Poster France

France (2021)

France
Locandina France
France è un film del 2021 prodotto in Francia e Italia, di genere Commedia e Drammatico diretto da Bruno Dumont. Il film dura circa 133 minuti. Il cast include Léa Seydoux, Blanche Gardin, Benjamin Biolay, Emanuele Arioli, Juliane Köhler, Gaëtan Amiel, Jawad Zemmar, Marc Bettinelli. In Italia, esce al cinema giovedì 21 Ottobre 2021 distribuito da Academy Two.

France è una star della televisione, sempre di corsa fra una diretta, una guerra in paesi lontani e il trambusto della sua vita privata. Il suo mondo scintillante sembra però crollare dopo un banale incidente stradale. France tenta di rifugiarsi nell'anonimato, ma la sua fama la rincorre. Fino a quando l'illusione di un nuovo amore mette forse fine alla sua ricerca

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 21 Ottobre 2021
Uscita in Italia: 21 Ottobre 2021 al Cinema
Genere: Commedia, Drammatico
Nazione: Francia, Italia, Germania, Belgio - 2021
Durata: 133 minuti
Formato: Colore
Produzione: 3B Productions (Francia), Red Balloon Film (Germania), Tea Time Film & Ascent Film con Rai Cinema (Italia), Scope Pictures (Belgio), Arte France Cinéma Bayerischer Rundfunk (coproduzione), MIC (con il contributo di)
Distribuzione: Academy Two
Note:
Presentato nel Concorso della Selezione Ufficiale del Festival di Cannes 2021.

Cast e personaggi

Regia: Bruno Dumont
Sceneggiatura: Bruno Dumont
Fotografia: David Chambille
Scenografia: Markus Dicklhuber, Erwan Legal
Montaggio: Nicolas Bier
Costumi: Alexandra Charles

Cast Artistico e Ruoli:
foto Léa Seydoux

Léa Seydoux

France De Meurs
foto Benjamin Biolay

Benjamin Biolay

Fred De Meurs
foto Emanuele Arioli

Emanuele Arioli

Charles Castro
foto Juliane Köhler

Juliane Köhler

Madame Arpel Gaëtan
foto Jawad Zemmar

Jawad Zemmar

Baptiste



Produttori:
Jean Bréhat (Produttore esecutivo), Rachid Bouchareb (Produttore esecutivo), Muriel Merlin (Produttore esecutivo), Dorothe Beinemeier (Coproduttore), Fabrizio Mosca (Coproduttore), Marcantonio Borghese (Coproduttore), Andrea Paris (Coproduttore), Matteo Rovere (Coproduttore), Ines Vasiljevic (Coproduttore), Genevieve Lemal (Coproduttore)


Suono: Philippe Lecoeur, Gert Jensen, Romain Ozanne, Emmanuel Croset | Colonna sonora originale: Christophe | Supervisore al montaggio: Bruno Dumont | Trucco/Parrucchiere: Barbara Kreuzer, Simon Livet | Primo Assistente alla regia: Rémi Bouvier | Supervisore della Sceneggiatura: Virginie Barbay | Casting: Clément Morelle | Location Manager: Cyrille Faivre Pierret | Direttore di produzione e post-produzione: Cédric Ettouati.

Immagini

[Schermo Intero]

Curiosità

Una coproduzione 3B Productions (Francia), Red Balloon Film (Germania), Tea Time Film & Ascent Film con Rai Cinema (Italia), Scope Pictures (Belgio), in coproduzione con Arte France Cinéma Bayerischer Rundfunk, con il contributo di MIC.

France di Bruno Dumont designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani

France di Bruno Dumont è stato designato Film della Critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani con la seguente motivazione:

"Una riflessione divertita ma feroce dello stato del mondo e della politica osservati attraverso la lente dell'informazione e dello spettacolo, che non nasconde mai il suo sorriso amaro. L'apocalisse della società occidentale raccontata come la bancarotta dei valori umani ridotti a flash d'agenzia. Un film disturbante e indisponente sul potere del racconto, delle immagini e i mille misteri della finzione. "

Intervista con Bruno Dumont

C'è stato un evento particolare che l'ha ispirata per questo film, o è stato influenzato dalla generale atmosfera di questo nostro mondo scandito dai media?
France è la storia di una brillante giornalista di un network televisivo che trasmette notizie 24 ore al giorno, con un mondo sullo sfondo che viene violentemente scosso da quello quasi parallelo delle reti media e social.
Le società umane hanno perso in parte la loro normalità e il loro equilibrio naturale lasciandosi trascinare dalla concentrazione tipica di una società iperconnessa, eccessivamente digitale e comunitaria.
La prevalenza di questo nuovo modo di pensare genera confusione perché interpreta in modo eccessivo la realtà, distorcendone e perturbandone ancora di più le proporzioni e le differenze naturali. 
Tutto ciò deriva da questa nuova ottica digitale – fatta di immagini e suoni dei media, e della loro realtà ricostruita e distorta – un'ottica che da quando ha iniziato a prevalere rimuove la realtà e che è accentuata dall'iperconnettività. Tuttavia sotto gli strati dell'ipermedialità la realtà continua a crepitare.
Il nord della Francia è come una realtà pura in cui vive il cinema, dove il vero bene e il vero male esistono.

La finzione naturale del grande schermo – il cinema – potrebbe essersi estesa naturalmente a tutti i nostri schermi digitali, anche a quelli dei media giornalistici che in teoria dovrebbero concentrarsi sulla realtà? 
La finzione chiaramente influenza la realtà. La finzione è in atto su tutti gli schermi digitali in cui la naturale narrazione di immagini e suoni, tagliati fuori dal mondo reale e modificati, crea irrevocabilmente un mondo parallelo.
E così oggi questa nuova finzione sta facendo fuggire il cinema dalla sala cinematografica e dal suo ambiente naturale. Le linee di demarcazione fra realtà e finzione sono state cancellate. Tutto ciò determina una schizofrenia del nuovo mondo digitalizzato in cui viviamo. La realtà diventa finzione, il reale un mondo parallelo.
C'è un sacco di "cinema" ovunque (in ogni senso della parola!). Nel settore mediatico in particolare.
Il settore mediatico è un'industria di massa che sfrutta questa possibilità infinita e non riconosciuta di finzione per i propri fini. La realtà nei media giornalistici odierni non rispecchia tanto il reale ma, considerato il modo in cui lo distorce, piuttosto una "mezza realtà" che diventa la nuova realtà del mondo. Un potere mediatico ma soprattutto con i difetti di qualsiasi altra forma di potere.
La collaborazione dei giornalisti in questa trasfigurazione della realtà è sia tragica che eroica, e rappresenta l'elemento umano all'interno di un sistema industriale ideologico e commerciale.
La sincerità dei giornalisti provoca spesso empatia perché sebbene adottino la forma del loro ruolo, li riteniamo ancora liberi, quando invece, se viene data loro la parola, è soltanto perché si conformino al sistema che li impiega (o che li esclude istantaneamente, come vediamo succedere ogni tanto).
Questo spettacolo mediatico – e il sistema di creazione di celebrità- la dice lunga sulla società moderna, sul mondo parallelo della realtà e su ciascuno di noi, perché anche noi ne facciamo parte.
Un soggetto meraviglioso per il cinema! Meraviglioso, perché il cinema è a rischio, perché il mondo immaginario tracima nel mondo reale ma soprattutto meraviglioso perché l'elemento umano resiste sempre!
France de Meurs è un ottimo esempio di una giornalista-celebrità figlia del sistema mediatico, una vera eroina cinematografica, una coscienza tragica perfettamente illuminata e perfettamente umana.

France è un'allegoria di un sistema mediatico che è diventato una macchina concentrata sul fare rumore e creare scalpore. Lei mostra come, il modo in cui un evento viene rappresentato conta molto di più dell'evento stesso, specialmente in televisione. Il film lo mostra con ironia e crudeltà. Il suo obiettivo è renderci consapevoli o crede che la situazione sia già irreversibile?
La ben nota diffidenza del pubblico nei confronti dei media e dei giornalisti, in generale, dimostra se non la consapevolezza per lo meno l'intuizione che ciascuno di noi ha riguardo ad un sistema che predica la realtà mentre viene schiacciato dalla finzione e dalle rappresentazioni.
Il pubblico ha quindi una percezione confusa dello spettacolo della realtà attraverso i media. La televisione resta una forma di intrattenimento anche nell'attualità dove paradossalmente, la finzione affascina gli spettatori, li delizia addirittura, attraverso l'aspetto romanzato che emerge dalla sua "messa in scena". Ciò avviene sia per le notizie di attualità che per l'intera gamma di notizie politiche, economiche e sociali le quali, come in una serie televisiva oggi eguagliano o addirittura superano nelle loro trame, le migliori fiction.
L'ambivalenza di realtà e finzione nei notiziari è complessa e i media fortunatamente differiscono nel loro trattamento di tale ambivalenza e della tossicità che ne deriva.
Resta il fatto che i media conformano la realtà alla propria ideologia, sfruttando opportunamente gli eventi di attualità come una fonte continua di indottrinamento, eventi sfruttati e prodotti secondo la gerarchia dei valori del proprio settore e per la propria continua propaganda. Tutto ciò semplifica la realtà per conformarla ai propri standard: una finzione quindi, di una realtà ricostruita, schematica e geometrica.
Fortunatamente questa "cinematografia" dell'attualità, la sua finzione, è anche la sua salvezza. Conserva ancora la libertà di una rappresentazione virtualmente genuina della realtà. La bruttezza del mondo ai margini della società che viene rappresentata dai media dunque non è fatale, ma si abbina a questa possibilità alternativa della sua espressione.
Questo dilemma è invero il dilemma degli eroi – che anche noi dobbiamo essere a livello individuale – eroi che continuano a combattere l'importante battaglia umana. Il sistema mediatico non è esente da questo dilemma per via dell'elemento umano che opera al suo interno: da qui deriva la sua eroina completamente cinematica, alternativa ed esasperata: France de Meurs.

Mentre i problemi di France vengono alla luce, sia a livello personale che professionale, diventiamo coscienti che il vero tema del film è l'inutilità di tutto. Nulla ha più importanza, nulla ha peso. Quello che diciamo, facciamo, nulla importa ora. È il chiasso dei media il responsabile di questa distruzione dei nostri valori?
La costante finzione della realtà toglie drammaticità a tutto. Gli equilibri naturali vengono disturbati, la sproporzione abbonda, la decadenza è in agguato… Una vera apocalisse sonnecchia in questo regime, se la finzione non ritorna nel suo teatro. La sottocultura ha giocato un ruolo nell'esondazione della finzione per le strade, dove una violenza estrema si sparge senza controllo, non più sublimata e contenuta da vere opere artistiche che sono sottovalutate e messe al margine da questa cultura di intrattenimento totale. È impossibile evitare di pensare – nell'informare, nell'educare e nell'intrattenere – che nella società odierna sono all'opera gli attuali media e la loro sottocultura. La povertà culturale è la causa di tutto e si sta diffondendo come una peste.
Solo una consapevolezza emergente, di cui France è portatrice e modello, potrebbe innescare il processo di elevazione al di sopra di un sistema di alienazione mediatica. La natura umana trova il modo di uscire da qualsiasi situazione scomoda e qui lo fa attraverso il cinema che mediante la sua arte ci estrae dalla nostra barbarie. Anche la televisione può mirare più in alto. Sotto il suo splendore e i suoi ornamenti, il cinema è anche capace di dare il peggio. La questione non è mai estetica, è sempre politica: riguarda cosa si sceglie di raccontare, il resto segue… Oggi tutto è stabilito attraverso le istituzioni per fare sì che il mondo sia come è, e soprattutto che rimanga tale a dispetto delle pressioni contraddittorie di leggi, di regolamenti e costumi che interagiscono perché l'immobilismo prosperi.
Per ora le stazioni televisive vivono in un vuoto: vediamo sempre le stesse facce (artisti, giornalisti, politici, esperti) tutti "coscienze pure" che si invitano reciprocamente ai loro spettacoli, si danno arie, parlano, girano in tondo e si riproducono fra di loro. Questo recinto mediatico è una scelta di standardizzazione i cui "attori" in molti casi, resi paranoidi da un tale regime, sono sia padroni che servi. Anche questa è una finzione, una forma di auto-contenimento e ripetizione. Molto lontana dal mondo reale con la sua diversità, le sue masse e la sua evanescenza.  

Con il procedere del film, il personaggio interpretato da Léa Seydoux si accorge a poco a poco di essere solo un riflesso (molto avvenente) di questo passaggio dall'informazione alla rappresentazione superficiale. Arriva a questa consapevolezza attraverso varie situazioni che la mettono alla prova e che diventano delle stazioni di una sua via crucis personale. Lei la rende un'eroina che è sia superficiale sia commovente, sia minipolatrice che sincera. Come è riuscito a scrivere e filmare un ruolo così contradditorio?
La natura umana è contraddittoria, sia in profondità che in superficie. Filmare in modo corretto questa contraddittorietà significa mostrarne gli aspetti differenti e le ombre sovraimposte senza mai accettare di levigare le asperità per rendere tutto più moralmente accettabile.
La visione puritana impedisce qualsiasi forma raffinata di cinematografia ed elevazione spirituale. Questo cinema televisivo resta una forma di alienazione e intrattenimento della nostra realtà umana. France raggiunge gradualmente l'illuminazione sotto i nostri occhi, non in modo improvviso ma piuttosto attraverso una presa di coscienza sua e quindi nostra, lenta e progressiva. Non senza sofferenza, non senza lacrime. France abbraccia le prove e le tribolazioni della natura umana trasformandosi in quella stessa natura che viene incarnata cinematograficamente da Léa Seydoux. L'attrice impersona lo sviluppo personale e la crisi di France, che viene percepito dal pubblico prima di emergere dalla melmosa torpidità della realtà. 

Lei filma France come l'eroina di una storia fotografica. Nella sua vita nulla sembra "reale". La sua auto non ha sportelli, il suo appartamento sembra un museo, tutto appare come una rappresentazione di una fiaba che è troppo bella per essere vera, come la sua storia d'amore con uno sconosciuto che incontra in un centro benessere. Si ha la sensazione che nulla nella sua vita sia reale, che tutto sia esagerato, come se lei fosse costantemente l'eroina fittizia della propria esistenza. Perché?
Perché questo è appunto il cinema, e non dobbiamo mai credere che possa trattarsi del mondo reale! Tutto è una rappresentazione non di quanto vediamo, che è convenientemente "falso" e "storia fotografica". Il cinema offre un punto di vista dell'oltre che rimarrebbe invisibile senza tale rappresentazione: una visuale trasfigurata della vita spirituale sottesa, della verità intrinseca. L'alterazione è l'arcano. L'alterazione è il processo che trasforma le apparenze nella rappresentazione dell'interiorità, e lo spettatore è la persona che la guarda. Il film non è il report di un giornalista, ma il crogiolo universale in cui si mescolano le anime che attraversano la vita, e le cui aperture sono i pendenti affascinanti che tendono verso l'infinito. France è l'eroina assoluta della nostra stessa vita, portata alla sua munificenza e rafforzata dalla nostra turpitudine, forse non senza una certa grazia. Solo gli spettatori vedono. Vedono, attraverso questo teatro, l'altro lato incompleto di quanto viene loro mostrato in modo che possano completarlo con ciò di cui loro stessi sono il risultato e di cui il film era l'inizio. France non esiste, ma piuttosto esorta il pubblico a riflettere e a riemergere trasformata da ciò che ha visto.

Analogamente France esiste solo attraverso il suo lavoro. Non ha passato, famiglia o genitori. Ha un marito che disprezza perché lei guadagna più di lui, un figlio con cui non ha alcuna relazione. Questa scelta ha la finalità di permetterle di concentrarsi meglio sulla sua immagine nei media, l'immagine che è diventata la sua realtà? 
Fa tutto parte dell'equilibrio. France de Meurs è umana solo a metà. È l'eroina di un film, in altre parole rappresenta un contrappeso cinematografico. France de Meurs è un ectoplasma cinematografico il cui aspetto stupefacente e le sembianze umane portano il pubblico a chiedersi se lei è umana o è puro spirito. Se France fosse reale non sarebbe così efficace. France disturba il mondo che attraversa a causa dell'artificio della sua presenza. France de Meurs deve passare attraverso e superare l'ordine, l'abitudine e la tradizione che operano nel sistema e che ci condizionano. La sua malignità è solo il contrappeso della sua bontà, che è sempre in sintonia con lei e quindi con il pubblico, perché lei ne è l'avatar.
France de Meurs è la giornalista star di un canale di notizie che trasmette 24 ore al giorno. Per soddisfare le esigenze del canale viene sollevata dal peso della normalità da cui si è liberata grazie alla sua notorietà. France ha preso la forma della sua funzione nel sistema mediatico al servizio del quale lavora. Solo la sua coscienza ne emerge per mostrare la tragedia che si svolge e di cui rivela la doppiezza del farne parte. France non è una coscienza morale – una coscienza pura – ma una coscienza umana che cerca di venire a patti con le contraddizioni della sua condizione. La sua elevazione non è quella di un'essenza ideale o di una santa ma un'elevazione molto umana, con i suoi momenti di pentimento e i suoi momenti esaltanti. Il film non è un breviario, non è una lezione morale nello stile di coloro che creano arte per predicare, come fossero preti. Ne abbiamo abbastanza di coscienze pure! France è semplicemente il presente, il momento in cui la vediamo.

Al di là della sua bellezza che cosa le ha fatto scegliere Léa Seydoux? Che tipo di attrice è? Cerebrale o istintiva? In che modo la sua personalità ha fatto evolvere o meno il personaggio di France?
France de Meurs e Léa Seydoux si incorporano reciprocamente. La bellezza di Léa Seydoux è nulla rispetto alla precisione della sua interpretazione. Léa Seydoux è un'attrice cinematografica molto insolita che articola perfettamente il suo personaggio e che escogita sempre qualcosa di molto adatto. È una donna intensa crepuscolare e al tempo stesso brillante. Non ha bisogno di prove, e le servono solo poche riprese per creare il suo personaggio. Ha arricchito France con il suo senso dell'umorismo, la sua naturale vivacità e la sua genialità.

Blanche Gardin incarna il simbolo di questo sistema mediatico: è una donna grottesca e superficiale. Come un personaggio teatrale, è una persona ridicola. Ha scelto Blanche Gardin perché la sua personalità, notoriamente lucida e tagliente, fa da contrappeso all'isterismo del suo personaggio? 
Lou cattura appieno Blanche Gardin. Il grottesco è così vicino all'intelligenza in Lou che la dice lunga sulla depravazione delle élite così dedicate all'alienazione delle masse. In qualsiasi sistema ogni collaboratore inesorabilmente prende la forma della propria funzione: Lou incarna un sistema mediatico in cui solo il pubblico determina il valore delle azioni regredendo a una sorta di barbarismo mediatico in cui il peggio è il meglio. Blance Gardin ritrae in modo ammirabile questa disonestà apocalittica che collabora con tutti i sistemi del settore per aiutarli a raggiungere i loro obiettivi. È forse il personaggio più realistico e di conseguenza il più comico.

Come descriverebbe il personaggio interpretato da Benjamin Biolay?
Fred de Meurs è il marito naturale di questa donna eccezionale. Un uomo sensibile e delicato, "castrato" dall'eccesso di sua moglie, ma non effemminato. La lotta fra i due non si risolve a suo vantaggio quindi intelligentemente lui resta sullo sfondo. L'amore per se stessa di France ha eroso il suo amore per il marito. Gli eroi dei film sono inumani perché sono la controparte degli spettatori che lottano contro le avversità e le superano. Sono l'eccesso e il vuoto. E quindi la bravura interpretativa di Benjamin Biolay si adatta bene a questo moderno concetto di virilità in sordina, delicata e solitaria. Fred è anche un'astrazione, manca di una giusta quota di mascolinità, che il pubblico può colmare.

Dopo le difficoltà arriva la lucidità: France impara ad accontentarsi del presente, a farselo bastare. Ed è allora che ritorniamo nel nord della Francia. Niente più ironia. Solo un momento di grazia, anche se abbiamo appena vissuto l'orrore. Crede che la bellezza della natura sia l'unica cosa che può guarirci?
Siamo le terminazioni umane di campi e pascoli oltre che di siepi, ruscelli, animali e vento. Siamo tutte le parti di un unicum di cui sentiamo l'unità. Il cinema rivela questo legame mistico che unisce tutto e tutti perché tutto e tutti proveniamo dallo stesso tessuto. Il Nord è una terra di grazia perenne dove il cinema solleva misticamente tutto nella sua luce brillante e mostra la spiritualità del mondo sotto il suo aspetto monumentale.
Così France approda nel Nord alla risoluzione del male, di cui lei era soltanto un'eco, perché è qui che si trova l'inferno. Viene illuminata dalla natura mostruosa dell'uomo e dalla benevolenza della donna, sua moglie. Viene illuminata dalla natura mostruosa del mostro, di cui la televisione si delizia, che fa piangere sinceramente France e che disturba profondamente gli uomini della troupe mentre tutta la bellezza del mondo è intorno a loro. 
Con ogni livello di Male, nel nord o nei suoi "altri mondi", France viene santificata a livello umano, fino alla morte di suo marito e suo figlio, morte che si collega a tutte le morti umane di cui la piccola vicina ucciso è il frutto. La Natura si è finalmente liberata di Dio per vestirsi del suo splendore originale, per il quale l'Onnipotente era solo una facciata, un potente splendore lapidario che France intravede nei solchi bagnati dei campi arati che scendono fino a valle. La nostra coscienza è finalmente illuminata da France, che si è fatta carico di questa missione. Il Nord è il luogo dove la compenetrazione del finito e dell'infinito è così forte e visibile che si capisce e si accetta il fatto che, nella vita umana, non si arriva mai alla fine di nulla se non lo si desidera disperatamente. È in questo luogo mistico in cui il finito e l'infinito si incontrano che i cuori vengono confortati ed esaltati.
In questo modo France demistifica il cinema al fine di riavvolgerlo nel mistero in questa nuova luce. La restaurazione viene ottenuta. Grazie al cinema.

Che istruzioni ha dato a Christophe? La musica del film è sempre priva di ironia, lirica, a volte. Era questo il suo intento?
Nel cinema di una volta, la musica doveva offrire una spiegazione. La musica raggiunge spesso, in profondità, gli angoli più remoti del nostro cuore, toccando lo spirito e l'anima. La musica dovrebbe spiegarci che cosa succede nel cuore di France, specialmente quando è difficile da capire o seguire. Christophe ha lavorato direttamente al montaggio del film, nel momento in cui le articolazioni della storia vengono messe a nudo. Si tratta di una colonna sonora molto psicologica. France porta fino ai suoi limiti la contraddizione umana, questo viene spesso controbilanciato dalla musica che è contraria alle sue azioni o parole, e che annuncia già l'eterna ritrattazione della sua esistenza. Per di più France non è un essere umano, ma piuttosto una canzone, la canzone dell'umanità nel caos della vita. Christophe ha capito tutto questo. La liricità musicale che domina l'opera di Christophe è l'eco della grande tragedia sottesa alle tribolazioni di questa donna. La grazia sembra essere fato, destino. Una grazia fatale e umana le cui fila sono tese al massimo. La composizione musicale segna il respiro e il battito del cuore di questa donna, fino ai confini dell'amore insoddisfatto e della morte che la sconfigge, riportandola alla gloria umana della banalità e della rassegnazione. France finalmente diventa umana, proprio come noi lo diventiamo, cinematograficamente, attraverso di lei.
Christophe è morto poche settimane dopo, riuscendo a vedere il montaggio finale con tutta la sua musica finalizzata. Eravamo entrambi soddisfatti del lavoro fatto, di come la sua musica spiegava tutto.


intervista dal pressbook di France

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