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Gli anni belli, recensione del film con Maria Grazia Cucinotta

'Gli anni belli' è il film che arriverà al cinema il 7 febbraio e che racconta un'estate di cambiamenti per la giovane Elena, nell'anno dei mondiali. Il film non sempre funziona a dovere, ma ci sono alcuni elementi che, al contrario, sono di grande interesse

Arriverà al cinema il prossimo 7 febbraio Gli anni belli, opera prima di finzione di Lorenzo d'Amico de Carvalho,che fa scorrere indietro le lancette altrimenti immobili del tempo, trasportando lo spettatore in un 1994 tanto lontano in termini cronologici quanto vicino per quel che riguarda l'attualità e la condizione di un Paese ancora allo sbando, senza veri e propri punti di riferimento.

La storia è quella di Elena (Romana Maggiora Vergano), una ragazza di 16 anni che deve affrontare l'estate sentendo il peso della bocciatura in greco. Non che la cosa la interessi in prima persona: Elena è una giovane ragazza con idee politiche molto chiare e con l'intenzione di voler cambiare il mondo. Non è della sua stessa idea suo padre (Ninni Bruschetta), che la trascina via dal collettivo. Lui, che il greco lo insegna, non può accettare un simile smacco. Così l'uomo porta figlia e moglie (Maria Grazia Cucinotta) nel solito campeggio dove la famiglia ha consumato tutte le estati. Ma quella del '94 non è un'estate come tutte le altri: da una parte c'è attesa per i Mondiali che Roberto Baggio potrebbe regalare all'Italia, dall'altra c'è la crescita di Elena, il suo voler appartenere a uno status quo schierato e il suo volersi sentire donne, in quella fase della vita in cui non si è ancora certi di ciò che si è, quando l'infanzia getta ancora un'ombra sulla maturità.

A voler dare un'etichetta statica e riconoscibile a ogni costo, si potrebbe dire che Gli anni belli è una rivisitazione del più classico romanzo di formazione. Al centro del racconto – tra slogan politici, coppie in crisi e i mondiali – c'è il bisogno di una ragazza di crescere, di sentirsi adulta, di vedersi riconoscere quella maturità che sente, ma che non vede riflessa negli occhi di chi la guarda. Vera protagonista è dunque Elena, con i suoi dogmi urlati come verità assolute, con quel piglio quasi dittatoriale che hanno molti giovani ancora inesperti della vita e del concetto di compromesso. Ne Gli anni belli c'è proprio l'eroismo della fanciullezza e dell'ingenuità, quando si ha così fiducia nel futuro che tutto sembra possibile anche ciò che possibile non è. E sebbene il personaggio di Elena risulti a volte un po' troppo dura e petulante, lo spettatore non può far altro che applaudire al ritratto preciso di un'età fatta di insicurezze, paure, in cui la sfrontatezza diventa l'unico scudo per nascondere le crepe, le incertezze e quell'atavico terrore di non riuscire a trovare il proprio posto nel mondo e di accorgersi che tutto ciò che ci siamo costruiti intorno non è altro che una montagna di bugie.

Non sempre Gli anni belli è un film che funziona: a volte si ha come l'impressione che ci sia troppa carne al fuoco, con personaggi che scompaiono dalla storia senza un motivo apparente, lasciandoti la sensazione di qualcosa di disordinato e insoluto. E anche i diverbi tra gli adulti e le storyline intrecciate, tra paure di adulteri e matrimoni in crisi, non danno beneficio alla storia principale finendo per appesantirla. Ma nonostante questo, Gli anni belli è comunque un film che si lascia vedere con piacere, che accende di nostalgia la mente degli Over 35 e che di sicuro mette in primo piano il talento del suo regista.

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