Locandina Hymyileva mies
Locandina La vera storia di Olli Maki
La vera storia di Olli Maki (Hymyileva mies) è un film del 2016 prodotto in Finlandia e Svezia, di genere Drammatico e Sportivo diretto da Juho Kuosmanen. Il film dura circa 92 minuti. Il cast include Jarkko Lahti, Oona Airola, Eero Milonoff, John Bosco Jr., Joonas Saartamo. In Italia, esce al cinema giovedì 16 Agosto 2018. Disponibile in homevideo in DVD da sabato 29 Settembre 2018, in Digitale da venerdì 26 Luglio 2019.

Estate 1962, Olli Mäki ha la possibilità di vincere il titolo mondiale di pugilato nella categoria pesi piuma. Dalla campagna finlandese alle intense luci di Helsinki, tutto è stato preparato per consegnarlo alla fama e al successo. Olli deve solo limitarsi a perdere peso e a concentrarsi. Ma c'è un problema: si è innamorato di Raija. 

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 16 Agosto 2018
Uscita in Italia: 16/08/2018
Prima Uscita: 02/09/2016 (Finlandia)
Genere: Drammatico, Sportivo
Nazione: Finlandia, Svezia, Germania - 2016
Durata: 92 minuti
Formato: Bianco e Nero
Produzione: Aamu Filmcompany, ONE TWO Films, Tre Vänner Produktion AB, Elokuvayhtiö Oy Aamu, Film Vast (in co-produzione con), Tre Vanner Produktion AB (coproduzione)
In HomeVideo: in Digitale da venerdì 26 Luglio 2019 e in DVD da sabato 29 Settembre 2018 [scopri DVD e Blu-ray]

Cast e personaggi

Regia: Juho Kuosmanen

Cast Artistico e Ruoli:

Immagini

[Schermo Intero]

DICHIARAZIONE DEL REGISTA

Il tono generale di La vera storia di Olli Mäki è leggero. Benché sia la storia di una crisi esistenziale e della ricerca di sé, è fondamentale che il racconto non sguazzi nel fango, ma che invece voli come un aquilone. La fortuna del mio film di diploma, The painting sellers, mi ha messo in una situazione piuttosto angosciante. Dopo aver vinto il primo premio alla selezione della Cinéfondation al Cannes Film Festival e dopo che mi fu promesso, come parte del premio, che il mio primo lungometraggio sarebbe stato presentato in prima mondiale nella selezione ufficiale di Cannes, in Finlandia sono stato definito un "promettente giovane regista". Ricordo che stavo seduto alla scrivania a farfugliare e a pensare che cosa avessi promesso di preciso e a chi. Ovviamente ero anche molto lusingato, ma, col passare del tempo, ho iniziato a sentirmi sempre più in ansia sapendo che c'erano delle persone là fuori, persone che nemmeno conoscevo, che si aspettavano da me cose che non ero preparato a fare. Mi ero messo in testa l'idea di dover prima di tutto soddisfare delle aspettative che iniziavo ad avvertire sotto pelle. Alla fine sono riuscito a capire che il peso di continuare a soddisfare gli spettatori era tutto nella mia testa, e comunque la verità era che la mia creatività e la mia capacità di entusiasmarmi nel fare cinema avevano toccato il fondo. L'idea di La vera storia di Olli Mäki è stata un sollievo a questa situazione di angoscia. Il film si ispira a una storia vera e Olli Mäki è ancora oggi un pugile finlandese molto conosciuto. All'inizio della sua carriera da professionista, Olli ebbe l'occasione di sfidare il campione in carica dei pesi piuma dell'epoca, l'americano Davey Moore. Ma poi, di fronte a uno stadio pieno, perse l'incontro in modo umiliante al secondo round. In seguito Olli Mäki disse che era stato il più bel giorno della sua vita.

CONVERSAZIONE CON JUHO KUOSMANEN

Quando sei venuto a conoscenza della storia della sconfitta di Olli Mäki per il titolo mondiale e della storia d'amore iniziata con Raija mentre si allenava? Che cosa ti ha spinto a farne un film?
Era il 2011, avevo incontrato Olli e Raija a Kokkola. Olli adesso è gravemente malato di Alzheimer, ma ricorda ancora le sue vecchie imprese. Mi ha raccontato del suo incontro per il titolo disputatosi nel 1962 e, quando ha finito la sua storia, mi ha detto: "È stato il più bel giorno della mia vita". Il suo volto sorridente mi ha costretto a domandargli, incredulo: "Come mai?". È stato in quel momento che mi ha detto che lui e Raija, proprio quel giorno, avevano acquistato insieme gli anelli di fidanzamento. Ho pensato che fosse una bella storia, ma un po' troppo classica per essere raccontata di nuovo. Con il passare delle settimane, però, la storia di Olli mi è rimasta in testa. Perché aveva comprato gli anelli proprio quel giorno? Io di pugilato sapevo poco, ma mi era comunque evidente che, se ti stai preparando a un incontro per il titolo mondiale, ti devi dedicare completamente all'incontro. Comprare gli anelli di fidanzamento proprio quel giorno mi sembrava una cosa assolutamente proibita. Poi, quando ho cominciato ad approfondire la storia di Olli, mi sono reso conto che era piena di bellissimi dettagli e di una complessità che la trasformava da fatto banale a qualcosa di speciale. L'arte è nei dettagli, ho sentito dire. Presto ho capito che la storia di Olli non era solo quella di una sconfitta nell'incontro e di una vittoria in amore. Non era proprio questione di vincere o perdere, bensì di trovare la tua strada verso la felicità, indipendentemente dalle aspettative altrui. L'incontro e la partecipazione di Olli erano in un certo senso uno scontro di visioni del mondo: un comunista finlandese di provincia messo sotto pressione per diventare famoso nella macchina dello spettacolo americano.

Nell'immaginario popolare, Olli Mäki è considerato un eroe nazionale o il simbolo di un fallimento della nazione?
Se non è un eroe nazionale, è quantomeno un eroe della classe lavoratrice. In generale lui è decisamente considerato come uno dei migliori pugili mai usciti dalla Finlandia. Dopo la sua sconfitta con Davey Moore, Olli Mäki ha continuato a fare pugilato fino al 1973. Ha conquistato il titolo europeo nel 1964, quindi ha vinto tanti incontri, e ha lasciato un'eredità che ha in parte spazzato via dalla coscienza nazionale il ricordo di questa pesante sconfitta del 1962. Alcuni dicono che Olli Mäki non era abbastanza ambizioso e che non aveva la personalità giusta per diventare un grande pugile. Dicono che era una persona troppo gentile, troppo un 'bravo ragazzo'. Un esempio di ciò che gli ha fatto guadagnare questa reputazione è che Olli non ha mai cercato di mandare al tappeto i suoi avversari. Pensava che non ci fosse una buona ragione, se gli sembrava di aver ormai vinto l'incontro. Perciò a volte le stesse cose che fanno di te una brava persona non sono le stesse che ti consentono di raggiungere la vetta nel tuo sport.

Che rapporto hai oggi con il vero Olli Mäki? Ha avuto un ruolo nel film?
Ho incontrato Olli e Raija alcune volte. Purtroppo Olli è molto malato, al punto che non è pienamente al corrente del film. Raija è una persona meravigliosa e ci è stata di grande aiuto. Durante le riprese sono venuti a trovarci alcune volte e si vedono nel film, nell'ultima scena. I veri Olli e Raija incrociano i nostri personaggi e la finta Raija si domanda: "Pensi che diventeremo come loro?"; "Vuoi dire vecchi?"; "Sì, e felici". "Certo che sì", dice Olli, interpretato da Jarkko Lahti.

Come hai individuato gli attori? Sul set hai usato delle tecniche particolari?
Per me il casting è il cuore del lavoro di un regista. Per questo film abbiamo fatto un lungo lavoro di casting, ma alla fine, per i tre personaggi principali, abbiamo deciso di usare quelli che avevo in mente sin dall'inizio. Credo che questo gruppo abbia lo stesso tipo di dinamica dei personaggi del film, o almeno è stato molto facile vederli diventare così. Eero Milonoff (Elis Ask, l'allenatore di Olli Mäki) è un famoso attore finlandese. Non l'avevo mai incontrato di persona prima del film, ma sono molto felice che abbiamo lavorato insieme. È di Helsinki e ha più esperienza di Oona e Jarkko, che interpretano Raija e Olli. Eero è un attore molto scrupoloso, mi telefonava due volte al giorno per parlare di questo e quello. E quando eravamo agli ultimi giorni della ricerca delle location, è stato con noi tutto il tempo. Eero è abbastanza intelligente da comprendere che il tempo che passi con la troupe ti aiuterà poi a fare meglio il tuo lavoro. Non si tratta solo di provare la parte. Poco a poco capisci gli umori e la visione del mondo che stanno dietro alla macchina da presa ed è più facile lavorare se ne sei consapevole. Oona Airola (Raija Jänkä) è la prima volta che recita in un film. Ha un grande senso dell'umorismo ed è un'attrice molto carismatica. Lavorava come cassiera in un teatro e secondo me era più interessante degli spettacoli che avevano in cartellone. Oona si è impegnata tantissimo per ottenere una presenza fisica tale da farci sembrare che non stia affatto recitando. Troppo spesso nelle recensioni cinematografiche le interpretazioni degli attori maschi sono considerate il risultato di dedizione e duro lavoro, mentre quelle femminili sono percepite come un dono di natura, come se le attrici non facessero nulla, limitandosi ad avere una bella presenza. Vi posso assicurare che il ruolo di Oona è stato costruito con intelligenza e tanto lavoro. Non è stato facile per lei, in quanto debuttante, avere una presenza così naturale, ma ha fatto un lavorone. Jarkko Lahti (Olli Mäki) ha recitato tanto in teatro, ma questo è il suo primo ruolo importante in un lungometraggio. Jarkko è di Kokkola, la stessa città di Olli Mäki. Lui è anche, come Oona ed Eero, un attore che si impegna molto. Ha iniziato a fare pugilato non appena gli ho detto che stavo pensando di fare un film su Olli Mäki e che avrebbe potuto lavorarci. Ha anche fatto un paio di incontri da non professionista e durante le riprese ha perso molto peso. Ovviamente è molto importante fare esperienze di questo genere quando si prepara una parte così fisica, ma penso che sia importante, oltre alla perdita di peso, anche la capacità di perdere lo scudo che ti separa dalla macchina da presa. Quando sei in palcoscenico la tua posizione di attore è diversa, puoi controllare tutto il palco, mentre al cinema è il contrario. Jarkko ha avuto alcuni anni per prepararsi a questa parte e credo che l'abbia studiata perfettamente. Jarkko e io abitavamo nella stessa strada e facevamo insieme la via per andare a scuola. Una volta gli tirai una palla di neve e lui mi colpì in testa con la pompa metallica di una bicicletta. Vent'anni dopo gli ho chiesto di recitare una parte nel mio cortometraggio The Citizens, in cui c'è una scena dove si scontra con un tizio molto più grosso di lui. Alcuni anni dopo, gli ho chiesto di recitare la parte di questo pugile che viene steso al tappeto. Adesso penso di essermi vendicato. Questo film si basa molto sui personaggi. Abbiamo iniziato a sviluppare la messinscena con gli attori e solo dopo abbiamo ragionato sulle ragioni e le possibilità di muovere la macchina da presa e di cambiare qualcosa, se necessario. Abbiamo girato le scene in piano sequenza, dall'inizio alla fine e anche oltre, e l'abbiamo fatto più volte con obiettivi diversi. Di solito non spezziamo le scene in più inquadrature. E non ci preoccupiamo troppo degli errori: è essenziale non lavorare con la paura di sbagliare, altrimenti finisci per prendere decisioni scontate. Non do indicazioni troppo precise agli attori: mi preoccupo soprattutto di fare in modo che l'atmosfera sul set vada nella giusta direzione. Perdendo qualcosa in termini di controllo, guadagni dei bei dettagli e delle sorprese, che aiutano a rendere vivace la scena.

Per quale ragione e quando hai deciso di girare il film, ambientato nel 1962, in bianco e nero e in 16mm?
Due mesi prima delle riprese. Abbiamo testato molti supporti diversi, sia in pellicola che in digitale, ma era questo, il Kodak Tri-X, che aveva la grana giusta. Si tratta di una pellicola reversibile in bianco e nero, un supporto molto particolare. Non era solo l'aspetto, bensì la sensazione che produce. Tutto quello che giri con questa pellicola assume un tono tipico dei primi anni Sessanta. Dopo aver guardato i provini, è stata una decisione facile. Sentivamo che, con questo supporto, il film avrebbe ricondotto il pubblico agli anni Sessanta e non sarebbe stato necessario sottolineare il periodo storico con dettagli di oggetti tipici dell'epoca, automobili o acconciature. Abbiamo dovuto ordinare tutta la pellicola ancora presente in Europa e poi tutta quella che c'era negli Stati Uniti, e poi la Kodak ne ha dovuta produrre dell'altra. Non credo che sia una pellicola pensata per i lungometraggi. Negli anni Sessanta e Settanta veniva utilizzata per i cinegiornali.

Perché l'incontro per il titolo, e il pugilato in generale, occupano un posto così limitato nel film?
Volevamo concentrarci sugli aspetti nascosti. Il film racconta più il backstage che il ring. Volevo mostrare il pugilato come parte della vita di tutti i giorni e non trasformarlo in qualcosa di simbolico o di più importante delle altre scene. Va a braccetto con l'argomento del film. Inoltre, quando ti rendi conto che Rocky 7 è stato girato nello stesso periodo, puoi star certo che loro si concentreranno sulle scene di combattimento, quindi tu sei libero di dedicarti agli sguardi tra i personaggi e alle scene in cui vola l'aquilone. Ho visto tantissimi film di pugilato e alcuni di essi mi hanno quasi spinto a cambiare l'argomento del mio film, ma ne ho visti anche di belli. Insieme al mio direttore della fotografia abbiamo visto classici del Cinema Vérité anni Sessanta e sono loro a essere diventati il nostro principale riferimento visivo.

Pensi che a volte l'industria cinematografica assomigli a quella del pugilato professionista?
Assolutamente sì. Maggiore è il budget di cui hai bisogno, più sono le mani che devi stringere. Penso che una delle ragioni per cui ci sono tanti film di pugilato è che le due industrie si assomigliano. Ovviamente il pugilato è uno sport molto cinematografico, ma in quanto regista è molto facile calarti nei panni del protagonista. In fondo sei solo sul ring e c'è sempre la possibilità di prendere un sacco di botte. Non è possibile dirigere qualcosa che non capisci. Io non so molto di pugilato, ma mi è stato facile comprendere il nostro protagonista nelle situazioni in cui si trovava. Mi ci sono trovato anche io, a stringere mani e a promettere cose che non avrei dovuto promettere. Secondo me questo film parla tanto di regia quanto di pugilato. Sentivo che con questo approccio sarebbe stato facile rendere le stesse emozioni che io provavo in quanto regista. E mi dava la possibilità di avere uno sguardo più ampio e di sorridere di fronte alla mia crisi esistenziale. Ma questo è solo il mio punto di vista, non è qualcosa di nascosto nel film che gli spettatori devono scoprire. Spero che ognuno possa fare le proprie riflessioni.

Il tuo film ricrea con intensità la sensazione dei primi anni Sessanta, ma, al di là della nostalgia, ci sono una vivacità e un punto di vista moderni. Come sei riuscito a muoverti tra un film storico e un modo di fare cinema moderno?
Non ho mai voluto fare un film storico e non siamo caduti troppo nella tentazione della nostalgia. L'idea è sempre stata quella di fare un film contemporaneo che abbia il sapore di un vecchio film. La pellicola è stata di grande aiuto. Potevamo utilizzarla per esprimere la sensazione degli anni Sessanta senza dover insistere troppo. Abbiamo girato il più possibile in esterni e quella del luna park è stata l'unica scena in studio. La scenografia, i costumi e il trucco erano autenticamente anni Sessanta, ma siamo stati attenti a non sottolineare troppo la cosa. Le comparse erano vestite più in stile anni Sessanta, mentre i personaggi principali hanno abiti non troppo legati all'epoca. Quando il set era pronto e le macchine da presa erano in azione, giravamo un film contemporaneo. Il nostro punto di riferimento è stato più il documentario che il cinema di finzione.

Olli Mäki ti interessava perché è un personaggio che non rientra precisamente nello stereotipo macho del pugile?
Le contraddizioni sono sempre interessanti. Joyce Carol Oates ha scritto nei suoi saggi sulla boxe che "il pugilato è una celebrazione della religione perduta della mascolinità, oltremodo caustica proprio perché perduta." Su questo aspetto abbiamo giocato molto. Mi piaceva l'idea che avessero il protagonista sbagliato nel documentario che stanno realizzando nel film. Penso sia buffo che tentino di costruire un eroe tradizionale del pugilato utilizzando un ometto sensibile che non è a suo agio quando viene filmato. Buona parte del divertimento emerge da questa situazione di "persona sbagliata nel posto sbagliato" ed è stato bello giocare con la classica immagine del pugile contrapposta alle emozioni private di Olli. Olli è un personaggio perfetto per questa operazione. Inoltre è stata una sfida scrivere un protagonista che in realtà vuole solo essere lasciato in pace. Ma, alla fine, non seguiamo il cambiamento di Olli, bensì la speranza che resti com'è.

A tuo avviso, che cosa possono dirci della vita, della cultura e della società di oggi il film e la storia di Olli Mäki?
Per me è sempre un bene smettere di pensare che ciò che conta sia l'obiettivo finale. Siamo circondati da pubblicità che promuovono il successo, ma prima di tutto dobbiamo scoprire di che cosa parliamo quando parliamo di successo. Penso che le cose che erano eccezionali negli anni Sessanta siano oggi diventate alla portata di tutti. L'urgenza di conquistare il "successo", di ottenere popolarità e sbocchi nell'immagine pubblica delle persone oggi non sono esclusiva delle celebrità. Viviamo in un mondo molto competitivo. Almeno in Finlandia le persone sembrano preoccuparsi molto di quello che pensano le altre persone e se siamo tra i primi in qualche statistica finiamo sempre nei titoli di giornale. La competizione è fondamentale nello sport, mi piace, ma quando diventa un'ossessione quotidiana distrugge la bellezza della vita

HomeVideo (beta)


STREAMING VOD, SVOD E TVOD:
La vera storia di Olli Maki disponibile in Digitale da venerdì 26 Luglio 2019 e in DVD da sabato 29 Settembre 2018
info: 16/08/2018.


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