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Il buio dietro di me – il libro di Damien Echols che ha ispirato il film Devil’s Knot

'Il buio dietro di me' é un libro raccapricciante e inquietante, che si legge con la difficoltà di chi non é pronto ad accettare che simili orrori possano avvenire. Damien Echols ripercorre gli anni della sua vita, cercando di liberare la sua individualità dall'ombra opprimente dei 'Tre di West Memphis'.

Nel Maggio del 1994, a West Memphis, vennero rinvenuti i cadaveri di tre bambini di otto anni in una piccola porzione del cosiddetto bosco di Robin Hood, conosciuta con il nome tutt'altro che allegro di Devil's Knot (che in italiano potrebbe essere tradotto come "la tana del diavolo"). La storia al centro del film di Atom Egoyan – appunto intitolato Devil's Knot – per quanto orribile, ingiusta e raccapricciante possa sembrare – a dispetto della tecnica di messa in scena e della qualità artistica della pellicola -, è resa ancora più inquietante dalla consapevolezza che si tratta di una storia vera. Il film, infatti, si basa sul processo che tre adolescenti – successivamente conosciuti come i tre di West Memphis –  dovettero subire prima di essere ritenuti colpevoli di un crimine che non avevano commesso e per il quale furono costretti a subire una sorta di processo-farsa che non aveva nulla da invidiare a quelli che, a Salem, condannarono a morte migliaia di persone per il reato di stregoneria.

Per il suo film Egoyan si è basato – oltre che su una marea di documenti e atti processuali divenuti, negli anni, di pubblico dominio – su due scritti fondamentali. Il primo è un romanzo-indagine, scritto dalla giornalista Mary Leveritt, intitolato Devil's Knot: The True Story of the West Memphis Three. L'altro, invece, è l'autobiografia scritta dall'unico imputato condannato alla pena di morte, Damien Echols, che porta il titolo Il buio dietro di me.

Il buio dietro di me non è assolutamente un'autobiografia canonica. Al contrario. Sin dalla prima pagina si avverte il peso della storia che Damien Echols si trascina sulle spalle. Passare metà della propria vita in prigione per un crimine mai commesso è qualcosa che lascia cicatrici e ombre che non si possono cancellare con la prima giornata di sole. Eppure Echols all'inizio cerca di spingere il lettore a non accostarsi alla lettura solo per la morbosa curiosità legata al caso che lo vede come vittima. Il suo intento di raccontare e raccontarsi vorrebbe prescindere dal caso dei tre bambini e dai processi in cui, anno dopo anno, il ragazzo si vedeva togliere la libertà. Più che una biografia, allora, Il buio dietro di me potrebbe essere visto come una sorta di diario personale – e, in effetti, non mancano le fotocopie di fogliacci su cui l'uomo buttava giù i propri pensieri per non impazzire durante la reclusione. Un diario aperto al pubblico, pieno di ricordi ed emozioni e pensieri e riflessioni. Un angolo dell'anima che Echols decide di regalare al mondo, purchè tutti siano pronti a recepirlo non come l'ennesima finestra per i voyeur fissati con gli atti di cronaca, quanto piuttosto come strumento per ampliare non tanto le proprie conoscenze, quanto piuttosto la consapevolezza di quello che accade nel mondo. In effetti, proprio all'inizio del libro, Echols scrive:

Mi prende un gran senso di insoddisfazione quando penso che c'è gente che potrebbe leggere le mie parole soltanto per soddisfare la sua morbosa curiosità. Voglio che le persone leggano ciò che scrivo perché significa qualcosa per loro: o perché le fa ridere, o perché riporta loro in mente cose che hanno dimenticato e che un tempo significavano qualcosa, o anche solo perché, in qualche modo, riesce a toccarle.

E, in effetti, Il buio dietro di me è un libro che riesce a "toccare"; prende a pugni l'incauto lettore e lo mette davanti ad alcune realtà così orribili che è difficile accettare che possano accadere. Idealmente il libro si potrebbe dividere in tre parti. Nella prima parte Echols recupera i suoi ricordi d'infanzia, raccontando di un bambino poverissimo e solitario, che scopre l'amicizia grazie allo skateboard e la libertà grazie alla musica. In questo racconto, molto evocativo e scritto con uno stile lineare e facilmente fruibile, Echols ogni tanto lascia entrare riflessioni e pensieri sul suo status di prigioniero. E' come se, recuperando i giorni piena di libertà di un'età in cui, nonostante tutte le difficoltà, si sentiva al sicuro, Echols sentisse ancora di più il peso delle mura che gli gravano addosso, riducendolo ad un punto sfocato in una grande costruzione di freddo calcestruzzo, dove la libertà e l'individualità non sono altro che spettri sfuggenti. Impariamo così a conoscere Damien, i suoi gusti, il suo modo di vedere il mondo, il suo rapportarsi con il suo paese e le sue leggi. Conosciamo un ragazzo diverso, appassionato di horror e sempre avvolto in un trench nero che usa come armatura. Non a caso, nella quarta di copertina, l'attore Johnny Depp – che è stato tra quelli che hanno combattuto per ottenere la libertà dei tre di Memphis – scrive:

Mi sono sentito subito vicino a Damien … ricordo di essere stato spesso percepito come un freak, una persona diversa se vogliamo. Capisco come ci si sente a essere giudicato più per quello che sembri che per quello che sei

Ed è proprio per la sua apparenza che Damien verrà condotto in prigione, a rispondere per il crimine dei tre bambini. E qui si apre la seconda parte del libro, quella in cui Damien rievoca, quasi con fatica, i giorni del suo arresto. E' impossibile non avvertire la rabbia saltare fuori dall'inchiostro e la totale disillusione del ragazzo ormai divenuto uomo nei confronti della giustizia e di uno Stato che condanna i propri cittadini, invece di salvaguardare i loro diritti. Quando Damien scrive: "La colpa è di quei deboli e pigri «servitori civili» che abusano dell'autorità che gli è stata conferita da persone che si fidano di loro», parlando della confessione estorta all'amico Jessie Misskelley, semi-ritardato, dalle pagine si erge un muro di risentimento e veleno che difficilmente potrà mai essere espulso da un corpo che ha subito mille vessazioni. «Sono arrabbiato con gli agenti,» continua

 che preferiscono torturare un ragazzino ritardato piuttosto che cercare un assassino. Sono arrabbiato con i giudici corrotti e i procuratori corrotti disposti a distruggere la vita a tre innocenti pur di proteggere le proprie poltrone e di seguire le proprie ambizioni politiche. Noi non eravamo niente per loro se non dei poveracci, dei rifiuti di un campo roulotte

In effetti questa parte centrale è forse la più difficile da digerire, perché si assiste impotenti ad un circo senza fine di ingiustizie e abusi di poteri. E ci si trova a pensare come sia facile rovinare la vita di una persona innocente semplicemente facendo leva sui propri privilegi, contro qualcuno che magari non ha neanche il minimo strumento per difendere quelli che dovrebbero essere diritti alienabili dell'essere umano.

La terza e ultima parte del romanzo, invece, tratta gli anni della prigionia. Echols racconta i soprusi ma anche le amicizie; racconta di persone che ha visto sfilare davanti alla sua cella, diretti alla sala delle esecuzioni. Racconta dell'incontro con la moglie Lorri e di tutti quelli che, negli anni, si sono battuti affinchè fosse fatta giustizia. Ma più di tutto Damien racconta di se stesso, delle sensazioni che gli sono cresciute dentro a causa della prigione. «Per molte persone,» scrive «in carcere la paura più grande è quella di impazzire perché, una volta impazzito, ogni speranza sarebbe persa per sempre». Ed è la speranza a caratterizzare maggiormente questo tratto del libro. Forse perché sappiamo che alla fine Damien, insieme agli altri due compagni e amici, riuscirà ad ottenere la libertà, sebbene ancora oggi sia considerato un assassino liberato. Così seguiamo con crescente apprensione il momento in cui la cella si aprirà e quest'uomo potrà tornare in un mondo che l'ha cacciato come il peggiore dei mostri.

A chiudere infine il romanzo c'è un appendice, Il caso dei tre di West Memphis, a cura di David Jauss, che cerca di far luce su tutti gli errori che il processo ha collezionato nel corso degli anni, seguendo tutto quello che ancora si sta facendo per portare all'assoluzione dei tre innocenti. Questa appendice si chiude con una citazione di Jason Baldwin (il terzo imputato), che noi troviamo particolarmente audace e profonda: «So una cosa; so quanto tempo è troppo per privare una persona innocente della sua libertà. Un minuto! Un minuto è troppo per negare a una persona innocente la sua libertà!». Ed è su questa riflessione che si chiude questo libro intenso e raccapricciante al tempo stesso, che si legge con difficoltà per l'incapacità di accettare che simili orrori possano accadere in quello che, secondo alcuni filosofi, dovrebbe essere il migliore dei mondi possibili. E allo stesso tempo l'occhio non può fare a meno di continuare a correre sulla pagina, immergendosi in un'esistenza così diversa da quella comune, così eccezionale da essere quasi spaventosa. Il buio dietro di me è quasi un libro horror, una storia spaventosa da leggere con la luce accesa, consapevoli che, prima o poi, arriverà la luce dell'alba. A spaventare è il pensiero che questa luce potrebbe non arrivare per tutti quelli che sono stati condannati ingiustamente.

Consigli per la lettura:

• Se potete, evitate di leggere il libro prima di coricarvi. Non è propriamente quella che si definisce una lettura leggera.
• Se siete di quelli che per leggere hanno bisogno di un accompagnamento musicale, noi vi consigliamo i Guns 'n' Roses; non solo perché le loro melodie si sposano alla perfezione con i sentimenti che la lettura potrebbe risvegliare in voi, ma anche perché vi permetteranno di entrare di più nell'oscuro mondo di Damien Echols.
• Se la storia vi interessa, vi consigliamo di vedere anche il documentario West of Memphis, di Peter Jackson Fran Walsh.

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