La cuoca del Presidente, intervista a Étienne Comar, lo sceneggiatore


Intervista fatta a Étienne Comar, lo sceneggiatore del film La cuoca del Presidente, di Christian Vincent.

Intervista fatta a Étienne Comar, lo sceneggiatore del film La cuoca del Presidente, che arriva nei cinema italiani il 3 Gennaio 2013 distribuito da Lucky Red. Il film racconta di Hortense Laborie, una cuoca rinomata che vive nel Périgord. Con sua grande sorpresa, il Presidente della Repubblica la nomina responsabile della sua cucina personale all'Eliseo.

Come è nato il progetto del film?

Era da tempo che avevo il desiderio di cimentarmi con un film che parlasse di emozioni culinarie… Tre anni fa mi è capitato di leggere il profilo dedicato a Danièle Delpeuch scritto da Raphaëlle Bacqué per Le Monde; un'intera pagina nella quale passava in rassegna gli anni trascorsi nelle cucine private dell'Eliseo. La sua storia mi ha catturato immediatamente perché per una volta non si trattava di un grande chef o di un ristoratore, ma di una cuoca, pura e semplice… Trovandomi nel Périgord, decido allora di contattare Danièle Delpeuch. "Venga a pranzo domenica", mi dice. Mi reco alla Borderie e scopro questo posto stupendo: più che una fattoria una specie di agriturismo, in cui Danièle vive da anni. Passiamo cinque ore a tavola. Mangiamo divinamente e subito resto colpito dalla sua socievolezza, dal suo modo di far partecipare al pasto gli invitati. Parliamo a lungo della sua vita. Al di là del fatto di aver cucinato per il Presidente della Repubblica, in lei avverto una forte dimensione romantica e avventurosa…

Come descriverebbe questa donna?

La sua vita è piena di cesure, di impegni spesso presi in risposta ad un impulso: lavorava in campagna, ha lasciato il lavoro e il marito, cosa che all'epoca non succedeva nel suo ambiente; è stata tra le prime ad organizzare i week-end a base di paté e tartufi all'inizio degli anni '70. Poi è partita per gli Stati Uniti per insegnare a cucinare. Poi c'è stata questa parentesi all'Eliseo e un lungo anno trascorso in Antartide. Da qualche anno ha un nuovo progetto: creare una coltivazione di tartufi in Nuova Zelanda … E' un'avventuriera, le cui scelte di vita sono sempre state legate alla cucina.
Un'altra cosa mi ha affascinato fin dal primo incontro: Danièle mi aveva invitato ad un pranzo in famiglia, e io pensavo che mi sarei trovato in un ambiente "rustico". Invece a tavola c'era un miscuglio sorprendente di ospiti: amici intellettuali newyorchesi, un giornalista di economia, un avvocato internazionale, ed effettivamente anche alcuni membri della sua famiglia del Périgord. C'erano personalità molto diverse che in un certo senso riflettevano la complessità della nostra ospite: Danièle è una persona in cui si combinano il rispetto della tradizione, una grande apertura sul mondo e un acuto senso della modernità…E' legata ad un luogo preciso e al mondo intero nello stesso tempo, è semplice e complicata. Avevo davanti un perfetto personaggio per un film o per un romanzo.

E poi?

Torno entusiasta dall'incontro e subito immagino il film che se ne potrebbe trarre. Comincio a scrivere…Catherine Frot si impone subito per la parte di Danièle. L'una e l'altra nel lavoro sono ugualmente esigenti. Restava da trovare un regista sensibile al tema della gastronomia. Avevo saputo da un amico comune che Christian Vincent ha questa passione (oltre ad essere bravissimo nel dirigere gli attori). E' un enologo che ama lo stesso tipo di cucina autentica che prepara Danièle, cucina lui stesso e ama condividere questo piacere con gli altri.
Ci siamo subito intesi su come impostare la sceneggiatura: avrebbe dovuto essere un film incentrato sia sul "potere della cucina" che sulla "cucina del potere".
Questa doppia proposizione sintetizzava l'interesse della nostra storia… Per contrasto, abbiamo anche deciso di aggiungere all'intrigo al palazzo dell'Eliseo, l'episodio vissuto da Danièle in Antartide. In modo che la riconoscenza e l'amicizia che Hortense non ha mai ricevuto all'Eliseo, le fossero riconosciute all'altro capo del mondo.

Nel 1997 Danièle Delpeuch ha pubblicato un libro, Mes carnets de cuisine, du Périgord à l'Élysée. Lei e Christian Vincent ne avete tratto ispirazione per la sceneggiatura?

Poco… Abbiamo ripreso alcuni ricordi divertenti che lei racconta nel libro. Alcuni momenti con il Presidente. La sceneggiatura è un divertente miscuglio di cose realmente accadute e di elementi inventati di sana pianta. Era importante far emergere l'effetto "elefante nella cristalleria" provocato dall'arrivo di Hortense all'Eliseo. Lei non ha la minima idea delle regole di protocollo, pensa solo al suo lavoro, ha un rapporto diretto con il Presidente e si prende gioco dei consiglieri che cercano di mettere il naso nella sua cucina. Ma questo le si ritorcerà contro: sempre di più le persone cominciano ad occuparsi di quello che c'è nel piatto del Presidente a causa dei suoi problemi di salute. E' stato molto divertente scriverla, anche se ovviamente è stato necessario concentrarci sull'essenziale. Quanto all'ultimo giorno di Hortense in Antartide, quello è totalmente inventato.

Nella sceneggiatura citate un libro di Édouard Nignon, Éloge de la cuisine française che fornisce il pretesto per alcuni scambi di battute molto poetiche tra il Presidente e la sua cuoca. Danièle ce lo ha fatto scoprire nel corso di una nostra visita alla Borderie e noi abbiamo assolutamente voluto includerlo nel progetto. E' un libro magnifico, la cui prefazione è stata scritta da Sacha Guitry. Edouard Nignon è poco conosciuto dal grande pubblico, ma molto apprezzato da cuochi, gastronomi e storici. E' uno dei grandi chef francesi dell'inizio del XX secolo, ha lavorato al servizio di uomini politici come lo zar Nicola II e l'Imperatore d'Austria. Dove la cucina incontra la storia… Il suo libro di ricette è un'opera letteraria, una raccolta di poesie dedicate alla gastronomia. In lui l'amore per la cucina si coniuga all'amore per la parola.

Perché nel film la cucina è così importante per il vostro Presidente?

E' un insieme di gusto personale e della funzione che svolge. Per Pompidou, come per Mitterrand e Chirac, la cerimonia del pasto è molto importante, è un rito sociale, un modo di apprezzare veramente la Francia, la sua geografia, i suoi prodotti, la sua cultura. Quando il Presidente dice "Datemi il meglio della Francia!" è un po' ridicolo, ma allo stesso tempo dimostra un attaccamento all'eccellenza francese.

Per quanto paradossale sembri, non si può fare a meno di fare un collegamento tra Uomini di Dio, del quale lei è artefice come produttore e co-sceneggiatore con Xavier Beauvois e La cuoca del Presidente: questa donna che cucina mostra un fervore quasi religioso.

Io non arriverei a tanto… Ma è vero che quando cucina Hortense si astrae letteralmente dal mondo per dare agli altri il meglio di se stessa, dimostra quel fervore che troviamo nei monaci, ma anche in tutti coloro che hanno una vocazione. Trovo commoventi le persone che dimostrano umiltà nei confronti della disciplina che praticano; che si mettono al servizio della loro arte.
C'è anche l'imperativo morale di fare le cose il meglio possibile –a rischio di urtare, di "infastidire" gli altri. La vita privata di Hortense si eclissa davanti alla sua missione.

La cuoca del Presidente è un film che ha avuto il vantaggio di poter contare su diversi giorni di riprese all'interno dell'Eliseo. E' un fatto inedito.

Abbiamo avuto una fortuna incredibile. Tutto ha avuto inizio con una proiezione di Uomini di Dio all'Eliseo. Avevo già il film in mente e ho approfittato della proiezione per chiedere di visitare le cucine. Esperienza indimenticabile. Poi ci siamo tornati con Christian Vincent per vedere anche le dispense… Si dice che l'Eliseo sia la casa più grande di tutta la Francia: lì ci sono i servizi più belli, le posaterie più belle, l'argenteria più bella, i più bei cristalli… Abbiamo immediatamente capito quanto sarebbe stato importante poter girare lì.
Inoltre era per noi ironico e divertente scrivere una storia che si svolge all'Eliseo, nel cuore dello Stato, senza parlare mai di politica.

Come si sono svolte le riprese con tutti quei piatti da preparare?

Era molto importante che le emozioni della cucina si traducessero in immagini. Accanto al set nelle cucine, abbiamo istallato un gruppo di tre persone in una cucina vera: Gérard Besson, l'ex chef blasonato del Coq Héron (è lui che ha realizzato quella meravigliosa ricetta che è il Guanciale della Bella Aurora), Guy Leguay, l'ex chef del Ritz, altrettanto premiato, ed Elisabeth Scotto, un'esperta di cucina che collabora con la rivista Elle. Avevamo un'esigenza precisa: bisognava che tutti quei piatti fossero belli ma che fossero anche commestibili. Volevamo che il "piatto" fosse lì davanti agli attori; nessuna pietanza falsa come se ne vedono spesso in pubblicità. Sapevamo che anche i primi piani di questi piatti sarebbero stati una chiave per il successo del film.

Sono ormai diversi anni che lavora sia come produttore che come sceneggiatore.

Nel mio mestiere di produttore ho sempre amato soprattutto i momenti in cui il film viene concepito e viene elaborato dal punto di vista artistico, più che gli aspetti finanziari… Scrivere, in fin dei conti, è stato un po' come la conseguenza naturale di questa mia inclinazione. Mi permette di spingermi più lontano nei miei progetti e nelle mie collaborazioni con i registi, che sono coloro che rispetto di più perché non dimentico mai che sono loro a firmare il film…
Attualmente sto scrivendo con Xavier Beauvois il suo prossimo film, oltre a lavorare
alla sceneggiatura per un nuovo progetto. E poi fortunatamente non mi faccio mancare la produzione di film che non scrivo.

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