Locandina The Shape of Water

La forma dell'acqua (2017)

The Shape of Water
Locandina La forma dell'acqua
La forma dell'acqua (The Shape of Water) è un film del 2017 prodotto in USA, di genere Drammatico e Fantastico diretto da Guillermo del Toro. Il film dura circa 119 minuti. Il cast include Michael Shannon, Doug Jones, Michael Stuhlbarg, Sally Hawkins, Octavia Spencer, Richard Jenkins. In Italia, esce al cinema mercoledì 14 Febbraio 2018. Disponibile in homevideo in DVD da mercoledì 27 Giugno 2018, in Digitale da mercoledì 30 Maggio 2018. Al Box Office italiano ha incassato circa 8605760 euro.

The Shape of Water è una favola ultraterrena ambientata intorno al 1962 sullo sfondo dell’America della Guerra Fredda. All’interno del remoto laboratorio governativo di massima sicurezza dove lavora, la solitaria Elisa è intrappolata in una vita di silenzio e isolamento che viene cambiata per sempre quando lei e la sua collega Zelda scoprono un esperimento segreto.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: mercoledì 14 Febbraio 2018
Uscita in Italia: 14/02/2018
Data di Uscita USA: venerdì 8 Dicembre 2017
Genere: Drammatico, Fantastico, Romantico
Nazione: USA - 2017
Durata: 119 minuti
Formato: Colore
Produzione: Bull Productions, Fox Searchlight Pictures
Box Office: USA: 62.688.637 dollari | Italia: 8.605.760 euro
Note:
Presentato il 31 Agosto 2017 alla Mostra del Cinema di Venezia 74.
In HomeVideo: in Digitale da mercoledì 30 Maggio 2018 e in DVD da mercoledì 27 Giugno 2018 [scopri DVD e Blu-ray]

Recensioni redazione

The Shape of Water, recensione film di Guillermo del Toro
The Shape of Water, recensione film di Guillermo del Toro
redazione, voto 8/10
Mescolando perfettamente romanticismo ed elementi fantasy, The Shape of Water, è un film che sa incantare ed emozionare nel raccontare, con dolcezza e un pizzico d'ironia, una storia d'amore tra due esseri molto diversi ma dall'anima simile.
La forma dell'acqua - The Shape of Water, Recensione
La forma dell'acqua - The Shape of Water, Recensione
Marica Miozzi, voto 9/10
The Shape of Water- La Forma dell'Acqua è uno di quei film che non puoi non vedere al Cinema. E che non puoi non vedere soprattutto. Lasciatevi travolgere da questa meravigliosa fiaba romantica e originale tra due Mondi così apparentemente lontani, eppure così vicini. Preparate i fazzoletti, Elisa vi aspetta.

Immagini

[Schermo Intero]

COMMENTO DEL REGISTA

Le favole sono nate in tempi difficili e complessi, quando la speranza sembrava perduta. Ho realizzato The Shape of Water come antidoto al cinismo. Personalmente ritengo che quando parliamo di amore – quando crediamo nell’amore – lo facciamo in modo disperato. Temiamo di apparire ingenui e perfino falsi. Ma l’Amore è reale, assolutamente reale; e, come l’acqua, è la forza più gentile e più potente dell’Universo. È libero e senza forma fino a quando non fluisce nel soggetto al quale è destinato, fino a quando non lo si lascia entrare. I nostri occhi sono ciechi, ma lo stesso non si può dire della nostra anima. Riconosce l’amore in qualsiasi forma arrivi a noi.

NOTE DI PRODUZIONE

“L’acqua prende la forma di tutto ciò che la contiene in quel momento e, anche se l’acqua può essere così delicata, resta anche la forza più potente e malleabile dell’universo. Vale anche per l’amore, non è vero? Non importa verso cosa lo rivolgiamo, l’amore resta se stesso sia verso un uomo, una donna o una creatura.” –Guillermo del Toro on THE SHAPE OF WATER.

In un laboratorio governativo segreto, all’apice della guerra fredda, esplode un’idea emozionante, visivamente abbagliante ed emotivamente audace. Il grande narratore Guillermo Del Toro, riesce in un’altra incredibile magia con THE SHAPE OF WATER, fondendo il pathos e le emozioni del classico monster-movie con un noir dalle tinte oscure e mescolandolo con il calore di una storia d’amore, come nessun altro sa fare, per esplorare le fantasie con cui tutti facciamo i conti, i misteri al di là del nostro controllo e le mostruosità con cui dobbiamo confrontarci.

Del Toro inizia la sua storia nelle profondità subacquee; da lì l’intero film diventa un’immersione in apnea, portando il pubblico nel mondo del 1960, pieno di cose che riconosciamo: potenza, rabbia, intolleranza, ma anche solitudine, determinazione e improvvisi ed elettrizzanti collegamenti, oltre a una straordinaria creatura totalmente sconosciuta. Un’inspiegabile “risorsa” biologica del governo statunitense, una donna delle pulizie muta, i suoi migliori amici, spie sovietiche e un audace furto, saranno i pezzi di un singolare romanzo in grado di superare i normali confini.

Questo misterioso essere, prelevato dalle buie profondità oceaniche, non è solo anfibio, ma sembra avere delle capacità di adattamento tipiche dell’acqua, essendo in grado di assumere i contorni psichici di ogni essere umano con cui viene in contatto, riflettendone sia l’aggressività che l’amore incommensurabile.

All’interno del racconto di Del Toro, i temi di bene e male, innocenza e minaccia, attualità ed eternità, bellezza e mostruosità, emergono intrecciandosi tra loro e rivelando che nessuna oscurità può mai sconfiggere completamente la luce. Riassume Del Toro: “Mi piace creare dei film liberatori, che dicono che è bene essere ciò che si è, cosa che, in questo momento, mi sembra molto pertinente.” Era anche fondamentale che ci fosse un cast straordinario.

Del Toro ha sempre avuto la passione di impaurire e incantare allo stesso tempo il pubblico. Nato a Guadalajara, in Messico, sin da ragazzo si è cibato di misteriose storie di fantasmi, film con i mostri e favole che hanno dato vita a una fervida fantasia. Quando ha iniziato a scrivere e dirigere i film, tutte queste influenze si sono intrecciate creando un suo personale stile visivo molto viscerale, che sembra toccare direttamente la psiche umana.

Del Toro è noto ai più per i suoi tre notevoli film in lingua spagnola che hanno reinventano e riassunto lo stesso concetto di genere: il LABIRINTO DI PAN, CRONOS e LA SPINA DEL DIAVOLO. Ognuno di questi è una vivida fantasmagoria che si muove sui pericoli morali e fisici di un mondo corrotto, autoritario e in guerra. I suoi film d’azione a sfondo epico e soprannaturale -BLADE II, la serie HELLBOY e PACIFIC RIM- sono altrettanto inventivi dei suoi melodrammi gotici come CRIMSON PEAK.

THE SHAPE OF WATER si inserisce in questa tradizione, questa volta sullo sfondo di quell’America degli anni ’60, socialmente divisa, sull’orlo della guerra nucleare e con dei cambiamenti culturali in corso. Del Toro tesse su questo sfondo, il vertiginoso innamoramento di una donna solitaria, con un passato traumatico, che vive un amore così potente che sfida sospetto, paura e biologia.

Del Toro ha anche coinvolto uno straordinario cast di attori per il film, tra cui Sally Hawkins, Michael Shannon, Richard Jenkins, Doug Jones, Michael Stuhlbarg e Octavia Spencer.

Esplorare l’idea dell’amore e delle sue barriere, interne ed esterne, è stata fondamentale per Del Toro. “Volevo creare una storia, bella ed elegante, sulla speranza e la redenzione come antidoto al cinismo dei nostri tempi. Volevo che questa storia avesse la forma di una favola, con un semplice essere umano che si imbatte in qualcosa di più grande e più trascendente di ogni altra cosa nella sua vita. Poi ho pensato che sarebbe stata una grande idea mettere a confronto questo amore contro qualcosa di banale e malvagio come l’odio tra le nazioni, che si esprime al meglio con la Guerra Fredda, e con l’odio razziale, di classe e di genere.”

Il fatto che i due protagonisti del film non parlino, quanto meno in maniera convenzionale, non fa altro che intensificare la storia d’amore spogliandola delle incomprensioni che spesso si creano tra gli esseri umani. “Una cosa dell’amore è che è così incredibilmente potente, che non richiede parole”, dice Del Toro.

LA SEDUZIONE DEI FILM SUI MOSTRI

Mescolando molti generi, dai lussureggianti musical ai noir pieni di suspance, THE SHAPE OF WATER rivisita e rinvigorisce il fascino immortale dei “monster-movie”, facendo leva sulle nostre emozioni primordiali come la paura, il senso di abbandono e il pericolo, ma anche la curiosità, la soggezione e il desiderio.

Come molti altri, Del Toro è cresciuto con il fascino oscuro dei classici mostri degli Universal Studios: l’Uomo Lupo, che si trasformava in una belva contro la sua volontà, l’ingenuo Frankenstein, braccato dalla folla inferocita, il seducente Dracula, guidato dai suoi empi appetiti e dalla Creatura della Laguna Nera, un’antico essere anfibio preistorico, che è emersa dal mare in cerca di una compagna.

C’era qualcosa di evocativo, e allo stesso tempo con cui, stranamente, ci si poteva relazionare a un livello più profondo, in quei mostri. Erano perseguitati da folle forcaiole, perché erano diversi e costretti a vivere da soli ai bordi della società, in castelli, boschi o fiumi remoti. Tutti erano intrappolati in uno stato transitorio -parte umani, parte qualcos’altro- uno stato in cui chiunque si sia sentito emarginato, potesse identificarsi. Forse l’aspetto più intrigante era che erano esseri sensuali, impotenti di fronte alle continue necessità dei loro corpi e delle loro menti.

Di tutti questi iconici mostri, il più straziante di tutti era l’umanoide anfibio de IL MOSTRO DELLA LAGUNA NERA (1954). Diretto da Jack Arnold e interpretato da Ben Chapman nelle scene a terra e Ricou Browning in quelle subacquee, come inimitabilmente e tragico Uomo Branchia, lui è l’ultimo della sue specie preistorica, al tempo stesso pericoloso e sconvolto, feroce e desideroso, così la Creatura ha emozionato il pubblico anche se lo ha spaventato.

THE SHAPE OF WATER è stato concepito nel 2011 quando Del Toro e Daniel Kraus, il partner di scrittura del regista nella serie di libri per bambini, Trollhunters, si sono incontrati una mattina per la prima colazione. Kraus raccontò di un’idea che aveva avuto da ragazzo: una donna delle pulizie che lavorava in un impianto governativo e contemporaneamente intesse un’amicizia segreta con un uomo anfibio, tenuto prigioniero come un esemplare di studio, e di come decide di liberarlo. A Del Toro è piaciuta talmente l’idea che ha immediatamente detto di volerci fare il suo prossimo film, sembrava il tipo perfetto di idea fiabesca che stava cercando. Da quella riunione si è raggiunto un accordo tra i due: collaborare insieme su un nuovo romanzo e che Del Toro scrivesse e dirigesse il film. In quella fase Del Toro stava ancora completando il lavoro sul blockbuster di robot e mostri PACIFIC RIM, ma nei rari momenti di tranquillità, ha iniziato a scrivere, ispirandosi ai classici di mostri come IL MOSTRO DELLA LAGUNA NERA, la storia di un film più intimo, che avrebbe potuto avere come titolo anche THE SHAPE OF WATER.

Nel 2014 Del Toro ha autofinanziato un gruppo di artisti e scultori, che lavorano con disegni e modelli in argilla per poter esporre la storia dall’inizio alla fine alla Fox Searchlight, lo studio è salito a bordo immediatamente senza alcuna esitazione.

La primavera successiva, Guillermo e la Fox Searchlight hanno iniziato a incontrare dei potenziali scrittori per lavorare alla sceneggiatura insieme a lui, alla fine hanno assunto Vanessa Taylor, che ha lavorato a stretto contatto con Guillermo sia sulla struttura del racconto, sia sui personaggi (in particolare Elisa, la protagonista dalla sfaccettata personalità).

Del Toro voleva capovolgere la concezione di mostruosità con una profonda storia d’amore, in modo da rendere la creatura protagonista e le forze umane, unite contro di lui, la vera fazione oscura e sinistra. “In un film di mostri degli anni ’50, Strickland, l’agente governativo della mascella squadrata e di bell’aspetto, sarebbe stato l’eroe, e la creatura sarebbe stato il cattivo. Volevo invertire questa cosa.”

Così Del Toro ha deciso di prendere il suo “monster-movie” su un livello diverso: sensuale. Voleva che il realismo controbilanciasse la favola in modo da trasportare il tutto su un piano più familiare di realtà per un pubblico adulto.

Per il produttore J. Miles Dale, che da anni collabora con Del Toro, il cineasta è uno dei pochi registi in grado di creare creature che vivono e respirano con una vivida umanità che tutti sono in grado di riconoscere. “Guillermo crea delle creature non corrotte dagli aspetti del mondo umano. Possiamo guardarli come una specie di specchio di quello che potremmo essere in un mondo ideale.” -dice Dale- “Questo film non è come nulla di ciò che avete visto prima, ma allo stesso tempo sembra anche un film di Del Toro, traspare chiaramente, ma è anche nuovo e originale.”

“Questo è il motivo per cui il film inizia con lei che si masturba, per dimostrare che non è su un piedistallo, è una donna soddisfatta che inizia la sua giornata in modo normale. Ho anche pensato che ci doveva essere una vera scena di sesso tra Elisa e la creatura per mostrare la completa fusione di queste due anime; era importante. Ho 52 anni e mi sono sentito abbastanza adulto da poterlo fare e ho capito che era una cosa molto delicata.”, racconta Del Toro.

Per il periodo storico in cui ambientare la storia, Del Toro ha scelto volutamente un’era americana in cui paure epiche erano dominanti: il 1962, con l’ansia della guerra nucleare con l’Unione Sovietica al culmine e poco prima che l’idealistica Camelot del presidente Kennedy, proiettata verso il futuro, cadesse, dando spazio a disillusione, paranoia e rivolte sociali. “Accadono molte cose in quel periodo,” -dice Dale- “c’è la Guerra Fredda, la corsa verso lo spazio e il movimento dei diritti civili. Ed è lo sfondo per una storia d’amore come non avete mai vista prima.”

Il periodo è quello che talvolta viene glorificato, fa notare Del Toro, senza però ricordarsi delle sue ingiustizie e l’infima paura delle differenze di razza. “Per me questo è il momento in cui l’America si è fermata, è un momento di razzismo, di disuguaglianza e in cui le persone pensano di essere sull’orlo di una guerra nucleare. In pochi mesi Kennedy sarà assassinato. Così, in un certo senso, è un momento orribile per l’amore,” -commenta- “ma succede lo stesso.”

Gli impulsi futuristici degli anni ’60, riecheggiano nella creatura primordiale, ricordando le parole di Rilke: “dove qualcosa di antico ritorna come se provenisse dal futuro.” Spiega Del Toro: “Quello che mi interessa è che nel 1962 tutti sono concentrati sul futuro, mentre la creatura è una reliquia che proviene dal passato più profondo. Le persone sono ossessionate da ciò che è nuovo, con i jingles della pubblicità, la Luna, i vestiti moderni e la TV. Nel frattempo ecco questa forza antica, una creatura innamorata, che arriva tra loro.”

LA SCELTA DEL GRUPPO

Ognuno dei ruoli in THE SHAPE OF WATER è stato scritto per un attore specifico, gli stessi attori a cui Del Toro ha chiesto di apparire nel film. “Ha disegnato la sceneggiatura per le loro voci, piuttosto che viceversa,” -commenta Dale- “una cosa piuttosto emozionante da poter fare.”

Del Toro osserva che ognuno dei personaggi del film, indipendentemente dal loro posto nella società, sta affrontando l’amore in diverse circostanze. “C’è l’amore puro tra Elisa e la Creatura, ma anche l’agente governativo Strickland sta cercando di amare, anche se vediamo che il suo amore è brutale, e il vicino di Elisa, Giles, è alla ricerca di un amore, che però veniva disapprovato in quei giorni e la miglior amica di Elisa, Zelda, è innamorata di un uomo che non lo merita. Anche il generale che sovrintende al laboratorio ha una sorta di amore paterno con Strickland.”

Man mano che li contattavo, tutti dicevano di si. “Questo è un film molto particolare.” -afferma Sally Hawkins- “Parteciparvi ha significato tanto per me, ed è una storia che per avrà sempre un posto speciale nel mio cuore.”

Michael Shannon aggiunge: “Sono stato attratto dal film perché ho sentito che avrebbe potuto inspirare le persone a essere più gentili tra loro, una cosa di cui si sente la mancanza oggigiorno. È davvero una storia su come valga la pena essere innamorati nella vita, a qualsiasi costo. A volte l’amore richiede di affrontare le tue paure o di fare sacrifici, ma alla fine della fiera, ne vale la pena.”
Per Richard Jenkins il film è andato al di là di quello che il pubblico si aspetta da Del Toro. “Il modo di girare di Guillermo è personalissimo, ma questo film è anche diverso da tutto quello che ha fatto prima”, osserva.

Octavia Spencer non si sarebbe mai aspettata una chiamata di Del Toro. “Lo avevo incontrato prima di leggere lo script e mi sembrava di averlo conosciuto da tutta la mia vita.” -ricorda la Spencer- “Come regista è una sorta di alchimista, trasforma i temi umani in qualcosa di trascendente.”

Conclude Doug Jones, che ha lavorato con Del Toro ben sei volte: “In THE SHAPE OF WATER Guillermo torna alle sue radici artistiche e lascia che tutta la sua vena creativa fluisca.”

LA SOGNATRICE SOLITARIA

“Quello che spinge Elisa verso l’ignoto, è il potere dell’amore.” — Sally Hawkins

Il passaggio di Elisa dalla solitudine e l’impotenza a divenire un’eroina che si prende rischi enormi, è il cuore pulsante di THE SHAPE OF WATER, reso ancor più straordinario dal fatto che sia un ruolo quasi senza parole. Resa muta da un trauma subito da bambina, Elisa comunica con il linguaggio del segni (LIS), ma è in grado di esprimersi efficacemente quando incontra la strana creatura acquatica che è custodita nel laboratorio governativo dove lavora come donna delle pulizie.

Il mondo interiore di Elisa, ricco e coraggioso, si esprime grazie all’incredibile performance di Sally Hawkins, già candidata all’Oscar, che riesce a spingere in avanti la storia in ogni passaggio narrativo. “Ho inviato a Sally un messaggio sin dal 2013, dicendole che stavo scrivendo questo ruolo per lei e, quando ci siamo incontrati, mi ha detto che anche lei stava già scrivendo un racconto breve sulla storia di una donna che diventa un pesce.” -ricorda Del Toro- “Mi ha mandato la sua storia, ed era piena di intuizioni.”

La Hawkins ha impersonato un’ampia varietà di ruoli straordinari e unici: un insegnante di scuola sempre ottimista in LA FELICITA’ PORTA FORTUNA – HAPPY GO LUCKY di Mike Leigh, per il quale ha ottenuto un Golden Globe; il ruolo che le è valso la nomination all’Oscar in BLUE JASMINE di Woody Allen, dove era la sorella, di estrazione operaia, di Cate Blanchett, e, più recentemente, la pittrice folk Maud Lewis in MAUDIE.

La Hawkins sapeva sin da subito che non c’era stato mai, e non ci sarebbe mai stato, un ruolo simile a quello di Elisa. “È così rara la possibilità di ricevere un ruolo che ti consenta di metterci tutta te stessa, dove si tratta di utilizzare espressione schiette e le parole non sono necessarie, inoltre hai la libertà di esprimere così tanto attraverso gli occhi, il respiro e il tuo stesso corpo. Questa è Elisa.”
Sally Hawkins è stata la musa di Del Toro durante la scrittura. “Elisa non è una persona che ha avuto un’esistenza orribile finché la creatura non si è presentata; non conduceva certo una vita glamour, ma era soddisfatta. Avevo bisogno di qualcuno che evocasse quel tipo di felicità e con la capacità di esprimere, solo con il volto, ogni tonalità senza una parola. Sally ha quel tipo di energia unica, per questo ho scritto pensando a lei, è la persona più genuina e spontanea che conosco e non credo che sia capace di mettere in scena qualcosa che non sia emotivamente reale.”

La prima lettura dello script ha colpito la Hawkins così intensamente che ha le ha scatenato alcune ansie. “Era così commovente. La sentivo così familiare anche se non era come nulla che avessi mai incontrato prima. Mi sentivo come se Elisa fosse una parte sepolta in profondità dentro di me o come se l’avessi conosciuta in un’altra vita. L’ho anche percepita come se fosse la favola romantica assoluta. All’inizio ero convinta che Guillermo avesse pensato alla persona sbagliata per il ruolo.” -confessa- “È il genere di ruolo romantico che non ho nemmeno pensato che avrei mai fatto, quindi è stato un regalo da sogno riceverlo.”

La Hawkins avrebbe potuto anche avere i suoi dubbi che l’avrebbero potuta spingere ad andare oltre le proprie stesse aspettative, ma i realizzatori non ne avevano alcuno. “Con Sally tutto gira su quello che succede dietro i suoi occhi.” -dice Dale- “Guillermo sapeva che avremmo avuto bisogno di un attore incredibilmente istintivo per riuscire in questa cosa, e Sally è in grado di fare così tanto sia con le più piccole espressioni che con i gesti, il modo di muoversi e con il tono del suo silenzio.”

Per la Hawkins non c’erano altri mezzi per farlo, se non immergendosi in profondità e abbandonandosi pienamente al coraggio esplosivo di Elisa e alle sue fantasie che diventano inaspettatamente reali, con il più inatteso dei partner. Lavorare con Del Toro l’ha aiutata a lasciarsi andare completamente e a immergersi nel personaggio. “Essere Elisa è stato un incredibile viaggio interiore, ma Guillermo ti coinvolge così tanto e valorizza anche la tua creatività, il che mi ha veramente aiutato.” -spiega la Hawkins- “Ha una visione così potente che qualunque sia la tua paura, la spazza via e ti dice: ‘lascia che me ne preoccupi io!’.”

Anche se liberata dai suoi timori, l’attrice si è dovuta confrontare con le elevate richieste del regista. “A meno che Guillermo non riesca a percepire che ci hai messo il cuore, non sarà soddisfatto.” -chiarisce la Hawkins- “Vuole essere emozionato in ogni scena, ma penso che questo sia un specie di dono per un attore, perché ti invita a salire su, fino al livello della sua immaginazione.”
La Hawkins si è trovata di fronte a una curva di apprendimento piuttosto ripida fin dall’inizio. Ha cominciato a prendere lezioni nel linguaggio dei segni e di ballo ben prima che le prove iniziassero. Ha anche iniziato a sentire il modo in cui Elisa si doveva muovere, la sua leggerezza d’animo. “A me da l’idea che sia sempre galleggiante, sempre presa in una specie di danza, quindi ho voluto trasportare quel tipo di sensazione da altro mondo nel suo aspetto fisico.” -spiega- “Tutto ciò che riguarda Elisa è così delicato, che ho sentito che anche il suo modo di esprimersi nella lingua dei segni sarebbe dovuto essere delicato, perfetto e in sintonia con il suo essere.”

Il suo obiettivo era ottenere una totale fluidità nella LIS. “Volevo imparare abbastanza così che, se Guillermo avesse voluto muoversi in un’altra direzione, saremmo stati liberi di farlo e sarebbe rimasto sempre naturale per me.”, spiega.

La lingua dei segni e il movimento sono stati impegnativi, ma la Hawkins afferma che la parte più ostica del ruolo stava nel trovare la “voce” di Elisa, senza poter trasmettere fisicamente alcun suono al pubblico. Ha dovuto trovare un modo più primordiale, ma ugualmente efficace, di comunicare, soprattutto perché Elisa è un personaggio con molto da dire.

La Hawkins riflette: “Ho dovuto esplorare tutte le relazioni, molto differenti, che il personaggio ha con persone molto diverse: Giles, Zelda, Strickland e la creatura, ciascuna con un’alchimia diversa, ma le ho dovute affrontare senza poter parlare, sapendo che l’emozione doveva essere completamente autentica e veritiera.”

Raggiungere parte di quella autenticità, significava scavare nel motivo per cui Elisa rischierebbe tanto per una creatura il cui passato le è ignoto, la cui stessa esperienza della vita è un mistero e scavare nei valori che l’amore scatena in lei. La Hawkins dice: “Lei decide che nulla la possa arrestare. Non appena percepisce la loro connessione, capisce che non provare ad aiutare la creatura sarebbe come morire, ormai ha conquistato il suo cuore e non c’è nient’altro che possa fare. Lei sa solo che se ne deve occupare, e quando sei in quello stato mentale, penso che nulla possa fermarti.”
Elisa va oltre ciò che avrebbe potuto immaginare. “Penso che lei stessa resti sorpresa dalla sua risolutezza.” -osserva la Hawkins- “Diventa qualcuno che non pensava di essere, e vede tutto quello di cui è capace.”
Il crollo del mondo di Elisa inizia quando per la prima volta spia la creatura durante il trasporto e si rende immediatamente conto che c’è qualcosa di vivo all’interno. Si conoscono poche cose sulla creatura, solo che probabilmente è l’ultimo della sua specie, che gli indigeni dell’Amazzonia lo adoravano, che ha una meravigliosa struttura polmonare che gli permette di respirare sulla terra, un potenziale aiuto per la corsa allo spazio, che l’esercito sovietico vorrebbe impossessarsene e che, sconvolto dalla sua intelligenza e dalla suo aspetto fisico, l’uomo che lo ha catturato crede che la creatura sia un grave pericolo per l’umanità.

Ma Elisa non vede nulla di tutto questo, quando posa gli occhi sulla sua iridescente bellezza, seppur in catene, per lei è pura solitudine, il che lo rende immediatamente degno della sua attenzione.

IL GELIDO GUERRIERO

L’uomo che ha dato la caccia alla creatura anfibia nelle profondità dell’Amazzonia, con implacabile determinazione, è Richard Strickland, un agente governativo dalla mascella squadrata, retto e ambizioso, che vede la sua insolita cavia come nient’altro che una bestia feroce da manovrare, sottomettendola, e come un biglietto per la sua promozione.

In questo ruolo troviamo uno degli attori più ricercati di oggi: il due volte nominato all’Oscar Michael Shannon, famoso per l’intensità con cui si è impegnato in ruoli psicologicamente complessi in film come TAKE SHELTER, ANIMALI NOTTURNI, MIDNIGHT SPECIAL, REVOLUTIONARY ROAD e 99 HOME.

“Strickland è un uomo completamente intrappolato nella mentalità militare-industriale e sta cercando di salire nella gerarchia. La paranoia della Guerra Fredda è diventata parte di lui.”, spiega Dale.
Del Toro vede Shannon come una persona dai contrasti affascinanti, esattamente quello di cui aveva bisogno per Strickland. “Michael ha l’incredibile precisione di un attore classico inglese, ma allo stesso tempo l’impulsività e l’immediatezza di un attore americano.” -osserva il regista- “È anche capace di dare umanità ai villain più spaventosi. Non volevo che Strickland fosse semplicemente il cattivo, volevo che fosse un uomo per il quale quasi simpatizzi perché lui stesso è vittima del sistema e dei suoi tempi. Volevo che lo vedeste passare attraverso cose che normalmente un villain non deve fronteggiare: dubbi interiori, riflessione e disperazione. Michael ha tutti questi passaggi nel film.”

Del Toro divide con Strickland la consapevolezza di cosa sia attraversare un mondo rigido. “Strickland è un personaggio molto triste secondo me, è un uomo che ha iniziato con piena fiducia nel suo Paese e nel fare la cosa giusta. Poi si rende conto di quanto poco ci voglia per smettere di piacere alle persone e a restare soli. Penso che questa parte sia autobiografica perché il mondo del cinema è esattamente così.” -confessa- “Io stesso sono stato dall’altro lato della conversazione che Strickland ha con il generale.”

L’esca per Shannon è stata la possibilità di intraprendere un viaggio in uno dei complessi universi di Del Toro. “Quando ho incontrato Guillermo, ha detto che questo film era il progetto dei suoi sogni, e ho pensato che sarebbe stato sciocco far passare l’opportunità di far parte del suo progetto dei sogni, visto che è un grande sognatore.”, spiega.

Shannon ha portato Strickland fuori dall’archetipo del G-man anni ’60, duro e mai in discussione. “Penso che Strickland voglia essere forte, invulnerabile e a prova di errore, con quel tipico gung-ho americano [una locuzione mutuata dai marines che sta ad indicare la focalizzazione totale sull’obiettivo, ma che contiene oggi una nota ironica di eccessivamente zelante – N.d.T.], ma è anche travolto da tutto questo. Il guscio esteriore che mantiene richiede molta energia, ma all’interno c’è ansia, dubbio, stress e paura, che vengono alla fine rivelati nel corso del film.”

Lo stress che Strickland sente trova una pericolosa catarsi nel suo approccio con Elisa, che vede come una sorta di servitù di classe inferiore. “Penso che Strickland sia attratto da Elisa a causa della sua vulnerabilità e del fatto che non possa parlare, ma anche perché è il suo esatto opposto. In una realtà alternativa Strickland pensa che forse potrebbe essere più simile a lei, piuttosto che a se stesso “, afferma Shannon.

La collaborazione con la Hawkins ha fatto scintille fin dall’inizio, con i due che modellavano i loro personaggi fino al punto che la tensione tra la leggerezza di Elisa e la paura di Strickland poteva essere tagliata con un coltello. “Sono stato un fan di Sally sin da quando l’ho vista in LA FELICITA’ PORTA FORTUNA – HAPPY GO LUCKY, dove mi ha davvero travolto, quindi ero ansioso di lavorare con lei.” -racconta- “È così impegnativo fare una parte senza battute, eppure è in grado di comunicare ancora più profondamente in questo modo ed è stato incredibile a vedersi.”

Anche la Hawkins ha trovato nel contrasto, una sorta di yin e yang, tra i loro due personaggi una carica creativa. “Elisa riesce a vedere direttamente attraverso Strickland per quello che realmente è, ed è stato un aspetto elettrizzante nella recitazione, soprattutto perché Michael è così terrificante.” -dice- “È come una pentola a pressione che esplode, ma Elisa riesce sempre a tenergli testa e questo ti fa sentire potente.”

Strickland è una minaccia per la stessa esistenza della creatura. “Strickland vede il mio personaggio come un freak e, dato che non mi capisce, e non ci prova nemmeno, mi tormenta.” -racconta Jones- “È un po’ la quintessenza del bullismo: il ragazzo che vede qualcosa che non capisce e vuole prenderlo di petto. Il contrasto interessante nasce dal fatto che Michael è una persona estremamente deliziosa nella vita reale, ma quando si cala nel personaggio riesce a trovarne i suoi lati oscuri come nessun altro attore potrebbe. È così intenso, non so nemmeno se l’ho mai visto strizzare gli occhi!”

Shannon ci parla di come Strickland vede la creatura: “Strickland ha assistito alla cattura della creatura e spera che questo si traduca in grandi cose. Penso che la creatura gli dia un senso di realizzazione, ma la usa anche per sfogare tutti i suoi sentimenti più repressi e velenosi.”

A Shannon è piaciuto soprattutto il legame creativo instaurato con Del Toro. “Guillermo ti porta veramente all’interno del processo creativo, e mi piace il fatto che non smette mai di lavorare. Quando non sta girando, sta al montaggio sul monitor, ascoltando o pensando a qualcosa. Ogni oncia del suo essere è sempre in cerca di qualche opportunità, perché non vuole dare nulla per scontato. Questa è un buon approccio per me, perché la penso allo stesso modo.”

A lavorare a stretto contatto con Strickland è David Hewlett (L’ALBA DEL PIANETA DELLE SCIMMIE) nel ruolo di Fleming, responsabile della sicurezza del laboratorio, che non ha alcuna intenzione di far andare le cose fuori controllo. Come lo descrive Hewlett, “Fleming è una parte fondamentale dell’orribile mondo governativo in cui è incappata questa bella creatura. Penso che Fleming sia in realtà una persona debole perché sta in silenzio mentre intorno a lui le cose vanno male. Pensa di governare il gioco, ma in realtà è un incapace.”

Hewlett ha apprezzato particolarmente lo stretto legame che si è formato tra gli attori. “Octavia è un vero motorino e io sono un vero idiota con il suo personaggio, tra l’altro lei è così divertente in ogni scena che è stata una vera sfida per me non sorridere durante le riprese.” -commenta- “Sally era di un’altra categoria, mi ferisce quasi vederla. E poi c’è Shannon che è in grado di rendere ogni suo singolo momento sullo schermo interessante e terrificante.”

GLI ALLEATI DI ELISA

Una volta che Del Toro aveva deciso di scrivere una storia d’amore, i personaggi hanno preso forma: Elisa e i suoi due veri amici, Giles e Zelda, li ha avuti sempre in mente. “Per me i tre insieme costituiscono un unico personaggio, come se fossero diverse parti dello stesso cervello. Tutti e tre vivono ai margini e sono invisibili per motivi diversi: uno per la razza, uno per l’orientamento sessuale, uno per la disabilità; però poi si uniscono per la creatura. Al laboratorio pensano di combattere delle potenti spie sovietiche, ma amo il fatto che stiano effettivamente combattendo due donne delle pulizie e un artista gay.”

Prima che Elisa incontri la creatura, la sua solitudine era tenuta a bada dal suo vicino e più caro amico del mondo, Giles, un pubblicitario altrettanto solitario e amante dei musical cinematografici, che si trova a passare un momento difficile. Il personaggio, silenziosamente, mostra una forza crescente grazie all’interpretazione del candidato all’Oscar Richard Jenkins (L’OSPITE INATTESO, BLOOD STORY, OLIVE KITTERIDGE), che dice di aver accettato non appena ha visto la possibilità di far parte di “una bella, bellissima storia”.

Jenkins ha apprezzato soprattutto la sua prima opportunità di lavorare con Del Toro. “Per me è come un vecchio maestro con un vocabolario tutto suo, come nessun altro con cui ho lavorato prima.” -aggiunge l’attore- “Crea storie che senti reali, ma che hanno quel quid in più, qualcosa che parla della vita, dell’arte e dell’amore. È unico e per questo tutti nel gruppo erano pronti a gettarsi nel fuoco per lui.”

Del Toro aveva la sensazione viscerale che in Jenkins ci fosse di più di quanto si fosse visto nei suoi film. “Sentivo che sarebbe potuto essere non essere solo un attore in grado di mettere in scena un grande personaggio, ma anche un vero leader. Per Giles, avevo bisogno di qualcuno di grande eleganza, qualcuno, la cui simbiosi con Elisa fosse una seconda natura. Non sono amanti, ma si amano e si proteggono l’un l’altro, sono semplicemente due spiriti affini che sanno di appartenere al mondo come un tutt’uno.”, descrive il regista.

Essendo gay negli intolleranti anni ’60, Giles ha pochi modi di esternare la sua vita emotiva interiore, che è stata la chiave per entrare nella pelle di un personaggio che affronta sempre così tranquillamente quello che accade intorno a lui. “Ho detto a Richard che volevo che Giles fosse qualcuno nascosto e sfuggente, un uomo forte in una posizione vulnerabile.” -spiega Del Toro- “E lui è stato esattamente così, completamente nella parte, facendola uscire dal suo intimo.”

Con Giles frustrato da una carriera artistica apparentemente senza sbocchi, la sua valvola di sfogo sono i musical cinematografici dell’Era d’Oro, un periodo che ormai stava svanendo nel 1962, ma ai cui resti Giles da la caccia regolarmente in televisione, portandosi dietro Elisa. “Penso che Giles ami l’idea di un perfetto mondo di fantasia.” -osserva Jenkins- “Di fatto non dipinge più come artista, ma solo per cercare di darci un taglio finale, per cui ora sono i musical il mondo in cui si riconosce. Ecco perché il viaggio di Elisa, diventa anche per lui un viaggio salvifico.”
Infatti quando Giles incontra la creatura, il fuoco creativo che era sopito, si riaccende. “La creatura ha un effetto su tutti quelli con cui entra in contatto.” -osserva Jenkins- “Con Giles c’è una scintilla per il suo amore per l’arte perché, ovviamente, vuole dipingere questo essere notevole e misterioso.”

Jenkins ha adorato lavorare con la Hawkins, specialmente perché avevano questa particolare forma di comunicazione tra un uomo, che voleva disperatamente parlare con qualcuno, e una donna muta. Della Hawkins racconta: “Questo è il suo film e non posso pensare a nessun altro che avrebbe potuto recitare questa parte. Penso anche che non abbia alcuna idea di quanto sia brava.”
La Hawkins ha sentito altrettanto trasporto verso Jenkins. “Ho sempre voluto lavorare con lui.” -racconta- “L’ho trovato intelligente e libero. Ogni scena è diversa con Richard, ogni volta, ma ogni volta è fantastico. E’ riuscito a toccare qualcosa di così vulnerabile in Giles… la sua voglia di scendere in profondità è stata una grande gioia per me.”

L’unica altra persona con cui Elisa si confida è la sua collega Zelda, una donna delle pulizie che lavora da tempo nel laboratorio, che si è avvicinata a Elisa non solo per comprenderla, ma anche per spettegolare, condividere e fare comunella. In questo ruolo di confidente di Elisa, c’è Octavia Spencer, vincitrice dell’Academy Award per il suo ruolo di comprimaria in HELP, e recentemente nominata per aver rappresentato la biografia della matematica della NASA Dorothy Vaughan in IL DIRITTO DI CONTARE.

Era lo sguardo della Spencer che Del Toro aveva in mente quando scrisse la parte per lei. “L’espressione degli occhi per me è fondamentale quando faccio il casting, perché il 50% della recitazione è ascoltare e guardare. Ogni personaggio di questo film ha un certo modo di guardare e ho sentito che avevo bisogno di Octavia.” -spiega il cineasta- “Ha uno sguardo molto potente, è così umano e rappresenta il meglio di quello che significa essere umani con il suo coraggio, la sua forza e la sua intelligenza. Quando Octavia ti guarda ti senti come si ti avessero perdonato tutti i tuoi peccati.”
Quando ha letto lo script, Zelda ha colpito l’immaginazione della Spencer, specialmente perché era una donna che avrebbe avuto poco potere, rappresentatività o riconoscimento in quei tempi, ma dimostra di avere una inattesa vena eroica. “Una delle cose belle di questo film è che tratta di persone invisibili, che sono pronte ad aiutare. Anche in mezzo a tutti questi intrighi governativi, spie, scienziati e la creatura, penso che sia molto interessante che al nocciolo della storia ci sia un gruppo di donne delle pulizie.”, sottolinea la Spencer.

La Spencer ha sfruttato i punti di forza di Zelda che vengono mostrati nel corso del film. “Zelda ha delle opinioni ben definite e non ha problemi a esprimerle.” -spiega l’attrice- “Direi che se Elisa è il cuore del film, Zelda rappresenta i muscoli, quantomeno all’interno del loro mondo delle pulizie.”

C’è anche una simbiosi tra Zelda e Elisa, con ognuna che supporta il lato debole dell’altra. “Il mio personaggio parla sempre, mentre Elisa usa silenzio. Insieme siamo diventati un tutt’uno più forte, e con Sally tutto è accaduto in modo molto semplice.”, dice la Spencer.

La Hawkins e la Spencer sono amiche anche fuori dal set, una cosa che si è riflessa perfettamente sul tacito affetto tra Elisa e Zelda. “Octavia è una cara amica, quindi è stato naturale e normale avere questo rapporto con leri.” -afferma la Hawkins- “Octavia è super intelligente e molto, molto divertente e mi piace che non abbia fatto di Zelda un cliché. Invece il suo incredibile cuore traspare mentre vedete Zelda portare avanti la sua trasformazione.”

Per il suo incontro iniziale con la creatura, la Spencer ha evitato persino di guardare i disegni preparatori, voleva che la sua reazione fosse spontanea. “Guillermo era così eccitato di mostrare a tutti i bozzetti della creatura, ma non volevo vedere nulla finché il mio personaggio non avesse dovuto incontrarla. Mi piace provare le cose direttamente sul momento.” -spiega- “Quando l’ho finalmente vista, era… wow, con le gambe e le branchie sembrava incredibilmente reale.”

La creatura spaventa abbastanza Zelda da farle mantenere la distanza, anche quando esercita un fascino magnetico su Elisa. “Credo che la maggior parte delle persone tema l’ignoto.” -osserva la Spencer- “Inoltre Zelda vuole assolutamente tenersi il suo lavoro, sa che il personale di pulizia non dovrebbe prestare attenzione ai segreti. Così cerca di ignorare la creatura, vedendola più come una cosa che come una persona, finché non si rende conto che la sua amica ne è innamorata, il che cambia tutto.”

Un terzo personaggio, con un ruolo più ambiguo, nella vita di Elisa è il dottor Robert Hoffstetler, il biologo marino incaricato di studiare la particolare struttura polmonare della creatura. In un modo o nell’altro si accorge del legame, seppur nascosto, di Elisa con il prigioniero top secret del laboratorio, ma ne travisa le intenzioni.

Per ritrarre l’uomo di scienza diviso tra il dovere, il Paese e la sua ammirazione per la creatura, è Michael Stuhlbarg, conosciuto per una miriade di ruoli tra cui: il film dei fratelli Coen A SERIOUS MAN, BLUE JASMINE di Woody Allen, STEVE JOBS di Danny Boyle e la serie Boardwalk Empire della HBO.

Dopo averlo visto in molti di questi, Del Toro si era appuntato il nome di Stuhlbarg come quello di qualcuno con cui avrebbe voluto lavorare. “Ho visto in lui la capacità di trasformarsi da assassino a santo fino a figura tragica, e sapevo di poter creare un personaggio sfaccettato come Hoffstetler, che da un lato è una spia molto capace e dall’altro un scienziato compassionevole e altruistico, capace di sacrifici reali.” -spiega- “È l’uomo con i principi più saldi perché si prende un enorme rischio per fare quello che ritiene giusto.”

Hoffstetler è preso tra l’incudine e il martello. “Ha una storia complicata.” -spiega Stuhlbarg- “Per lui la scienza viene prima di tutto, e per questo resta affascinato dalla creatura, penso anche che se ne innamori in un certo qual modo. Sono entrambi dei solitari e forse se ne rendono conto a vicenda.”

Per dare a Stuhlbarg molto su cui lavorare, Del Toro gli ha dato un corposo dossier su Hoffstetler. “Guillermo mi ha scritto questa bellissima biografia di chi pensava fosse quest’uomo. È partito dalla sua giovinezza in Russia, il tipo di formazione che avrebbe dovuto avere per raggiungere la sua posizione e anche la sua passione per le scienze marine.” -racconta Stuhlbarg- “Si è trovato preso in mezzo tra i sovietici e gli americani, che si preoccupano più di impedire l’uno all’altro di prendere questa magica creatura che di apprendere qualcosa su di lei. Ma Hoffstetler capisce che quello che gli interessa maggiormente è salvare la vita della creatura.”

Stuhlbarg non conosceva il russo, il che ha portato a una serie di lezioni in full-immersion in quello che è considerato come uno dei linguaggi più complessi al mondo da padroneggiare. “Avrei effettivamente dovuto prendere lezioni di russo per sei settimane all’università così da poterlo usare un po’ qui e un po’ là quando recitavo. Sono diventato un po’ più abituato alla sua cadenza e al suo ritmo, ma è stato un lungo processo di apprendimento. Quando è iniziata la produzione sono stato uno dei primi personaggi a dover girare una scena con dei dialoghi… ed era in russo, quindi ho avuto subito la prova del fuoco. Mi ci sono buttato dentro ed è andata. Sono stato felice di aver potuto trovare anche una strada per il personaggio Hoffstetler grazie a questo.”

IL CUORE DELLA CREATURA

Ad assumere quel ruolo al confine tra uomo, animale e mito è Doug Jones, che, per dar vita ala creatura, ha utilizzato sia un costume protesico progettato minuziosamente all’uopo, sia la sua straordinaria abilità espressiva. Jones ha lavorato ripetutamente con Del Toro, grazie proprio alle sue peculiari abilità che gli hanno consentito di incarnare le sue creazioni. Jones era l’indimenticabile uomo pallido nel LABIRINO DEL FAUNO, Abe Sapien nella serie HELLBOY e un antico vampiro in “The Strain”, ma, come per la Hawkins, non avrebbe mai immaginato di essere al centro di una storia d’amore.

Dice la Hawkins di Jones: “Doug ha una recitazione così geniale e bella che è l’ideale per esplorare una situazione così delicata. Siamo due specie diverse che si innamorano, ma la cosa deve essere reale e credibile. Fortunatamente non avrei potuto fare a meno di innamorarmi del modo come Doug ha incarnato questo ruolo.”

Non c’era mai stato il minimo dubbio nella mente di Del Toro, sul fatto che Jones sarebbe stata la creatura. “Abbiamo lavorato insieme per 20 anni e ha avuto alcuni dei ruoli più importanti dei miei film.” -osserva Del Toro- “È una delle poche persone in grado di impersonare una creatura che, allo stesso tempo, è anche un attore drammatico a tutto tondo; di solito queste due qualità sono separate, ma Doug le possiede entrambe. È un attore fantastico con o senza trucco.”

Del Toro aggiunge: “Se non hai un attore all’interno del costume della creatura, non hai un film, e Doug non è un figurante, è un attore. Penso a quando la creatura entra nel cinema e ti rendi conto che non ha mai visto un film prima, questi sono momenti attoriali. Mi ricordo anche quando prima che Richard Jenkins facesse la scena nel bagno, dove stava cercando di capire la creatura, come fosse preoccupato di dover recitare parlando a un costume da mostro. Quando abbiamo finito Richard si è avvicinato a me e mi ha detto: ‘Nel momento in cui hai detto azione, mi sono trovato di fronte a un antico dio acquatico.’ Riusciva a percepire tutto il dolore e la confusione della creatura attraverso Doug.”

L’unico modo per Jones di calarsi nella parte, era trovare una specie di empatia alimentata dall’immaginazione, cercando di intuire nel suo intimo come potrebbe essere la vita per una creatura anfibia molto intelligente, a cui hanno dato la caccia, per poi trascinarla via dalla sua casa per essere studiata da una specie aliena. “È molto, molto, solo perché è l’ultimo della sua specie.” -spiega Jones- “Non è mai stato fuori dal suo fiume, quindi non capisce dove sia o perché. E’ stato sottoposto a test e biopsie solo perché il governo pensa: ‘potremmo usarlo a nostro vantaggio in qualche modo.'”
Ma c’è molto di più nella creatura di ciò che gli agenti governativi riescono a vedere. Jones percepisce questo personaggio enigmatico come un essere con il potere unico di riflettere i desideri delle persone. “Anche se è uno scherzo della natura, ha una sorta di qualità angelica.” -osserva- “Arriva nelle vite delle persone e sembra esporre e amplificare tutto i tumulti interiori degli esseri umani.”
Mentre entra nella vita di Elisa, le emozioni emergono per entrambi. “La loro comunicazione è necessariamente senza parole, interamente basata sulla vista e le sensazioni.” -racconta Jones- “Entrambi i personaggi sono fuori dal loro elemento, in un mondo più grande di loro, ma quando sono insieme tutto scompare.”

Per i movimenti fisici, Jones ha usato un’immagine che Del Toro gli aveva dato su cui basarsi: “Ha detto che la creatura avrebbe dovuto avere il portamento sexy e pericoloso di un toreador, ma con la fluidità di Silver Surfer.”

Una volta che ha iniziato a lavorare con la Hawkins, provando per un mese prima dell’inizio delle riprese, i loro personaggi si sono trasformati da astratti in reali. “È stato meraviglioso esplorare con Sally quanto ci si possa dire l’un l’altro senza alcun dialogo.” -dice Jones- “E poi ti rendi conto di come la potenza del loro amore ispiri Elisa a combattere il sistema, uscendo dalla sua zona di comfort.”

La loro scena d’amore ha portato anche Jones fuori dalla sua zona di comfort, infatti ammette che non avrebbe mai immaginato di fare una scena di sesso, non importa quanto artificiale, con indosso un costume da mostro, lo ha comunque portato in un contesto di pura comunicazione fisica. “In quella scena, sto pensando come un essere che non ha mai sperimentato prima il toccarsi o l’intimità. Sia lui che Elisa stanno vivendo questa esperienza per la prima volta, quindi si tratta di un’innocenza unica.”

Jones ha apprezzato particolarmente l’incrollabile fiducia instaurata con la Hawkins. “Abbiamo entrambi dei personaggi non convenzionali, senza precedenti, e questo ci ha uniti.”, osserva. Quando la cinepresa girava, la loro connessione era palpabile. “Mi sarei perso così tanto a guardare Sally, che avrei rischiato di dimenticare quello che stavo facendo. C’è qualcosa di così reale, così primigenio in Sally, che sentivo per lei le stesse cose della creatura.”

Octavia Spencer, che impersona Zelda l’amica, nonché compagna di lavoro, di Elisa, ricorda l’imprevista emozione di vedere il girato di Elisa e della creatura che interagiscono per la prima volta: “Era così bello e toccante, e non mi aspettavo che avrei reagito in quel modo… ho iniziato a singhiozzare guardandolo. ”

L’UOMO ANFIBIO: LA CREAZIONE

Prima di questo, sullo schermo sono apparsi degli ibridi uomini-pesce o sirene compreso l’Abe Sapien dello stesso Guillermo Del Toro in HELLBOY, ma per la creatura di THE SHAPE OF WATER, Del Toro voleva lasciarsi indietro tutti i precedenti. Immaginava di sollevare l’asticella a un nuovo livello di realismo, creando un essere di tale plausibilità biologica, da poter ispirare la folle passione di una donna umana.

Tre anni prima di iniziare a girare THE SHAPE OF WATER negli studi di Toronto, Del Toro assunse Guy Davis e Vincent Proce per iniziare il lavoro di progettazione del laboratorio e del cilindro dell’acqua. L’anno seguente ha assunto, a sue spese, due scultori, David Meng e Dave Grosso, per iniziare a lavorare alla progettazione della sua creatura – pesce e del laboratorio Bleak House.
Del Toro era così determinato nel realizzare la creatura nel modo giusto, cha ha ne ha finanziato lo studio preparatorio di tasca sua, spendendo centinaia di migliaia di dollari in un processo che ha richiesto circa 9 mesi di lavoro. “Sapevo di volere una creatura realistica, ma allo stesso tempo bellissima, un accoppiamento piuttosto difficile da ottenere.” -confessa Del Toro- “Sapevo che ci sarebbe voluto molto tempo, quindi non l’avevo nemmeno inserito nel bilancio del film. Questo è stato veramente il progetto creativo più difficile che abbia mai fatto.”

Ha iniziato riunendo un gruppo di artisti professionisti, specializzati nel dare vita all’immaginario, tra cui Shane Mahan della Legacy Effects, uno straordinario creatore e supervisore di effetti visivi noto per il suo lavoro, che gli è valso anche dei premi, dando vita al supereroe IRONMAN e lsvorando su PACIFIC RIM; e Mike Hill, un famoso scultore specializzato in modelli ultra-realistici di mostri dai classici film horror, tanto che ha lavorato su film come WOLFMAN, APOCALYPTO e MEN IN BLACK 3.

La squadra ha lavorato instancabilmente partendo dai bozzetti, passando ai maquette [modelli in 3D – N.d.T.], fino al modello finale del costume della creatura che ha poi trasformato Doug Jones. Il commento della Hawkins su quello che hanno ottenuto è stato: “Sento che la creatura è una delle cose più belle che abbia mai visto. Dovevo reagire a qualcuno per il quale Elisa si sentiva attratta, e grazie al loro lavoro, è stato naturale. Non ho proprio visto Doug affatto, ho visto questo esemplare incredibile e misterioso. Alcuni potrebbero vedere un mostro, ma Elisa vede tutt’altra cosa ed è questo quello con cui si confronta.”

Del Toro aveva il suo modo di verificare se il design fosse abbastanza attraente. “Ogni notte l’ho portato a casa e mi sono fatto dare un giudizio al femminile: abbastanza culo o non abbastanza culo, abbastanza tartaruga o più tartaruga, spalle più grandi o più sottili? Doveva solo essere una creatura di cui ti potessi innamorare.”

L’ispirazione iniziale per la creatura è venuta direttamente dalla natura, con la sua pelle bioluminescente, gli occhi stratificati e le labbra forti che si fondono in una liscia forma umanoide. Per quelli che amano scolpire nuove forme di vita, la possibilità di creare qualcosa di così originale è stata folgorante.

Racconta Shane Mahan: “L’idea fin dall’inizio era quella di spingersi su una forma di vita acquatica millenaria, e renderla come una creatura marina vivente, colorata con delle tinte cangianti fosforescenti, un po’ come un pesce tropicale, ma in una interessante forma umana.”

Volendo qualcuno in grado di riuscire a portare in porto l’intero processo, Del Toro ha reclutato Hill, appena reduce dal pauroso successo della sua personale di sculture di mostri a una convention di film horror. “Mike ha una connessione con i mostri che è sconcertante e ho pensato che avremmo avuto bisogno di quel livello di intuizione.” -dice il regista- “La difficoltà con questo progetto è che non stavamo semplicemente scolpendo una creatura, ma stavamo dando forma a un protagonista.”

Hill ricorda la missione che Del Toro gli aveva affidato: “Ha detto che voleva che io dessi un’anima alla creatura. Voleva che fosse qualcosa per cui una donna potesse perdere la testa assolutamente. Così ho iniziato a disegnare una versione di un uomo di pesce molto attraente, dandogli delle labbra da baciare, una mascella squadrata e uno sguardo tenero, sono partito da lì.”

Il processo è stato così intenso che Hill ha trascorso giorno e notte collaborando con Del Toro su sculture in argilla, ogni volta abbozzandole, scolpendole e rivedendone la forma più e più volte. “Dopo settimane, settimane e ancora settimane di bozze in argilla, finalmente l’abbiamo trovato.”, ricorda Del Toro.

La creatura è stata così reinventata in una forma più vigorosa. “Volevo renderla un po’ più arabeggiante e, dato che Doug è così magro, ho pensato di sfruttare questa cosa e non farla troppo massiccia.”, spiega Hill.

Hill e Del Toro, per questo lavoro, hanno esaminato una tale quantità di pesci, da acquisire una cultura enciclopedica in materia. “Volevamo che sembrasse qualcosa che potresti vedere spiaggiato sulla riva e che di primo acchitto ti farebbe pensare: oh, sembra una specie di pesce, quindi era importante utilizzare colori realistici di pesci familiari alle persone.”, dice Hill.

L’incantevole pesce leone tropicale, una creatura velenosa, dai colori vibranti, nativa del Pacifico, è diventato il modello di come la creatura avrebbe mangiato, ovvero con la sua membrana interna che permette al pesce di ingoiare il cibo a tempo di record. Hill ha anche rivolto la sua attenzione al mondo naturale per la bioluminescenza traslucida della creatura. “Le persone con gli acquari sono spesso attratte da quei pesci che brillano, quasi trasparenti, quindi volevamo riprendere quell’idea.” -spiega- “In seguito i ragazzi della Legacy hanno avuto l’idea di creare in un abito opaco che è risultato fantastico.”

Anche con i modelli in argilla completati, eravamo solo a metà del lavoro. Il passo successivo era altrettanto difficile: trasformare i modelli in una serie di vestiti in lattice in cui un essere umano poteva muoversi liberamente. La Legacy ha trasformato le maquette di Hill in un’immagine digitale ingrandita, che poi abbiamo scolpito ulteriormente, incidendo più muscolosi e vene. Abbiamo iniziato anche a lavorare sugli elementi del viso della creatura, in particolare sugli occhi. Ricorda Mahan: “Una delle prime conversazioni verteva sul fatto che Guillermo voleva che gli occhi fossero intercambiabili sul set, per variare l’umore o l’aspetto della creatura. Dato che non potevamo rimuovere il trucco di Doug per cambiarli, abbiamo deciso di utilizzare un sistema magnetico per agganciare gli occhi, era l’unica soluzione. Quando avremmo girato, avremmo potuto cambiare gli occhi quattro o cinque volte a notte.”

Sono stati i particolari apparentemente più insignificanti, come ad esempio creare un set di branchie funzionanti, che hanno richiesto un’enorme quantità di tempo e pianificazione. Mahan dice: “Le branchie sono state particolarmente impegnative, perché in alcune scene avevamo a che fare con molta acqua, ma sono state anche entusiasmanti, perché danno alla creatura un ulteriore modo di reagire senza le parole e abbiamo potuto usare il respiro di Doug per valorizzare emozioni come eccitazione, rabbia o affetto.”

Man mano che le prime versioni del costume venivano messe da parte, Del Toro faceva da costante forza trainante per il team della Legacy. “Ha una passione per il nostro lavoro che è contagiosa.” -dice Mahan- “Ci si incontrava in qualsiasi momento, un venerdì sera sul tardi o una domenica ed era coinvolto in ogni passaggio. È molto raro trovare quel tipo di interesse in una persona così colta, ma per noi quel tipo di ossessione è un’ispirazione. Si finisce per investire sempre di più nel renderlo il migliore possibile.”

Alla fine sono stati realizzati quattro spettacolari vestiti particolarmente complessi, ognuno in grado di lavorare in acqua. Dice Del Toro: “Shane e l’intera squadra della Legacy sono stati dei partner incredibili nel design. Sono stati fondamentali per sviluppare il colore, risolvere i problemi logistici e conciliare il tutto con la bellezza del design che Mike e io abbiamo realizzato, producendo qualcosa che sarebbe stato veramente funzionale.”

Meticolosamente costruito, il costume si è dimostrato una sfida quotidiana per Jones, che doveva non solo imparare a viverci, ma si sarebbe dovuto anche innamorare indossandolo. La Legacy lo ha reso il più flessibile possibile, anche se restava ancora una sorta di morsa costrittiva. “Il costume è strettissimo e dentro ci sono dei veri corsetti per renderlo ancora più aderente. Ma abbiamo segmentato le piastre addominali in modo da farle spostare e consentire un po’ di movimento. Non è un pezzo unico, quindi permette i leggeri movimenti che la storia richiede a Doug.”, dice Mahan.
La vestibilità ‘a pelle’ e la natura atletica dei movimenti con il vestito indosso, hanno spinto Jones a “ottenere la migliore forma della mia vita” all’età di 56 anni, ci racconta. “Sapevo che questo sarebbe stato il mio ruolo più impegnativo fisicamente, ed è stata la molla che mi ha spinto. Solo indossare la tuta, che è in schiuma di gomma e silicone, ed è progettata per ritornare sempre nella posizione in cui è stata creata, è stato un lavoro faticosissimo. Ogni movimento è come fare una seduta di push-up o pull-up.”

L’ampia trasformazione di Jones significava anche passare dalle due alle quattro ore al giorno al trucco. In alcune scene era completamente accecato dalle protesi oculari. Inoltre ci volevano 4 persone per sollevare Jones all’interno del vestito e farglielo indossare. “E’ stata una commedia quotidiana, di spingere, tirare e versare talco per bambini, oltre a far leva, spostare, chiudere zip e automatici mentre quattro omoni mi tiravano braccia e gambe.”, ride Jones.

DARE FORMA AGLI EFFETTI VISIVI

Il supervisore agli effetti visivi del film, Dennis Berardi, un collaboratore regolare di Del Toro, è diventato un altro partner fondamentale nel dare piena vita alla creatura. Quando Berardi ha letto THE SHAPE OF WATER è rimasto travolto dai sentimenti e anche dall’eccitazione, per ciò che aveva davanti. “Ho potuto immaginare come la mia squadra avrebbe potuto dare un reale contributo alla componente emotiva del film e ho voluto esserci.”, ricorda.

Berardi ha iniziato creando una copia digitale di Doug Jones nella tuta prostetica. “Guillermo voleva che la creatura fosse in grado non solo di emozionare come Doug, ma anche di muoversi sott’acqua in un certo modo, quindi abbiamo dovuto fare un sacco di prove di movimento con il nostro team di animazione per il nostro Mr. X e siamo arrivati al punto in cui potevamo creare una versione digitale della creatura, in grado di replicare la bella performance di Doug.”, dice.

La creazione dei movimenti subacquei è stato un intenso processo di ricerca che ci ha portato ad osservare non solo i nuotatori olimpici, ma anche specie acquatiche come gli squali, le pulcinelle di mare, le lontre e i pinguini. “Abbiamo osservato qualsiasi cosa che si muovesse con grazia nell’acqua, per fondare tutto su una base reale.”, spiega Berardi.

Il risultato è stato uno specchio digitale che rifletteva la potente recitazione di Jones aggiungendo la dimensione di una creatura che non esiste, il reale e l’irreale che si allineano in sincrono; Berardi ha anche giocato con i colori della creatura, cambiandoli il linea con il suo umore. “La nostra speranza è che il pubblico non sia in grado di distinguere tra la versione digitale della creatura e Doug Jones. La performance di Doug ha dato forma alla nostra animazione e penso che la nostra animazione abbia a sua volta influenzato come Doug è stato fotografato. Se il pubblico non riuscirà a distinguerli, saremo riusciti nel nostro intento.”, dice Berardi.

La conoscenza enciclopedica di Del Toro della storia cinematografica, in particolare quella dei ‘monster-movie’, è stata una risorsa costante. “Conosce le creature come il dorso della sua mano.” -afferma Berardi- “Non posso mostrargli un riferimento a un qualche film, che può dissezionare il metodo usato per creare il mostro. Questo gli dà la capacità unica di spiegarti ciò che vuole, basandosi sulle cose che ha visto e su quello che immagina. Ti dà un’ispirazione magica, poi ti sfida a portare le tue idee al tavolo, una cosa molto gratificante.”

GIRANDO L’IRREALE PER IL REALE: LA FOTOGRAFIA

L’atmosfera oscura di THE SHAPE OF WATER fa calare il pubblico nelle profondità della storia e, per ottenere questa visione, voluta da Del Toro, è stato fondamentale l’apporto della fotografia creativa di Dan Laustsen. “L’effetto finale della creatura è ottenuto con la luce.” -sottolinea Del Toro- “Se non fosse stato per il Direttore della Fotografia, non avrebbe funzionato. Dan inoltre sa che non si tratta solo delle luci principali, di quelle incrociate, di quella che stacca dallo sfondo e così via, non è una questione di tecnica, si tratta di emozioni. Penso che tutti i grandi fotografi siano emotivi, un grande direttore della fotografia è come un direttore d’orchestra, trasmette le emozioni con la luce invece che con la musica.”

Laustsen si ricorda che, mentre leggeva la sceneggiatura, si domandava ad alta voce: “Ma perché dobbiamo girare questo?” -e poi continua- “Ma poi ne ho parlato con Guillermo e la sua visione era così forte, che ho iniziato a credere che fosse possibile. Questo film è stato per me sia una grande sfida che un’esperienza fantastica.”

Il silenzio pieno di comunicazione tra i due protagonisti del film, è stata una delle cose ha solleticato di più Laustsen. “Quell’idea di due personaggi muti che entrano in contatto profondamente, è molto cinematografica.”, afferma. Altrettanto d’ispirazione è stata l’idea di utilizzare una sorta di liquidità visiva per rendere l’intera narrazione fluente e scorrevole come l’acqua. “Tutto è in movimento nel film.” -descrive Laustsen- “Guillermo voleva un sacco di movimenti di camera, e gli piace che siano molto precisi, quindi abbiamo lavorato con tutti i tipi di gru, dolly e steadicam, ed è stato molto emozionante.”

Laustsen ha utilizzato l’amata cinepresa digitale Arri Alexa, utilizzando lenti Arri / Zeiss Master Prime che consentono la massima precisione. Spiega: “Guillermo vuole immagini ultra definite dove tutto è nitido e con questa combinazione puoi vedere bene i dettagli.”

All’inizio, Del Toro e Laustsen hanno ipotizzato di girare il film in un classico bianco e nero, ma poi sono tornati sui loro passi, e entrambi concordano di come sia stata una decisione chiave. Lavorando invece con tonalità monocromatiche, hanno spostato meticolosamente la luce e la texture per creare un look più moderno, anche se desaturato e pieno di toni di profondi toni marini. Spiega Del Toro: “Sapevo che volevo che il film fosse monocromatico, quindi la maggior parte della tavolozza è di blu e verdi con dell’ambra a controbilanciare. Il rosso è presente solo come il colore del sangue e dell’amore.”

Un’illuminazione, che era quasi un disegno architettonico, è stata il fulcro del lavoro. “Dan è un genio con le luci.” -riflette Del Toro- ” È stato in grado di illuminare il film, come se fosse una pellicola degli anni ’50 in bianco e nero, anche se abbiamo usato il colore. La luce è molto espressiva e piena di ombre, credo dia la sensazione di essere molto classico.”

L’illuminazione è stata particolarmente importante quando si è trattato di girare le scene con la creatura. “Non è davvero un personaggio terrificante, piuttosto è affascinante e la cinepresa è affascinata da lui.” -dice Laustsen- “È un animale? Potreste definirlo una persona? Per quanto riguarda la fotografia doveva essere illuminato con molta, molta attenzione, perché, ovviamente il pubblico vorrebbe vederne tutte le sue parti, ma noi volevamo mantenerlo un po’ avvolto nel mistero.”

Per alcune delle sequenze subacquee Laustsen ha utilizzato la vecchia scuola, utilizzando la tecnica di girare “asciutto per bagnato”, ovvero creando solo l’illusione dell’acqua. Ciò ha comportato l’utilizzo di molto fumo, macchine del vento e proiezioni per creare un’atmosfera sgocciolante e pulsante che sembrasse acqua, consentendo allo stesso tempo agli attori di lavorare con gli occhi aperti, fondamentali per le loro espressioni. Racconta Del Toro: “Abbiamo fatto molte ricerche su come fare la tecnica “asciutto per bagnato”: da quanti fotogrammi al secondo utilizzare a come realizzare delle particelle galleggianti. Sapevamo che la chiave era creare una proiezione video di luce graffante sui personaggi che li avrebbe resi molto melodrammatici.”

Ricorda Doug Jones: “Quando abbiamo girato le scene “asciutto per bagnato”, Sally e io recitavamo nella nebbia con delle luci che ci zigzagavano intorno come onde. Era abbastanza insolito, ma quando ho rivisto il video, mi son detto: ‘Dannazione, sembra reale!’.”

Anche la vera acqua ha giocato un ruolo nelle sequenze in bagno, il che ha significato un lavoro impegnativo con le cisterne. Riassume Laustsen: “La ripresa subacquea è sempre una grande sfida, soprattutto per la mancanza di comunicazione, ma la parte subacquea è stata davvero la minore delle nostre preoccupazioni in quelle scene. Volevamo soprattutto che Elisa fosse incredibile e che la creatura fosse un po’ paurosa, facendo si che tutta la cosa fosse molto, molto romantica.”

L’ASPETTO DELL’ACQUA: IL DESIGN

Del Toro è tanto un costruttore di mondi, quanto un regista e, per la THE SHAPE OF WATER, il mondo che voleva creare era una miscela dell’America della Guerra Fredda, patinata da una leggenda senza tempo. Il design era ambizioso. Anche se Elisa conduceva una vita silenziosa e quasi invisibile, si muoveva comunque attraverso un ambiente epico: dal laboratorio segreto governativo dove lavora, all’appartamento immerso in una luce tremolante, al cinema dove proiettano film di serie B, fino giù alle coste del Maryland, dove il film raggiunge il suo climax. Come per la fluidità della cinepresa, le caratteristiche del design presentano curve e serpentine che si contrappongono a un mondo in cui le linee rette possono essere disegnate anche nelle menti degli uomini.
Racconta J. Miles Dale: “Guillermo è innegabilmente un grande visionario. Dal set, ai costumi alle riprese, nessun dettaglio è troppo piccolo per sfuggire alla sua attenzione ed è questo che tanto piace ai designer. Con Paul Austerberry il processo creativo è iniziato presto, progettando il laboratorio, l’ufficio e la casa di Strickland, poi gli appartamenti di Elisa e Giles e il bagno che diventerà così importante per la storia. Ha passato molto tempo sulla tavolozza dei colori ed è stato lo stesso con i costumi di Luis. Guillermo ha sempre delle idee molto precise sui colori e sulle trame da utilizzare e Luis ha seguito queste indicazioni, coordinandosi con Paul e Dan per tutto il tempo.”

Per Del Toro, portare a bordo Austerberry, che sta lavorando anche su PACIFIC RIM: UPRISING, di prossima uscita, era un must. “Mi sono innamorato del fatto che Paul ha un’idea molto chiara del design, il che significa che potrebbe controbbattere su qualsiasi cosa. Gli ho parlato delle mie nuove idee,” -dice Del Toro- “ma anche se Paul ha grandi idee, è anche uno molto pratico e questo è stato importante perché questo è un film su larga scala, con set complessi e scene subacquee. Doveva essere in grado di orchestrare e gestire tutto questo.”

Ricerca e realismo sono stati i due capisaldi del lavoro di Austerberry, che ha contribuito a far ambientare il cast e gli altri collaboratori. “Entrare nei set, era come entrare in un dipinto.” -dice Sally Hawkins- “Questa è la sensazione che ho avuto.”

Austerberry ha iniziato a radicare i suoi bozzetti nell’attualità degli anni ’60, con il suo mix di futurismo e di design liscio e funzionale della metà del secolo scorso. “Guillermo ed io abbiamo discusso dell’idea di radicare il design nella realtà, così ho iniziato a scartabbellare libri e archivi di tutti i tipi per trovare materiale sui laboratori di ricerca governativi, trovando un sacco di riferimenti.” -racconta- “Guillermo dice sempre che devi prima creare un posto ben radicato alla realtà per poi renderlo di fantasia, quindi siamo stati fedeli al periodo, per quanto potevamo esserlo con la storia.”

Il laboratorio, dove la creatura è tenuta in una piscina coperta sotto sorveglianza, crea lo stato d’animo con la sua miscela di alta tecnologia e una sfilza di orrori senza tempo. “Non volevamo un laboratorio che risultasse troppo sterile e luminoso, quelli che si vedono di solito, così ci siamo mossi nella direzione contraria, con un laboratorio dove percepisci che sono accadute un sacco di cose inquietanti e che nasconde qualche storia oscura.”, spiega Austerberry.

La stanza della creatura è un labirinto di tubazioni, condotti e camere cilindriche. Dice Del Toro: “Per il complesso della creatura, volevo ricreare la sensazione di una prigione sotterranea con tutte le catene, i tavoli chirurgici e i tubi in stile steampunk. Non è un laboratorio piacevole e ben illuminato, volevo che fosse più medievale che moderno per aggiungere una sensazione da fiaba.”
Continua Austerberry: “I tubi che vedete sembrano tubi di ghisa pesante, ma sono tutti fatti di polistirolo. Quel set era un puzzle complicatissimo e siamo riusciti a completarlo appena in tempo. Oltre a tutto il resto, abbiamo dovuto progettare il tutto per sopportare un sacco d’acqua e vapore e fare un’enorme lavoro per l’illuminazione.”

Austerberry aveva in mente l’architettura del Brutalismo, lo stile in cemento basato sull’essenzialità che fiorì tra gli anni ’50 e i ’70, per il complesso. Cercando di farne una versione meno spigolosa, ha trovato delle foto a cui fare riferimento da un sanatorio francese in cemento che era più arrotondato. “Non volevo linee dure e rettangolari, sarebbero sembrate troppo moderne e di fantascienza.”, spiega.

Poi c’è la capsula in cui la creatura arriva per la prima volta. “È descritta come un polmone d’acciaio nella sceneggiatura, così ho cercato molti riferimenti storici di polmoni d’acciaio, ce n’era uno in particolare che a Guillermo piaceva. Gli piaceva il colore, la forma e i materiali; è stata una delle prime cose che abbiamo progettato in realtà, perché ha richiesto 8 settimane per la costruzione. L’idea è che la camera sia su ruote in modo da poter essere agganciata al cilindro pressurizzato più grande del laboratorio, per trasferire la creatura.”

Per il laboratorio, stile centro di comando della NASA, Austerberry ha realizzato un mosaico di mattonelle in vetro, tipico degli anni ’50, ma senza cornice, il che consentiva di montarlo rapidamente. “Sono andato a cercare foto di murales degli anni 50 e ho scoperto un mosaico di piastrelle a Lisbona, che aveva una gamma di colori tra il verde e il blu, che a Guillermo piaceva. Lo vedete molto perché l’ufficio di Strickland è parecchio in alto e sebbene quello sia abbastanza spoglio, c’è questa bellissima tavolozza di colori che si vede da dietro i grandi vetri delle finestre.”
L’ufficio di Strickland galleggia sopra il centro di comando, un occhio nel cielo, pieno di attrezzature per la sorveglianza. “Lui sorveglia quelli che lavorano per lui, sia attraverso il vetro, che attraverso un precursore di un sistema di telecamere a circuito chiuso, che abbiamo creato basandoci sul layout degli studi televisivi degli anni ’60. Quando vedi Strickland dietro questo muro di immagini, ti fa capire come lui si senta sopra a tutti e segretamente metta le mani su tutte le informazioni possibili.”, riflette Austerberry.

Nel bagno e nello spogliatoio del laboratorio, si tengono delle scene chiave che sono state girate nella Hearn Generating Station di Toronto, una vecchia centrale elettrica dismessa, che è diventata un’icona di un’epoca industriale passata. “Abbiamo scelto la Hearn perché ha le camere piastrellate, purtroppo le piastrelle sono color crema e Guillermo ha detto: ‘non possiamo avere quel colore in questo film’, perciò abbiamo girato comunque li, ma abbiamo dovuto dipingere a mano ogni singola piastrella per restare nella nostra tavolozza.”, racconta Austerberry.

Ad Austerberry è piaciuto particolarmente progettare gli appartamenti di Elisa e Giles, che si trovano in cima ad un classico cinema in stile bijou. Per l’esterno si è ispirato alla Massey Hall di Toronto, un sito storico nazionale del Canada, progettato in stile neoclassico dell’architetto Sidney Badgley nel 1894 e ampiamente rinnovato negli anni ’40, per renderlo un teatro ora diventato molto popolare. Anche se non è mai stato un cinema, ricorda l’eleganza di quei vecchio cinema-palazzo e, con una pensilina luminosa, diventa perfetto all’uopo.

L’interno è dove Austerberry ha davvero dato via libera alla creatività. Del Toro voleva che gli appartamenti di Elisa e Giles fossero le due metà di uno stesso intero, rispecchiando il loro rapporto di amicizia, divisi da una finestra ad arco.

Il regista descrive: “I loro appartamenti sono come due emisferi dello stesso globo, ma abbiamo illuminato ogni metà in modo diverso. Con Giles, anche se la scena si svolgeva di notte, l’abbiamo illuminato come fosse il tramonto, in toni molto caldi. La codifica dei colori dell’appartamento di Elisa è acquatica, con illuminazione fredda e un sacco di ciano. Il suo è corroso dall’acqua, mentre quello di Giles assolutamente no, anzi c’è molto legno e luce dorata, colori molto di terra perché lui è il sostegno di Elisa, mentre l’appartamento di lei ha il riflesso della luce magica del cinema sottostante.”

L’appartamento di Elisa era il preferito sia dal regista che dal designer. “Abbiamo parlato molto dell’idea che una volta questa fosse stata una grande sala, ma ad un certo punto c’è stato un incendio e non è mai stato riparata quindi sembra molto vecchia con quella patina che Guillermo ama.” -dice Austerberry- “Guillermo ci ha portato un’immagine che ha trovato in un concorso fotografico in India, con una vecchia signora in una stanza oscurata con una grana molto invecchiata e un muro blu ciano sullo sfondo, che è diventata la nostra fonte d’ispirazione.”

Le pareti erano un aspetto principale, e una lunga ricerca ha portato Austerberry a una carta da parati vintage anglo-giapponese con un motivo a piccole curve che somigliano vagamente a delle scaglie di pesce, simili a un’antica incisione giapponese. Poi ha steso quel modello sopra una cresta d’onda sbiadita che ricorda la stampa iconografica su legno dell’artista Hokusai del XIX secolo, “The Great Wave of Kanagawa”.

“Avevamo un dipinto artistico di grande effetto: una bellissima versione della Grande Onda in intonaco a rilievo, così abbiamo solo stratificato e stratificato e stratificato ancora sopra, fino a quando non è quasi sparito, ma ancora si percepisce questa forma d’acqua sul muro.” -descrive Austerberry- “Guillermo voleva che il muro fosse spoglio e delicato, ma che raccontasse una storia, se sai cosa cercare. Ecco come è diventato così finemente dettagliato.”

Tutte le pareti dell’appartamento sono state create come “pareti libere”, il che significa che erano tutte montate su agganci rapidi in modo da poter essere spostate in un attimo per alloggiare una cinepresa vagante. Inoltre, le finestre dovevano essere piombate per contenere il diluvio che accompagna i momenti di maggior climax del film. Quando è arrivato al pavimento, Austerberry ha creato delle crepe nel massetto, in modo che la luce del cinema sottostante potesse passarci, fondendo vita quotidiana di Elisa e Giles con le fantasie cinematografiche che passavano di sotto.
Poi siamo arrivati al set più impegnativo di tutti: il modesto bagno retrò, che è l’oasi di Elisa dal resto del mondo, e che poi diventa il rifugio della creatura e il posto dove si dipana la loro profonda storia d’amore. Alla fine Austerberry sapeva che il set sarebbe diventato una piscina. “I nostri set sono generalmente in legno, polistirolo e intonaco. Ma per questo abbiamo dovuto ricavare tutto dall’alluminio e dal Bondo [uno stucco polivalente a prova d’acqua – N.d.T.] invece che dal gesso perché sarebbe stato tutto sommerso in una cisterna, infatti a un certo punto, abbiamo immerso lentamente il set nella cisterna, in modo da tenere d’occhio l’acqua che saliva. Era tutto molto, molto difficile da tirare poi fuori.”, racconta.

E’ stato molto difficile, ma il risultato ci ha ripagato. “L’appartamento di Elisa mi ha semplicemente tolto il fiato” -dice la Hawkins- “La ricchezza e i colori… era come lavorare all’interno di una poesia o di un pezzo d’arte incredibile.”

Aggiungendosi al design della produzione, il supervisore agli effetti visivi, Berardi, ha contribuito a collocare la storia in un Baltimora anni ’60 ormai sparita, ricreando digitalmente la città dalle foto d’archivio. “L’idea era che si percepisse reale come nelle foto, ma con quella componente favolistica, che è un equilibrio difficile da raggiungere.” -osserva Berardi- “Quello che ci ha aiutato è che Guillermo è sempre collaborativo, anche quando ce ne uscivamo con qualcosa di piuttosto buono, lui stava li a chiederti: ‘OK, cosa possiamo fare adesso per renderlo migliore? Qual è lo step successivo?’.”

Il sottile filo tra favola e realtà è stato anche intessuto nei costumi di Luis Sequeira per THE SHAPE OF WATER. “Nel lavoro di Luis ogni pezzo riflette l’intimità di un personaggio.” -spiega Del Toro- “Dal bellissimo abito da squalo di Strickland, che sarebbe perfetto anche per James Bond, fino ai vestiti di Elisa.”

Sequeira ha lavorato con Del Toro su “The Strain”, ma questo processo è stato nuovo. “Su questo film non avevamo molti bozzetti, quindi tutto è partito dalla discussione su ognuno dei personaggi e sui loro diversi mondi. Abbiamo raccolto centinaia di foto e immagini e da queste abbiamo cominciato a definire l’aspetto di ogni personaggio come parte del racconto.”, spiega.

I vestiti di Elisa sono stati definiti principalmente dal suo status di appartenente alla classe operaia, ma anche dal tema acquatico che pervade il tutto. “Elisa non è una persona che ha molti abiti, quindi ha bisogno solo di pochi pezzi, ma pezzi molto speciali.” -dice Sequeira- “Indossa l’azzurro e il verde, colori d’acqua per lo più. C’è un po’ di rosso solo verso la fine del film, che si associa ad un cambiamento nella situazione.”

La Zelda di Octavia Butler veste in colori contrastanti. “Volevo utilizzare una gamma di colori che fosse una sorta di frutta matura per Octavia, in modo che fosse molto diversa dal personaggio di Sally, ma anche da tutti gli altri personaggi femminili del film.”, spiega Sequeira.

La squadra di Sequeira ha fatto molte cose artigianalmente, creando ogni cosa, da cappelli di Michael Shannon, alle scarpe d’epoca, ai gioielli e persino la biancheria intima. “Una delle cose importanti per Guillermo era che gli abiti non fossero solo quelli del periodo, ma sembrassero vissuti.”, dice Sequeira.

Guardare i suoi costumi utilizzati sui set di Austerberry, per Sequeira ha significato veramente essere riuscito nel suo lavoro. “Questa è la bellezza del film, quando i costumi si combinano con i capelli, il trucco, l’illuminazione dei set e gli attori stessi, tutto diventa qualcosa di magico.” -dice Sequeira- “Improvvisamente è il 1962, o quanto meno la versione unica di Guillermo Del Toro.”

DANZANDO NEGLI ABISSI

L’intero circuito di collaborazione del film, tra cui il direttore della fotografia Dan Laustsen, lo scenografo Paul Austerberry e il costumista Luis Sequeira, hanno combinato le loro energie creative per una delle sequenze più insolite del film: un numero di canto e danza in bianco e nero, che sembra essere uscito direttamente dagli anni ’40 della Hollywood degli anni d’oro, tranne per il fatto che è eseguito da una donna delle pulizie muta e da una creatura marina. Come per i classici film musicali, il numero è riservato al momento in cui le emozioni esplodono oltre i confini convenzionali.
“La creatura conosce solo… tipo sei parole, ma Elisa vuole dirgli: ‘Non saprai mai quanto ti amo.’, così si chiede come posso dirglielo? È in quel momento che inizia a cantare.” -spiega Del Toro- “Sapevo che questa era una grande mossa per un film di questo portata e avremmo dovuto assegnare le varie risorse con molta attenzione, quindi avevamo solo mezza giornata per girare il numero musicale.”

Invece di emulare i numeri musicali un po’ più statici della MGM degli anni ’40, Del Toro si è rivolto allo stile più fluido ed energico di Stanley Donen, famoso per la sua allegra simbiosi con Gene Kelly su film come CANTANDO SOTTO LAPIOGGIA ed E’ SEMPRE BEL TEMPO. “Donen ha usato tutte queste grandi gru, quindi ho pensato che avrei mescolato l’estetica di un classico musical in bianco e nero con quelle gru. E’ una combinazione dei due stili e arriva in un momento della storia quando tutto è talmente spaventoso che spezzerà quell’energia, impostando le cose per l’ultimo atto del film.” spiega Del Toro.

La scena è stata letteralmente come un sogno per la Hawkins, un sogno che aveva fin dall’infanzia. “Da bambina ero ossessionata da Fred Astaire e Ginger Rogers.” -osserva- “Non ho guardato nient’altro, ma non ho mai pensato che avrei sperimentato io stessa quel tipo di cinema magico, eppure qui ho vissuto quel sogno e ho potuto indossare il più bel vestito e scivolare nell’aria. Sinceramente alla fine della scena ero così felice che ho pensato che non avrei voluto di lavorare di nuovo, ho pensato di poter andare a lavorare in una libreria per il resto della mia vita!”

Doug Jones era un po’ sorpreso da una svolta così non convenzionale per un personaggio non umano, ma sapeva che avrebbe funzionato nelle mani di Del Toro. “Questo momento musicale del film è il più insolito che ho avuto nei panni di una creatura, ma è una di quelle cose che solo Guillermo potrebbe fare.” -riflette- “Non vedevo l’ora di fare la scena; Sally e io eravamo entrambi un po’ terrorizzati ed eccitati, ma sembrava solo che servisse a unirci ancora di più.”

Girata a colori, con l’illuminazione dell’epoca, la sequenza è stata successivamente trasformata in un bianco e nero di altri tempi. Nel frattempo Sequeira si è divertito a disegnare l’abito anni ’30 di Elisa per il sognante numero di danza. “Ginger Rogers è stata l’ispirazione, ma poi c’è stato un sacco di lavoro con l’intensità del colore e di come avrebbe reagito all’illuminazione per massimizzare l’impatto.”, spiega.

Del Toro ha anche voluto un’orchestra completa per il numero, ma non è ciò che si sarebbero aspettati. “Penso che probabilmente l’orchestra credesse di essere stata assoldata per un concerto all’inferno, perché sono arrivati con i loro smoking e i loro strumenti e, dopo essersi seduti, hanno visto arrivare un uomo pesce e una donna in un abito di sequin che cominciano a ballare,” -ride- “ma è stata una grande giornata.”

IL SUONO DELL’ACQUA: LA MUSICA

Guillermo Del Toro collabora per la prima volta con il compositore, vincitore dell’Oscar, Alexandre Desplat su THE SHAPE OF WATER; si sono immediatamente trovati entrambi sulla stessa lunghezza d’onda su ciò che la musica può trasmettere in un film in cui due personaggi usano tutto tranne le parole per connettersi l’un l’altro.

“Questo è stato probabilmente il rapporto più semplice che abbia mai avuto con un compositore, perché Alexandre ha veramente compreso il film e la sua essenza e la sua musica ci si è completamente fusa.” -dice Del Toro- “Un buon compositore segue i movimenti della cinepresa e l’emozione del momento, e trovo che la sottolineatura di Alexandre per queste cose sia impeccabile e mai ovvia. Una grande colonna sonora aggiunge sempre un altro livello alla storia e Alexandre sa integrare la musica con il dialogo, l’azione e il suono.”

Desplat racconta che dopo aver visto un primo montaggio del film a casa, è rimasto colpito in modo profondo. “Penso che sia una bella, bellissima storia d’amore, e ho sentito che si sarebbe potuta trasferire questa situazione del film su qualsiasi tipo di differenza tra esseri umani. Ma la cosa cruciale per me, sotto il profilo creativo, è che sono rimasto veramente colpito dalla fluidità delle riprese.” -ricorda- “La cinepresa non si ferma mai, è sempre in movimento in modo da dare la sensazione come se l’acqua fluisse nel film. Non c’è niente che ispiri di più musicalmente, di una storia che scorre perché è possibile navigarci sopra. Questa storia era molto speciale sotto questo aspetto.”

Man mano che ha iniziato a parlare con Del Toro, Desplat ha scoperto che ammiravano molti degli stessi compositori, in particolare Nino Rota, che ha composto per i maestri italiani Fellini e Visconti, e George Delerue, che ha composto per Truffaut, Godard e ha vinto un Oscar per UNA PICCOLA STORIA D’AMORE di George Roy Hill. “Erano compositori che non hanno mai forzato l’emozione.” -osserva Desplat- “Hanno sempre cercato di portare una sensazione vera e profonda nella loro musica senza esagerare, e questo era l’approccio da utilizzare qui. Non è la musica a spingerti, non ti manipola, piuttosto è la musica del battito del cuore di Elisa ed è questo ciò che volevamo cercare di raggiungere. Non è affatto semplicistico, ma deve essere qualcosa di semplice e naturale.”

Dopo un confronto, si è scelto di sviluppare un tema distinto per ognuno dei personaggi principali. Per Elisa, Del Toro ha sempre pensato a un valzer, con il suo vivace ritmo da uno, due, tre e Desplat ha suggerito la fisarmonica come un modo vivace e distintivo per lavorare su quell’idea… così poi Del Toro ha suggerito di aggiungere un fischio. “Ho sempre pensato che il ritmo e il tempo di Elisa sarebbero stati decisamente valzeristici.” -dice Del Toro- “Ma ho anche sentito che avremmo avuto bisogno di qualcosa di più della fisarmonica e ho pensato, perché non usiamo un fischio umano? Il fischio non è abbastanza usato nei film, ma è molto umano, e abbiamo fatto così.”

Desplat ha scoperto che gli strumenti lo portavano più in profondità dentro Elisa e la sua fonte di energia vitale. “C’è un’innocenza che abbiamo cercato di catturare con il suo tema musicale. È intelligente, ma è anche in un certo qual modo innocente. Le piace il sesso, ma allo stesso tempo vuole il vero amore. Quindi c’è qualcosa di ambiguo in lei, qualcosa di romantico e lirico, con cui era bello giocare nella musica.”

Il fatto che sia muta ha solo reso le sua composizione molto più significativa. “Con un personaggio che non parla, hai più spazio.” -spiega Desplat- “È possibile espandere il suono di più e dire cose con molti colori diversi negli strumenti, in un certo senso puoi essere più musicalmente verboso.”

Per il tema della creatura dominano i flauti. “Molto della creatura è relativo al respiro, all’ossigeno o alla sua mancanza, così i flauti mi sembrava che riflettessero la creatura.”, dice Del Toro.
Desplat ha sviluppato quell’idea. “Ho suggerito di cambiare la linea dell’orchestra, per avere 12 flauti: alti, bassi e di tipo C, ma nessun clarinetto, nessun fagotto e nessun oboe. C’è qualche ottone, solo in qualche partitura, così sono solo le corde e i flauti a portare la fluidità e la trasparenza tipiche dell’acqua. Abbiamo aggiunto a questi qualche pianoforte, arpa e vibrafono, strumenti che hanno una sonorità perlacea.”

Desplat ha quindi composto un tema d’amore per la coppia. Specifica Del Toro: “Volevamo che il tema d’amore fosse molto emotivo e non sembrasse artificiale, quindi è una variazione del tema di Elisa.”

Del Toro di solito non partecipa alle sessioni di registrazione, ma questa volta è stato diverso. “Alexandre mi ha detto che gli sarebbe piaciuto che fossi lì per dire: ‘più emozione’ o ‘meno emozione’, e, dato che abbiamo avuto una collaborazione così unica, non mi sono sentito un intruso nel processo, ma qualcuno che poteva portare più idee.”

Il giorno della registrazione con l’orchestra era il punto cruciale per Desplat. “Mi è piaciuto molto.” -dice- “Essere li con i musicisti, condividere le mie idee e regolare le cose è stato un grande piacere. È sempre sorprendente ascoltare un’orchestra che suona la tua musica.”

Per quanto riguarda il suo rapporto con Del Toro, Desplat dice: “Per me Guillermo è tanto un artista quanto un regista. È il modo in cui queste due cose si combinano in lui che rende il suo lavoro così magico.”

Quella rara combinazione è stato ciò che ha dato all’intero cast e al gruppo di realizzatori, il coraggio di tuffarsi in questa storia subacquea di una tale risonanza culturale, politica e personale. Riassume Sally Hawkins: “Guillermo ha una capacità unica di andare direttamente al cuore delle cose. Ti afferra per il cuore e non ti lascia più andare. Questo è ciò che ho provato nel fare il film e spero che sia lo stesso per le persone che lo guarderanno.”

Se vi dovessi parlare di lei, la principessa muta, che potrei dirvi?
Vi dovrei parlare del quando…? E’ successo tanto tempo fa
durante gli ultimi giorni di regno di una Principessa delle fate… o vi dovrei parlare del posto?
Una piccola città vicino alla costa,ma lontano d qualsiasi altra cosa…
O forse dovrei mettervi in guardia sulla veridicità di questi fatti
e sulla favola dell’amore e della perdita e del mostro che ha tentato di distruggere tutto…
–Giles, THE SHAPE OF WATER

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