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Recensione Resident Evil: Retribution

Recensione del film Resident Evil: Retribution di Paul W.S. Anderson con Milla Jovovich, Michelle Rodriguez, Kevin Durand, Sienna Guillory. Per via del gioco di rimandi e citazioni agli episodi precedenti, il film è di difficile comprensione per chi si approccia alla saga per la prima volta.

Nato come videogioco di stampo horror creato da Shinji Mikami, oggi il franchise di Resident Evil è conosciuto ai più soprattutto per le pellicole che dal 2002 si susseguono con cadenza non proprio regolare al cinema, per un totale di cinque pellicole che vedono la bella Milla Jovovic interpretare i panni di Alice Abernathy, letale avversaria di zombie che un virus batterioligico creato in laboratorio ha contribuito a creare. Resident Evil: Retribution è il quinto episodio di questa saga a metà strada tra una dimensione videoludica ed un’esperienza cinematografica. A dirigerlo c’è sempre Paul W.S. Anderson che torna al franchise dopo aver diretto, nel 2011, una rivisitazione fantasy del capolavoro di Dumas I tre Moschettieri.

La vicenda prende avvio esattamente dal punto in cui il precedente Resident Evil 4: Afterlife si era fermato. Alice e gli altri prigionieri dell’Arcadia subiscono l’attacco capitanato da Jill Valentine (Sienna Guillory, Inkheart, la leggenda di cuore di inchiostro e Love Actually). Durante la battaglia che ne consegue, Alice cade in acqua priva di sensi. Quando i suoi occhi finalmente si riaprono, la realtà le appare quanto mai sconosciuta. Si è risvegliata, infatti, in una sorta di casa di campagna, insieme al marito Carlos (Oded Fehr, La mummia, Resident Evil) e alla figlia Becky (Aryana Engineer). Alice, confusa, tenta di vivere questa nuova vita da casalinga, ma ben presto un’orda di zombie comincia a popolare i terreni intorno alla casa, finchè uno non riesce ad entrare e ad uccidere Carlos. A questo punto Alice, insieme alla figlia Becky, è costretta a fuggire, questo grazie anche all’aiuto della misteriosa Rain (Michelle Rodriguez di Fast and Furious). Inizia così per Alice un’ulteriore battaglia contro l’Umbrella e il T-Virus.

Quello che bisognerebbe sempre tener conto, quando ci si approccia ad una saga, è che arriva il momento in cui il racconto mostra tutti i segni di invecchiamento e stanchezza. Se Resident Evil 4 aveva già dato dimostrazione di essere un prodotto puramente ludico e reiterato, privo cioè di idee originali che ne motivassero l’esistenza, con Resident Evil: Retribution -di cui è uscito anche un libro- la saga dimostra di non essere in grado di reinventare se stessa, adagiandosi su stereotipi ormai visti e rivisti, che non esplicano più la loro funzione di meraviglia che invece avevano assunto nei primi capitoli.

La sceneggiatura di Paul W.S. Anderson è confusionaria e disordinata, volta solo a mettere in luce le capacità di una Milla Jovovic avvolta in una tuta mai così aderente. Anche il tentativo di dare una nuova dimensione più umana al personaggio di Alice, attraverso l’esperienza della maternità, finisce con l’essere uno spunto interessante, ma abbandonato ben presto a favore di esplosioni e detonazioni spettacolari. Dal punto di vista visivo, infatti, il film è un vero e proprio spettacolo per gli occhi: fotografia e scenografia concorrono alla costruzione di un mondo diegetico sfavillante nei colori cupi di una guerra contro gli zombie, e anche lo spettatore più cinico non può evitare di lasciarsi trascinare dal pirotecnico spettacolo d’azione, seppur storcendo il naso davanti ad una storia fragile e quasi inesistente che, nella sua povertà, si rivolge essenzialmente ai fan della saga, che saranno contenti di ritrovare vecchi volti del franchise, che si pensava essere usciti per sempre dai giochi.

Per via del gioco di rimandi e citazioni agli episodi precedenti, Resident Evil: Retribution è di più difficile comprensione per chi si approccia alla saga per la prima volta con questo ultimo episodio che lascia presagire la presenza, ormai certa, di un sesto capitolo che dovrebbe andare a chiudere la saga.

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