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Dune, 5 motivi per cui è il film che i fan stavano aspettando


In occasione dell'uscita al cinema di 'Dune' di Denis Villeneuve abbiamo deciso di stilare una lista di cinque motivi per cui proprio non dovreste perdervi il film con Timothée Chalamet

Il 16 settembre 2021 arriva finalmente al cinema Dune, il film di Denis Villeneuve tratto dal romanzo omonimo di Frank Herbert e presentato in anteprima mondiale alla 78a edizione della Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Il regista di Arrival si è dunque cimentato con quella che è la pietra miliare del genere fantascientifico, in grado di ispirare anche George Lucas e il suo Star Wars, ma anche di influenzare l'intero genere, un po' come aveva fatto Il signore degli anelli con il fantasy.

Per i pochi che non la conoscessero, la storia di Dune ruota intorno a un pianeta ricoperto dal deserto e dalle condizioni ambientali inospitali che ospita due elementi misteriosi: da una parte la Spezia, che permette di ampliare le proprie facoltà e di viaggiare nell'interspazio, e dall'altra i Fremen, popolo misterioso e nativo di Arrakis, il pianeta Dune, capace di resistire alle tempeste, alle condizioni quasi inumane e agli altrettanto misteriosi vermi della sabbia. È questo il mondo in cui arriva la casata degli Atreides, guidata dal Duca Leto (Oscar Isaac), un uomo d'onore e leale che ha accettato di subentrare agli Harkonnen alla guida della salvaguardia della Spezia. Ma gli Harkonnen sanno essere infidi e manipolatori e infatti il crudele Barone (Stellan Skarsgaard) ha in mente un piano per far fuori la famiglia Atreides e riprendere il possesso della Spezia. Intanto Paul (Timothée Chalamet), figlio di Leto e della sua concubina Lady Jessica (Rebecca Ferguson), continua il suo "addestramento" Bene Gesserit, l'ordine di "streghe" di cui fa parte la madre e viene perseguitato da sogni in cui vede una splendida ragazza nel deserto (Zendaya). All'arrivo su Arrakis le cose non si mettono affatto bene per gli Atreides e mentre Leto cerca di entrare in contatto con il leader dei Fremen (Javier Bardem), la minaccia di una strage e di una guerra si fa sempre più impellente.

Già nel 1984 David Lynch aveva provato a portare sul grande schermo l'universo affascinante di Dune, ma il risultato – nonostante sia oggi considerato un cult – aveva lasciato i fan dei libri con l'amaro in bocca. Denis Villeneuve, invece, sembra aver confezionato il film che gli amanti della saga di Frank Herbert si meritavano. E vi spieghiamo perché in cinque punti.

Denis Villeneuve si è preso il suo tempo

Come si può intuire dall'inizio stesso del film, il Dune di Denis Villeneuve è solo la prima parte di una duologia che punta a narrare gli eventi contenuti nel primo romanzo della prima trilogia di Herbert. Se, in genere, si è facilmente spinti a pensare a queste operazioni di "sdoppiamento" come a mere questioni economiche che permettono di guadagnare di più con più film – la trilogia de Lo Hobbit ne è un caso emblematico -, con Dune di Villeneuve si ha la sensazione che il discorso del guadagno sia solo uno degli elementi che hanno portato a prendere questa decisione.

Dividere Dune in due capitoli significa anche – e soprattutto – non essere costretti a infarcire un solo film con una cascata di informazioni, eventi e sbalzi temporali, che poi era il problema principale del film di Lynch. Dividendo la storia del romanzo in più capitoli – proprio come avviene nel libro – ha permesso a Denis Villeneuve di prendersi il suo tempo, di dar spazio alla creazione del mondo e di offrire punti di riferimento allo spettatore, di modo che possa capire le regole che popolano Arrakis e l'universo di Dune senza bisogno di lunghi spiegoni noiosi e inutili. Questo primo capitolo, in effetti, è soprattutto un'introduzione, una costruzione minuziosa ma piena di ritmo del world building in cui si muoveranno i personaggi.

Fedeltà all'universo e alle credenze

Strettamente legato al primo punto, il secondo motivo per cui questo Dune non deluderà i fan della saga è quello inerente la fedeltà al materiale d'origine. La storia ideata da Frank Herbert non è semplicemente una space opera piena d'azione e di intrighi. È soprattutto una storia di creazione, di credenze e tradizioni. Un'opera che riflette su moltissimi temi, alcuni dei quali ancora decisamente attuali. Dal discorso ecologico – che è forse la linfa vitale dell'opera – ai rapporti tra potere e verità, passando naturalmente per la religione e il modo in cui il fanatismo può creare più vittime della mera crudeltà.

Denis Villeneuve rimane fedele a questo intricato intreccio di temi e intenzioni e questo fa sì che Dune non sia solo un film d'azione, un'epopea fantascientifica che sia amichevole e consolatoria nei confronti del pubblico. È invece un'opera che riflette mentre porta sullo schermo i percorsi dei personaggi e si prende – ancora una volta – il suo tempo per affrontare rituali e tradizioni e quel bisogno che Herbert ha messo nei suoi libri di non credere ciecamente ai leader, di non dare per scontato che chi detiene il potere dica sempre la verità o agisca sempre per il meglio o per il bene comune.

L'importanza del Duca Leto

Un personaggio che si è sempre rischiato di dare per scontato o di sottovalutare è il Duca Leto, il padre di Paul. A causa del percorso che fa all'interno della storia – e nel quale non ci addentriamo per non voler fare spoiler – il Duca Leto rischia sempre di essere lasciato ai margini, di essere trattato a mo' di elemento di sfondo, un elemento di decoro che serve come macguffin e poco più.

Al contrario il Duca Leto, con il suo onore e la sua intelligenza, con la capacità che ha di intuire e prevenire le mosse degli avversari,  è un personaggio cardine della storia. Senza di lui probabilmente non ci sarebbe stato Dune Denis Villeneuve questo lo sa. Ecco perché la sua macchina da presa non perde occasione di insistere sul volto e sullo sguardo cupo di Oscar Isaac, col grigio che lo avvolge e che sembra un elemento fondante della sua personalità.

Denis Villeneuve non aggiunge molto alla caratterizzazione del Duca, non lo obbliga a pronunciare facili discorsi da ricatti emotivi e, anzi, elimina anche l'unico vero momento narrativo in cui l'uomo fa vedere un'emotività straziante: tratta il Duca Leto come una divinità, una creatura di antracite e luce, sulle cui spalle si poggia il destino di una casata e di un pianeta intero.

La messa in scena della lealtà

Dune è una storia in cui corruzione e lealtà hanno un peso davvero rilevante. Tuttavia Denis Villeneuve sceglie di far pendere l'ago della bilancia verso la lealtà. Se da una parte sarebbe senz'altro più facile – e forse anche più soddisfacente per chi guarda – insistere sulla corruzione e sul conflitto a ogni costo, Denis Villeneuve posa il suo obiettivo sui piccoli e grandi gesti di lealta, sull'onore che muove i personaggi e che li rende eroi non perché perfetti o perché prescelti (tema, quest'ultimo, che naturalmente ricorre nel personaggio di Paul), ma perché mossi da un sentimento quasi puro, a tratti imperfetto, ma che rende capaci di realizzare cose anche impossibili.

Nel personaggio di Duncan (Jason Momoa) o in quello di Lady Jessica, come nei molti che ruotano intorno alla famiglia Atreides, ad avere la meglio è sempre un senso di commovente lealtà, di onore, di nobilità che non ha nulla a che vedere con una nascita privilegiata, ma che invece ha a che fare con l'indole di un'anima, con la sua scelta di essere e di agire per il Bene. E tutto questo – e questo è senza dubbio l'aspetto più importante – Denis Villeneuve lo realizza senza giocare sporco, senza costringerti a provare necessariamente qualcosa. Anzi, a tratti si potrebbe dire che Dune sia quasi un film freddo e distaccato. Ma in realtà è un racconto sincero, che non imbroglia e non richiede allo spettatore niente più di quello che lo spettatore stesso voglia dare.

L'impianto visivo

Ultimo – ma non per importanza – punto di questo elenco di cinque motivi per apprezzare e amare Dune è senza dubbio l'impianto visivo che il regista ha portato sullo schermo. Non che questo rappresenti una vera e propria novità o una sorpresa. Già con film come Arrival e Blade Runner 2049, Villeneuve ci aveva abituato a un mondo visivo ed estetico personale, stilisticamente sempre riconoscibile eppure sempre diverso e mai uguale a se stesso. Facendo combaciare alla perfezione una certa idea di minimalismo e di linee pulite insieme alle megastrutture che sovrastano i personaggi e quasi li divorano, Denis Villeneuve crea una realtà visiva avvolgente, resa ancora più immersiva dalla colonna sonora di Hans Zimmer, dove a loro volta mixa atmosfere quasi horror con i colori acra e la sensazione di star guardando delle vere e proprie icone sacre, come all'interno di una Chiesa. Con le sue due ore e venti di durata, Dune è un incredibile viaggio nello spazio immenso dell'universo e nelle pieghe, altrettanto sconfinate, dell'animo umano. Ma questo non toglie che il film di Denis Villeneuve sia anche un piacere per gli occhi, in senso letterale.

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