L’Ufficiale e La Spia (J’accuse)
Locandina L'Ufficiale e La Spia
L'Ufficiale e La Spia (J'accuse) è un film del 2019 prodotto in Francia, di genere Drammatico e Storico diretto da Roman Polanski. Il film dura circa 126 minuti. Polanski ha scritto la sceneggiatura insieme a Robert Harris, autore del romanzo da cui il film è tratto, L'ufficiale e la spia (The Dreyfus Affair), in Italia edito Mondadori. Da un romanzo di Harris il regista premio Oscar per Il pianista aveva già tratto nel 2010 il suo L'uomo nell'ombra. Il cast include Jean Dujardin, Louis Garrel, Emmanuelle Seigner, Grégory Gadebois, Hervé Pierre, Didier Sandre, Wladimir Yordanoff, Mathieu Amalric, Damien Bonnard, Eric Ruf, Laurent Stocker, Michel Vuillermoz. In Italia, esce al cinema giovedì 21 Novembre 2019 distribuito da 01 Distribution. Disponibile in homevideo in DVD da giovedì 12 Marzo 2020, in Digitale da giovedì 5 Marzo 2020. Al Box Office italiano ha incassato circa 3208764 euro.

Gennaio del 1895, pochi mesi prima che i fratelli Lumière diano vita a quello che convenzionalmente chiamiamo Cinema, nel cortile dell’École Militaire di Parigi, Georges Picquart, un ufficiale dell’esercito francese, presenzia alla pubblica condanna e all’umiliante degradazione inflitta ad Alfred Dreyfus, un capitano ebreo, accusato di essere stato un informatore dei nemici tedeschi. Al disonore segue l’esilio e la sentenza condanna il traditore ad essere confinato sull’isola del Diavolo, nella Guyana francese. Un atollo sperduto dove Dreyfus lenisce angoscia e solitudine scrivendo delle lettere accorate alla moglie lontana. Il caso sembra archiviato. Picquart guadagna la promozione a capo della Sezione di statistica, la stessa unità del controspionaggio militare che aveva montato le accuse contro Dreyfus. Ed è allora che si accorge che il passaggio di informazioni al nemico non si è ancora arrestato. E se Dreyfus fosse stato condannato ingiustamente? E se fosse la vittima di un piano ordito proprio da alcuni militari del controspionaggio? Questi interrogativi affollano la mente di Picquart, ormai determinato a scoprire la verità anche a costo di diventare un bersaglio o una figura scomoda per i suoi stessi superiori. L’ufficiale e la spia, adesso uniti e pronti ad ogni sacrificio pur di difendere il proprio onore. L’affare Dreyfus è uno dei più clamorosi errori giudiziari della storia, avvenuto in Francia tra il 1894 e il 1906 e che vide protagonista il soldato ebreo francese Alfred Dreyfus, ingiustamente accusato di essere una spia e quindi processato per alto tradimento. Dreyfus sostenne fermamente la sua innocenza combattendo contro un’intera nazione. Il suo caso ebbe una notevole risonanza mediatica dividendo l’opinione pubblica del tempo, tra chi ne sosteneva l’innocenza e chi lo riteneva invece colpevole. Tra gli innocentisti si schierò Émile Zola, il quale scrisse un articolo in cui puntava il dito contro il clima di antisemitismo imperante nella Terza Repubblica francese. Tale intervento venne intitolato proprio J’Accuse.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 21 Novembre 2019
Uscita in Italia: 21/11/2019
Prima Uscita: 13/11/2019 (Francia)
Genere: Drammatico, Storico, Thriller
Nazione: Francia - 2019
Durata: 126 minuti
Formato: Colore
Produzione: Legende, R.P. Productions, Eliseo Cinema, Rai Cinema, Gaumont (co-produzione), France 2 Cinema (co-produzione), France 3 Cinema (co-produzione), Kinoprime Foundation (co-produzione), Kenosis (co-produzione), Horus Movies (co-produzione), Ratpac (co-produzione), France Televisions Ocs (con la partecipazione di), Canal+ (con la partecipazione di), Regione Ile-De-France (con il supporto di), Cnc (Création Visuelle Et Sonore Numérique) (con il supporto di), Eutourage Pictures (in associazione con), Palatine Etoile 16 (in associazione con), Optimum Developpement (in associazione con), L'arbre Holding (in associazione con)
Distribuzione: 01 Distribution
Box Office: Italia: 3.208.764 euro
Soggetto:
Polanski ha scritto la sceneggiatura insieme a Robert Harris, autore del romanzo da cui il film è tratto, L'ufficiale e la spia (The Dreyfus Affair), in Italia edito Mondadori. Da un romanzo di Harris il regista premio Oscar per Il pianista aveva già tratto nel 2010 il suo L'uomo nell'ombra.
Conosciuto anche come: An Officer and a Spy [USA]
In HomeVideo: in Digitale da giovedì 5 Marzo 2020 e in DVD da giovedì 12 Marzo 2020 [scopri DVD e Blu-ray]

Passaggi in TV:
• domenica 10 Dicembre ore 12:25 su Sky Cinema Due

Cast e personaggi

Regia: Roman Polanski
Sceneggiatura: Robert Harris, Roman Polanski
Musiche: Alexandre Desplat
Fotografia: Pawel Edelman
Scenografia: Jean Rabasse
Montaggio: Hervé de Luze
Costumi: Pascaline Chavanne

Cast Artistico e Ruoli:
foto Jean Dujardin

Jean Dujardin

Marie Georges Picquart
foto Louis Garrel

Louis Garrel

Alfred Dreyfus
foto Emmanuelle Seigner

Emmanuelle Seigner

Pauline Monnier
foto Grégory Gadebois

Grégory Gadebois

Comandante Joseph Henry
foto Hervé Pierre

Hervé Pierre

Generale Charles-Arthur Gonse
foto Didier Sandre

Didier Sandre

Generale Raoul Le Mouton De Boisdeffre
foto Wladimir Yordanoff

Wladimir Yordanoff

Generale Auguste Mercier
foto Mathieu Amalric

Mathieu Amalric

Alphonse Bertillon
foto Damien Bonnard

Damien Bonnard

Jean-Alfred Desvernine
foto Eric Ruf

Eric Ruf

Colonnello Jean Sandherr
foto Laurent Stocker

Laurent Stocker

Generale Georges De Pellieux
foto Michel Vuillermoz

Michel Vuillermoz

Colonnello Armand Du Paty De Clam
foto Vincent Grass

Vincent Grass

Generale Jean-Baptiste Billot
foto Denis Podalydes

Denis Podalydes

Maître Edgar Demange
foto Vincent Perez

Vincent Perez

Louis Leblois
foto Melvil Poupaud

Melvil Poupaud

Maître Fernand Labori
foto Laurent Natrella

Laurent Natrella

Ferdinand Walsin Esterhazy



Produttori:
Alain Goldman (Produttore), Luca Barbareschi (Coproduttore), Roman Abramovich (Produttore esecutivo), Zbigniew Raczynski (Produttore esecutivo), Lukasz Raczynski (Produttore esecutivo), Costantino Margiotta (Produttore esecutivo)


Assistente alla regia: Hubert Engammare. Casting: Michaël Laguens. Suono: Lucien Balibar, Aymeric Devoldere, Cyril Holtz. Capo Truccatore: Vesna Peborde. Capo Parrucchiere: Agathe Dupuis. Organizzatore di Post Produzione: Abraham Goldblat. Organizzatore Generale: Cyrille Bragnier.

Recensioni redazione

J'accuse, la recensione [Venezia 76]
J'accuse, la recensione [Venezia 76]
Erika Pomella, voto 8/10
Vincitore del Gran Premio della Giuria al 76o Festival di Venezia, J'Accuse è un film che colpisce per l'alto rigore storico e la maestosa messa in scena che si muove alle spalle di ottimi interpreti su una pagina oscura della storia francese

Immagini

[Schermo Intero]

COMMENTO DEL REGISTA

Il film è basato sull’affaire Dreyfus, argomento cui penso da molti anni. In questo scandalo di vaste proporzioni, forse il più clamoroso del diciannovesimo secolo, si intrecciano l’errore giudiziario, il fallimento della giustizia e l’antisemitismo. Il caso Dreyfus divise la Francia per dodici anni, causando una vera e propria sollevazione in tutto il mondo, e rimane ancora oggi un simbolo dell’iniquità di cui sono capaci le autorità politiche, nel nome degli interessi nazionali.

INTERVISTA A Roman Polanski

Roman Polanski, perché ha  voluto girare un  film  sull’Affare Dreyfus, sulla svolta decisiva che rappresenta nella storia della Francia e dell’Europa? Dalle grandi  storie  spesso nascono grandi  film e l’Affare Dreyfus è una storia  eccezionale. La storia  di un  uomo  accusato ingiustamente è sempre affascinante, inoltre  è un  tema estremamente attuale vista la recrudescenza dell’antisemitismo.

Qual  è la genesi del  film?
Quando ero  molto  giovane, vidi il  film Emilio Zola  e rimasi  scosso dalla  scena in cui il capitano Dreyfus  viene  disonorato. Già allora, mi dissi  che  un giorno  avrei dovuto girare un film su questa terribile storia.

È andato incontro ad  una  serie di battute  d’arresto prima di poter girare il film.  Innanzitutto la scelta della lingua, in quanto i primi  produttori con cui aveva parlato, volevano che il film  fosse in inglese.
Sette anni fa, quando ho proposto il progetto ai miei amici e ai miei soci di allora, sono stati molto entusiasti all’idea ma pensavano che fosse fondamentale che il film fosse in inglese per ottenere i finanziamenti dei distributori internazionali, in particolare di quelli americani. È vero che  i film americani girati in Francia  sono immancabilmente girati in inglese, Emilio Zola ne è il tipico esempio. Era più facile vendere i film sui mercati internazionali se erano in inglese. Addirittura,  Stanley  Kubrick ha girato,  il suo  film sulla Prima  Guerra  Mondiale, Orizzonti di Gloria, in inglese. Ma io non riuscivo proprio  ad immaginare tutti quei generali francesi parlare  in inglese. Il pubblico attuale è molto più evoluto  e ama  vedere i film e le serie  TV in lingua originale con i sottotitoli.

Alla fine, Alain  Goldman si è proposto di produrre il film  in francese.
Esatto, l’anno  scorso, nel gennaio del 2018,  Alain Goldman si è proposto di produrre il film in francese. Chiaramente ne  sono stato felicissimo!  È iniziata così  la nostra grande avventura, abbiamo iniziato a girare a novembre. Ed eccoci qui!

Come ha lavorato sul  progetto?
Io e Robert  Harris avevamo appena finito di girare L’uomo nell’ombra. Robert  era molto entusiasta all’idea, così ci siamo subito  messi al lavoro. All’inizio ci era sembrato evidente che avremmo dovuto raccontare la storia dal punto di vista di Dreyfus ma presto ci siamo resi conto che non avrebbe funzionato; la storia era completamente ambientata a Parigi, i  personaggi  principali  e  i  colpi  di scena mentre il  nostro protagonista  principale era rinchiuso  sull’Isola del Diavolo. La sola  storia  che  avremmo potuto raccontare sarebbe stata la storia  della sua  sofferenza. È stata una scelta molto combattuta e dopo più di un anno  di lavoro, Robert  ha trovato una soluzione al nostro dilemma: sarebbe stato meglio lasciare Dreyfus sull’isola e raccontare la storia dal punto  di vista del colonnello Picquart, uno  dei  principali  protagonisti di questa storia.  Ma dovevamo anche guadagnarci da vivere, così  abbiamo messo il progetto da  parte  mentre io giravo  un altro film e Robert scriveva un romanzo sull’Affare Dreyfus.  Ha lavorato su  questa storia  per  un anno  e il suo  libro, estremamente ben  documentato, L’ufficiale e la spia  (il titolo francese, D., è un po’ strano), è diventato subito  un best seller.  Nel frattempo, io avevo  finito di girare Venere  in pelliccia  e quando ci siamo  rivisti, per  parlare  della  nostra storia,  sapevamo come volevamo raccontarla.

Come ha selezionato il cast?
Jean Dujardin mi è sembrato perfetto per interpretare il colonnello Picquart: gli somiglia fisicamente, ha la stessa età e per giunta è un grande attore. Un film di questa importanza ha bisogno di una star e Jean Dujardin lo è, non per niente  ha vinto un Oscar!  Ci è parsa una  scelta ovvia, dovevamo solo  verificare  che  fosse interessato al progetto. Ed infatti, era impaziente all’idea di recitare nel film.

Quindi  la  vostra scelta  narrativa è  stata  quella di  fare   del   colonnello Picquart il  protagonista  principale del   film.   All’epoca, era  uno scapolo e la  sua amante (interpretata da  Emmanuelle Seigner) era  sposata con un alto  ufficiale  dello  Stato. È un outsider  e un ‘banale  antisemita’, così come lo  erano tutti alla  fine del   XIX secolo.  Eppure, sarà   lui  a  salvare involontariamente Dreyfus…
Il  colonnello Picquart  è  un  personaggio affascinante e  complesso. Non  è  un  fervido antisemita. Non  gli piacciono gli ebrei  ma  più  per  consuetudine che  per  convinzione personale. In  quanto ufficiale  del  controspionaggio, quando  scopre  che   Dreyfus  è innocente, prende molto a cuore il caso e decide di scoprire la verità. Quando ne parla al suo superiore, gli viene intimato di tacere: l’esercito non avrebbe mai potuto commettere un simile errore! Nonostante la débâcle del 1870, l’esercito come la Chiesa è sacrosanto. Non interessa a nessuno che i soldati  si sentano in colpa  o affrontino un dilemma morale: si tratta  di Verità e Giustizia.

Cosa fa  decidere il colonnello Picquart ad  opporsi alla  versione ufficiale? La  purezza dei   suoi  principi morali o  allora la  sua ubbidienza all’etica militare?
Nel film c’è una discussione memorabile tra Picquart e il maggiore Henry, il suo principale antagonista. Il maggiore Henry dice:  “Mi ordina  di uccidere un uomo  e io lo faccio.  Mi dice che è stato un errore,  mi dispiace ma non è colpa  mia. L’esercito è così.” E Picquart risponde: “È forse  il suo  esercito, maggiore, no di certo  il mio”.
Questa battuta riflette una realtà  ancora attuale. I soldati  sono obbligati  ad uccidere per il loro Paese ma  se  pertanto un crimine  di guerra  è commesso non  sono obbligati  ad insabbiarlo.

Ad  un  certo punto, il colonnello  Picquart si  trova nella stessa  situazione difficile  di Dreyfus: arrestato, denunciato e accusato di tradimento dall’estrema destra.
Perché decide di agire secondo coscienza ed è animato dal bisogno di conoscere la verità piuttosto che di ubbidire  all’etica militare. Tutto inizia con un dubbio che sorge a proposito della somiglianza tra la calligrafia di Esterhazy e quella in cui è scritta  una lettera recuperata all’Ambasciata tedesca, il famoso “bordereau”, poi il dubbio lo spinge progressivamente ad  indagare. Picquart continua ad  investigare sebbene gli sia  stato detto di smettere e scopre nuove  prove  della colpevolezza di Esterhazy. E man  mano  che  la verità affiora, è sempre più inorridito dalla gravità  dell’errore.

Il padre del   filosofo  Emmanuel Levinas (1906-1995), un  libraio lituano, a quanto pare gli consigliò di trasferirsi in Francia, sostenendo che “un Paese che si divide per  l’onore di un piccolo capitano ebreo, è un Paese in cui  una persona giusta dovrebbe sbrigarsi ad  andare”.
È vero,  all’epoca c’erano gli “antidreyfusardi” ma anche i “dreyfusardi” e alla fine è stata provata l’innocenza di Dreyfus.  Quindi la Francia  ne esce piuttosto bene, sebbene il caso sia stato risolto dopo venti anni rischiando di far sprofondare il Paese in una guerra civile.

Il film  presentava un’altra sfida, quella di far conoscere l’Affare  Dreyfus ad un pubblico giovane a cui  la storia non è nota.
Quando mi chiedevano dei  miei progetti e  rispondevo che  stavo  lavorando ad  un  film sull’Affare Dreyfus,  tutti  pensavano che  fosse fantastico. Ma ben  presto mi sono reso conto che  molti non  sapevano cvvosa fosse davvero accaduto. È uno  di quegli  eventi storici che  tutti pensano di conoscere, ignorandone però  la reale essenza.

Unaltra  cosa che mi  ha  colpito nel   film,   è lo  stato pietoso in  cui  era  il controspionaggio   francese   all’epoca.  La   “Section  de  Statistiques”  in cui   gli   informatori giocano  a  carte  mentre  bevono  alcol,  il  portiere  è mezzo addormentato, le intercettazioni sembrano patetiche e le risorse tecnologiche  fatiscenti  sorprenderanno il  pubblico attuale.  Lo  shock tecnologico  è  impressionante rispetto a  ciò   che  conosciamo oggi  del controspionaggio.
Anche  questo è autentico e senza dubbio sembrava moderno allora.  Era l’epoca delle prime  automobili, i primi  telefoni  e le macchine fotografiche della  Kodak!  Anche  qui, le ricerche fatte da Robert  per il suo libro sono state estremamente utili. D’altra parte, questa arroganza tecnologica fece  sì che  alcuni investigatori, tra cui il noto  esperto Bertillon, commisero un certo  numero di errori determinanti e rifiutarono  di cambiare idea.

La prova che in un primo momento fa incolpare Dreyfus e successivamente lo scagiona è il “bordereau”.
Si tratta  di una  lettera  strappata, rubata dal cestino dell’ufficio dell’addetto militare dell’Ambasciata tedesca. Nella lettera, un ufficiale francese propone di fornire ai tedeschi segreti militari, comprese informazioni  riguardanti l’obice  120  mm.  L’esercito francese era  molto  sensibile alla fuga  di informazioni  in quanto stava mettendo a punto  un nuovo pezzo di artiglieria, l’obice 75 mm, una canna da fucile senza rinculo, creata per assorbire l’impatto del proiettile,  che  rappresentava un progresso importante.

In questo senso, il film  ha  un  interesse didattico, in  quanto permette a tutti, compresi quelli che non conoscono niente di questo caso, di capire la  sfida politica e  filosofica  che  affronta Picquart. Si  tratta  quasi  di un’indagine poliziesca.
Lo chiamerei addirittura un giallo. La storia è narrata da un punto  di vista completamente soggettivo, il pubblico condivide ogni fase  dell’indagine con  Picquart. Ogni evento fondamentale è autentico, sono le stesse parole  che furono proferite  allora, perché sono tratte  dalle registrazioni dell’epoca.

C’è l’ostilità dell’opinione pubblica, del maggiore Henry che vuole prendere il posto di  Picquart, dello Stato Maggiore, e poi  ci  sono tutti quelli che vogliono aiutare Dreyfus come Emile Zola  e Clemenceau.
È stato Emile Zola a portare alla luce il caso scrivendo il suo famoso J’accuse, una lettera scritta  al Presidente della Repubblica Francese che  fu pubblicata sulla rivista L’Aurore. Senza questa lettera  chissà come sarebbe finita.  Anche  Clemenceau ha  giocato un ruolo determinante. Sette anni dopo la fine del caso, quando era Primo Ministro, nominò Picquart Ministro della Guerra.
Picquart pagò  caro   il  suo   coinvolgimento in  quanto fu  condannato ad  un  anno   di prigione  e ad una multa di 3000 franchi francesi. Morì asfissiato dal fumo della sua  stufa; alcuni dicono che  sia stato assassinato dagli antidreyfusardi. Ad ogni modo, il giornale antisemita di Edouard Drumont,  La Libre Parole  esultò alla notizia della sua  morte.

Nel  suo film  si  possono vedere anche dei  manifesti con su  scritto ‘Morte agli  ebrei’. L’antisemitismo non è sparito, è cambiato, ha  assunto un  altro volto, è diventato un  argomento per  gli  estremisti di sinistra, i nemici di Israele e gli islamisti radicali. Crede che oggi un nuovo caso Dreyfus possa verificarsi o allora le sembra impensabile?
Con le nuove tecnologie sarebbe impossibile immaginare un caso in cui una persona viene accusata in base ad un’analisi  grafologica sbagliata. E sicuramente non nell’esercito, in quanto la mentalità militare è cambiata. L’esercito non è più ‘sacrosanto’.
Oggi abbiamo il diritto di criticare  qualsiasi cosa incluso  l’esercito, mentre a quel tempo lo stesso aveva  un potere illimitato. Ma un altro caso, sì, è possibile.
Ci sono tutti  gli elementi perché possa succedere: false  accuse, pessime procedure giudiziarie,   giudici  corrotti,   e  soprattutto “social   media”   che   condannano  senza  un processo equo e senza diritto di appello.

In quanto ebreo braccato durante la  guerra e regista perseguitato dagli stalinisti in Polonia, sopravvivrà all’attuale maccartismo femminista che le dà  la caccia e cerca di impedire la proiezione dei  suoi film,  e che tra  le tante vessazioni l’ha fatta cacciare dall’Oscar Academy?
Lavorare, fare film come questo mi aiuta  molto.  In questa storia,  ritrovo momenti che  io stesso ho sperimentato, posso osservare la stessa determinazione nel negare l’evidenza e nel condannarmi per cose che  non ho commesso.
La maggioranza delle  persone che  mi perseguitano, non  mi conoscono e  non  sanno niente  del caso.

Questo film  è stato una  catarsi per  Lei?
No, non  lavoro  così.  Il mio lavoro  non  è una  terapia. Comunque devo  ammettere che molte delle dinamiche che  sono dietro  il sistema persecutorio mostrato nel film, mi sono familiari e mi hanno chiaramente ispirato.

La persecuzione che Lei vive è cominciata con l’assassinio di Sharon Tate? La maniera in cui la gente mi vede,  la mia ‘immagine’  ha iniziato a delinearsi con la morte di Sharon Tate.  Quando è accaduto, sebbene io stessi attraversando già  un  momento terribile,  la  stampa si  impossessò della  tragedia e,  non  sapendo  esattamente come trattare la questione, l’affrontò nel modo  più ignobile,  insinuando, tra le altre cose, che  io fossi  responsabile dell’assassinio su uno  sfondo di satanismo. Per  la stampa, il mio film Rosemary’s Baby,  era la prova  che  io fossi in combutta con  il diavolo! Fu necessario che trascorressero molti mesi prima che, finalmente, la polizia trovasse i veri assassini, Charles Manson e la sua  “famiglia”. Questa storia  mi perseguita ancora oggi,  ogni cosa è come una  palla di neve,  ogni stagione che  passa, aggiunge un nuovo  strato. Storie  assurde di donne mai conosciute che  mi accusano di cose accadute, in teoria,  più di mezzo secolo fa.

Non vuole difendersi?
Per fare cosa? Sarebbe come combattere contro i mulini a vento.

INTERVISTA A Jean Dujardin

Il  nuovo film   di  Roman Polanski  racconta  l’Affare   Dreyfus  dal   punto di vista del   colonnello  Picquart, un  eroe caduto nell’oblio e il  personaggio che Lei  interpreta. Cosa sapeva di  questo personaggio chiave, così poco conosciuto?
L’Affare Dreyfus  è  un  evento storico fondamentale che  sconvolse e  divise  la  società francese. Tutti  facciamo riferimento   all’Affare Dreyfus  e  crediamo  tutti  di  conoscerlo sebbene, in realtà,  sappiamo ben  poco di questo evento. Roman  Polanski ha deciso di raccontare la storia  dal punto  di vista del colonnello Picquart, un personaggio cruciale  di cui non conoscevo la storia.  Picquart è stato il più giovane tenente colonnello della storia, era originario dell’Alsazia come Dreyfus. Durante  il caso, Picquart è combattuto tra la sua lealtà  verso  l’esercito e la verità.  La fede  cattolica e l’antisemitismo vigevano in Francia all’epoca e il Paese non  aveva  nessuna intenzione di cedere potere. Era un Paese in cui l’esercito aveva  una  posizione centrale. Picquart ha una  coscienza morale  ma anche un senso del dovere: sconfigge il dubbio ed  è abbastanza coraggioso per sacrificare la sua carriera in favore della verità. Ho già interpretato ruoli drammatici ma questo personaggio mi ha regalato un’intensità e una finezza mai sperimentati prima.

Come si  è preparato a  questa  interpretazione prima di  iniziare le riprese del  film?
Mi sono preparato come esige Roman, con  grande cura  e attenzione per  i dettagli. Ho studiato il  testo accuratamente così  da  poter   reagire   alle  sue  direttive  nel  modo   più assoluto. Mi sono immerso nel  testo per  due  mesi,  mi sono esercitato con  un  coach e  mi sono chiuso in me  stesso. Ho  ripetuto fino a  che  mi girava  la testa in modo  da essere completamente sicuro  nel momento delle  riprese. Dato  che  Roman  è un regista estremamente tecnico, ho  dovuto esserlo anch’io  nel mio modo  di recitare. Lui rompe codici  e convenzioni e bisogna adattarsi al modo in cui lavora.  Per  lui, ho lavorato  sulla rabbia  fredda, un’emozione controllata che  raramente si richiede  ad  un attore. Bisogna essere perfetti  sul testo, precisi  nella recitazione e allo stesso tempo flessibili per adattarsi alle sue  direttive.  Il testo di L’ufficiale e la spia  è un testo letterario, pieno  di trabocchetti. Bisogna masticarlo, ingoiarlo  e  restituirlo  senza riflettere.  Se  Roman  mi avesse offerto la parte cinque anni fa, non  sono sicuro  che  avrei osato accettare. Infatti, a mia grande sorpresa, mi sono ritrovato in uno stato di grande concentrazione quasi  meditativa che mi è piaciuto molto.
Ho dovuto lavorare  molto anche sul mio aspetto. Roman  voleva che  fossi più muscoloso, con  una  silhouette ben  disegnata. Aveva ragione, mi ha fatto  sembrare più giovane, più simile ad un soldato e più battagliero.

Durante le riprese Lei  indossava  un’uniforme dell’epoca.  L’ha aiutata ad entrare nel  ruolo o ha influenzato il suo modo di recitare?
Sono  a  mio  agio  negli  abiti  militari da  quando ho  interpretato il  capitano Neuville in Il ritorno di un eroe  (Le retour  d’un héros)  di Laurent  Tirard nel 2017.  Ma in ogni caso, non recito  grazie  ad  un travestimento. Posso basarmi su un costume, usarlo  come supporto ma l’obbiettivo  non è quello  di fare una  caricatura o esagerare un personaggio che  è già lì. Ho tratto  ispirazione da riferimenti storici,  dalla mia vita e dalla mia esperienza. Non mi nascondo dietro  personaggi artefatti  come ho potuto fare in passato. La finzione è come un muscolo e in questo caso eravamo vicini all’osso.

In quali condizioni è stato girato il film?
Roman  aveva  questo progetto da  dieci anni. Ha detto poco sull’origine  di questa scelta; è una  persona molto  riservata. Abbiamo  girato  dalla fine di novembre ad  aprile per circa 75 giorni. Le riprese sono state molto lunghe:  è raro girare così a lungo. Per circa sei mesi ho condotto una vita monastica, ritirata che  a tratti contrastava con la forza emotiva  delle riprese. Il mio ricordo  più impressionante è legato alla scena che  si svolge  al Tribunale  di Parigi, lo stesso luogo  in cui si tenne il processo al generale Petain  nel 1945.  Durante  la scena, sono sul banco dei testimoni di fronte  a 400  comparse. Ho sentito un’emozione unica. Roman ha preteso molto da me, una recitazione piena di introspezione su me stesso e su  ciò che  sono. Ero molto  concentrato durante le riprese, concentratissimo. Roman esige questo tipo di raccoglimento.

È la prima volta che ha  lavorato con Polanski. Come ha  affrontato questa collaborazione?
Polanski è il primo maestro che  io abbia mai incontrato. È un regista che  esige dagli altri la stessa precisione che  esige da sé  stesso. Bisogna seguirlo  e non perdersi altrimenti  ti starà addosso: ficca il naso dappertutto, in ogni dettaglio delle riprese. Roman  ha studiato all’Accademia di Belle Arti e costruisce le inquadrature come dei dipinti. Ogni dettaglio deve  essere perfetto: le tende in una  camera, un ramo  nella foresta e così  via. Presta la stessa attenzione ai dettagli  nel dirigere  i suoi attori.  Puoi ripetere una  scena trenta volte prima di girarla purché risulti vera. Roman  è una  persona complessa ed esigente che  non permetterà che  niente  lo distolga dal sentiero che  ha tracciato. Deve poter  avere  una  chiara  visione  del progetto, fino alla fine. Ha bisogno di cercare e trovare  la verità. L’ufficiale e la spia è un film decisivo per lui, proprio  come Il pianista. Non si tratta  solo  di fare un film, lui vive la storia  e ci porta  con sé dentro di lei. Mi piace  molto questo modo  di lavorare  e mi metto  al servizio della storia.

L‘ufficiale e la spia  è un film  dalle molteplici sfaccettature, non è solamente un film  storico. Come lo definirebbe?
Polanski è un regista ossessionato da una domanda: come può  rinforzare  la trama  e fare in modo  che  il film sia riuscito  fino a che  tutto  ciò che  rimane  diventi pura  sostanza. Roman non è un amante di pompose e noiose rievocazioni storiche, L’ufficiale e la spia è un film decisamente moderno, un thriller dei nostri tempi. Straordinario ma anche necessario, influenzato dal suo  tempo. Abbiamo  dovuto girare  delle  scene in cui la gente bruciava i libri di Zola in mezzo alla strada, in seguito al sostegno che  aveva  espresso nei confronti di Dreyfus. Le scene sono state girate giusto  due giorni dopo le scritte  antisemite ‘Juden!’ (ebrei) sulla vetrina  di Bagelstein, un panificio ebreo che  si trova a Parigi. Durante  tutta  la produzione siamo  sempre stati  consapevoli che  il film faceva eco  alla realtà  odierna, in cui l’antisemitismo ha assunto nuovi volti. È un film che  dovrebbe essere proiettato nelle scuole: mostra coraggio e integrità.

HomeVideo (beta)


STREAMING VOD, SVOD E TVOD:
L’Ufficiale e La Spia disponibile in Digitale da giovedì 5 Marzo 2020 e in DVD da giovedì 12 Marzo 2020
info: 21/11/2019.


Puoi cercare "L’Ufficiale e La Spia" nelle principali piattaforme di VOD: [Apri Box]
DVD E BLU-RAY FISICI:
"L’Ufficiale e La Spia" disponibile su supporto fisico da giovedì 12 Marzo 2020, puoi aprire i risultati di una ricerca su Amazon.it: [APRI RISULTATI].
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