Woman in Gold
Woman in Gold

Woman in Gold, la recensione


'Woman in Gold' è un film che parla di seconde occasioni, di giustizia, dell'indomabile bisogno dell'essere umano di continuare a vivere, anche a costo di abbandonare tutto ciò che il cuore ama. Commovente e convincente la prova offerta da tutto il cast.
Voto: 8/10

Il Novecento è stato un secolo pieno di invenzioni e di progresso; un secolo che si è distinto per le innovazioni tecnologiche che ci hanno portato al punto in cui siamo. Ma è stato anche il secolo delle due guerre mondiali, il secolo su cui grava, come la più infame delle vergogne, il male portato dalle leggi razziali emanate sul finire degli anni '30 e che hanno portato milioni di ebrei alla morte, in quella pagina storica che porta il nome di Olocausto. Da allora il cinema ha sempre cercato di raccontare – e, al tempo stesso, esorcizzare – tale periodo storico con numerose pellicole volte a ridare in qualche modo identità al popolo ebraico. Dopo aver in qualche modo focalizzato lo sguardo sugli indicibili orrori che uomini, donne e bambini hanno dovuto affrontare, privati di qualsiasi abito e di qualsiasi dignità, ora il cinema cerca di raccontare un altro volto di quel periodo, un'altra bruttura di cui i nazisti si sono resi colpevoli: il furto di opere d'arte. Un argomento, questo, che ad esempio George Clooney aveva già affrontato nel suo Monuments Men, e che ora Simon Curtis, al suo secondo lungometraggio dopo il bellissimo Marylin, decide di raccontare attraverso un'incredibile storia vera.

Maria Altmann (Helen Mirren) è una donna di mezza età con la lingua lunga e alcune, incrollabili, convinzioni. Tra queste, quella secondo cui il famoso quadro di Klimt, la dama in oro, esposta a Vienna e raffigurante sua zia Adele (Antje Traue), confiscato dai nazisti durante la seconda guerra mondiale, le appartenga di diritto. Per questo la donna decide di assumere il giovane Randy Schoenberg (Ryan Reynolds), avvocato discendente del famoso compositore scappato alle leggi razziali. Randy, che all'inizio sembra alquanto scettico davanti alla storia della donna, finirà per appassionarsi al caso e, dopo essere volato a Vienna e aver ricevuto l'aiuto di Hubertus (Daniel Bruhl), giovane giornalista austriaco, farà di tutto perché i diritti di Maria vengano rispettati, mentre la donna viene perseguitata dai ricordi di una vita che fu costretta ad abbandonare quando era ancora giovane (Tatiana Maslany) insieme al giovane marito Fritz (Max Irons).

Tratto da un'incredibile quanto commovente storia vera, Woman in Gold è una pellicola che parla direttamente al lato più sensibile dell'animo umano, quello in grado di provare un'immediata empatia con una donna costretta a riaffrontare i fantasmi di un passato orribile, fatto di addii devastanti e umiliazioni senza fine. Simon Curtis, però, si mostra senz'altro abile nel non scadere nel troppo facile pietismo: il regista si limita il più delle volte a suggerire, a gettare allo spettatore immagini fugaci di un passato che appartiene all'immaginario storico (e cinematografico) del mondo, senza arruffianarsi facili sentimentalismi. Curtis decide così di intraprendere la via privilegiata di una protagonista e sceglie il suo solo sguardo come via d'accesso ad eventi che tutti abbiamo letto sui libri di storia. Il risultato è una pellicola dall'ottimo equilibrio, che danza sontuosa sulla colonna sonora firmata da Hans Zimmer, e che riesce a muoversi seducente tra passato – fatto di flashback dorati e spaventosi al tempo stesso – e presente, che nella finzione filmica è ricondotto al 1998. Woman in Gold finisce così con l'essere un film sontuoso, elegante, che emoziona in più di un'occasione.

Aggettivi, questi, che si sposano alla perfezione anche con l'attrice scelta per interpretare Maria. Helen Mirren, che già di per sé rappresenta la quintessenza dell'eleganza, con la sua postura eretta e il suo sguardo fiero tipicamente britannico, riesce a dare una credibilità e una concretezza tale a Maria Altmann da valere, da sola, il prezzo del biglietto. La donna, raffigurata nel suo cinismo e nel suo sarcasmo tagliente, viene così riempita di crepe da cui l'oscurità della guerra riesce a filtrare nonostante tutti gli sforzi fatti per arginarla. Ottima anche la scelta di affidare a Tatiana Maslany la parte della giovane Maria. L'attrice, divenuta famosa per i suoi ruoli di Orphan Black – che da soli le varrebbero la vittoria a qualsiasi premio d'arte attoriale -, riesce a creare una fortissima continuità con la variante più anziana del personaggio, tanto da far sospettare che la Maslany abbia seguito da vicino Helen Mirren per carpirne al massimo espressioni e gestualità. Il risultato è un racconto fatto di atrocità indicibili, ma anche di sorrisi improvvisi, che esplodono contro l'incedere di uno dei momenti più oscuri della storia dell'umanità.Woman in Gold è un film che parla di seconde occasioni, di giustizia, dell'indomabile bisogno dell'essere umano di continuare a vivere, anche a costo di abbandonare tutto ciò che il cuore ama. Commovente.

Valutazione di Erika Pomella: 8 su 10
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