In Treatment
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In Treatment, conferenza stampa a Roma


Le interviste a Saverio Costanzo e Sergio Castellitto, regista e protagonista di In Treatment, la versione italiana dell'omonima serie di culto trasmessa da Sky Cinema.

Si è tenuta a Roma la conferenza stampa di presentazione di In Treatment, la versione italiana dell’omonima serie di culto americana firmata HBO, che nel nostro Paese arriva diretta da Saverio Costanzo e vede protagonisti Sergio Castellitto, Kasia Smutniak, Guido Caprino, Irene Casagrande, Adriano Giannini, Barbora Bobulova, Licia Maglietta e con Valeria Golino e Valeria Bruni Tedeschi. La serie è una delle più interessanti degli ultimi anni, premiata con due Emmy e un Golden Globe ed esaltata dalla critica. Sia il progetto italiano che la versione americana si ispirano al format israeliano Be Tipul, ideato dal regista e sceneggiatore Hagai Levi, di cui sono stati realizzati adattamenti per 13 paesi.

Di seguito alcuni stralci delle interviste ai protagonisti presenti in conferenza stampa.

[x Hagai Levi] Quanto cambia la serie da Paese a Paese? Come si colloca l’edizione italiana fra i vari adattamenti realizzati finora?

Hagai Levi, che è il creatore della serie israeliana Be Tipul: La mia famiglia è di origine italiana, le mie radici sono qui. Ho lavorato a fianco degli autori a partire da due anni fa, e trovo che quello italiano sia finora il migliore adattamento tra quelli realizzati in tutto il mondo, è un vero e proprio capolavoro. La serie si basa su sedute di terapia individuali ma nell’adattamento si tratta anche di rifarsi a situazioni locali, non facendo semplicemente un remake; ad esempio, quello che nella serie israeliana era un soldato, nella versione italiana è diventato un carabiniere, trattando il tema della giustizia, che è un dramma aperto in Italia. Le storie raccontate nella serie vogliono indagare non solo nel passato dei personaggi, ma anche in quello di un’intera nazione, diventando così la terapia di un Paese, che cerca di scavare nei propri traumi in modo onesto.

Sono tre, secondo me, gli elementi che fanno un buon adattamento: uno è il casting, e credo che quello italiano sia stato il migliore tra quelli fatti finora; poi l’adattamento, e credo che questo sia l’unico Paese in cui sono stati coinvolti ben cinque sceneggiatori; infine la regia, e devo dire che vedere questi episodi sul grande schermo è stato meraviglioso. (regista e squadra tecnica vengono dal cinema ,ndr)

[x Saverio Costanzo] La sfida di In treatment

Saverio Costanzo: La sfida nel realizzare In treatment era quella di rispettare il format; ho trovato delle sceneggiature perfette, molto ben curate, che facevano venire il desiderio di andare avanti nella lettura. Per il ruolo del protagonista serviva un grande attore che conferisse autorità al personaggio. Trovo che quello dell’analista sia un corpo diviso in tanti lati quanti sono i pazienti che incontra, ciascuno dei quali rappresenta un suo aspetto: la parte maschile, la sessualità, il rapporto di coppia, la paternità eccetera. Tutti gli attori coinvolti nel progetto sono stati coraggiosi a mettersi in gioco e ho avuto la fortuna di poter contare su un’ottima squadra tecnica che ha lavorato con cura e passione.

[x Sergio Castellitto] Qual è stato il suo coinvolgimento nel personaggio?

Sergio Castellitto: Mi interessa il lato umano, le emozioni che provavo rispetto a quello che mi sentivo raccontare dai vari personaggi. Queste persone hanno dei segreti da raccontare, e la ciclicità dei loro incontri genera suspense; credo che il segreto sia il fondamento della drammaturgia. Mi interessava l’assenza di censura degli argomenti trattati nelle storie, che si riconducono ad alcuni temi principali come il passato, il sesso e la morte. In molte scene mentre il paziente parla si vede la nuca del mio personaggio, e mi piaceva pensare che quella fosse idealmente la nuca dello spettatore. Guardando ogni puntata si ha la sensazione di assistere a una seduta di terapia che sta accadendo in diretta.

Quando si raccontano numerose storie separate l’una dall’altra, c’è la possibilità che il pubblico si affezioni più a un personaggio che a un altro. Per voi è stato così? Avevate delle preferenze?

Saverio Costanzo: Per quanto mi riguarda, non sono affezionato a un paziente piuttosto che a un altro. Alcuni dei pazienti si incontrano fra di loro nel corso degli episodi, altri no, ma trovo che il solo fatto di condividere lo studio del dottore crei un legame tra di loro. Io vedo le diverse storie raccontate come un corpo unico e non come cinque esperienze diverse.

Sergio Castellitto: Penso che il personaggio del dottore sia il trionfo del piano d’ascolto, ed è una delle interpretazioni più difficili per un attore, perché è più complicato catturare l’attenzione del pubblico quando non hai battute da pronunciare che attirino l’interesse e l’inquadratura su di te. Il mio personaggio per i suoi pazienti ha il ruolo sia di specchio che di una finestra aperta; io mi sono divertito ad ascoltare le confessioni dei miei pazienti perché sapevo che poi sarebbe arrivato il colpo di scena del venerdì in cui anche il dottore si reca, a sua volta, dall’analista per farsi ascoltare. Ho avuto la fortuna di lavorare con attori di sensibilità e talento, ma devo ammettere che io ho,invece, una preferenza per uno dei personaggi: la ragazzina (Irene Casagrande), perché tutti i personaggi tendono a raccontare del proprio passato, mentre la sua è una vicenda più contemporanea, la scommessa più interessante dal punto di vista umano. Il suo personaggio scardina la protezione del medico, ha una pericolosità più innovativa. Lei è la colonna portante di tutti gli episodi, tutti gli altri personaggi in un certo senso parlano di lei: la coppia che decide se avere un figlio o meno, la donna che racconta episodi della propria giovinezza, il carabiniere che ricorda i bambini uccisi; lei rappresenta un’età cruciale, il passaggio dall’adolescenza all’età adulta.

Le sedute dall’analista sono come un enorme confessionale, in cui si allude anche alla possibilità che tutti i personaggi stiano mentendo quando si raccontano; deve essere lo spettatore a giudicare se questo sia vero oppure no.

[x Sergio Castellitto] Oltre ad essere attore sei anche tu regista. Com’è stato il rapporto con Saverio Costanzo?

Sergio Castellitto: Io mi affido al regista, litigo ma poi faccio pace, ho le mie idee ma eseguo il volere del regista. Costanzo ha avuto fantasia nell’obbedire al format.

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