del fratello, consiglia a Lord di non cambiare nuovamente il biglietto aereo e di fissare piuttosto una scadenza. Annette ha usato i suoi soldi per comprare un vestito nuovo. Suo marito le ha promesso di portarla all'inaugurazione della cupola dell'Opéra Garnier, affrescata da Chagall. Caroline arriva raggiante a bordo della sua bellissima auto decappottabile, fermandosi davanti allo studio con una rumorosa frenata. Insiste per portare Lord e Giacometti a fare un giro spericolato, che diverte e insieme terrorizza i due uomini. Giacometti si ammala e non può portare Annette all'Opera. Lei lo assiste durante la malattia, mentre i protettori di Caroline la tengono occupata con altri clienti. Una volta guarito, Giacometti ritrova l'entusiasmo che aveva perso e accetta di finire il ritratto in quattro sedute. Il suo studio è stato messo a soqquadro: un avvertimento dei protettori di Caroline, come Diego spiega a Lord. Lord accompagna Giacometti a un incontro con questi uomini, che Giacometti paga molto più del pattuito per i servizi di Caroline: sia le sedute di posa che il sesso. Tornato al suo ritratto, Giacometti è così scontento del risultato che prende un grosso pennello e lo cancella, dichiarando che vuole "disfarlo". Lord ribatte che gli sembrava molto riuscito, cosa che rafforza il proposito di Giacometti. Lavorano al ritratto per altri tre giorni, e alla fine di ogni seduta Giacometti prende il pennello e cancella tutto quello che ha fatto. Lord cambia di nuovo il biglietto d'aereo, ma confessa a Diego di avere un piano. Lord si è accorto che il comportamento di Giacometti segue un certo schema, e ha deciso di fermare il lavoro quando l'artista è nel suo momento più positivo, prima che arrivi il pennello a cancellare tutto. Durante la seduta successiva, Lord mette in pratica il suo piano e al momento giusto balza in piedi dichiarando che il ritratto è perfetto così. Colto di sorpresa, Giacometti concorda che potrebbe essere l'inizio di qualcosa di buono, ma Lord insiste allegramente di no, che quella è la fine: lascerà Parigi il giorno dopo. Infine, si dichiara felice e onorato di avere posato per lui. Lord e Giacometti fanno un'ultima passeggiata insieme. Giacometti vorrebbe che l'amico tornasse a Parigi per riprendere il lavoro insieme, ora che hanno fatto dei progressi. Ma quello sarà il loro ultimo incontro: Giacometti morirà di lì a poco, dopo aver scritto a Lord per dirgli quanto avesse apprezzato il tempo passato insieme. L'ultimo ritratto di Giacometti viene imballato e spedito a una mostra a New York. 

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 8 Febbraio 2018
Uscita in Italia: 08/02/2018
Data di Uscita USA: venerdì 23 Marzo 2018
Prima Uscita: 18/08/2017 (UK)
Genere: Biografia, Commedia, Drammatico
Nazione: UK - 2017
Durata: 90 minuti
Formato: Colore
Produzione: Potboiler Productions, Riverstone Pictures, Olive Productions
Distribuzione: BIM Distribuzione

Recensioni redazione

Final Portrait - L'arte di essere amici, recensione
Final Portrait - L'arte di essere amici, recensione
redazione, voto 7/10
Diretto e scritto da Stanley Tucci, Final Portrait - L'arte di essere amici, ci fa conoscere la figura dell'artista Alberto Giacometti attraverso il racconto dei giorni in cui ha dipinto il ritratto dello scrittore americano James Lord.

Immagini

[Schermo Intero]

NOTE DI PRODUZIONE

Gail Egan ha prodotto FINAL PORTRAIT per Potboiler Productions, insieme a Nik Bower per Riverstone Pictures e Ilann Girard per Arsam International. La Egan ha immediatamente sposato il progetto dopo aver letto la sceneggiatura di Stanley Tucci, tratta da un romanzo autobiografico di James Lord, Un ritratto di Giacometti.
Il libro racconta l'ultimo incontro tra Alberto Giacometti e James Lord, un giovane e facoltoso americano che aveva fatto amicizia con l'artista, già avanti con gli anni, durante una delle sue frequenti visite a Parigi. I due erano amici da più di dieci anni quando Giacometti chiese a Lord di posare per quello che sarebbe diventato il suo ultimo ritratto. Giacometti gli promise che sarebbe stato un lavoro di un pomeriggio: in realtà, il ritratto richiese 18 lunghe e tormentate sedute. Il lavoro terminò solo quando Lord disse a Giacometti che non poteva più né aggiungere né togliere niente a quel dipinto. Giacometti regalò il ritratto a Lord come gli aveva promesso. Voleva dipingerne un altro, ma morì due anni dopo: i due uomini non si sarebbero mai più incontrati. Il dipinto fu venduto nel 1990 per oltre 20 milioni di dollari.
Giacometti era uno dei pittori preferiti da Gail Egan, che ha voluto subito leggere il copione, soprattutto dopo avere scoperto che Geoffrey Rush avrebbe interpretato il protagonista. "Era scritto benissimo", ricorda, "e mi è sembrato che cogliesse perfettamente l'essenza di quello che significa essere un artista. Mi è piaciuto molto e ho chiesto a Stanley se potevo aiutare a realizzarlo".
Il resto del cast è stato scelto dalla direttrice del casting Nina Gold, compreso Armie Hammer, che le è apparso subito perfetto per interpretare Lord (anche se sulle prime Tucci lo riteneva troppo bello). "Armie era la controparte ideale per il Giacometti di Geoffrey. Dopo averlo incontrato una volta, Stanley non ha più avuto dubbi: Armie era dei nostri", racconta la Egan. "Stanley voleva a tutti i costi due attrici francesi per i ruoli di Annette e Caroline", prosegue la produttrice, "e siamo stati fortunati, perché Sylvie Testud e Clémence Poésy hanno letto il copione e se ne sono subito innamorate". La Testud interpreta Annette, la moglie trascurata e sofferente di Giacometti; mentre la Poésy è Caroline, la prostituta che divenne musa, amante e ossessione di Giacometti. Tony Shalhoub è stata la prima scelta di Tucci per Diego, il fratello dell'artista. "Non conoscevo Tony", spiega la Egan, "e avevo suggerito a Stanley di interpretare lui, Diego. Ma Stanley aveva deciso di non recitare nel film, per concentrarsi sulla regia". E conclude: "Stanley ha voluto Tony fin dall'inizio e aveva assolutamente ragione: è stato meraviglioso."
La Egan è altrettanto entusiasta del cast tecnico. "Siamo stati davvero fortunati a poter contare su professionisti di così grande talento. Sono certa che a convincerli siano stati la simpatia di Stanley e la sua bellissima sceneggiatura".
Il film è stato girato in sole quattro settimane presso i Twickenham Studios e in esterni a Londra, che è servita da controfigura di Parigi nel 1964. Una tappa fondamentale è stata ricreare lo studio di Giacometti, dove si svolge buona parte dell'azione. Si è scelto di ricostruire lo studio sul set, disegnato dallo scenografo James Merifield, anziché girare in uno studio vero,  che sarebbe stata l'opzione più economica. Ma sul set, spiega la Egan, "il direttore della fotografia Danny Cohen e il tecnico delle luci Paul McGeachan, hanno potuto progettare un impianto luci che ci ha consentito di girare a qualsiasi ora del giorno. Bastava premere un bottone e passavamo dalle nuvole al sole, o dalla mattina alla sera e viceversa. Fantastico".
Per le scenografie, Merifield si è basato su diverse fonti piuttosto accurate, perché esistono molte foto e filmati dello studio di Giacometti. E' stato solo allargato un po' per consentire agli attori e alla troupe di muoversi con disinvoltura, ma per tutto il resto è estremamente fedele all'originale. "Ci siamo accorti molto presto che in questo film il set era uno dei protagonisti", spiega Merifield. "Praticamente è un altro attore. Spero che il pubblico riesca a sentire battere il suo cuore".
Anche se al centro del film ci sono soprattutto i personaggi, i rapporti tra loro e una particolare opera d'arte, anche le altre opere che apparivano nello studio dovevano risultare credibili. La Fondazione Giacometti si è impegnata a garantire l'autenticità storica delle opere presenti nello studio all'epoca, e a seguire il lavoro dei quattro artisti che hanno avuto il compito di ricreare i quadri e le sculture di Giacometti.
Una volta realizzato lo studio, la produzione doveva trovare angoli di Londra in cui poter ricreare la Parigi anni Sessanta. Merifield e la sua équipe hanno trovato ristoranti, teatri, caffè e altri spazi che, con l'aggiunta di qualche auto d'epoca ben piazzata e di alcuni effetti visivi, hanno permesso di usare Londra come controfigura di Parigi.
I costumi erano fondamentali per definire personaggi così diversi tra loro. La costumista Liza Bracey spiega che in tutte le immagini di Giacometti, l'artista indossa sempre gli stessi abiti, quasi una divisa: una giacca di tweed, camicia, cravatta e pantaloni. "Sembrava quasi che non se li togliesse mai: ci viveva dentro. Aveva sempre un aspetto un po' trasandato, logoro e polveroso".
Nonostante alcune straordinarie somiglianze tra Geoffrey Rush e Giacometti, fisicamente sono molto diversi, e l'attore ha avuto bisogno dei costumi per completare la trasformazione. "Giacometti era basso e tarchiato", spiega la costumista, "mentre Goffrey è alto e magro, quindi abbiamo dovuto imbottirlo un po' e fargli indossare pantaloni e giacche più larghe per irrobustire la sua corporatura".
Fisicamente, Lord è l'opposto di Giacometti: sempre immacolato e inappuntabile nell'abbigliamento, anche se qui è costretto a indossare sempre gli stessi vestiti per via del ritratto in corso. La tensione tra i due uomini cresce man mano che il ritratto procede, e i pantaloni chiari di Lord cominciano ad apparire un po' sporchi. Come osserva la Bracey, Lord viene da un mondo molto diverso da quello degli altri personaggi: "Per quanto sporchi, i suoi abiti saranno sempre fuori posto in quello studio".
Annette, che da giovane era stata molto bella, negli anni Sessanta era già un po' sciatta e sfiorita. "E' difficile fare apparire sciatta Sylvie Testud", prosegue la costumista, "ma siamo stati aiutati dal fatto che lo studio di Giacometti e le stanze adiacenti sono freddi, sporchi e inospitali. Così, Sylvie è sempre vestita a strati e indossa pesanti cardigan di lana". Caroline, invece, è una ventata di colore. "Porta nel film giovinezza e leggerezza", spiega la Bracey. "Mentre tutti indossano abiti tendenzialmente scuri, Caroline è l'unica che porti un po' di colore. E' l'anima del film, dal punto di vista dei costumi".
Non è stato facile portare questa storia sullo schermo, e con un budget così ristretto, ma il film ha superato ogni ostacolo. Racconta la produttrice: "Quando hai attori collaborativi che non si lamentano mai, e una troupe che fa i salti mortali per dare il massimo, tutto diventa possibile".

INTERVISTA CON STANLEY TUCCI

Non sono un grande appassionato di biopic. Non ho mai capito come si possa comprimere la vita di qualcuno in un'ora e mezza o due. Alla fine, ne viene fuori un susseguirsi di eventi, mentre questo è un film incentrato sui personaggi. E speriamo di essere riusciti a raccontare altrettanto bene, se non addirittura meglio, la persona e la sua vita concentrandoci su un arco di tempo così circoscritto. Ho scelto alcuni eventi ed esperienze della vita di Giacometti e li ho collocati in queste due settimane per creare un microcosmo che rispecchiasse quello che l'artista era dentro e fuori del suo studio.
Sono un grande appassionato del lavoro di Giacometti. Lo sono sempre stato. A un certo punto ho cominciato a leggere di tutto su di lui, compreso il libro da cui è tratto questo film, Un ritratto di Giacometti. Saranno più di vent'anni che me lo porto dietro.  Ho scritto questo film dieci anni fa, o anche più. Mi ha sempre interessato il processo creativo: perché un artista fa quello che fa, il rapporto col suo lavoro e con la società. E' un processo che Lord e Giacometti raccontano molto bene in questo libretto, senza ombra di dubbio uno dei migliori mai scritti sul tema. Dovrebbe essere la Bibbia di chiunque lavori in campo artistico. Giacometti è stato uno degli artisti più colti del suo tempo. Ed era anche molto spiritoso e dotato di un gran senso dell'umorismo.
Geoffrey Rush è un attore straordinario e l'ho sempre ammirato. Guardando Geoffrey ti accorgi subito che c'è una certa somiglianza con Giacometti, ma abbiamo dovuto faticare lo stesso per correggere alcune differenze. Fisicamente sono molto diversi: Geoffrey è alto e allampanato, mentre Giacometti era piuttosto basso e tarchiato, muscoloso, quindi abbiamo dovuto imbottirlo un po'. Gli abbiamo anche allargato un po' i contorni del volto. Geoffrey è un attore che si immerge totalmente nei personaggi che interpreta e sa essere incredibilmente affascinante e divertente, sullo schermo. Era l'interprete ideale.
E' stato molto difficile trovare l'attore giusto per il ruolo di Lord. Alla fine qualcuno ha fatto il nome di Armie Hammer, e mi sono ricordato di averlo visto in un paio di film e che mi era piaciuto. Così ci siamo incontrati e mi ha detto che il copione gli era piaciuto. Aveva girato molti grandi film a Hollywood, e credo che fosse pronto per tuffarsi in un piccolo film indipendente. E' stato straordinario.
Tony Shalhoub è uno dei più grandi attori che io abbia mai conosciuto. Faccio fatica a immaginare di non averlo in un mio film: è talmente bravo. E' stato mio fratello in BIG NIGHT ed era anche nel cast del secondo film che ho girato, GLI IMPOSTORI. Per quanto mi riguarda, non sbaglia mai. Adoro lavorare con lui. Abbiamo recitato insieme in teatro, in televisione, e l'ho anche diretto in uno spettacolo a Broadway. E' un attore straordinario. Straordinario.
Sylvie Testud è un'attrice fantastica, siamo stati fortunati ad averla nel cast. Non era facile trovare l'interprete giusta per il ruolo di Annette, la moglie di Giacometti. Doveva parlare francese, ovviamente, ma anche un buon inglese. E Sylvie è stata sempre impeccabile, senza sacrificare nulla sul piano della recitazione. Con lei bastava un ciak! E' una specie di forza della natura. E anche molto spiritosa.
Giacometti non voleva sposarsi. Incontrò Annette durante la guerra, quando viveva a Ginevra. Lei era molto più giovane di lui e alla fine se ne innamorò. Era una ragazza vivace e intelligente e lo adorava, lo rendeva felice. Lo seguì a Parigi e lo convinse a sposarla, malgrado le sue resistenze. Lui però non smise mai di frequentare i bordelli e di vedere altre donne. Detestava la vita domestica. Voleva solo lavorare, avere compagnia e fare sesso: tre cose che per lui restavano distinte, compartimentalizzate. Ad Annette non stava bene, e questo era motivo di liti continue.
Clémence Poésy è favolosa! E' una grande attrice ed è talmente bella che non vorresti mai smettere di guardarla. Tra l'altro, il suo viso cambia molto a seconda dell'angolazione da cui lo riprendi, cosa che la rende ancora più interessante. Durante le riprese è stata molto allegra e simpatica. Volevo che Caroline – l'amante di Giacometti – portasse nel film un'energia completamente diversa, che rompeva il silenzio e l'atmosfera quasi sepolcrale dello studio.
Giacometti incontrò Caroline verso la fine della sua vita. Portò avanti una relazione con lei per tre o quattro anni. Caroline era piena di energia, divertente e bellissima. E anche un po' pericolosa, perché frequentava l'ambiente della malavita, cosa che Giacometti adorava. Lui le dava molti soldi e le faceva regali costosi che non avrebbe mai fatto a sua moglie. Era sempre estremamente generoso con tutti tranne che con Annette, che per qualche ragione accettava questo fatto senza protestare. Avevano un ménage piuttosto strano. Giacometti incoraggiava la moglie ad avere relazioni con altri uomini, uno in particolare: un giapponese, Isaku Yanaihara, che divenne suo amico e uno dei suoi principali modelli. Io credo che avrebbe dovuto lasciare libera Annette, anche se lei non aveva alcuna voglia di lasciarlo, in realtà. Aveva bisogno di quel rapporto almeno quanto lui. Era una specie di tortura esistenziale che si infliggevano a vicenda.
Giacometti e suo fratello Diego andavano molto d'accordo, benché fossero molto diversi. Alberto era espansivo ed estroverso, mentre Diego era più taciturno e riservato: nessuno sapeva molto della sua vita privata. Anche lui era un artista, intelligente e di talento. A un certo punto si trasferì dal fratello e fu il suo braccio destro per tutta la vita. Ma nel frattempo continuò a dipingere per sé, anche se i suoi quadri erano più ornamentali. Avevano avuto entrambi un periodo così, negli anni '30: da giovani disegnavano vasi, lumi e mobili per guadagnarsi da vivere.
Quando crei qualcosa – un film, una sceneggiatura o un quadro – è normale avere dei ripensamenti: è una cosa del tutto comprensibile. Ma a un certo punto devi riuscire a mettere un punto e voltare pagina. La cosa buona della pittura è che puoi sempre tornare sui tuoi passi per modificare e correggere l'opera. Un aspetto che mi affascina della pittura è proprio questo sentimento di costante insoddisfazione che l'accompagna. E nel film Giacometti ha una battuta straordinaria: "Non c'è terreno migliore del successo, per alimentare il dubbio". E' verissimo.
Quando fai un film come questo, basato su personaggi realmente esistiti, è importante essere fedeli alla realtà, ma devi anche prenderti qualche licenza poetica. Per quanto mi riguarda, credo che siamo stati molto fedeli alla realtà. Anni fa avevo conosciuto James Lord – è così che mi sono assicurato i diritti del libro, inizialmente – che mi ha raccontato molti aneddoti su Giacometti. Ascoltarlo mi è stato di grande aiuto. Inoltre, ho letto quasi tutto quello che è stato scritto su Giacometti. Buona parte dei dialoghi sono tratti dai racconti di Lord.
James Merifield è uno scenografo straordinario. Avevamo un budget molto limitato, ma per fortuna la computer grafica è sempre più sofisticata e meno costosa, e l'abbiamo utilizzata per dare l'impressione di essere a Parigi. Ma la cosa più importante era ricreare nel modo più realistico possibile lo studio di Giacometti, dove si svolge quasi tutta l'azione. Nonostante qualche piccolo cambiamento, ci siamo riusciti, credo.
E' stato difficile anche ricreare le opere d'arte. James ha scritturato tre giovani artisti in grado di riprodurre le sculture che con ogni probabilità si trovavano nello studio in quelle settimane. Era una vera impresa, ma i nostri artisti sono stati bravissimi.
Come attore, so quanto è importante avere costumi che ti facciano sentire a tuo agio e ti aiutino a mettere a fuoco il personaggio. La gamma dei colori era molto precisa: dovevano essere neutri. Caroline avrebbe portato uno sprazzo di vivacità con i suoi rossetti e le sue giacche. Annette, invece, indossa un cappotto color senape che viene descritto in diversi libri. Dal momento che i lavori di Giacometti hanno tutti un carattere molto neutro, abbiamo voluto ricreare le stesse sfumature, con qualche sprazzo di colore.
Non volevo avere troppe luci in giro sul set, e Danny Cohen è stato eccezionale. Mi piace muovermi in fretta quando giro, e volevo che anche gli attori potessero muoversi con disinvoltura. Danny è riuscito in poco tempo a creare il tipo di illuminazione giusta.
Spero che vedendo questo film il pubblico scopra qualcosa di più di Giacometti e del processo creativo. E che capisca che anche se un artista prende molto sul serio il suo lavoro, c'è sempre qualcosa di ironico e paradossale nel processo creativo. E' un processo che non si ferma mai.

 

INTERVISTA A GEOFFREY RUSH (Alberto Giacometti)
Ho letto la sceneggiatura e l'ho trovata subito splendida. E quando Stanley mi ha detto che il film sembrava scritto apposta per me ne sono stato lusingato. E' il racconto in prima persona delle settimane in cui James Lord fece l'esperienza di posare per un artista che all'epoca era un'icona vivente. Lord fa un'analisi acuta e illuminante di quelli che sono i dilemmi  dell'artista nel processo creativo.
Armie è perfetto nel ruolo di Lord: sembra un suo clone. E' riuscito a rendere con grande disinvoltura e autenticità l'energia tutta americana del personaggio. Lord è come una ventata d'aria fresca nel mondo dell'arte europea
Quello tra Giacometti e Diego era un rapporto simbiotico, anche se entrambi erano molto liberi e insofferenti all'autorità. Il film ha una sua naturale vena comica, valorizzata dal talento di Tony Shalhoub. Tony è riuscito a rendere affascinante e divertente anche il momento più banale, facendo leva sulla fragilità umana di questi due fratelli e sul rapporto che li lega.
Sylvie Testud esprime una straordinaria energia naturale, molto francese. Nei 18 giorni raccontati nel film, Annette è una donna provata dal peso di tutto quello che ha dovuto sopportare accanto a un uomo così tormentato, eccentrico ed egocentrico. Ma la sceneggiatura di Stanley riesce ad andare al di là di questa ossessione amorosa e a cogliere la sostanza del loro rapporto.
Stanley voleva a tutti i costi evitare la trappola del classico biopic incentrato sugli eventi memorabili che costellano la vita di un artista. Qui non accade niente di eclatante: ci sono solo il disordine e la polverosa confusione di uno studio fatiscente in cui l'artista vive e lavora da anni. Stanley ha un grande senso del ritmo e ha saputo mettere a fuoco la difficoltà di coniugare la celebrità con i tormenti del processo artistico. E' bravissimo con la macchina da presa: lui e Danny Cohen fanno riprese molto veloci, quasi "d'assalto". L'effetto è quello mosca-sul-muro: come nei docu-reality, dove la macchina da presa sembra scomparire.
E' bello vedere qualcuno che nega completamente quella che oggi conosciamo come "cultura della celebrità". In molte interviste, Giacometti dice: "Lasciate perdere le questioni metafisiche e esistenziali: sto solo pasticciando col gesso, mi trastullo con la creta. Non so dove sto andando. Mi limito a giocare, finché a un certo punto non viene fuori qualcosa".
Credo che il film sollevi anche alcune questioni morali importanti. Giacometti sa di avere impulsi maniacali, ma non può fare a meno di perseguirli. E' una questione di sopravvivenza, non di egoismo o malvagità.
La sceneggiatura di Stanley ti trasporta nella quotidianità di personaggi complessi e sfaccettati, all'apice della fama e della fortuna. Eppure le loro vite scorrono in modo piuttosto banale e ordinario. C'è un lato comico in tutto questo, che nel film emerge quasi spontaneamente.

INTERVISTA A ARNIE HAMMER
Ho letto la sceneggiatura e mi è piaciuta moltissimo. In più, mi attirava l'idea di lavorare con Geoffrey e avevo sentito dire che ci sarebbe stato anche Tony, quindi non è stata una scelta difficile. Tra l'altro, buona parte del lavoro è consistita in interessanti conversazioni sul processo creativo di Alberto Giacometti e la natura dell'arte in sé. Un film fantastico!
Il rapporto tra Alberto e James è molto interessante. James è un osservatore, uno scrittore, quindi interviene raramente per dire la sua. Da questo punto di vista è un tipo un po' passivo. E' lì perché vuole scrivere di Giacometti e vuole avere un suo ritratto. Ma soprattutto lui e Giacometti sono amici, e James vuole passare del tempo con lui e imparare a conoscerlo meglio. Le cose di cui parlano nel film finiranno nella biografia.
Geoffrey era l'interprete ideale per il ruolo di Giacometti e non solo per il suo straordinario talento. Una volta applicata la protesi in bocca e un po' invecchiato dal trucco, era assolutamente identico all'originale.
Adoro le opere di Giacometti. I suoi disegni sono fantastici, come pure gli acquarelli, ma le sculture sono addirittura magiche. Fantastiche.
Documentandomi ho scoperto che Lord passava più tempo con Diego che con Alberto, e questo è un aspetto che emerge anche nel film: vediamo le occhiate che si scambiano e ci accorgiamo che James e Diego  hanno una loro vita emotiva diversa da quella che esiste tra James e Alberto e perfino tra Diego e Alberto. Formano un lato di un rapporto trilaterale. E' divertente vedere questi tre uomini adulti che ogni tanto si comportano come bambini: si stuzzicano e si fanno i dispetti, traendo energia l'uno dall'altro.
Credo che Tony Shalhoub sia la persona che preferisco al mondo. Tony è riuscito a creare una vita emotiva interiore, per Diego. E' una cosa affascinante da vedere: nonostante la sua apparente impassibilità, Diego ha un'intensa vita interiore, una sua storia e un suo passato. Anche se resta circondato dal mistero.
Clémence è straordinaria. E' piena di joie de vivre. La vedi recitare in francese e un minuto dopo qualcuno dà lo stop e lei si mette a parlare in inglese con un accento perfetto. Abbiamo girato una scena in cui lei arrivava e non diceva niente, se ne stava solo sulla soglia della porta con un'espressione che raccontava mille storie. Fantastica. Oltre ad essere bellissima, ha anche un grande talento.
Sylvie Testud è spiritosa, libera e disinibita. Il suo personaggio – quello di Annette, la moglie di Giacometti – fa la sua vita senza lasciarsi sconvolgere dalla negatività che il marito può rovesciarle addosso. E' un bel personaggio.
Le due caratteristiche che apprezzo di più in Stanley sono la sua intelligenza e la sua prontezza. Essere diretti da un regista che è anche un attore navigato, poi, è sempre una fortuna, perché è uno che sa come dirti le cose.
Forse quel tipo di costante insoddisfazione di Giacomettimè parte integrante dell'esperienza di qualsiasi artista. Se quello che fai ti sembrasse subito perfetto, non avresti la spinta necessaria ad andare avanti, a migliorarti. Giacometti vede le cose in modo diverso da tutti noi, come attraverso un prisma che possiede solo lui. E vuole realizzare le sue opere così come le vede nella sua testa. Immagino quanto possa essere frustrante avere un'immagine chiara nella mente e non riuscire a riprodurla in modo esatto, non riuscire a far fare alle proprie mani quello che si vuole. A volte sembra un uomo molto infelice, altre volte lo vediamo abbandonarsi a un'ondata di euforia estatica con Caroline. A volte si mostra tenero e affettuoso con la moglie, e subito dopo non vuole più vedere nessuno e vorrebbe dare fuoco al mondo intero. Fa tutto parte del pacchetto.
Credo che ognuno di noi abbia contribuito a realizzare un film speciale, pieno di sfumature e di significati. Sarà un film per tutti. Chi vuole semplicemente andare a vedere un film divertente e interessante, uscirà dal cinema soddisfatto. E chi ama Giacometti e la sua arte ci troverà cose che probabilmente non aveva mai visto prima.

INTERVISTA A TONY SHALHOUB
Il film racconta di come Giacometti, nonostante il suo grande talento, fosse costantemente tormentato da un senso di frustrazione e disprezzo di sé per quella che percepiva come una sua incapacità di creare l'opera che aveva in mente, di catturare la realtà dandole un'altra forma. Sono rimasto colpito dall'uomo e dalla storia, ma anche dalla prospettiva di tornare a lavorare con Stanley, di passare del tempo con lui.
Posso capire che Stanley si sia sentito attratto da questo tema. E' qualcosa in cui potranno riconoscersi molti attori, scrittori e individui creativi in genere, perché proviamo tutti quel tipo di insicurezza. Ma forse è qualcosa che provano tutti, anche quelli che non lavorano in ambito creativo. Capita a tutti di chiedersi: davvero so quello che faccio, o me lo sto inventando strada facendo? Giacometti era tormentato da questa domanda e in un certo senso è proprio questo che ha reso il suo lavoro così interessante: era molto duro con se stesso, era un vero perfezionista.
Anche Diego era un pittore e uno straordinario scultore, anche se dedicò buona parte della sua vita e del suo tempo al fratello. Forse si era reso conto che Alberto aveva un talento speciale e voleva vederlo raggiungere il massimo delle sue potenzialità. Non credo che Giacometti avrebbe potuto farcela senza Diego. Quindi è probabile che Diego abbia sempre lavorato per lui per pochi soldi o nulla. E' un personaggio molto riservato e silenzioso, anche se è stato fondamentale per il successo del fratello.
Geoffrey Rush è un attore eccezionale, incredibilmente versatile. Sono da sempre un suo grande ammiratore. Capisco perché Stanley lo abbia voluto per questo ruolo. Anzitutto, somiglia moltissimo al vero Giacometti: davvero, è una cosa impressionante. Lavorare con lui e guardarlo recitare è stato emozionante. E' un professionista molto disciplinato e un lavoratore instancabile. Si porta sempre dietro la sceneggiatura, e non smette di trovarci nuovi spunti e di farsi delle domande.
Anche Diego e James Lord erano amici. Credo che fossero entrambi affascinati dal talento e dalla personalità di Giacometti. Come James, anche Diego aveva posato per il fratello, e simpatizzava con James  per tutto quello che stava passando.
Armie è bravissimo, non finisce mai di stupirmi. Bello, sempre sorridente, è una vera forza della natura, un tipo molto divertente. Ed è importante non perdere il senso dell'umorismo nel nostro lavoro, e in particolare in questo film. Perché è un film che in fondo racconta la paura che abbiamo tutti di non essere all'altezza.
Ho lavorato con Stanley così tante volte! Mi ha anche diretto in uno spettacolo teatrale circa cinque anni fa. Abbiamo recitato insieme in teatro, al cinema e in televisione. Quindi siamo colleghi e amici di vecchia data. Sento che mi capisce e che tra noi c'è grande sintonia, oltre che, spero, un certo rispetto reciproco. Ogni volta che Stanley mi chiama, io corro.
Per quanto riguarda la scenografia, Merifield ha realizzato qualcosa di fenomenale. Hai l'impressione di trovarti in un ambiente senza tempo e meraviglioso. Ogni cosa trasuda creatività e intensità, che riflettono la complessità di questo artista.
Spero che il pubblico si innamori di Giacometti e delle sue opere, e che il film aiuti lo spettatore a capire che cos'è la vera arte e quanto è difficile essere artisti. Ma è anche un film pieno di ironia, gioia e follia.

INTERVISTA A SYLVIE TESTUD
Annette è la donna che divide la vita con Giacometti e anche la sua modella: ci sono molti dipinti e sculture che la ritraggono. Ma è anche la donna messa da parte: è come se Giacometti si dimenticasse sempre di lei. Lui è un artista tormentato, come lo sono tanti artisti. E' un po' isolato e Annette, come fanno spesso le donne, cerca di portare un po' di vita nella loro casa.
Geoffrey è straordinariamente credibile, potrebbe interpretare chiunque. Un giorno, a Nizza, ho incontrato una donna che aveva realmente posato per Giacometti. Le ho detto che stavo girando un film su di lui e le ho mostrato una foto di Geoffrey. Guardandola, lei ha esclamato: "Dio mio!". Non credeva ai suoi occhi. La somiglianza fisica – anche grazie al trucco – era impressionante, ma quello che la colpiva di più era come Geoffrey era riuscito a cogliere lo spirito di Giacometti.
Stanley è molto coinvolto dai personaggi di questo film. Sono persone in situazioni difficili, e Stanley vuole capire fino in fondo che cosa provano. In loro c'è soprattutto molta solitudine: vivono tutti insieme, ma ognuno è solo con se stesso.  E' molto sensibile ai loro sentimenti.
La cosa più importante per un'attrice è che il suo personaggio combatta contro qualcosa, e che alla fine non sia più quella di prima. E il mio personaggio, quello di Annette, è proprio così. E' in un vicolo cieco, ma non smette mai di sperare. Ha lasciato tutto per Giacometti, perché lui potesse creare, e lui non le ha dato niente in cambio.

INTERVISTA A CLÉMENCE POÉSY
Ho sempre amato le opere di Giacometti e mi piaceva l'idea di un film che mettesse a fuoco quel particolare momento della sua vita artistica. La prospettiva di entrare in quello studio mi affascinava. Quando Caroline incontrò Giacometti cominciò a posare per lui e si innamorarono.
C'è una bellissima frase alla fine del libro che sto leggendo [su Caroline], Le Dernier Modèle di Franck Maubert, in cui Caroline dice di essere la sua démesure, che in francese significa tutto ciò che è smodato e eccessivo. Ho tenuto presente questo, per interpretare il mio ruolo.
Un'altra delle ragioni per cui non vedevo l'ora di passare qualche giorno sul set era la presenza di Geoffrey Rush, solo per vederlo recitare. Ed è stato fantastico. Era incredibile vederlo calarsi ogni giorno nei panni di Giacometti. E' stato bello anche lavorare con Armie. C'è un bel cast, davvero. Vederli interagire era molto divertente.
Stanley è un regista che ama lavorare velocemente. Entri ed esci dal set piuttosto in fretta. Quando le cose funzionano è entusiasta, ma sa essere altrettanto chiaro quando invece c'è da rifare qualcosa. Trovava sempre il modo di tenere alti i livelli di energia sul set: non voleva che il film fosse semplicemente la storia di qualcuno che posa per un ritratto. E' sempre molto attento al movimento, all'energia e alla vitalità che ci sono sul set.
La prima volta che siamo entrati nello studio di Giacometti ricostruito sul set e abbiamo visto tutte quelle opere, tutti quei dettagli, siamo rimasti a bocca aperta. Era incredibile vedere riprodotto quel luogo in un tempo e uno spazio completamente diversi. E il fatto che ci fossero le copie di alcune delle mie sculture preferite in assoluto ha reso tutto ancora  più emozionante.
Mi ha sempre affascinato cercare di capire che cosa succede nella mente di qualcuno quando crea qualcosa, perché in pratica un artista inventa un mondo tutto suo. E capire come funziona questo processo e che cos'è che fa di te un artista, mi è sempre sembrato uno dei temi più interessanti e affascinanti da indagare.

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