Poster Foxtrot

Foxtrot (2017)

Foxtrot
Locandina Foxtrot
Foxtrot è un film del 2017 prodotto in Israele e Germania, di genere Drammatico diretto da Samuel Maoz. Il film dura circa 112 minuti. Il cast include Lior Ashkenazi, Sarah Adler, Yehuda Almagor, Shira Haas. In Italia, esce al cinema giovedì 22 Marzo 2018 distribuito da Academy Two.

Michael e sua moglie Dafna sono distrutti quando degli ufficiali dell'esercito si presentano alla loro porta per informarli della morte del figlio Jonathan. Michael viene travolto da un vortice di rabbia e dolore per poi dover fare i conti con una di quelle svolte del destino tanto incomprensibili quanto le surreali esperienze militari del figlio.

Michael e Dafna sono distrutti quando degli ufficiali dell'esercito si presentano alla loro porta per informarli della morte del figlio Jonathan. Michael diventa presto insofferente alla presenza di parenti addolorati troppo assillanti e funzionari militari troppo zelanti. Mentre la moglie riposa sotto sedativi, Michael viene travolto da un vortice di rabbia per poi dover fare i conti con una delle svolte del destino tanto incomprensibili quanto le surreali esperienze militari del figlio.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 22 Marzo 2018
Uscita in Italia: 22/03/2018
Genere: Drammatico
Nazione: Israele, Germania, Francia - 2017
Durata: 112 minuti
Formato: Colore
Distribuzione: Academy Two

Cast e personaggi

Regia: Samuel Maoz

Cast Artistico e Ruoli:

Immagini

[Schermo Intero]

COMMENTI DELLO SCENEGGIATORE-REGISTA SAMUEL MAOZ

Einstein avrebbe detto che le coincidenze sono il modo che ha Dio di restare anonimo. Foxtrot è la partita di un uomo col suo destino. È una parabola filosofica che cerca di analizzare quel vago concetto chiamato "destino" attraverso la storia di un padre e suo figlio. Sono lontani l'uno dall'altro eppure, nonostante la distanza e il distacco che li separano, cambiano i rispettivi destini e così facendo il corso dei propri. La sfida che mi sono preposto è stata quella di analizzare il divario tra le cose su cui abbiamo controllo e quelle al di là del nostro controllo.

Ho scelto di costruire la mia storia come una classica tragedia greca in cui l'eroe crea la propria punizione e lotta contro chiunque cerchi di salvarlo. È chiaramente all'oscuro dell'esito che produrranno le sue azioni. Anzi, sta facendo la cosa che ritiene più logica e giusta. Ed è questa la differenza tra una coincidenza fortuita e una coincidenza che sembra essere frutto del destino. Il caos si ricompone. La punizione corrisponde perfettamente alla colpa. C'è qualcosa di classico e ciclico in questo processo. E c'è sempre una certa ironia associata all'idea di destino. La struttura di una tragedia greca in tre episodi mi è sembrata la piattaforma drammatica ideale per dare corpo alla mia idea.

Volevo raccontare una storia che fosse pertinente alla realtà contorta in cui io e tutti noi viviamo. Una storia con un messaggio di valenza locale e universale. La storia di due generazioni: la seconda e la terza generazione di sopravvissuti all'Olocausto, ognuna delle quali subisce un trauma durante il servizio militare. Una parte di questa condizione traumatica senza fine ci è stata inflitta, mentre una parte si sarebbe potuta evitare. Il dramma di una famiglia che si spezza e si riunisce. Il conflitto tra amore e senso di colpa; l'amore che affronta un terribile trauma emotivo. Come nel mio film precedente, Lebanon, ho voluto continuare a investigare, in un modo approfondito capace di combinare critica e compassione, le dinamiche umane che si creano all'interno di un circolo chiuso. 

Nel film c'è un'inquadratura in cui si vede lo schermo di un computer portatile, su cui appare l'annuncio funebre, e al suo fianco un cesto di arance. Questa immagine racconta la storia del mio Paese in quattro parole: arance e soldati morti.

Quando mia figlia maggiore andava al liceo, non si alzava mai in orario e per non arrivare tardi a scuola mi chiedeva di chiamare un taxi. Questo suo vizio ci costava un bel po' di soldi e mi sembrava un gesto di maleducazione. Così una mattina mi arrabbiai e le dissi di prendere l'autobus, come tutti gli altri. Se era quello il motivo per cui arrivava tardi, sarebbe arrivata tardi e basta. Forse con le maniere forti avrebbe imparato a svegliarsi prima. Il suo autobus era il numero 5. Mezz'ora dopo che era uscita di casa, vidi su un sito di notizie che un kamikaze si era fatto esplodere sulla linea 5 e che c'erano state decine di morti. La chiamai subito al cellulare ma le linee erano sovraccariche. Poi, mezz'ora dopo, rientrò a casa. Era in ritardo e aveva perso l'autobus che era saltato in aria. L'aveva visto lasciare la fermata ed era salita su quello successivo. Oggi mi reputo molto fortunato ad avere ancora le mie figlie… 

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