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La Bella e la Bestia, la recensione

Christophe Gans porta al cinema l'ennesima trasposizione de La Bella e La Bestia; uno spettacolo dalla fotografia maestosa, ma con qualche caduta di stile.

Ci sono racconti che non finiscono mai di affabulare, anche a distanza di decenni. Storie che paiono non invecchiare mai, ma che, al contrario, si dimostrano sempre pronte a tornare in auge, per irretire nuove generazioni di spettatori. La storia de La bella e la bestia rientra senz'altro in questa categoria. Tratta dall'omonima favola firmata da Jeanne-Marie Leprince de Beaumont, la storia della Bella che riuscì ad amare una Bestia rivive al cinema grazie al regista Christophe Gans che, insieme a Sandra Vo-Anh, riscrive il soggetto di una delle storie d'amore più famose di sempre.

Belle (Léa Seydoux) è una ragazza dolce e sensibile, la cui bellezza scatena spesso l'invidia delle sorelle maggiori, Anne (Audrey Lamy) e Clotilde (Sara Giraudeau). Dopo il fallimento dell'azienda marittima del padre (André Dussollier), le ragazze insieme ai fratelli Maxime (Nicolas Gob), Jean-Baptiste (Jonathan Demurger) e Tristan (Louka Meliava) si recano a vivere in una casetta in aperta campagna. Un giorno, mentre è di ritorno da un viaggio d'affari, il padre si imbatte in un castello pieno di cibo e doni. Sulla vita del ritorno, tuttavia, vede un albero carico di rose, fiori di cui Belle gli aveva chiesto di farle dono. Per accontentare la figlia, l'uomo strappa un fiore, scatenato però l'ira del padrone del castello, la Bestia (Vincent Cassel). Quest'ultimo, allora, dice allo sventurato ospite che gli concederà poche ore per dire addio alla sua famiglia, prima di tornare da lui e pagare il prezzo del suo furto. Una vita per una rosa, gli sussurrerà, prima di minacciarlo di uccidere tutta la sua famiglia, se non dovesse rispettare il patto. Tornato a casa, l'uomo racconta la sua incredibile avventure; Belle, che già si sente responsabile per la morte della madre, decide di fuggire e di prendere il posto del padre come vittima sacrificale. Arrivata al castello, però, scopre che la Bestia non ha – almeno per il momento – intenzione di ucciderla. Tutto quello che le chiede è di presentarsi ogni sera alle 19.00 per la cena.

Non è mai facile portare al cinema una storia che è stata già trasposta innumerevoli volte e che ha, al proprio attivo, almeno due pellicole cult: il film della Disney del 1991 e quello in bianco e nero del 1946. Christophe Gans, però, che aveva già dimostrato il suo talento immaginativo con il film Il patto dei lupi, ha deciso di accettare la sfida e cimentarsi con questo racconto d'amore e redenzione. Il risultato è una pellicola dignitosa; uno spettacolo che scorre senza troppi intoppi, permettendo allo spettatore di distrarsi senza che gli sia richiesto un eccessivo sforzo cerebrale. La sceneggiatura, che aggiunge elementi di assoluta novità per cercare di sfuggire l'accusa di banalità, è semplice, lineare, senza guizzi di particolare immaginazione. Uno script che fa il proprio dovere, ma che purtroppo, proprio in quelle aggiunte cui si accennava, trova delle voragini contenutistiche che fanno storcere il naso davanti ad un prodotto che, altrimenti, avrebbe potuto essere decisamente migliore. Le lucciole che di notte si insinuano nel cervello di Belle – e che non sono altro che un espediente per far vedere Vincent Cassel senza il travestimento della Bestia – così come i giganti che si lanciano all'inseguimento di Perducas (Eduardo Noriega) nel combattimento finale, fino al personaggio del tutto inutile di Astrid (Myriam Charleins) sono tutti elementi che appesantiscono il racconto, e lo rendono eccessivamente carico. A questi difetti, però, fanno da contraltare due reparti che raggiungono apici eccelsi. Da una parte la maestosa fotografia di Christophe Beaucarne, colma di colori brillanti e luci calde, si sposa alla perfezione con l'allure del film; dall'altra la colonna sonora, soffice e melodiosa di Pierre Adenot aggiunge note di magia ad un racconto già pieno di slanci onirici.

Il più grande merito di La bella e la bestiatuttavia, è quella di aver ridato onore al personaggio della Bestia. Dopo che trasposizioni più o meno attuali – come il film Beastly o il serial The Beauty and the Beast – lo avevano depauperato dell'aspetto animalesco a favore di una bellezza cinematografica/televisiva che rendeva vano il messaggio di fondo "la vera bellezza si trova nel cuore" finalmente la Bestia torna al suo aspetto mostruoso, dietro il quale si nasconde un Principe che ha dimenticato la sua natura a favore di una bestialità brutale, che man mano si scioglie con il prodigioso intervento di Belle. Unica pecca alla costruzione del personaggio è il modo in cui il bel principe sia stato trasformato in una Bestia; una svolta simil-fantasy che lascia un po' perplessi.

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