Il mio migliore incubo
Il mio migliore incubo

Intervista a Isabelle Huppert, protagonista de Il mio migliore incubo


Vi proponiamo l’intervista fatta a Isabelle Huppert, protagonista della nuova commedia francese Il mio migliore incubo diretta da Anne Fontaine, che arriverà nelle sale italiane il prossimo 30 marzo dopo essere stata presentata in occasione del Festival Internazionale del Film di Roma 2011. Come definirebbe Agathe,  il suo personaggio? Agathe è, in apparenza, fermamente radicata […]

Vi proponiamo l’intervista fatta a Isabelle Huppert, protagonista della nuova commedia francese Il mio migliore incubo diretta da Anne Fontaine, che arriverà nelle sale italiane il prossimo 30 marzo dopo essere stata presentata in occasione del Festival Internazionale del Film di Roma 2011.

Come definirebbe Agathe,  il suo personaggio?

Agathe è, in apparenza, fermamente radicata nel suo ambiente sociale. Lavora nel settore dell’arte contemporanea e sembra sicura di sé in ogni circostanza.  E’ molto organizzata e iperattiva. Cresce suo figlio a distanza e si accontenta di un matrimonio in cui né lei né suo marito hanno molto da dirsi. C’è una sorta di logica in tutto quello che fa, e tuttavia Agathe resta un mistero. La sua esistenza estremamente ben organizzata sembra, ad un primo sguardo, priva di emozioni autentiche.

Ma solo ad un primo sguardo, perché poi, gradualmente, Agathe si rivela.

In realtà, è una facciata che aspetta solo di incrinarsi. Quando Agathe incontra Patrick, lo respinge perché è come se lui venisse da un altro mondo e lei non è abituata a guardare quello che le accade intorno. Ma molto presto, Agathe viene attratta dal bisogno di fuga e dalla lievità di questo intruso. Questo incontro agisce come catalizzatore che le mostra l’aridità della sua esistenza. All’inizio, ovviamente, Patrick e Agathe vivono in mondi totalmente distinti. Il linguaggio di lui, il suo modo estremamente crudo di parlare di sesso, le sembrano una violenza.  Lo scontro fra gli opposti è una delle situazioni base della commedia. Ma Anne Fontaine usa questa struttura per portare il film in altri territori.

Il mio migliore incubo! si diverte a giocare con i cliché. E’ questo che le piace?

Inizialmente, si può pensare che le situazioni e i personaggi possano essere ridotti alle loro apparenze, ma ben presto ci si rende conto che le cose sono più complesse. Anche i cliché, assunti come tali all’inizio del film, cominciano a sgretolarsi. In effetti, non c’è niente che si possa dare per scontato in Il mio migliore incubo! 

Nelle sequenze d’apertura del film, il suo personaggio è decisamente sgradevole.

Sì, per lo meno sgradevole. Ma tutto si trasforma man mano che si sviluppa l’azione. Si va verso una maggiore profondità, sottigliezza, verità.  In Il Mio Migliore Incubo! l’efficacia della commedia non è fine a sé stessa, è funzionale a infrangere luoghi comuni e barriere. In un certo senso il film riconcilia il mondo dell’intelletto e quello dei sensi, senza neppure esplicitare questa opposizione che è essa stessa, se vogliamo, un formidabile cliché.  Fra Patrick e Agathe, la foto artistica che è al centro del film funziona da oggetto transizionale.  In apparenza, l’arte incarna tutto ciò che li divide culturalmente, socialmente e economicamente. Eppure, è grazie all’arte che trovano un punto di incontro. L’arte cessa di essere il segno di una frattura o di un conflitto di classe, e finisce per simboleggiare un riaccostamento emotivo. Distruggere l’elitarismo è un obiettivo utopico per una commedia.

Era da tanto che desiderava lavorare con Anne Fontaine?

Era da un bel po’ che volevamo lavorare insieme. Mi piace il suo modo di spaziare liberamente fra generi cinematografici molto diversi:   da questo punto di vista c’è qualcosa, in Anne, dell’ attitudine americana o inglese. Il primo suo film che ho visto è stato Nettoyage À Sec, un film inquietante e impenetrabile. Poi c’è stato Entre Ses Mains, in cui Benoît Poelvoorde rivela altri aspetti del suo talento di attore. Ad Anne Fontaine piace anche confrontarsi con soggetti più lievi, ma mai in modo prevedibile. All’interno di ogni genere, lei gioca con le convenzioni. C’è sempre un’anomalia nel suo universo.

Agathe è l’incarnazione dell’atteggiamento “bourgeois bohemien” (“radical-chic”). Si è ispirata a qualche situazione o persona specifica?

Nessuna in particolare. Basta entrare in un qualsiasi cerchia di persone o mondo particolare per vedere immediatamente che dietro atteggiamenti e maschere ci sono esseri umani, con le loro debolezze, dubbi e individualità. L’inizio del film è incentrato sui cliché di un certo mondo, al puro scopo di creare un terreno di commedia, ma gli schemi prestabiliti si rompono molto presto. E’ così che funziona ogni elemento di Il Mio Migliore Incubo! , fino al lieto fine che Anne, attraverso  la particolare scelta di messa in scena e  ambientazione, ha reso strano e inatteso.

Nel film è molto evidente che lei sguazza felicemente nel ruolo. E dire che la commedia non è il genere che immediatamente si associ alla sua carriera.

Questo dicono le persone ogni volta che faccio una commedia, cosa poi non tanto rara, in realtà. Ad ogni modo, fare confronti tra commedia e dramma non ha senso. La gente pensa, erroneamente, che ci siano più  sfumature e varietà nel dramma che nella commedia, quando in effetti non è vero. Il Mio Migliore Incubo! non è né una farsa né pura commedia. Nel gergo americano, è quella che si definisce una commedia romantica, con tutto quello che comporta in termini di qualità emozionale  e fragilità dei personaggi  Ci sono diversi gradi, diverse varianti nella commedia. Prenda alcune delle commedie in cui ho recitato: che cosa hanno in comune tra Sac De Noeuds di Josiane Balasko, La Femme De Mon Pote di Bertrand Blier, Le Soeurs Fachees di Alexandra Laclère, Copacabana di Marc Fitoussi e Il mio migliore incubo! di Anne Fontaine? Niente.

E’  la prima volta che recita al fianco di Benoît Poelvoorde.

Ed è stata un’esperienza infinitamente piacevole. Uno spesso esita a dirlo quando parla di un film, ma in questo caso lo dico senza esitazione. Ci siamo divertiti moltissimo durante le riprese. E, tra le sue molte qualità, Benoît ne ha una fondamentale per me: la sua risata è generosa e non esclude mai l’altra persona. Mi è piaciuto molto lavorare e ridere con lui e spero che lui la pensi allo stesso modo. Per quanto mi riguarda lo rifarei immediatamente!

Non aveva mai lavorato nemmeno con André Dussollier.

E’ vero, anche se ci conosciamo da sempre. Siamo quasi fratello e sorella, amici molto intimi, comunque. Curiosamente, nessuno ci aveva mai portato sullo schermo insieme.  Ma ora è accaduto, e per di più come coppia sposata. André ha in sé una particolare qualità di delicatezza e finezza e, al tempo stesso, un lato tormentato che arricchisce il suo stile di recitazione. E’ stato molto bello avere finalmente l’occasione di lavorare con lui.

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