Sarah e Saleem - là dove nulla è possibile (2018)

The Reports on Sarah and Saleem
Locandina Sarah e Saleem - là dove nulla è possibile
Sarah e Saleem - là dove nulla è possibile (The Reports on Sarah and Saleem) è un film del 2018 prodotto in Palestina, di genere Drammatico diretto da Muayad Alayan. Il film dura circa 127 minuti. Tratto da fatti realmente accaduti. Il cast include Maisa Abd Elhadi, Mohammad Eid, Kamel El Basha, Ishai Golan, Bashar Hassuneh, Hanan Hillo. In Italia, esce al cinema mercoledì 24 Aprile 2019 distribuito da Satine Film. Al Box Office italiano ha incassato circa 265978 euro.

Sarah è israeliana e gestisce un bar a Gerusalemme Ovest. Saleem è palestinese, vive a Gerusalemme Est e fa il fattorino. Provengono da mondi distanti anni luce, eppure, sfidano il destino per incontrarsi di nascosto nel furgoncino che Saleem usa per il lavoro e consumare lontano da occhi indiscreti un veloce rapporto sessuale. Si amano? Forse no. Ma quegli attimi rubati sono per entrambi un momento di complicità per evadere dalle tensioni che avvertono nelle rispettive famiglie. Sarah è sposata con un colonnello dell' esercito, molto preso dal suo lavoro, che lo costringe a continui trasferimenti. Saleem, orgoglioso, è stanco di subire l'influenza della famiglia della moglie la quale, in attesa di un bambino, non disdegna l' aiuto economico del fratello per arrotondare il modesto stipendio del marito. Nessuno è a conoscenza di questa relazione illecita, né Sarah né Saleem sembrano intenzionati a spingersi oltre al loro incontro clandestino e sporadico. Ma una sera, trovandosi loro malgrado nel posto sbagliato al momento sbagliato, quello che doveva essere un affaire totalmente privato e rimesso unicamente al giudizio delle rispettive coscienze, subisce una svolta tanto repentina quanto incontrollabile. Sarah e Saleem si ritrovano intrappolati nelle maglie della tensione tra le forze occupanti e la resistenza palestinese, in un crescendo di inganni e mistificazioni che nemmeno la verità sembra più essere in grado di fermare. Un crescendo di tale portata da trasformare le conseguenze esclusivamente private di un tradimento in un' ingiustizia di dimensione politica e sociale molto più grande, quella di governi che non vedono l'ora di scoprire complotti inesistenti o di strumentalizzare notizie per tramutare i cittadini in avversari da combattere. E che sfugge completamente al controllo sia di Sarah, sia di Saleem. A dimostrazione di come, in questa terra martoriata, nulla sia veramente possibile.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: mercoledì 24 Aprile 2019
Uscita in Italia: 24/04/2019
Genere: Drammatico
Nazione: Palestina - 2018
Durata: 127 minuti
Formato: Colore
Produzione: KeyFilm (co-produttore), Manderley Films (co-produttore), Monofilms (co-produttore), Palcine Productions
Distribuzione: Satine Film
Box Office: Italia: 265.978 euro
Note:
Opera seconda del regista palestinese Muayad Alayan.
Soggetto:
Tratto da fatti realmente accaduti.

Immagini

[Schermo Intero]

Note di Regia

Ambientando la storia di due coppie nella città divisa di Gerusalemme, ho potuto descrivere come, la vita nella Città Santa, arrivi a dettare pericolose soluzioni a situazioni sociali drammatiche piuttosto comuni, che possono accadere in qualsiasi parte del mondo. Quando accadono qui, con questa schiacciante pressione dell'ambiente politico-sociale, alle persone viene imposto un prezzo da pagare più alto: sono spinti ad agire egoisticamente e dolorosamente l'uno verso l'altro per preservare la propria sopravvivenza. Quanta pressione un essere umano può sopportare prima di sacrificare il proprio codice morale? Sono affascinato dal dilemma morale insito nella storia umana: siamo in grado di rischiare i nostri privilegi per qualcun altro, o istintivamente mettiamo sempre noi prima di tutto? Seguendo i quattro personaggi a Gerusalemme, presento le scelte contrastanti disponibili senza imporre al pubblico alcun punto di vista particolare e tantomeno il mio: voglio che le prospettive e gli argomenti conflittuali dei personaggi permettano al pubblico di trarre le proprie conclusioni. Il cinema con protagonisti che si trovano in situazioni più grandi di loro mi ha sempre coinvolto e commosso; situazioni che sfidano la persona comune, che è spesso un antieroe, che cerca di sopravvivere e trovare conforto e sicurezza in mezzo all'assurdità della vita. Essere eroe, per me, significa sopravvivere alle turbolenze e ai problemi della vita stessa; quelle svolte che non mancano mai di sorprenderci, ancor più di qualsiasi lavoro di finzione, per quanto la vita possa essere bizzarra e impegnativa. E questo è particolarmente vero in un luogo travagliato come Gerusalemme, la città dove sono cresciuto, proprio nel suo lato orientale militarmente occupato, segregato dalla sua parte occidentale da molte barriere sia letterali, sia figurative. Ogni singolo giorno non puoi prevedere quale nuova sfida la vita può lanciarti contro e cosa devi fare per riuscire a superare anche solamente una giornata di normale quotidianità.

Ero un adolescente durante gli anni della seconda rivolta palestinese, l'Intifada. Gerusalemme era ossessionata dalla paura e dalla tensione. Per quanto oscuri fossero quei giorni, tutti dovevamo continuare a vivere, respirare, assicurarci un reddito e cercare la felicità. All'epoca dovevo prendere lavoro nella parte occidentale della città, come fanno la maggior parte dei palestinesi di Gerusalemme Est. Come per gli altri palestinesi, questo sarebbe stato il mio primo incontro con la comunità israeliana, al di là dei soliti incroci quotidiani con i soldati israeliani. Questa esperienza mi ha permesso di assistere alle interazioni quotidiane dei palestinesi con la comunità israeliana. Testimoniare era anche sperimentare in prima persona come, nella tesa atmosfera politica che stavamo vivendo, fossero possibili anche alcuni rari momenti di tranquillità che potevano farti dimenticare le barriere sociali e politiche instaurate tra te e l'altro. Tuttavia, ho anche assistito, al tempo stesso, a come le divisioni politiche e sociali si facessero strada nelle interazioni umane ll' improvviso e quando uno meno se lo aspettasse, e come le barriere tornassero al loro posto in un batter d'occhio. Con Rami Alayan, mio fratello e sceneggiatore, abbiamo voluto raccontare con "Sarah e Saleem-là dove nulla è possibile" una storia umana che andasse al di là delle storie coperte dai media e che riportavano le conseguenze dell' occupazione israeliana.

Al tempo stesso volevamo anche prendere le distanze da quelle opere romantiche, nel cinema o in altre forme d'arte, che usano narrazioni idealizzate su palestinesi e israeliani che si uniscono; troppo spesso ignorano la realtà delle cose che, già di per sé separa le persone, inoltre trascurano i sistemi di compressione che vengono creati per mantenerne la divisione, il potere e la segregazione tra loro. Volevamo raccontare una storia basata saldamente sulla vita quotidiana a Gerusalemme, una storia che parlasse della nostra capacità di connessione e interazione umana, cosi come dei nostri umani limiti di fronte alle pressioni estreme derivanti dal nostro ambiente repressivo. Il film usa uno stile narrativo naturalistico e realistico nell'immagine, nel suono e nel montaggio, al fine di enfatizzare il realismo, e spesso l'instabilità, della situazione in cui si trovano le vite dei personaggi. L'obiettivo era concentrarsi sui protagonisti e sul loro stato d'animo mentre assecondavano le loro passioni, lottavano con i loro dilemmi personali e morali, galleggiavano nel limbo, affrontavano la turbolenza nel loro mondo, si scontravano, evolvevano e finalmente cambiavano. La macchina da presa non è dunque un semplice spettatore dell'azione, ma piuttosto parte della coreografia e della rappresentazione, in grado di evidenziare le passioni, i bisogni e le debolezze dei personaggi. Converge per far riflettere il potenziale di connessione umana, l'intimità e l' affetto tra i personaggi, ma al tempo stesso diverge per riflettere la loro paura, il loro isolamento e la loro distanza quando il ritmo della storia si trasforma e si distorce, allontanandoli e mettendoli profondamente in conflitto. 

Il film non impone al pubblico quale punto di vista dei protagonisti adottare. Presenta le prospettive e gli argomenti conflittuali di ciascuno dei personaggi principali, permettendo che sia il pubblico a sperimentare le diverse condizioni umane e a definire la propria prospettiva. Sarah e Saleh-là dove nulla è possibile, descrive Gerusalemme come un personaggio a sé stante, con le sue comunità segregate, le disparità socio-economiche, le contraddizioni culturali e l'ambiente politico così com'è; tutti elementi che hanno conseguenze sulla storia e sulla vita dei personaggi. L'intenzione di regia era quella di far vivere al pubblico la città insieme ai personaggi mentre questi ultimi navigavano nelle loro paure, passioni, sogni, delusioni, dilemmi e speranze, e mentre affrontavano le sorprese del destino e della vita in un sistema di occupazione, in una politica corrotta e in pressioni sociali che collettivamente formano l'antagonista contro di loro come singoli individui. 

Note di Produzione

Una storia extraconiugale a Gerusalemme dà inizio a un pericoloso gioco di inganni tra chi possiede il potere e chi no.

La storia di due coppie, un affare illecito e la vita nella città divisa di Gerusalemme fa da sfondo al secondo lungometraggio di Muayad e Rami Alayan, Sarah e Saleem-là dove nulla è possibile.

Il primo lungometraggio dei due fratelli, una commedia nera ambientata a Gerusalemme dal titolo Love, Theft and Other Entanglements, è stato presentato al Festival Internazionale del Cinema di Berlino nel 2015 ottenendo un grande successo di critica. Sarah e Saleem-là dove nulla è possibile si svolge in uno scenario simile, ma questa volta i temi drammatici dell'inganno, del sotterfugio e del desiderio sono esaminati sotto la lente bruciante delle pressanti pressioni del contesto politico-sociale.

"Inizialmente avevo considerato di lavorare a questa storia per il mio primo film", ha rivelato il regista Muayad Alayan. "Il dramma dei fatti raccontati si ispira a una situazione che è fin troppo reale per noi a Gerusalemme".

Durante la seconda intifada palestinese, con le ripetute incursioni israeliane i servizi militari e segreti israeliani si sono impossessati di un numero enorme di documenti riguardanti i civili e la sicurezza palestinesi, che hanno portato ad arresti di massa.

Mentre alcuni venivano arrestati per la loro attività politica, altri lo erano semplicemente per aver lavorato per organizzazioni educative, culturali o sociali palestinesi a Gerusalemme Est.

Di particolare interesse proprio per il nostro film, era il fatto che molti rapporti venivano estrapolati dal contesto o mischiati e falsificati, senza che ne venisse verificata la veridicità".

Resisi velocemente conto che l' obiettivo produttivo di Sarah e Saleem-là dove nulla è possibile. era troppo impegnativo per un primo film, Muayad e sua fratello Rami hanno aspettato che Love, Theft and Other Entanglements iniziasse il suo cammino per vari festival internazionali prima di riprendere in mano il lavoro sulla sceneggiatura di Sarah e Saleem-là dove nulla è possibile

Poi i due cineasti si sono separati, con lo sceneggiatore Rami che ha preso la storia e l' ha portata in Grecia per il MFIScript Film, il laboratorio di scrittura, mentre il regista Muayad partiva per il programma Medienboard Artist-in-Residence di Berlino.

"Quando entrambi abbiamo riportato la sceneggiatura- racconta Muayad "abbiamo lungamente discusso le diverse strutture e punti di vista dai quali avvicinarci alla storia ma non mi aspettavo che la risposta di Rami fosse quella di mettere tutti e quattro i protagonisti sotto i riflettori allo stesso tempo. Ne ho capito però subito la necessità, poichè gran parte della complessa storia di fondo è effettivamente vitale per capire bene il percorso dei protagonisti. Senza quella, era impossibile catturare l' anima di Gerusalemme e il senso delle sue sfaccettature sociali e politiche.

Dopo il lavoro al workshop e alla residenza della MFI, i due autori si ritrovati con una nuova sceneggiatura, una nuova storia e una nuova struttura. Era il momento di cercare finanziamenti e hanno subito richiesto il fondo di sviluppo Hubert Bals, che hanno ottenuto prontamente.

"È stato grandioso", ricorda Muayad. L' International Film Festival di Rotterdam e l' Hubert Bals Fund hanno annunciato la nostra vincita del fondo al Festival di Cannes, il che ci ha dato grande visibilità con l'industria e una grande opportunità per parlare con potenziali coproduttori. Così abbiamo iniziato a confezionare il film e stabilire partnership di finanziamento. Ma l'enorme numero di partnership necessarie stava diventando irrealistico. Così Rami e io abbiamo deciso di unire le nostre teste per produrre il film nel modo in cui sapevamo farlo, viste le nostre radici "indie", e con le risorse che potevamo raccogliere da soli".

"Ho creato come un puzzle per le riprese davanti ai miei occhi e cercato di riempirlo con i singoli pezzi."- continua Muayad- "È stato eccitante realizzare la prima co-produzione palestinese-messicana.

Attraverso il contatto di amici della scuola di cinema abbiamo fatto squadra con Rodrigo Iturralde, Georgina Gonzalez e Alejandro Durán di Monofilms che ci hanno fornito l'attrezzatura necessaria non disponibile in Palestina. Questo ci ha permesso di girare con una Arri Alexa-Mini usando obiettivi vintage Cannon K35 Cinema."

In Palestina e nel mondo arabo, il film ha ottenuto un sostegno generoso da parte del Film Lab: Palestina, del Fondo arabo per l'arte e la cultura (AFAC), di MAD solutions, del Ministero della Cultura Palestinese, Palestina per lo Sviluppo, della Fondazione AM Qattan e del Consolato Francese a Gerusalemme.

Le partnership europee comprendevano i co-produttori Hanneke Niens e Hans de Wolf di KeyFilm nei Paesi Bassi e Rebekka Garrido di Manderley Films in Germania. I registi hanno inoltre ottenuto il sostegno vitale del programma di coproduzione Hubert Bals più il Netherlands Film Fund, e il fondo Hubert Bals Fund- Europe per la coproduzione minoritaria e il World Cinema Fund di Berlino. 

"Siamo riusciti a portare avanti la produzione in un periodo molto duro e difficile durante l'estate, quando sono scoppiati gli scontri intorno alla moschea di Aqsa e il livello di tensione nella città era alto", dice Muayad. "Anche se avevamo fatto domanda per i permessi settimane prima delle riprese, a diversi membri palestinesi della squadra non è stato possibile entrare a Gerusalemme per stare con noi durante le riprese in città. Neanche le riprese a Betlemme sono state facili. Sebbene avessimo tutti i permessi ufficiali necessari per girare nell'area controllata dai palestinesi, l'esercito israeliano ha invaso Betlemme e interrotto le nostre riprese per ispezionare quello che stavamo facendo e confiscare veicoli e oggetti di scena mentre trattenevano me e altri membri dell'equipe per diverse ore ".

"Certo, qui abbiamo una situazione schifosamente folle e unica", continua Muayad. "Tutta questa cultura dello spionaggio, della segnalazione Intel, del ricatto, fa tutto parte di un sistema oppressivo di monitoraggio che abusa delle debolezze delle persone al solo fine di opprimere militarmente e politicamente". "Vogliamo fare cinema sulle persone che si trovano in posizioni e situazioni più grandi di loro", dice Rami. "Persone che non hanno gli strumenti per affrontare queste catastrofi nella loro vita. Siamo interessati alla loro storia di successo nel superare questi ostacoli."

"Mi piacciono i colpi di scena della vita", conclude Muayad. "Adoro sentire storie sulla natura radicale della vita, l'imprevisto, ciò che sorprende.

Come, quando certe cose accadono, le vite vengano buttate fuori ordine in una frazione di secondo, e come le persone reagiscono. È così breve, questa distanza tra te e una catastrofe. Questa è la Gerusalemme che conosco. "

Mentre Muayad vive a Gerusalemme, suo fratello e collaboratore, Rami, vive a San Francisco. "Rami ed io siamo l'avvocato del diavolo dell' uno o dell'altro", ride Muayad. "Rami è cresciuto qui ma se n'è andato, quindi afferra le cose in una prospettiva più globale. Eppure, ogni tanto, devo ricordargli ciò che è unico di questo posto. Lui mi tiene "globale", io lo tengo "locale".

"Sarah e Saleh-là dove nulla è possibile" è un dramma sociale che può accadere ovunque nel mondo in cui ci sia uno squilibrio di potere e un' oppressione", dichiara Rami Alayan.  

"I nostri quattro personaggi attraversano le sabbie mobili della sopravvivenza. Il nostro ambiente è la Gerusalemme sotterranea, il suo ventre molle. Gerusalemme è una ricetta perfetta per gli imbrogli a causa della segregazione sociale e politica imposta – basta trovare qualcuno dall'altra parte con cui barare e nessuno lo scoprirà mai. Tranne, ovviamente, quelli che lo fanno.

"Per me, l'infedeltà non è un dispositivo, è un fenomeno molto reale a Gerusalemme. Tutto qui va storto e viene scoperto perché il livello di monitoraggio da parte dello Stato è più forte e più profondo del livello di monitoraggio a livello individuale. " 

"Non puoi camminare per strada a Gerusalemme e non sentirti monitorato in quanto palestinese", continua Rami. "Tutti sono sotto controllo a Gerusalemme, non si può evadere la sicurezza e i checkpoint sono ovunque. Le conseguenze per me, come palestinese, sono decisamente più alte quando le cose vanno male, ma è una sensazione che avvertiamo tutti.

Il secondo lavoro del nostro personaggio Saleem, la consegna di beni in quello che è un carcere a cielo aperto come Betlemme, è la conseguenza del fatto che le persone non sono libere di andare a comprare alcunché a Gerusalemme per conto loro, nonostante la città sia solo a pochi minuti di distanza. Tutto ciò che possa creare un senso di una vita normale oltre il livello minimo di sopravvivenza è difficile da trovare."

La scelta della struttura di una relazione clandestina per raccontare la storia della città rispecchia anche quattro diverse parti e personalità della città secondo i due fratelli.

Superando quelle storie che semplificano i grovigli di Palestina e Israele, entrambi i fratelli insistono nel sottolineare che a loro interessa più la complessità del romanticismo.

"C'è quest' aspetto particolare nella società di Gerusalemme, che è la paura dell'interazione con l' altro. Sembra tradimento, sospetto, paura", spiega Rami.

"Simbolicamente, la complessità di una relazione si adatta meglio a quella parte del mondo e alla sua disfunzione, di una semplice storia d'amore. È analogo alla disfunzione dell'intera regione, e quindi si rivela una descrizione molto adatta di come quella parte del mondo condizioni le vite delle persone.

Questa è una storia di strati e illusioni: strati di monitoraggi, di inganni, di sopravvivenza e di intimità – a livello personale, sociale e politico. Questi strati sono proprio peculiari di questa città, in questo giorno e momento. Nella nostra storia, i personaggi devono affrontare le illusioni della fedeltà e di una vita matrimoniale stabile, nonché le illusioni che vengono create per loro nel loro ambiente sociale e politico.

"Ogni idea di autonomia per i palestinesi è ormai da tempo volata fuori dalla finestra: puoi avvertire l' illusione di un' autonomia ma non hai alcun controllo. In realtà, gli israeliani tengono tutto il controllo per sé " 

"Gerusalemme è la più grande illusione di una città aperta", concludono Muayad e Rami, "l'illusione di uguaglianza, di movimento, di libertà, di pace, di democrazia … puoi riempire tu gli spazi vuoti. È tutta un'illusione, un costrutto di illusioni elaborato con cura. " 

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