Locandina Un Tirchio Quasi Perfetto
Locandina Un Tirchio Quasi Perfetto
Un Tirchio Quasi Perfetto (Radin) è un film del 2016 prodotto in Francia, di genere Commedia diretto da Fred Cavayé. Il film dura circa 89 minuti. Il cast include Dany Boon, Laurence Arné, Noémie Schmidt, Patrick Ridremont, Christophe Canard, Sébastien Chabal. In Italia, esce al cinema giovedì 16 Marzo 2017 distribuito da BIM Distribuzione. Al Box Office italiano ha incassato circa 381685 euro.

François Gautier è tirchio! Risparmiare gli dà gioia, la prospettiva di dover pagare lo fa sudare freddo. La sua vita è scandita in funzione di un unico obiettivo: non mettere mai mano al portafoglio. Una vita che tuttavia viene completamente sconvolta in un solo giorno: si innamora di una donna e scopre di avere una figlia di cui ignorava l'esistenza. Costretto a mentire per riuscire ad occultare il suo terribile difetto, per François cominciano i problemi. Poiché a volte mentire può costare caro, molto caro.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 16 Marzo 2017
Uscita in Italia: 16/03/2017
Prima Uscita: 28/09/2016 (2016)
Genere: Commedia
Nazione: Francia - 2016
Durata: 89 minuti
Formato: Colore
Produzione: Jerico, TF1 Films Production (co-produzione), Mars Films (co-produzione), Canal+ (partecipazione), iné+ (partecipazione), TF1 (partecipazione)
Distribuzione: BIM Distribuzione
Box Office: Italia: 381.685 euro

Recensioni redazione

Un tirchio quasi perfetto, la recensione
Un tirchio quasi perfetto, la recensione
redazione, voto 7/10
Fred Cavayé dirige una brillante e spassosa commedia, che risulta decisamente ben riuscita e che è in grado di far divertire molto ma anche, allo stesso tempo, di emozionare.

INTERVISTA – FRED CAVAYÉ

UN TIRCHIO QUASI PERFETTO è il suo quarto film. I suoi tre precedenti lungometraggi, ANYTHING FOR HER, POINT BLANK e MEA CULPA, erano dei thriller molto cupi. Cosa le ha fatto venir voglia di lanciarsi in una commedia?
Innanzitutto vorrei dire che i miei quattro lavori hanno un punto in comune: sono tutti autentici «film da domenica sera». Sono ludici e destinati agli spettatori: sono frutto del puro piacere di fare cinema, che è la mia unica motivazione nel fare questo mestiere. È vero che, sul piano formale, i miei tre primi film sono molto diversi rispetto a UN TIRCHIO QUASI PERFETTO, ma non mi sono mai posto dei veti nei confronti della commedia. Anzi, è stato persino entusiasmante per me lanciarmi in un genere inedito. Stavo soltanto aspettando un buon soggetto e quando Eric Jehelmann, il mio produttore di ANYTHING FOR HER, è venuto a parlarmi di questo progetto, non del tutto convinto che potesse interessarmi, mi sono detto che quella era LA storia giusta. Per quanto ne so io, è un tema che non era mai stato affrontato fino in fondo nel cinema, ad eccezione probabilmente di L'AVARE de Louis de Funès, tratto da "L'avaro" di Molière, il che in termini di riferimento non è niente male!

E come spettatore le piace questo stile di film?
Sì, moltissimo. Nel mio percorso, ho iniziato con la fotografia e sono approdato al cinema attraverso il teatro, in un genere piuttosto comico. Nella mia città, a Rennes, ho conosciuto un attore che interpretava dei one-man-show. Per un certo periodo ha recitato al teatro Point Virgule di Parigi, per poi tornare in Bretagna dove insieme abbiamo messo in piedi una specie di café-théâtre. La cosa divertente è che c'è mancato poco che programmassimo Dany Boon, naturalmente prima che diventasse l'immensa star che è oggi! Era un registro che mi piaceva molto e non a caso i miei primi cortometraggi erano a modo loro delle piccole commedie. Quando sono approdato a Parigi, mi è venuta in mente un'idea di soggetto molto lontana dalla commedia e che quindi mi ha portato verso la realizzazione di ANYTHING FOR HER. Ma le persone che mi conoscevano bene era sorprese dalla direzione che avevo preso perché pensavano che mi sarei naturalmente rivolto verso la commedia!

In che modo ha fatto sua la sceneggiatura di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO?
Nella sceneggiatura originale erano già presenti tutti gli ingredienti del racconto e la straordinaria dinamica della tirchieria del personaggio principale. Prima di impegnarmi in modo definitivo sul progetto, mi sono limitato a chiedere l'autorizzazione per riscriverla a mio gusto, modificando i dialoghi e l'intreccio. Eric Jehelmann ha acconsentito e mi sono ritirato a casa mia in Bretagna, non sapendo se avrei trovato l'ispirazione tra una battuta di pesca e l'altra! Un mese dopo gli ho consegnato la mia versione e l'ha trovata magnifica!

Aveva in mente il nome di Dany Boon per incarnare François Gautier già in quella fase?
Poco fa ho citato Louis de Funès e per me lui è stato un preciso riferimento: un attore che anche quando interpreta il cattivo o un personaggio sgradevole conserva la capacità di divertire il pubblico. Ed è vero che a priori un tirchio non è un individuo molto simpatico… Il nome di Dany si è imposto quasi subito proprio perché possiede una enorme dote di simpatia e trovavo interessante condurlo verso quel registro. Eric gli ha fatto recapitare la sceneggiatura un venerdì (all'indomani del mio ritorno dalla Bretagna), Dany l'ha letta nel corso del weekend e il lunedì ci ha telefonato per comunicarci che voleva fare il film. Il martedì ci siamo visti e mi ha annunciato che, per via della sua agenda, avremmo dovuto girare in ottobre. Era il 10 luglio! Due giorni dopo, ho avviato la fase della preparazione e contemporaneamente ho continuato a scrivere…

I tempi stretti che le sono stati imposti sono stati un vantaggio o un handicap?
Mi hanno costretto a fare il doppio del lavoro o quanto meno molto di più che per i miei film precedenti. Ho dovuto essere ancora più vigile per colmare la mancanza di tempo. E questo ha significato 9 settimane di preparazione senza neanche un giorno di pausa… ma mi è piaciuto tantissimo! Quindi non posso dire che sia stato un handicap, anche per merito di Dany: ho scoperto una persona che possiede una forza di lavoro fenomenale e ve lo dice un enorme lavoratore! È sempre presente al 100%, entusiasta, positivo, costruttivo, spiritoso, attento agli altri. La sua disponibilità ha ampiamente compensato la mancanza di tempo. Per me che non mi ero mai cimentato in una commedia ritrovarmi a dirigere IL campione francese nel genere è stato eccezionale…

Quello che è interessante in UN TIRCHIO QUASI PERFETTO è che, al di là del tema di base, riesce a parlarci anche di problematiche più serie, come la paternità, i sentimenti, la famiglia, e questo aggiunge un lato inquietante e commovente al personaggio interpretato da Dany Boon. Era necessario portarlo anche in quella direzione…
Certamente, ma aggiungerei che si tratta di uno scambio di buone pratiche. Quello che è piaciuto a Dany nella sceneggiatura è proprio il percorso che conduce questa storia, in partenza divertente, verso l'emozione. Conosceva e apprezzava i miei film precedenti, in particolare ANYTHING FOR HER. Sapeva che avrebbe potuto apportare il suo talento comico e che l'unione dei nostri due universi sarebbe stata utile per il film. A volte nelle commedie manca proprio questo: l'emozione risulta un po' costruita e lo dico con grande umiltà! La sceneggiatura di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO aveva al contrario un accento di verità e l'interpretazione di Dany non ha fatto altro che rafforzarlo.

Parliamo della sua regia. Nei suoi lavori precedenti, ci ha abituati a una narrazione incalzante e molto elegante sul piano delle immagini. Un doppio principio che è riuscito a mantenere in UN TIRCHIO QUASI PERFETTO…
Quando poc'anzi parlavo dell'aspetto ludico, mi riferivo anche al ritmo dei miei film. Malgrado non avessi mai girato una commedia, sapevo che la ricetta per renderla efficace necessitava soprattutto di questo ingrediente. Spesso, quello che aggiunge un tocco comico a un dialogo è il silenzio che lo precede o lo segue e non è necessariamente una battuta di spirito! La cosa che mi fa paura nel cinema è il famoso «ventre molle». È la ragione per la quale faccio film concisi, non molto lunghi: la mia speranza è di non annoiare lo spettatore, senza tuttavia scivolare in una mise en scène epilettica! Sono stato attento a rispettare questo principio per UN TIRCHIO QUASI PERFETTO e anche a fare in modo che fossero l'azione e la narrazione a determinare i movimenti della mia macchina da presa e non il contrario…

Ho parlato di eleganza: gli ambienti, le luci e persino i costumi sembrano essere stati minuziosamente studiati…
È stata una delle prime discussioni che abbiamo avuto Eric Jehelmann e io, parlando del livello artistico del film: volevamo che fosse un elemento essenziale malgrado si tratti di una commedia. In UN TIRCHIO QUASI PERFETTO, persino il colore dei bidoni dell'immondizia è intonato con le persiane del quartiere residenziale! Questa attenzione produce quello che io chiamo la «realtà +1»: ci troviamo in un mondo reale, ma c'è comunque una sorta di leggero scarto… Il quartiere in cui si svolge una parte della storia è improbabile e tuttavia esiste, con le sue case identiche e simmetriche. Lei ha citato i vestiti: ho terrorizzato la mia costumista quando le ho detto che Dany avrebbe dovuto avere un solo completo, per sottolineare il suo aspetto da cartone animato. Con grande modestia, dico che per me François Gautier è un incrocio tra Tim Burton, Jacques Tati e Mr Bean!

Naturalmente non possiamo non parlare delle due attrici che sono al fianco di Dany Boon, a cominciare da Laurence Arné che interpreta il ruolo di Valérie, una giovane donna timida e innamorata, molto lontana dal registro in cui l'abbiamo vista spesso, in particolare nella serie televisiva «Workingirls»…
Laurence è un'attrice straordinaria e per un regista è la sola dote che conta. Per un cineasta, l'ideale è scegliere soltanto ottimi attori in modo tale da sembrare anche lui un ottimo regista! Apprezzavo il lavoro di Laurence da molto tempo, in particolare proprio nella serie di Canal+ e l'ho molto apprezzata in UN TIRCHIO QUASI PERFETTO. Era perfetta per il personaggio della musicista classica, una donna di classe con i capelli raccolti in uno chignon. E mi interessava molto farne il ritratto di un'introversa, in modo da farle esprimere delle cose nel contenimento offrendole al tempo stesso delle trovate irresistibili. È un'impostazione che abbiamo sviluppato insieme. Avevo un'idea precisa di quello che volevo, ma Laurence è andata ancora più lontano, in particolare nella scena del divano durante la quale, per una sola volta, esce dai gangheri…

Un'altra carta vincente di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO, è Noémie Schmidt che abbiamo scoperto nel film L'ETUDIANTE ET MONSIEUR HENRI con Claude Brasseur e visto su Canal+ nella serie televisiva «Versailles»…
E la cosa sorprendente è che le persone che l'hanno vista in quel film o in quella serie non la riconosceranno! Per il ruolo di Laura ho fatto delle audizioni perché cercavo una ragazza di 17 anni e ho scelto Noémie. Quando poi è arrivata mi ha confessato di avere 25 anni, sostenendo che se avesse detto la verità probabilmente non l'avrei presa in considerazione… Noémie ha questa freschezza, oltre ad essere una bravissima attrice dal momento che ha lo spessore di una giovane che ha effettivamente 25 anni. Ha saputo dare al suo personaggio la sua spontaneità, ma anche qualcosa di più profondo, di più doloroso che resta nascosto e che scopriamo verso la fine della storia. Ma la cosa straordinaria è che riesce comunque a impersonare il suo segreto e noi lo intuiamo, senza tuttavia poterlo scoprire fino al momento giusto… Se guardate il film una seconda volta, ve ne rendete conto!

E questo ci porta a un altro punto che UN TIRCHIO QUASI PERFETTO ha in comune con i suoi film precedenti: la cura dedicata ai volti e ai personaggi di secondo o persino terzo piano…
Sì, Laurence, ma anche Dany o Noémie avevano bisogno di interagire grazie alla naturalezza dei personaggi che li circondavano. Tutte e tutti hanno la capacità di non affettare le emozioni e di essere al contrario sempre credibili. Per me una commedia può funzionare solo nella sincerità, anche quando si affrontano irrealistiche situazioni burlesche. Quando nel film Dany prende in prestito delle scarpe troppo piccole, la mette sul piano drammatico e gli credi. Stesso discorso per il personaggio dell'ex moglie di François Gautier, interpretata da Karina Marimon, o per quello del suo banchiere. Devo dire che il fatto di avere avuto Dany Boon nel cast del film mi ha dato un'enorme libertà nell'andare a cercare attori di grande talento ma forse meno scontati o conosciuti. Attori straordinari che mi hanno manifestato la loro gioia per aver avuto la possibilità di accedere a un progetto così importante. Quindi in ogni sequenza ciascuno contribuisce apportando un elemento essenziale, a prescindere dall'importanza del suo ruolo.

UN TIRCHIO QUASI PERFETTO è dunque la sua prima esperienza di commedia. Desiderava cimentarsi nel genere e sembra molto soddisfatto del risultato. Questo influenzerà le sue prossime scelte registiche?
Sinceramente mi auguro di rifare una commedia prima o poi, ma spero anche di rifare un thriller: in sostanza, spero di continuare a fare film dal momento che è la sola cosa che amo! In realtà, sono più uno spettatore che un regista: scelgo di andare a vedere un film in base al desiderio che suscita in me la trama, a prescindere dal genere a cui appartiene. Vorrei applicare lo stesso principio al mio mestiere di cineasta anche se so che non si tratta di una pratica semplice o ben recepita in Francia. Per esempio, adorerei fare un western e infatti ho chiesto al mio agente americano di inviarmi progetti di questo genere se glieli propongono. Ma sogno anche di fare un film di cappa e spada… In questo momento sto lavorando a una serie di 6 episodi di 52 minuti per Canal+ e Gaumont TV ed è la storia di un serial killer. Per quanto riguarda il cinema, spesso è l'ultimo film che uno fa a determinare il film successivo. Quando andrò a pescare in Bretagna, di sicuro nasceranno dei desideri… In tutta onestà, ho un'idea per un film di «sopravvivenza» nella natura, in mezzo alla neve, in Canada. Quindi, come dice François Gautier alla fine di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO «poi vedremo»! 

INTERVISTA – DANY BOON

Possiamo dire che in linea di massima questo film non faceva parte dei suoi progetti come attore e che si è in qualche modo imposto alla sua attenzione?
Effettivamente non era affatto previsto che io recitassi in UN TIRCHIO QUASI PERFETTO… Avevo letto una prima versione della sceneggiatura basata sulla formidabile intuizione dell'autore, che però secondo me non era del tutto compiuta e mancava un po' di profondità. In seguito, Fred Cavayé ha rielaborato il soggetto, mi ha mandato la nuova versione che mi è piaciuta moltissimo, al punto che mi sono detto «non posso non farlo»! Non è stato semplice, perché avevo in corso una serie di altri lavori, in particolare il mio film RAID DINGUE, ma ho fatto in modo che ciascun progetto trovasse la sua giusta collocazione…

Il fatto che Fred Cavayé sia, a mio parere scioccamente, etichettato come «regista di thriller» ha rappresentato un freno per lei? Si è posto la domanda se sarebbe riuscito a passare da quel genere alla commedia?
Condivido il suo dire «scioccamente» dal momento che neanch'io ho l'abitudine di collocare le persone in categorie dalle quali si presume non possano liberarsi. Quando ho annunciato che avrei lavorato con Fred mi hanno fatto questo tipo di riflessione… In realtà io penso che Fred non sia né un regista di thriller, né un regista di commedie: è un regista punto e basta! Non esistono incompatibilità tra generi diversi: si tratta degli stessi tecnici, delle stesse troupe che molto semplicemente fanno dei film. Mi ero fatto l'idea che Fred fosse un grande regista e ne ho avuto la conferma fin dal lavoro di preparazione del film, quando abbiamo parlato della sceneggiatura, dei personaggi e della sua visione della storia. Sapevo anche che i suoi primi cortometraggi avevano più che altro un tono da commedia e dunque non c'era alcun timore né alcuna ansia da parte mia in merito alla sua capacità di fare un buon film. E nemmeno lui aveva alcuna ansia nei miei confronti, sicuro che sarei stato il suo attore e che non mi sarei immischiato nelle sue scelte in merito alla posizione della macchina da presa. Dal momento in cui un regista ha una sua personalità e un suo obiettivo, io lo seguo. Anche se gli capita di sbagliare non è grave: abbiamo tutti accettato di far parte del suo progetto e navighiamo tutti insieme! Aggiungo che nel privato Fred è un uomo estremamente spiritoso, con una bella energia positiva…

Peraltro, tutto sommato, UN TIRCHIO QUASI PERFETTO non è semplicemente una commedia. Senza rivelare nulla della seconda parte del film, il racconto ci conduce in un territorio più complesso e più toccante…
È questo che mi è piaciuto molto nella sceneggiatura rielaborata da Fred: la dimensione umana del racconto e l'emozione che ne scaturisce. Per me, una commedia riuscita è un film in cui si ride, ma anche in cui ci si commuove. Il progetto aveva questo respiro: una riflessione sull'umanità del personaggio di François Gautier, sulla sua tirchieria, ma anche sulla società che lo circonda e sul modo in cui ciascuno di noi percepisce gli altri… Che cos'è la generosità? Perché e come donare? Sono tutti aspetti che durante la lettura mi avevano commosso e vedendo il film concluso sono rimasto turbato dalla seconda parte, di cui effettivamente non bisogna dire niente!

In effetti va ben oltre l'emozione: in certi momenti François Gautier è piuttosto cupo, quasi inquietante…
Sì, a volte è rude, ma in questo senso è l'immagine specchiata della vita ed è per questo che il film è vicino a quello che vivono le persone che vanno a vederlo. UN TIRCHIO QUASI PERFETTO è costruito con la stessa struttura di un bel racconto: all'interno, tra le righe, c'è sempre un fondo drammatico piuttosto consistente… Trovo che sia un tipo di energia che giova molto a una commedia.

E questo si riflette anche nell'estetica del film, negli ambienti, nelle luci…
Sì, sono elementi che sono a servizio della narrazione. Prima parlavo di paure: ebbene, la scelta dell'arredamento della casa del mio personaggio era una. Dal momento che è tirchio, utilizza solo la luce del giorno o quella dei lampioni della strada. Dal momento che è tirchio, l'arredamento della sua casa non è cambiato di una virgola dalla morte dei suoi genitori. I produttori avevano qualche timore per questo aspetto cupo, partendo dal principio che una commedia in generale è molto colorata… Io invece ho subito trovato che fosse funzionale al film e che mi offrisse una specie di scrigno di recitazione molto confortevole… Ci tengo a sottolineare lo straordinario lavoro di Laurent Dailland, il direttore della fotografia di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO, che in modo molto puntuale ha saputo fondere alla perfezione la sua tecnica con quella dell'universo di Fred Cavayé…

Un cospicuo risparmio sul budget della produzione è merito dei suoi costumi, dal momento che passa la quasi totalità del film indossando la stessa maglia a collo alto e lo stesso completo di tweed!
Dimentica la mia magnifica maglietta «Vivagel bien sûr»! [slogan pubblicitario di una marca di surgelati] Quando, alle prove costumi, Fred mi ha detto che era inutile che cercassi un vestito diverso dal famoso completo che a suo pare era perfetto, gli ho chiesto se era proprio sicuro, sapendo che avrei dovuto portarlo per tre mesi! In fin dei conti, aveva ragione lui: è un vero costume, una seconda pelle. Si intona benissimo con tutto il resto e con la tirchieria del personaggio, con la sua visione della vita, delle persone, delle cose. Il collo alto della maglia impedisce a François Gautier di prendere freddo e quindi di spendere soldi per acquistare le medicine!

Una parola sulla professione del suo personaggio: è un violinista. Ha dovuto imparare i rudimenti di questo strumento musicale così complesso?
Sì, assolutamente: la posizione delle dita, il modo di tenerlo, il modo di accordarlo… Ho avuto un'insegnante fantastica nella persona di Sarah Nemtanu, primo violino dell'Orchestra Nazionale di Francia, che è riuscita a farmi suonare! Volevo a tutti i costi essere in grado di tirar fuori delle note dallo strumento e non soltanto fare finta di suonarlo passando l'archetto sulle corde. Era importante per me poiché il talento di violinista di Gautier è uno degli elementi che salva il personaggio: si comporta come un fetente nella vita, ma possiede questo dono da virtuoso, malgrado il fatto che la sua tirchieria gli abbia probabilmente impedito di diventare un grandissimo artista. Per questo volevo essere credibile. Il saper suonare la chitarra mi ha aiutato, se non altro ad evitare di avere le piaghe sulle dita in capo a una settimana. Eppure il solo fatto di imparare i rudimenti del violino mi ha richiesto molto lavoro e ha spaccato i timpani di tutta la mia famiglia! Ma mi è venuta la fissazione e ancora oggi continuo a prendere lezioni di violino.

Torniamo a Fred Cavayé: al di là del suo desiderio iniziale di lavorare con lui, in che modo l'ha osservato durante le riprese, visto che lei stesso è regista?
Mi piace quando un regista mi mostra di sapere dove vuole andare e dove vuole condurmi… Non solo Fred ha chiaro in mente dove vuole arrivare, ma in più ti trascina nel suo percorso con una straordinaria energia. Di fatto ha un unico difetto: è bretone e in quanto ch'ti trovo che se ne vanti un po' troppo! Battute a parte, abbiamo fatto numerose letture della sceneggiatura insieme e quella fase di lavoro ha cementato la nostra complicità ancor prima di arrivare sul set. Per esempio, quando si è trattato di scegliere l'attrice che avrebbe interpretato mia figlia, mi è venuto naturale di proporgli di partecipare ai provini dando la battuta alle colleghe. Purtroppo, di solito, si selezionano separatamente gli attori e quando si arriva sul set non sempre gli accoppiamenti funzionano…

Ed è stata Noémie Schmidt ad imporsi per il ruolo di Laura…
Sì, tutte le candidate erano fantastiche, ma lei spiccava sulle altre. Nelle scene di emozioni la trovo sconvolgente. È un'attrice incredibile, molto matura per la sua età, con una autentica anima da attrice. E possiede anche un'altra qualità: è svizzera, come mia moglie!

A questo proposito, passiamo a parlare di colei che interpreta la sua fidanzata in UN TIRCHIO QUASI PERFETTO, Laurence Arné…
Per citare ancora una volta mia moglie, è stata Yaël a parlarmi di Laurence, essendo una grande fan delle "pillole" che Laurence realizza per Canal+. È stata lei a farmela conoscere. Ci eravamo incontrati al festival dell'Alpe d'Huez e quando Fred mi ha parlato di lei per il personaggio di Valérie, ero ovviamente molto entusiasta. Quello di Valérie è un bel ruolo: mi piace il suo piccolo lato naïf che genera un discreto numero di situazioni comiche. Intuiamo subito che deve aver avuto una serie di relazioni sentimentali andate storte perché ha sempre scelto gli uomini sbagliati. E persiste nell'errore innamorandosi di me! Valérie vede in François il virtuoso del violino e probabilmente percepisce in lui una sofferenza e un'umanità molto ben nascoste…

In UN TIRCHIO QUASI PERFETTO c'è anche un elemento che rimanda ai film che ha lei stesso diretto: la cura apportata alla scelta dei personaggi secondari. Fred Cavayé ha non solo scelto dei bravi attori, ha anche saputo trovare dei volti e delle personalità particolari…
È vero che nel tratteggiare quei caratteri, dal mio banchiere alla mia ex-moglie, passando per tutti i miei vicini di casa, Fred ha condotto un autentico e splendido lavoro di fondo. Direi che nel film non esistono piccoli ruoli: tutti i personaggi sono importanti poiché contribuiscono alla qualità del racconto facendolo evolvere dalla commedia all'emozione. Per riuscire a fare questo era necessario che il cast fosse veramente realistico. Peraltro, preciso che ho reclutato uno degli attori di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO, Jacques Marchand che interpreta il vicino anziano, per il mio film RAID DINGUE, dove gli ho assegnato il ruolo di un prefetto in pensione.

Per RAID DINGUE è tornato dietro e davanti alla macchina da presa. Qual è stato il suo sguardo nei confronti di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO in cui ha «soltanto» recitato?
La prima volta che ho visto il film, non era ancora completato: mancavano il bilanciamento del colore e il missaggio eppure sono rimasto incantato dall'umorismo e dalle emozioni della storia. In tutta sincerità, mi sono raramente visto così in un film… Il mio personaggio è molto bello, Fred mi ha diretto benissimo e ha timonato in modo ineccepibile la sua imbarcazione, per citare ancora una volta le sue radici bretoni. Dal momento che ho girato questo film durante la fase di preparazione del mio, sono stato costretto a lavorare parecchio negli ultimi mesi, ma sono molto soddisfatto del risultato. Fred mi ha offerto un ruolo raro, rendendomi un servizio migliore di quello che offro io a me stesso nei miei film! Mi fa ridere e mi commuove quando mi dice: «Non vedo l'ora di essere in sala per sentire la gente ridere. Non sono abituato!» Sono felice innanzitutto per lui perché so che ascolterà tantissime risate!

INTERVISTA – LAURENCE ARNÉ

Cominciamo dall'inizio, ovvero dal suo personaggio: come descriverebbe Valérie?
Direi che è una giovane donna ipersensibile che si è un po' chiusa in se stessa e che si è rifugiata nella musica per proteggersi da un mondo esterno che per lei è troppo complicato da gestire. La carriera di violoncellista le ha permesso di infilarsi in una specie di bolla e quando arriva al Conservatorio è paradossalmente proprio la musica ad aiutare Valérie ad uscirne, ad osare andare verso gli altri e a incontrare François Gautier, quindi a trovare l'amore. Trovo che ci sia qualcosa di molto bello nel suo percorso: la vediamo lasciarsi sopraffare dalle sue emozioni. In un primo momento è sedotta dal virtuosismo di François, che suona il violino come nessun altro, con molta generosità.

Una generosità che stride con la sua tirchieria patologica!
Sì, ma sappiamo che l'amore rende ciechi e Valérie è incapace di vedere quello che si cela dietro l'apparenza: vive il colpo di fulmine e poi è troppo tardi. Per me è una donna-bambina, è integra e tiene moltissimo alla sua storia con François, malgrado a volte compaiono dei piccoli indizi che le mostrano la realtà della sua tirchieria. Probabilmente non possiede delle antenne o dei riferimenti rispetto ad altre storie d'amore che potrebbero indicarle che l'uomo ha un serio problema con il denaro. Capita spesso alle prime relazioni sentimentali: si ha voglia di crederci e di perdonare ogni cosa all'altro. Devo dire che nella vita reale conosco numerose Valérie che danno l'impressione di evolvere nel loro mondo. Poter creare questo personaggio atipico è stato appassionante perché era importante che non sembrasse un'oca, altrimenti sarebbe stato a discapito della storia d'amore…

Lei stessa è una pianista. Condivide l'opinione espressa nel film che la musica possa aiutarci ad aprirci agli altri, ma al tempo stesso anche astrarci da una certa realtà?
Sì, assolutamente e devo dire che un po' mi ritrovo in Valérie. La musica svolge un ruolo molto importante nel mio quotidiano in funzione di quello che sto vivendo. Ha il potere di rassicurarmi e di proteggermi e mi capita di restare rinchiusa in una bolla musicale per diversi giorni consecutivi. Poi, al contrario, ha la capacità di scuotermi e di spingermi a passare all'azione, ad andare verso gli altri. Sono molto vulnerabile quando ascolto la musica e infatti rimango spesso sbalordita dall'impatto che un singolo artista o una band possono avere su di me quando sono ricettiva al 100% rispetto alla loro musicalità. È come se un brano fosse stato scritto apposta per me, mentre non è affatto così. Quei momenti di vibrazioni estreme sono magici e Valérie li sperimenta quando ascolta François Gautier suonare il violino per la prima volta. Rimane completamente sconvolta. Inoltre, penso che essere musicisti renda fragili, dal momento che, analogamente a quanto accade in una commedia, è necessario essere una corda estremamente sensibile per riuscire a far vibrare gli altri.

Si tratta di un personaggio interessante perché si allontana un po' dai ruoli che le hanno proposto finora al cinema, ma anche in televisione o in teatro: le è capitato di rado di rado di incarnare delle donne timide, quasi introverse…
Avevo già affrontato questo registro nel film À COUP SÛR di Delphine de Vigan in cui ho interpretato una giovane donna del tipo «ragazza modello» che a un tratto vede sgretolarsi tutta la sua costruzione. Ma è vero che fin dal mio esordio mi è capitato spesso di recitare personaggi infantili e questo mi permette di spingermi a volte verso gli estremi, senza scadere nella volgarità. Evidentemente proietto questa immagine, una sorta di donna-bambina.

Mi parli del suo incontro di attrice con il suo regista, Fred Cavayé, prima delle riprese e sul set…
È stato 
Michael Laguens
a selezionarmi per il film e insieme abbiamo valutato che sarebbe stata interessante una Valérie ipersensibile, super-timida. Quindi abbiamo lavorato su questo aspetto prima di proporlo a Fred che ha subito visto il personaggio prendere vita. Grazie a questa impostazione, il meccanismo attorno a François Gautier e la storia d'amore con lui funzionavano, senza che lei passasse per una tontolona! Fred è un regista che sa esattamente quello che vuole ed è molto preciso nel suo lavoro. Scrive straordinariamente bene e nel corso di tutte le riprese è riuscito a riscrivere alcune scene per integrare le nostre osservazioni… E poi ho adorato la cura che dedicato nella scelta dei personaggi secondari che sono reali e hanno una loro vita autentica nel film, dal padre di Dany al banchiere, passando per il vecchietto che presta la sua automobile… Fred ha saputo affidare quei ruoli ad attori non necessariamente scontati, rifiutandosi di assemblare un cast dimostrativo, ma mettendosi al contrario a servizio della sua sceneggiatura sino in fondo. Per quanto riguarda la direzione degli attori, è estremamente piacevole lasciarsi guidare da un cineasta solido come una roccia, che ti dà subito un senso di fiducia, già solo per i film che ha fatto in precedenza, e che è al tempo stesso riposante e stancante! Con questo intendo dire che Fred filma quasi sempre in piani sequenza e gli attori devono sempre conservare l'energia giusta. È molto più sano che costringersi a ritrovare un'emozione per girare una scena raccordata, un pick-up… È una vera goduria e bisogna sudare sette camicie, ma è in questo modo che io concepisco il mio lavoro sul set. E se a tutto questo aggiungiamo Dany Boon che è l'incarnazione dello spirito della commedia…

Per l'appunto, in che modo ha lavorato insieme a lui? Vi conoscevate?
Ci eravamo brevemente incrociati al festival dell'Alpe d'Huez. Ovviamente sapevo che Dany è un attore fantastico, ma confesso che mi ha sbalordito: è incredibile l'energia che trasmette! Capisco perfettamente che gli abbiano proposto il ruolo di protagonista di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO: ha in sé un lato così profondamente umano che fa sì che nel film riesca a essere il peggiore delle carogne, ma al tempo stesso sempre commovente, dall'inizio alla fine. Non è facile riuscire a suscitare un'empatia così forte nei confronti della tirchieria, eppure lui ci riesce, arrivando a volte ad esprimere con un solo sguardo tutta la sofferenza del suo personaggio. Durante le riprese mi è capitato spesso di vivere intensamente una ripresa mentre la giravo e poi di andare a rivederla sul combo e di provare delle emozioni ancora più forti! Abbiamo condiviso molte cose in questo film e grazie a lui ho compreso fino in fondo che cos'è la generosità di recitazione tra gli attori, il lasciarsi andare.

Ha parlato dell'emozione del film. In parte è merito della prestazione di Noémie Schmidt nel ruolo di Laura…
Direi addirittura che ha apportato una luminosità alla storia. Nella parte che si svolge al Conservatorio, i personaggi sono tutti nella loro bolla un po' chiusa e ad un tratto Noémie porta un tocco di modernità. È lei che ricollega il personaggio di Dany alla vita reale. Lo fa straordinariamente bene e permette al film di oscillare verso un'altra cosa, quando in realtà non te lo aspetti. La commedia diventa allora più commovente…

Torniamo a lei: con UN TIRCHIO QUASI PERFETTO ha avuto la sensazione di superare una soglia nella sua carriera di attrice, in termini di aspettative del pubblico e di importanza del progetto?
Non so bene come risponderle… Ogni film che viene distribuito è importante per me. Sono consapevole dell'importanza di questo progetto e sono stata felice di lavorare con Fred e Dany che ammiro molto. Detto questo, non ho ben presente tutto quello che sta attorno a un film, anche se percepisco nettamente l'eccitazione che ruota intorno a UN TIRCHIO QUASI PERFETTO. È sempre pericoloso anticipare le reazioni del pubblico e fare previsioni di carriera. Preferisco concentrarmi sul mio lavoro, sui miei progetti personali e i prossimi film, per il resto si vedrà!

Se ho ben capito, ora come ora non ha una strategia nelle sue scelte di attrice…
Sì, ho la strategia del cuore. Una cosa o la sento o non la sento. Poi che un film funzioni o meno è un discorso diverso, ma io sono sempre in sintonia al 100% con i progetti a cui scelgo di partecipare. Adoro la commedia, ma deve esserci qualcosa che mi tocca nella storia o nei personaggi, deve esserci uno spessore. Al di là di dialoghi o di situazioni molto divertenti, mi piace soprattutto che si parli degli esseri umani di oggi in tutta la loro complessità. A prescindere dal profilo, dietro a un personaggio c'è sempre una psicologia. Amo sentire che compie un percorso logico, che non è campato per aria!
La cosa meravigliosa di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO è che parte come un film a tesi, con un'autentica promessa di commedia, in cui poi si innesta uno spessore, una profondità, con personaggi autentici e sofferti… È divertente e molto commovente.

INTERVISTA – NOÉMIE SCHMIDT

Leggendo la sceneggiatura, che percezione ha avuto del personaggio di Laura?
È una giovane che mi ha immediatamente toccata. Laura ha vissuto tutta la vita senza suo padre e ha dentro di sé una profonda ferita, ma quello che mi è piaciuto di lei è che non lascia trasparire nulla. È un personaggio molto ambivalente. Non conosce suo padre, ma lo idealizza, essendo persuasa che lavori nel settore umanitario… E questo le ha dato uno scopo nella vita: è una sostenitrice di Greenpeace, desidera aiutare gli altri con grande generosità. Questo postulato di partenza era molto forte. Ho cercato di fare di Laura una ragazza dolce e positiva, malgrado la sofferenza dell'iniziale mancanza del padre e la realtà della personalità di costui quando finalmente riuscirà a incontrarlo!

Senza rivelare troppo della trama, possiamo dire che Laura nasconde un segreto che scopriremo guardando il film. Nel suo lavoro di attrice, lei riesce a non svelare nulla pur giocando comunque un po' con questo segreto…
Sì, è vero ed è una cosa che si ricollega all'idea di ambivalenza di cui parlavo. Laura è costantemente sul filo e sul non detto. Nel cinema, l'allusione è una chiave che mi interessa molto. Mi piacciono i personaggi nascosti, non troppo evidenti e in questo senso, peraltro, Laura non è del tutto un personaggio da commedia: è grazie a questa ragazza, alla sua freschezza e alla sua fiducia in suo padre che la storia vira verso un altro tono. In fondo è molto umano provare dell'affetto per qualcuno come François Gautier che tutto sommato non ha molto! Laura, dal canto suo, vuole vedere dell'umanità in fondo a lui e, con l'aiuto di Valérie, interpretata da Laurence Arné, riuscirà con dolcezza e gentilezza a farlo cambiare poco a poco… Invece di condannare la tirchieria di suo padre, Laura cerca piuttosto di capire l'origine di questo difetto che lei considera come una debolezza e cerca di curare. Vede che suo padre si rende infelice da solo e si isola e questo la tocca. Secondo me questa visione che ha Laura del personaggio è importante dal momento che un difetto spesso nasconde una paura o una tristezza…

Visto che ha parlato di non detto, lei stessa ha nascosto a Fred Cavayé che non aveva esattamente 17 anni come richiesto dal ruolo!
Sì ed è stata una sfida riuscire a convincere Fred, e anche Dany, che sarei stata in grado di interpretare una ragazza di quell'età… Dany era presente al momento dell'audizione e doveva nascere tra noi una chimica a partire da quel preciso istante. Io mi sentivo molto intimidita, ma lui e Fred mi hanno subito messa a mio agio. Fred è una persona sincera, generosa ed entusiasta, quindi per me si è trattato più di una questione di incontro che di una vera esigenza di convincerlo che sarei stata in grado di interpretare una ragazza più giovane di me. Poco dopo ci siamo messi a parlare della sceneggiatura e di come io vedevo il personaggio…

E in seguito, nella quotidianità delle riprese, come descriverebbe i suoi rapporti con Fred Cavayé?
Ho adorato la sua energia: potrebbe spostare delle montagne! Mi ha sostenuta durante tutte le riprese, in particolare nei momenti in cui mi è capitato di avere dei dubbi o un calo di rendimento. In quei casi, Fred ha immediatamente qualcosa di positivo da dirti, ti risolleva d'animo facendoti sentire che ha fiducia in te. È anche un regista con cui è possibile confrontarsi costantemente, è molto aperto alle proposte, anche sul set, e questo permette di tentare approcci diversi a un personaggio. Inoltre, Fred è estremamente spiritoso e quando si gira una commedia è un fattore importante! È un epicureo che ama ridere e fare battute e questo crea un ambiente molto piacevole sul set. Conoscevo Fred attraverso i suoi thriller, come ANYTHING FOR HER, e immaginavo che fosse uno con un universo più cupo, quasi tormentato. Ebbene, niente affatto! Ma questo non significa che non abbia apportato a UN TIRCHIO QUASI PERFETTO degli elementi che esulano dalla commedia pura, comprese le luci, la regia e il ritmo…

Un altro incontro importante del film è stato quello con Dany Boon che interpreta François Gautier, suo padre.
Ci sono due aspetti in Dany. Innanzitutto, è un mostro sacro della commedia e ci si incanta a guardarlo recitare, inventare e reagire incessantemente con allegria su un set. Inoltre trovo che in questo film sia riuscito ad arricchire il suo personaggio con molte sfumature, rendendolo naturalmente buffo, ma anche maldestro e sofferto. Ho imparato tantissimo osservando Dany… Ma al di là dell'ammirazione per la macchina da guerra professionale, mi ha profondamente commosso il suo atteggiamento nei miei confronti. Mi ha incoraggiata, sostenuta, rassicurata quando ero in preda alle angosce. È una persona molto acuta e molto osservatrice, che riesce a essere sempre attenta agli altri pur concentrandosi sul suo lavoro di attore. È stato prezioso per me, ma anche per tutta l'équipe, dagli attori ai tecnici… Dany ha sempre avuto uno sguardo generoso e benevolo nei miei confronti: si ricorda cosa significa essere un giovane attore e trovarsi di fronte a una star affermata. Sono persino convinta che occuparsi degli altri, prestarvi attenzione, lo renda felice! E quindi si capisce che interpretare François Gautier per lui abbia davvero rappresentato un lavoro di costruzione di un personaggio. Pensate che Dany ha persino riso alle mie battute!

È anche stata circondata da partner fantastici, a cominciare da Laurence Arné…
Adoravo la sua interpretazione nelle pillole della serie «Filles d'aujourd'hui» di Canal+: è un'incredibile attrice comica. Nella sceneggiatura di UN TIRCHIO QUASI PERFETTO il personaggio di Valérie inizialmente era più scialbo, più ruvido. Laurence è riuscita a portarla verso qualcuno di molto più sfasato, quasi burlesco, pur rimanendo estremamente credibile e toccante. Anche lei mi ha molto colpito e trovo che la coppia cinematografica che forma con Dany funzioni alla perfezione. Del resto, lo stesso discorso vale per tutti i personaggi: anche i «piccoli ruoli» sono eccezionali nel film e vorrei sottolineare il lavoro incredibile del direttore del casting che ha trovato degli attori straordinari.

Ha appena vissuto un anno incredibile: attrice rivelazione nel film L'ÉTUDIANTE ET MONSIEUR HENRI, accanto a Claude Brasseur, imbarcata nell'avventura della serie «Versailles» nel ruolo della moglie del fratello di Re Sole e adesso nei titoli di testa della commedia dell'anno con Dany Boon… Ci sono stati esordi meno sotto i riflettori del suo!
Ovviamente guardo a tutti quei momenti con gioia, perché si tratta del mestiere che ho scelto e sono felice di poterlo esercitare con persone così talentuose e formidabili. Ciascuno di quei progetti è stato un'inestimabile fonte di insegnamento. Quello che amo più di qualsiasi altra cosa è confondere le acque. Far seguire L'ÉTUDIANTE, il mio vero debutto cinematografico con un ruolo da protagonista insieme a Claude Brasseur, con la serie «Versailles», per la quale ho dovuto riprendere in mano i libri di storia, studiare i codici dell'etichetta di corte e recitare in inglese, e oggi con il film di Fred che mia offerto l'opportunità di affinare la mia recitazione e di esplorare un altro universo cinematografico è stata un'esperienza unica. E mi ha confortato nella mia decisione di continuare a navigare tra film e ruoli sempre diversi.

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