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Pirati dei Caraibi – La Vendetta di Salazar, la Recensione

Pirati dei Caraibi - La vendetta si Salazar segna il ritorno al cinema del Capitan Jack Sparrow, in una pellicola onesta e di puro intrattenimento, che alla sceneggiatura lineare affianca una resa visiva da togliere il fiato.

Con la regia di Joachim Ronning e Espen Sandberg arriverà nei cinema il prossimo 24 Maggio Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar, quinto capitolo della saga piratesca iniziata nel 2003 da Gore Verbinski, che ha portato Johnny Depp a vestire i panni di Jack Sparrow. Da allora molte lune si sono affacciate nel cielo cinematografico e la saga ha mostrato non pochi difetti nel corso di questi lunghi quattordici anni. Era perciò legittimo affacciarsi a questo nuovo progetto con qualche dubbio, interrogandosi sull'utilità di simile operazione, mentre il popolo della rete festeggiava per il ritorno dei vecchi interpreti Orlando Bloom e Keira Knightley. C'era davvero bisogno di un nuovo capitolo di questa saga? Probabilmente no. Ma questo significa che il risultato, a prescindere, sia da buttare? La risposta è la stessa: probabilmente no. Sebbene sarebbe molto facile scrivere una recensione per parlare del gonfiore del volto di Orlndo Bloom, delle ottime tecniche di marketing di casa Disney che di certo sanno come gestire le apparizioni dei trailer, Pirati dei Caraibi, La vendetta di Salazar è un buon prodotto di intrattenimento.

Henry Turner (Brenton Thwaites), figlio del capitano dell'Olandese Will (Orlando Bloom), è desideroso di liberare suo padre dalla maledizione che lo costringe a non poter toccare terra se non una volta ogni dieci anni. Per far questo, dopo aver sviluppato una grande passione per il mondo piratesco, ereditata dalla madre (Keira Knightley), il ragazzo è più che mai desideroso di allearsi con il leggendario Jack Sparrow (Johnny Depp), per salpare alla ricerca del Tridente di Poseidone, manufatto divino che dovrebbe spezzare qualsiasi maledizione. Sulla strada del ragazzo, però, inciampa il capitano Salazar (Javier Bardem), che con la sua ciurma maledetta, non vuol perdere l'occasione di vendicarsi di Jack, al punto di allearsi anche con Barbossa (Geoffrey Rush). Sarà Carina (Kaya Scodelario) un astronoma assetata di conoscenza, ad aiutare Henry e Jack nella loro ricerca.

Il maggior problema dei capitoli che hanno preceduto La vendetta di Salazar era un sovraccarico di informazioni e personaggi. Ci si trovava in un mondo così saturo che era facile sviluppare un senso di fastidio durante la visione, specie quando ci si accorgeva che moltissime cose venivano lasciate in sospeso o abbandonate senza giusta causa. Sebbene La Vendetta di Salazar non sia esente da questo genere di difetti – come ad esempio nel caso della strega -, la pellicola dei due registi è molto più asciutta e lineare e la sceneggiatura, seppur non brilli certo per chissà quale invenzione innovativa, fa il suo, dispiegandosi come un normale film d'avventura senza troppe pretese, se non quello di intrattenere il proprio pubblico, facendo affidamento anche su un impianto visivo da togliere il fiato, con gli effetti visivi che non solo fanno il loro dovere ma cooperano a creare una sorta di mondo aggiunto, una terza dimensione che è un piacere per gli occhi. Altro merito di questo quinto film è, senza dubbio, la sua capacità di essere colmo di omaggi. Si potrebbe considerare, in effetti, come un prolungamento o un ribaltamento di quello che fu La Maledizione della Prima Luna. La struttura è simile e anche moltissimi altri elementi: la coppia di giovani innamorati che si affidano a Jack, la ciurma maledetta, i soldati che sfidano le forze del mare. Oltretutto la Disney, come sempre, si diverte a mettere delle sequenze autoreferenziali in tutti i film: in questo caso tutta la sequenza di Jack Sparrow condotto dalle guardie è un così chiaro omaggio a Rapunzel che verrebbe voglia di fare uno split screen solo per vedere quante inquadrature combaciano.

E ciò che rimane invariato rispetto al primo capitolo ( e a tutti quelli che sono seguiti) è il peso dato al personaggio di Johnny Depp. Come spiegava Christopher Vogler nel suo tomo Il Viaggio dell'Eroe, la caratteristica principale dei protagonisti che idealizziamo come figure eroiche del racconto che ci apprestiamo a fluire è quella di essere anime in trasformazione. Sono l'incarnazione di un viaggio che non è solo (o non sempre) fisico, ma spirituale. Jack Sparrow torna a varcare i mari che tanto lo reclamano, ma il suo intero essere segue una trasformazione, un passaggio tra un prima e un dopo che dipingono il suo personaggio di pennellate crepuscolari e ibride. Nei precedenti film, pur nelle sue gag e nei suoi modi tutt'altro che tipici per un eroe, Jack Sparrow ha abituato il suo pubblico a guardarlo con gli occhi divertiti di chi sa di avere davanti una sorta di eroe di vecchio stampo cappa e spada. Nonostante il rum, il doppiogioco, la mancanza di lucidità, Jack Sparrow era l'eroe, quello che tutto poteva. Quello che in tutto riusciva. La vendetta di Salazar, invece, sembra quasi voler riscrivere questo assioma e prendere, come punto di partenza, un Jack Sparrow che sta conoscendo la sua fase discendente. Lo troviamo senza la Perla Nera, senza una nave e, a un certo punto, senza un equipaggio che sia pronto a seguire le sue avventure. Il punto più basso del suo percorso si concretizza quando il pirata si libera di uno degli oggetti che, iconograficamente, lo rendono riconoscibile agli altri, quasi stesse dando via un pezzo della sua anima. E' un personaggio che annega nel fango, che viene frustato dalla pioggia, rincorso di nuovo dai suoi errori del passato e, soprattutto, dall'atto eroico che lo ha reso un capitano. Con questo quinto capitolo Jack Sparrow, che torna a muoversi nelle mani sapienti di Johnny Depp – alla faccia di chi lo voleva già finito – sembra dimenticare quanto accaduto nei capitoli successivi a La maledizione della prima luna, offrendo al pubblico una faccia più oscura (ma sempre dannatamente divertente) del pirata che inseguiva le vele oscure della nave più veloce dei sette mari. Eppure, nonostante quanto si è scritto in precedenza, questo nuovo film del franchise de I pirati dei Caraibi, non è solo l'occasione di rivedere Jack Sparrow e, di fatto, non è solo a lui che deve il suo successo. A rubare la scena è Capitan Barbossa, un Geoffrey Rush di shakesperiana memoria, che sembra ribaltare il simbolismo di Amleto, redendolo quasi farsesco. Sua è la scena più bella dell'intero film e il suo percorso di redenzione, di pari passo con quello dell'eterno amico/nemico, è di quelli da spingere alle lacrime. Peccato per la mancanza di incisività di Javier Barden come villain, che sembra non riuscire mai a liberarsi di una certa rigidità. A parte questo, comunque, Pirati dei Caraibi – La vendetta di Salazar è un film distensivo, una buona pellicola di cappa e spada dove a farla da padrone sono gli oceani sconfinati e il coraggio, ancor più senza limiti, di personaggi che nelle acque chiare cercano il riflesso del loro destino.

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