Recensione Taken – La vendetta
Recensione di Taken - La vendetta, film diretto da Olivier Megaton che vede tornare Liam Neeson nel ruolo di Bryan Mills in cerca di salvare la propria famiglia. Nonostante la ridondanza di alcune situazioni che si ripetono più volte il film riesce a divertire e entusiasmare, ma non bisogna avere troppe aspettative.
di Erika Pomella / 12.10.2012 Voto: 7/10
Prima di Taken – La vendetta, era il 2008 quando Pierre Morel, direttore della fotografia di molti film di Luc Besson, portò sul grande schermo la sua opera seconda dal titolo italiano Io Vi Troverò, un action movie adrenalinico e affascinante che si arricchiva anche della professionalità dello stesso Besson in veste di produttore. Al centro della vicenda c'era un Liam Neeson implacabile che attraversava l'oceano per salvare la figlia Maggie Grace (conosciuta ai più per aver interpretato Shannon in Lost) da una banda di malviventi dell'est, che si arricchivano grazie alla droga e al commercio di giovani donne.
Sono passati quattro anni da quella pellicola, e ora arriva nelle sale il sequel, firmato stavolta da Olivier Megaton (Transporter 3) che porta Liam Neeson nella conturbante Instanbul, nel tentativo di riconquistare l'ex moglie Leonore (Famke Janssen). Ad accompagnarli c'è anche la figlia Kim, alle prese con i fantasmi della tragedia che l'ha colpita, quando ha rischiato di essere venduta come un semplice pezzo di carne. La vita, per l'agente Bryan Mills sembra quindi essere tornata sui giusti binari; quello che non è che il padre di una delle sue vittime sta architettando una vendetta per ripagare Bryan della sua stessa moneta.
Ci sono rari casi in cui il sequel di un film riesce a superare, in qualità, la pellicola d'origine: purtroppo non è il caso di Taken – La vendetta. Tralasciando l'idea tutt'altro che vincente di proporre, per il sequel, il titolo in lingua originale laddove nel primo film era stato interamente tradotto, la pellicola di Megaton non riesce mai a raggiungere le vette epiche che Io vi troverò era riuscito a toccare pur rimanendo fortemente ancorato agli stereotipi di un genere. Il film sembra essere piuttosto la reiterazione di stilemi che nel primo film avevano funzionato tanto bene, senza preoccuparsi di differenziarsi seppur in minima misura. La componente action della pellicola – che è di certo la parte fondamentale – è studiata in modo da far risaltare Liam Neeson come una sorta di moderno giustiziere della notte, un supereroe dei giorni nostri, che non ha altri poteri se non quelli nati dal desiderio spasmodico di proteggere le persone a cui vuol bene. Sebbene leggermente appesantito, l'attore irlandese torna a vestire i panni di Bryan Mills con una naturalezza affascinante, sebbene la sceneggiatura non offri niente di interessante, rischiando spesso di scivolare non solo nella retorica ma anche in parti involontariamente comiche. Frasi ad effetto tutt'altro che indovinate fanno coppia con coreografie eccessivamente cariche, così da risultare false.
Tutto ciò, comunque, non significa che Taken – La vendetta sia un brutto film. Tutt'altro. Nonostante le defaillance elencate e la ridondanza di alcune situazioni che si ripetono più volte all'interno della narrazione, la storia di Bryan Mills, che si dispiega lungo una scia di uccisioni spesso anche surreali, riesce a divertire e ad entusiasmare uno spettatore che vada al cinema essenzialmente per divertirsi e distrarsi, senza dunque avanzare alcun tipo di pretesa. Ed è proprio Bryan Mills alias Liam Neeson l'elemento di più successo. La presenza di Kim, ragazzina spaventata che nell'arco di ventiquattr'ore si ritrova a lanciare granate dai tetti gotici di Instanbul, è un po' forzata, mentre il personaggio di Famke Jannsen e il possibile ritorno di fiamme con l'ex marito è pressochè inutile. Probabilmente in fase di sceneggiatura si è sentito il bisogno di approfondire il lato più umano del personaggio di Neeson, non tenendo conto che quel lato umano era già stato tratteggiato con estrema cura nel primo film, dal quale Taken-La vendetta non riesce mai ad allontanarsi, per diventare un prodotto a se stante. Buono l'uso della colonna sonora, che a melodie tese e nervose, alterna musicalità più conosciute che arrivano anche a pescare da un capolavoro del thriller/noir come Drive di Nicolas Winding Refn.