Devil's Knot
Devil's Knot

Devil’s Knot, la recensione [2]


Devil's Knot racconta di un brutale omicidio in cui persero la vita tre bambini di otto anni. Un racconto che affonda le radici nella verità storica, ma che finisce con l'essere un sunto di tutti gli errori che, in vent'anni, si sono susseguiti nel sistema giuridico americano. Il tono asettico che accompagna tutta la pellicola e rallenta il ritmo abbassa il livello di un'operazione che avrebbe dovuto mirare allo stomaco.
Voto: 6/10

E' la primavera del 1993 e in un luminoso pomeriggio che sembra anticipare l'estate, il piccolo Mikey esce in bicicletta con i suoi amici, Stevie e Christopher. Quando sua madre Pam (Reese Witherspoon) lo saluta, dandogli appuntamento per le 16.30 non sa che quella sarà l'ultima volta che vedrà suo figlio vivo. Il giorno dopo, infatti, i tre corpi dei bambini vengono rinvenuti in una zona paludosa della cittadina, un'area del bosco di Robin Hood chiamata "la tana del diavolo" (Devil's Knot in lingua originale, da qui il titolo della pellicola). Nella città allora inizia una vera e propria caccia all'uomo: desiderosi di trovare ad ogni costo i responsabili dei brutali omicidi, i detective e gli agenti di polizia, sulla base di alcune testimonianze, arrestano tre adolescenti del luogo, famosi per le loro stranezze: Jessie (Christopher Higgins), un ragazzo che sembra avere qualche disturbo mentale; Jason (Seth Meriwether) e infine Damien Echols (James Hamrick), un ragazzo sempre vestito di nero, che legge strani libri sull'occulto. L'omicidio dei tre bambini, allora, viene inserito in un contesto satanista e i tre adolescenti vengono accusati di aver compiuto gli assassini per fare dei sacrifici umani. Ben presto però Pam, grazie anche all'aiuto involontario dell'investigatore privato Ron (Colin Firth) che nel frattempo sta aiutando gli imputati per salvarli dalla pena di morte, capisce che la verità è un'altra …

Presentato in anteprima nella selezione ufficiale del Festival di Toronto dello scorso anno, Devil's Knot – fino a prova contraria è il nuovo film di Atom Egoyan, regista di film come Chloe – tra seduzione e inganno e False Verità. Il regista di origine egiziana è famoso per il suo tocco spesso discreto, che non lascia quasi mai presagire la presenza non tanto di una macchina da presa, quanto di un punto di vista che si nasconda dietro ad essa. Cosa che, tuttavia, non accade in Devil's Knot. Man mano che la storia procede è facile intuire le conclusioni a cui è arrivato il regista: la sua partecipazione intellettuale alla vicenda raccontata, però, stona con una messa in scena molto spesso arida, asettica, in cui le emozioni dello spettatore rimangono quasi sempre marginate, quasi che il regista volesse mettere un margine al sentimentalismo per far posto alla ragione. Perchè è proprio la mancanza dell'uso della ragione ad aver reso il caso di questi tre adolescenti tanto famoso negli Stati Uniti, tanto da spingere artisti del calibro di Johnny Depp e Peter Jackson a mobilitarsi per ottenere una giustizia, resa – all'epoca dell'omicidio – villica utopia inutilizzabile.

Il processo a cui si sottopose Damien Echols insieme ai suoi due "amici" rappresenta una falla enorme nel sistema giudiziario americano e uno dei tanti esempi che si potrebbe portare a supporto dell'abolizione della pena di morte. Un processo, quello che Egoyan mette in scena, in cui sembra non essere più importante la distinzione tra innocente e colpevole e in cui anche il ricorso a quello che viene definito "ragionevole dubbio" finisce per essere obsoleto. Probabilmente nessuno sa cosa successe nei boschi, quando la vita di tre ragazzini di otto anni si spezzò irrimediabilmente, ma quello che è interessante nel film è il modo in cui questi tre adolescenti accusati di uno dei crimini più orribili che si potrebbero mai immaginari, vengono trattati come semplici capi espiatori, discendenti – per parafrasare una battuta del personaggio di Damien Echols – di quelle ragazze che a Salem vennero date alle fiamme non tanto per un'effettiva e comprovata colpevolezza, quanto piuttosto per il loro essere diverse dalla massa circostante. Ecco allora che lo spettatore assiste ad un processo dove le confessioni vengono quasi inventate e i sospettati (come il personaggio interpretato da Dane DeHaan) lasciati liberi di andare; un mondo giuridico in cui campioni di DNA vengono smarriti senza mai essere stati esaminati e in cui le testimonianze chiave sono quelle di un bambino confuso e di un adolescente con problemi mentali. Tutto questo, però, viene raccontato da Egoyan in maniera fin troppo didascalica. Il suo intento di lasciar scegliere allo spettatore e, allo stesso tempo, di mostrare il proprio punto di vista, sebbene sia ammirevole, dall'altra finisce con il rendere la visione una successione di dati analitici che, di tanto in tanto, annoia chi è seduto in poltrona, escludendolo così da una ricezione più ampia.

Quando invece il regista decide di mollare il freno e lasciar entrare il cuore in questo racconto terribile – perchè non c'è altro modo per descrivere quanto avvenuto nel Maggio del '93) il film si impenna e riesce a catturare il pubblico, ad infiltrarsi nella sua coscienza. In questo senso è emblematica la scena del ritrovamento dei tre piccoli cadaveri. Una scena che senza bisogno di parole o riprese particolari, riesce a trasmettere l'inenarrabile, tuffandosi in un silenzio stupefatto, rotto solo dal rumore paludoso di fango e acqua che si mischiano, per dar prova di un mondo lurido, sbagliato, dove non ci si può fidare di nessuno. Padri, madri, sconosciuti: tutti ugualmente responsabili. Tutti ugualmente colpevoli. E in questo il film riesce alla perfezione.

Valutazione di Erika Pomella: 6 su 10
Devil’s Knot – Fino a prova contraria
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