Locandina Isabelle Mirko Locatelli

Isabelle (2018)

Isabelle
Locandina Isabelle
Isabelle è un film del 2018 prodotto in Italia, di genere Drammatico diretto da Mirko Locatelli. Il cast include Ariane Ascaride, Samuele Vessio, Robinson Stévenin, Zoë Belkin. In Italia, esce al cinema giovedì 29 Novembre 2018 distribuito da Mariposa Cinematografica.

Isabelle è un'astronoma di origini francesi, vive in Italia in una grande casa immersa tra i vigneti sulle colline nei pressi di Trieste. Il sole splende sulla campagna, il mare a pochi chilometri si infrange sulla costa rocciosa, il paesaggio è un paradiso e come tutte le estati suo figlio Jérome passerà qualche tempo con lei. Isabelle lo ama molto, è pronta a fare qualsiasi cosa per lui, ma l'incontro con Davide, un giovane che sta attraversando un momento di grande difficoltà, stravolgerà le loro vite e Isabelle dovrà compiere una scelta che porterà inevitabilmente a un epilogo doloroso.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 29 Novembre 2018
Uscita in Italia: 29/11/2018
Genere: Drammatico
Nazione: Italia - 2018
Durata: N.d.
Formato: Colore
Produzione: Strani Film e Agat Film and Cie, Rai Cinema, Friuli Venezia Giulia Film Commission
Distribuzione: Mariposa Cinematografica
Note:
premio per la 'Miglior Sceneggiatura' (Prix du Meilleur Scénario) alla 42a edizione del Montreal World Film Festival. Presentato al Cape Town International Film Market and Festival (9-19 ottobre 2018) nella selezione internazionale.

Cast e personaggi

Regia: Mirko Locatelli

Cast Artistico e Ruoli:

Immagini

[Schermo Intero]

NOTE DI REGIA

Quando ho iniziato a immaginare una direzione per Isabelle, mi sono imposto di rifuggire gli stereotipi del cinema di genere, a vantaggio degli aspetti più intimi dei singoli personaggi, tutti incapaci di gestire un ruolo che la vita gli ha riservato loro malgrado. Ho sempre pensato a Isabelle come uno di quei personaggi del teatro borghese di Augier o Dumas, che portano il gioco della vita e della morte sul palcoscenico, che lottano contro se stessi e il loro sistema di valori pur di proteggere la propria posizione sociale. Isabelle è anche un film sull'incedere del tempo sui corpi, sull'ipocrisia e l'egoismo degli esseri umani, sul coraggio e la coscienza con la quale prima o poi ognuno di noi è obbligato a confrontarsi.

NOTE DI SCENEGGIATURA

Siamo onorati di aver ricevuto il Premio per la Miglior Sceneggiatura in occasione dell'anteprima mondiale del film a Montreal  la scrittura è la prima tappa fondamentale per la realizzazione di un buon film, una fase nella quale investiamo molte energie: parliamo tra noi quotidianamente dei film che stiamo scrivendo, immaginiamo i personaggi e le storie condividendo letture, visioni di altri film, punti di vista di altri autori, ma la vera fonte di ispirazione sono le persone che incontriamo, i luoghi che visitiamo, le esperienze che accumuliamo. È per questo che il tempo che dedichiamo alla scrittura è difficilmente calcolabile e quindi prezioso, poiché è il nostro tempo, ed è per questo che consideriamo il Premio per la Miglior Sceneggiatura come il miglior riconoscimento per incoraggiare questo nostro sodalizio creativo.

Intervista a Mirko Locatelli regista, sceneggiatore e produttore

Si tratta di un film orgogliosamente intimo, quasi famigliare…
Nonostante la storia avesse le caratteristiche per poter sfruttare gli stereotipi del cinema di genere, ho concentrato l'attenzione sull'ascolto della coscienza dei singoli personaggi e la rappresentazione dell'intensità dei loro rapporti attraverso uno scontro tra i corpi. Quello di Isabelle, una donna matura che lo tiene al sicuro; il corpo adolescente di un eroe sopravvissuto, Davide, che si mostra senza pensare; e quello inquieto di Jérôme, a metà strada tra i due, per raccontare un dramma famigliare in cui i confini tra il bene e il male si sfumano e le paure trasformano i rapporti.

Definiresti Isabelle un "dramma borghese"?
Ho organizzato la messa in scena del dolore come da un palcoscenico, con gli attori confinati in piani sequenza, entro quadri ben definiti e privi di frammentazione interna alle scene. Ogni momento si svolge tutto d'un fiato, con la "teoria di Isabelle" che fa da traccia nello sviluppo della storia. Come nel teatro ottocentesco Isabelle porta la rappresentazione dell'egoismo e dell'ipocrisia della classe borghese sul palcoscenico, ad un ritmo tale da trascinare se stessa e gli altri nel baratro, quindi direi di sì.

Isabelle e Davide hanno modi di fare molto civili, borghesi, ma dietro la facciata sono come animali feriti in difesa del proprio territorio…
La violenza e la fragilità sono gli elementi su cui si incardinano i ruoli dei due personaggi: vivono il dolore nella totalità e si trasformano fino a raggiungere quasi un'inversione delle parti.

La storia di Isabelle, ma anche dei personaggi che la circondano, è ricca di non detti, di sospesi. Come si filma il "non detto"?
Si costruisce in scrittura e si filma cercando di rispettare il ruolo di ogni singolo personaggio, nella sua essenza più intima. Durante la messa in scena Isabelle parla in continuazione, ma è nella differenza tra ciò che dice e ciò che realmente fa che cogliamo le sue debolezze, la sua umanità; in molti casi quello che noi registi scegliamo di escludere alla visione assume maggiore importanza di quello che mostriamo chiaramente, un gesto o un'azione interrotta destano curiosità, è così anche nella vita reale: quello che non riusciamo a comprendere con chiarezza nelle persone è ciò che ci spinge ad avvicinarci e spesso ciò che non mostriamo nasconde la nostra vera essenza.

La casa di Isabelle, il mare e la natura, l'ambiente che la ospita. Quanto hanno contato le location della costruzione del film?
Gli ambienti carichi di luce e suoni naturali sono stati il punto di partenza per la ricostruzione visiva di un mondo narrativo visualizzato già in scrittura. I luoghi sono stati concepiti con una tale necessità da sembrare veri e propri personaggi. La casa ad esempio doveva rappresentare un nido facilmente espugnabile, con i cancelli che chiudevamo male, con un varco, un punto debole; il mare, la pioggia e l'acqua come elemento attraverso il quale avvenivano i cambiamenti più significativi nei rapporti tra i personaggi. Gli ambienti erano vivi, dovevano respirare, a volte più delle persone.

Dopo la storia di un ragazzo (Il primo giorno di inverno), di un uomo (I corpi estranei) ora è il turno di una donna (Isabelle). Una scelta voluta?
Non si tratta di una vera e propria trilogia anche se è vero che sono tre film sul dolore e il protagonista tenta di risolvere il proprio conflitto facendo i conti con la propria coscienza.

Intervista a Giuditta Tarantelli sceneggiatrice e produttrice

Isabelle ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura al Montreal World Film Festival. Immagino sia stata una grande soddisfazione…
La scrittura è la prima tappa fondamentale per la realizzazione di un buon film, una fase nella quale Mirko ed io investiamo molte energie: parliamo tra noi quotidianamente dei film che stiamo scrivendo, immaginiamo i personaggi e le storie condividendo letture, visioni di altri film, punti di vista di altri autori, ma la vera fonte di ispirazione sono le persone che incontriamo, i luoghi che visitiamo le esperienze che accumuliamo. È per questo che il tempo che dedichiamo alla scrittura è difficilmente calcolabile e quindi prezioso, poiché è il nostro tempo, ed è per questo che considero il Premio per la Miglior Sceneggiatura come il miglior riconoscimento per incoraggiare questo nostro sodalizio creativo.

Da dove nasce la storia di Isabelle?
C'è un preciso momento nella vita di tutti in cui accade qualcosa di improvviso e inaspettato, il momento in cui ci rendiamo conto che da lì non si torna indietro, che dalle scelte che prenderemo dipenderà il nostro futuro. Isabelle si trova proprio in quel punto, l'ho immaginata così, come un personaggio che può solo andare avanti, sta a lei decidere come, ma il tempo è poco e scorre inesorabile e non potendolo fermare deve trovare degli appigli.

Qual è stata la maggiore difficoltà nel descrivere un personaggio come Isabelle?
Con tutti i personaggi la difficoltà più grande è renderli credibili, far sì che qualunque cosa facciano o esprimano sia coerente con il mondo nel quale sono inseriti. Per quanto possano essere lontani da me, per età, idee, modi di pensare e di agire, devo conoscerli a fondo e per farlo devo sforzarmi di trovare dei punti d'incontro tra me e loro. Devi creare una relazione empatica con il personaggio che racconti, anche con Isabelle è stato un percorso lungo, fatto di letture, incroci di storie e fatti reali, alla ricerca di un motivo valido per volerle bene e uno altrettanto valido per poterla odiare.

Isabelle è una donna borghese, colta, cosmopolita. Quali sono i mostri che la assillano?
Isabelle teme di perdere tutto ciò che ha costruito, e la famiglia è la cosa che più la preoccupa: desidera che tutto prosegua nel migliore dei modi e che il sole illumini sempre la sua strada, quella del figlio e della futura prole. Dice a tutti cosa fare, ricorda come ci si deve comportare, quale sia l'etica da seguire, ma quando qualcosa di più grande mette in pericolo la sua tranquillità e si trova nella condizione di non essere più la persona rispettabile che tutti conoscono, Isabelle è pronta a tutto pur di ristabilire l'ordine delle cose.

Da dove nasce l'idea di che Isabelle fosse un docente di fisica?
Isabelle conosce le leggi che regolano l'universo, crede di avere tutto sotto controllo ma non è così, qualcosa le sfugge.

Come avete scelto i personaggi di contorno alla vostra protagonista? Ognuno di loro sembra voler mettere in luce le sue debolezze…
Come Isabelle ognuno di loro rivela solo una parte di sé, ed è grazie a questo sistema di rapporti, basati sul non detto, sull'occultamento della verità, che si creano le dinamiche necessarie a far emergere le debolezze di Isabelle, ma anche a maturare la consapevolezza necessaria alla protagonista per un riscatto della propria coscienza.

Intervista ad Ariane Ascaride

Chi è Isabelle?
Non so chi sia veramente Isabelle. All'inizio sicuramente è soprattutto una madre che ha un rapporto strano con il figlio, è innamorata di suo figlio; è una mamma possessiva, protettiva, che ha paura per lui e per questo ha costruito un rapporto ossessivo. Isabelle non ha un compagno e suo figlio Jérôme è il solo uomo della sua vita, non sappiamo quando tutto questo sia cominciato, la cosa importante è che Isabelle abbia dimenticato di essere anche una donna oltre che una madre.

Come si è preparata al ruolo?
Di solito non mi preparo, leggo la sceneggiatura perché il teatro mi ha insegnato a sentire la scrittura per interpretarla. L'importante per me è capire, leggere e sentire il testo. Leggo spesso la sceneggiatura e poi lascio fare al mio cervello. È come se il mio cervello fosse un appartamento e il personaggio un inquilino che ci si accomoda con le sue abitudini, i suoi gesti. L'importante non è recitare bene, ma essere quello che è il personaggio. Non so davvero come faccio… [ride]

Una caratteristica molto interessante di Isabelle è la sua forte femminilità, nonostante la non più giovane età, la solitudine, il ruolo sociale e familiare. Un esempio per le donne?
Ancora una volta non lo so… [ride] Lei è una donna libera che ha fatto quello che voleva fare nella vita. Lavora sulle stelle, con le stelle, e questo è un aspetto che ho amato molto. Le stelle hanno un'aria romantica, ma nel film emerge il risvolto scientifico. Gli scienziati che lavorano con le stelle per me sono persone strane, che hanno un rapporto con l'universo diverso dal "nostro". Come quando ho conosciuto Mirko Locatelli che anche lui vede la vita in un modo diverso dal mio, ed è bello che sia così. Ci si accresce a vicenda. Quindi non so se Isabelle sia un modello, sicuramente è una donna determinata.

Come è stato recitare usando una lingua non propria?
Mi ha fatto davvero piacere perché ne avevo una paura tremenda. Il modo di spiegare le cose, di recitare in una lingua che non ti appartiene mi spaventava. La mia voce in francese ha una musica precisa nella mia testa e sono abituata a quel suono. Ma in italiano sento un suono diverso, che ha regalato al mio personaggio una luce diversa. Trovo questo molto interessante per Isabelle. E poi mi piace avere paura…

Come si è trovata a Trieste? Conosceva già le zone usate come location del film?
Ho adorato Trieste. Una città che mi piace moltissimo. È diversa da altre città italiane che ho visitato, ha ancora qualcosa di antico, e in estate non è invasa da un turismo massiccio. Ha un'anima, ma un'anima diversa perché senti che è italiana, ma anche austriaca. C'è un mélange. Questi grandi palazzi… poi abbiamo girato anche nelle campagne del Friuli, a Cormons, un bellissimo paese immerso nei vigneti. Ma devo dire che non ho ancora visto un posto in Italia che non mi piaccia. Più passa il tempo e più mi piace, anche se ora trovo che abbiate dei problemi nel vostro Paese… [fa una pausa] Sai, io vi penso tanto, i francesi vi pensano tanto, soprattutto gli artisti. Io sono per metà italiana, mio papà e tutta la famiglia di mio padre hanno origini napoletane. Se penso alla migrazione non riesco a credere a questa mancanza di accoglienza. Siamo in molti a pensarla così, per questo è nostro dovere alzare la voce e costruire un messaggio politico forte, anche attraverso l'arte.

Intervista a Samuele Vessio

Esordio al cinema subito come protagonista. Che esperienza è stata?
All'inizio mi ha un po' destabilizzato perché sono stato catapultato in un mondo che non conoscevo, man mano che proseguivano le riprese invece mi sono lasciato coinvolgere, ho cercato di imparare il più possibile, di trarre il meglio. Sì, è stata un'esperienza esaltante. Faticosa, ma esaltante.

Come ti sei preparato al ruolo di Davide?
Ero alla prima esperienza e non avendo studiato recitazione ho cercato di farlo senza troppi filtri, nel modo che ritenevo più naturale; c'è stato un lungo lavoro di preparazione con Mirko per avvicinarmi il più possibile ad un personaggio complesso e lontano da me; ho lavorato molto sulla fisicità, aumentando la mia massa muscolare in palestra, e sull'interiorità, cercando di trovare un dolore utile al personaggio, e di questo devo molto a Mirko che mi ha incoraggiato e ha creduto in me in questo percorso.

Conoscevi già i film con Ariane Ascaride? E come è stato il rapporto con lei? 
Onestamente prima di girare il film non conoscevo Ariane; poi mi sono documentato e ho avuto modo di conoscerla e apprezzarne la professionalità, la dolcezza, lo spessore culturale. Mi ha aiutato molto a capire le dinamiche del cinema, mi ha consigliato e insegnato, anche grazie a lei ho imparato molto. Le devo moltissimo.

Davide, il tuo personaggio, è un ragazzo studioso, serio, ma anche ferito. C'è qualcosa che hai in comune con lui?
Sono un ragazzo di ventun anni, mi sto affacciando all'età adulta con le paure e l'entusiasmo dei miei coetanei. Davide è un ragazzo silenzioso, ferito dalla vita che gli ha tolto tanto. Di Davide mi appartengono la meditazione sulla vita, sulle sue incertezze e ambiguità, tuttavia gli mancano quella leggerezza e frivolezza che sono nelle mie corde. Sono convinto che la vita possa portare chiunque ad essere come Davide, a cercare una vendetta per alleggerire il proprio dolore, senza guarirlo. Ma io preferisco pensare che ci sia una via d'uscita e che Davide mi abbia aiutato a conoscere certi aspetti di me che non conoscevo, e a rafforzare la consapevolezza che dopo una caduta ci si possa rialzare un po' più forti, più maturi di prima.

Tu sei triestino, hai da poco fatto la maturità. Ti vedi attore dopo questa esperienza?
Non è stato facile affrontare la maturità e contemporaneamente lavorare al film, ma è andata bene. Ora sono iscritto all'Università, a Scienze politiche, per approfondire materie che mi interessano, ma intendo lasciare aperta la possibilità di fare cinema che sono sicuro potrebbe regalarmi altre nuove stimolanti esperienze.

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