Locandina Mommy

Mommy (2014)

Mommy
Locandina Mommy
Mommy è un film del 2014 prodotto in Canada e Francia, di genere Drammatico diretto da Xavier Dolan. Il film dura circa 140 minuti. Il cast include Anne Dorval. In Italia, esce al cinema giovedì 4 Dicembre 2014 distribuito da Good Films. Al Box Office italiano ha incassato circa 356594 euro.

Un'esuberante giovane mamma vedova, si vede costretta a prendere in custodia a tempo pieno suo figlio, un turbolento quindicenne affetto dalla sindrome da deficit di attenzione. Mentre i due cercano di far quadrare i conti, affrontandosi e discutendo, Kyla, l'originale, nuova ragazza del quartiere, offre loro il suo aiuto. Insieme, troveranno un nuovo equilibrio, e tornerà la speranza.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 4 Dicembre 2014
Uscita in Italia: 04/12/2014
Prima Uscita: 22/05/2014 (Cannes Film Festival)
Genere: Drammatico
Nazione: Canada, Francia - 2014
Durata: 140 minuti
Formato: Colore
Produzione: Metafilms
Distribuzione: Good Films
Box Office: Italia: 356.594 euro
Note:
Presentato in concorso al Festival di Cannes 2014

Cast e personaggi

Regia: Xavier Dolan

Cast Artistico e Ruoli:

Recensioni redazione

Recensione dvd di Mommy
Recensione dvd di Mommy
Erika Pomella, voto 7/10
'Mommy', piccolo capolavoro firmato da Xavier Dolan, arriva in home video con un'interessante offerta di contenuti speciali, e una resa tecnica più che dignitosa.

Immagini

[Schermo Intero]

NOTE DI REGIA

Sin dal mio primo film, ho parlato molto dell'amore. Ho parlato dell'adolescenza, dei rapimenti e della transessualità. Ho parlato di Jackson Pollock e degli anni '90, di alienazione e omofobia. Dei college e del termine spiccatamente Franco-canadese, "speciale", della cristallizzazione di Stendhal e della Sindrome di Stoccolma. Ho usato un linguaggio sciocco e anche triviale. Ho parlato in inglese, di tanto in tanto, e troppe volte ho anche detto delle vere e proprie scemenze. Perché è questo il rischio che si corre quando si "parla" delle cose: ossia, il fatto che ci sia sempre il rischio, inevitabile, di dire delle scemenze. E' il motivo per il quale ho deciso di rimanere nel campo delle cose che conosco, o di ciò che è nelle mie corde, per così dire. Delle tematiche che ritenevo di conoscere a fondo, o per lo meno a sufficienza, perché fanno parte di me o del quartiere nel quale sono cresciuto. O perché sapevo quanto vasta fosse la mia paura degli altri, e quanto lo sia ancora. Perché conoscevo le bugie che raccontiamo a noi stessi quando viviamo in segreto, o l'inutile amore che caparbiamente offriamo ai ladri del tempo. Sono queste le cose alle quali mi sento sufficientemente vicino per poterne parlare. Ma se c'è un tema, anche solo uno che conosco meglio di qualsiasi altro, uno che m'ispira incondizionatamente, e che amo sopra a tutti gli altri, è certamente mia madre. E quando dico mia madre, intendo LA madre in senso lato, la figura che rappresenta. Perché è su di lei che torno sempre. E' lei che voglio vedere vincere la battaglia, è per lei che voglio inventare problemi che lei possa avere il merito di risolvere, è attraverso di lei che mi pongo delle domande, è lei che voglio sentire gridare quando non ci siamo detti una sola parola. E' lei che voglio abbia ragione quando avevamo torto, è sempre lei, che ha l'ultima parola su tutto. Ai tempi di J'ai Tué ma Mère, sentivo di voler punire mia madre. Da allora sono passati solo cinque anni, e credo che per mezzo di Mommy, stia cercando di farla vendicare. Non chiedetemi altro. – Xavier Dolan, Maggio 2014

ASPETTI VISIVI Immaginavamo Mommy come un film dark, essenzialmente, ma pensavamo che esteriormente dovesse essere patinato, luminoso e caldo. E' compito del pubblico identificare la vera natura del film, non nostro. Da parte nostra, preferivamo evitare di dire alle persone cosa pensare, o quando pensarlo. Perciò, immergere Mommy in una sorta di prevedibile nebbia grigia e umida, ci sembrava un mero automatismo. Sognavo un luogo gioioso per Die e Steve dove vivere, un luogo dove tutto era possibile. Ricordo di aver giurato a me stesso che avrei fatto di tutto affinché i miei personaggi apparissero e parlassero come la gente vera del quartiere dove sono cresciuto. Affinché non risultassero come delle caricature ma fossero, invece, davvero realistici. Anche la fotografia del film doveva evitare la solita retorica della depressione. I tramonti e i crepuscoli, durante i quali molte delle sequenze hanno luogo, dovevano drappeggiare gli esterni con dei rossi e dei gialli, e la luce intensa del giorno doveva addirittura accecare con i suoi bagliori allegri. Per me era cruciale che Mommy, in ogni modo possibile, fosse una fiaba sfavillante, di coraggio, amore e amicizia. Non vedo la ragione di fare dei film su dei perdenti, e non capisco che senso abbia osservare questa categoria. Il che non significa che io disprezzi i "perdenti" – al contrario. Ho solo un'avversione particolare nei confronti di qualsiasi documento artistico che ritragga gli essere umani attraverso i loro fallimenti. Esseri umani che, credo, non dovrebbero essere definiti in base alle avversità o alle etichette, ma dai loro sogni e sentimenti. Ecco perché volevo fare un film sui vincenti, qualsiasi cosa possa poi accadergli alla fine. Spero davvero di essere riuscito almeno in questo.

Il CAST Come sempre, volevo che gli attori fossero al centro di tutto. Provo un'infinita attrazione verso di loro, e amo studiare l'arte della recitazione, studiarne tutte le forme e gli stili, analizzarne la struttura, affinarla e comprenderla, è questo il mio obbiettivo più grande. Questa volta, speravo di portare il cast su un percorso meno "latino", meno esuberante rispetto a Laurence Anyways, e meno cerebrale di Les Amours Imaginaires. I personaggi di Mommy non giocano, e non sanno come esprimere i loro sentimenti con la facilità immodesta tipica di molti dei miei personaggi precedenti. Die, Steve e Kyla non si danno delle arie. Ma sono molto turbolenti, sono esseri vivaci capaci di far valere il proprio punto di vista in maniera coerente, sulla base dei loro rispettivi background e situazioni. Per me, lavorare di nuovo assieme a Anne Dorval e Suzanne Clément non significava tornare a vecchi modelli, ma trovarne di nuovi. E' stata una delle sfide più emozionanti del film, il fatto che non dovessero essere riconoscibili. Per quanto riguarda Antoine, lui è stata la sorpresa, ovviamente. Qualsiasi filmmaker è orgoglioso di scoprire nuovi talenti, o di confermarne di vecchi. Per me è appassionante lavorare con dei grandi artisti e creare assieme a loro delle grandi performance, cercare di innescare delle grandi emozioni. Credo che col passare del tempo il nostro amore nei confronti di personaggi realistici e precisi sia appassito e sia stato sostituito da ruoli belli e pronti da indossare, a beneficio dell'efficienza. Gli rubiamo i cognomi, la storia, i tic, i piaceri proibiti, i dettagli. Spediamo gli attori in scatole già etichettate, a patto che siano inseribili in una sorta di griglia narrativa intelligibile e proficua. Ma gli esseri umani interessanti – per lo meno gli eroi della mia infanzia- sono sempre esistiti in una forma molto più concreta, e gli attori che ammiro, e coi quali amo lavorare, mettono sempre la realtà concreta che hanno conosciuto e osservato al servizio di un film. E secondo me, è questo che è tipico dei grandi attori: creano dei personaggi non delle performance.

MUSICHE Credo che la musica in un film raggiunga una transazione inconscia con ciascuno spettatore, spingendolo a lasciarsi coinvolgere dal film. Dido, Sarah McLachlan, Andrea Bocelli, Céline Dion o gli Oasis hanno tutti un legame con ogni cinefilo; quando, ad esempio, Wonderwall suonava nel 1995, qualcuno di loro aveva il cuore in pezzi, mentre qualcun altro era da solo in qualche bar, o in luna di miele a Playa Del Carmen, o di ritorno dal funerale di un amico. Quando quei ricordi privati vengono risvegliati dal suono della musica, la storia del film improvvisamente raggiunge dei livelli molto più profondi, di quelli che avremmo potuto immaginare. Nell'immobilità di una sala buia, osserviamo in una collettività silenziosa, e credo che questo elemento sia innegabilmente redditizio per qualsiasi film. Inoltre, il fatto che quasi ogni canzone presente in Mommy provenga da un mix che il marito di Die le ha fatto prima di morire, e non dalla mia playlist personale, era una cosa nuova per me, in termini di sistema cinematografico. Ricordo quando Pauline Kael scriveva di Scorsese dicendo che, nella tipologia di film che faceva, le canzoni non suonavano SUL film, ma NEL film, alla radio, alla tv, o nei bar. C'è in questo approccio diegetico, un modo di coinvolgere il pubblico nella verità nuda e autentica dei personaggi, facendogli dimenticare le idee e i desideri del regista. Mi piace molto questa cosa.

MOMMY contro J'AI TUÉ MA MÈRE Ci sono diverse linee parallele che possiamo tracciare tra il mio primo film e Mommy. Ma solo sulla superficie. Per quanto mi riguarda, dalla regia al tono, dallo stile recitativo all'aspetto visivo, quei due film sono due pianeti differenti. Uno si dispiega attraverso gli occhi di uno stravagante adolescente, l'altro contempla le difficoltà di una madre. A parte il già di per se importante cambio di punto di vista, ecco perché credo che quei due film siano intrinsecamente dissimili: J'ai Tué ma Mère ruota attorno alla crisi della pubertà. Mommy, invece su una crisi esistenziale. Inoltre, non ha senso per me fare lo stesso film due volte. Sono felice per l'opportunità di poter tornare su queste dinamiche madre-figlio, perché questo tema è sempre stato parte dei miei film. Ma ancor di più, sono felice per l'opportunità non solo di poter cercare di esplorare la novità nella mia stessa filmografia, ma di esplorare la novità su una scala ben più ampia; quella del genere del family movie. Perché questo genere rappresenta la forma di comunicazione più emotiva con il pubblico. La madre è ciò da cui deriviamo, è chi siamo, e chi siamo diventati. Non siamo mai davvero in pace con queste questioni Freudiane, sono una parte indelebile di noi stessi.

L'USO DELL' 1:1 COME FORMATO DI IMMAGINE Dopo aver girato un video musicale in 1:1, lo scorso anno, mi è venuto in mente che questo rapporto creava grande emozione e sincerità. Il quadrato perfetto è un formato che incornicia perfettamente i volti, con grande semplicità, e sembrava la struttura ideale per le inquadrature dei "ritratti". Nessuna distrazione, nessuna ostentazione è possibile in uno spazio così costretto. Il personaggio è il nostro soggetto principale, inevitabilmente al centro della nostra attenzione. I nostri occhi non possono perderlo, o perderla. 1:1 è, inoltre, il rapporto delle copertine degli album nell'industria dei CD, di tutte quelle copertine che hanno lasciato il segno nel nostro immaginario, nel corso del tempo. Il 'Die & Steve Mix 4ever' è il leitmotif per noi, e l'uso dell'1:1 aveva una eco aggiuntiva. E' tra l'altro anche il rapporto preferito del mio Direttore della Fotografia, André Turpin: sognava di utilizzarlo da tutta la vita, senza mai aver avuto il coraggio di farlo (lui è anche un regista). Dopo aver trascorso un anno assieme a lui, rompendomi le scatole su quasi ogni inquadratura, pentendomi del nostro famigerato rapporto di immagine, ho imparato due cose: André ama il cinemascope, ed io, per una volta, non ho assolutamente nessun tipo di pentimento al riguardo.

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