Come non detto
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Come non detto, intervista al regista Ivan Silvestrini


Da sempre interessatosi di fotografia e narrativa, Ivan Silvestrini si diploma in Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia con il suo decimo cortometraggio Avevamo vent’anni. È il regista e sceneggiatore della prima web series italiana in lingua inglese Stuck. Come non detto segna il suo esordio in veste di regista di un lungometraggio cinematografico. Questo […]

Da sempre interessatosi di fotografia e narrativa, Ivan Silvestrini si diploma in Regia al Centro Sperimentale di Cinematografia con il suo decimo cortometraggio Avevamo vent’anni. È il regista e sceneggiatore della prima web series italiana in lingua inglese Stuck. Come non detto segna il suo esordio in veste di regista di un lungometraggio cinematografico.

Questo è il tuo primo lungometraggio, che esperienza è stata?
È stato meraviglioso poter esordire con questa produzione. È stato un privilegio e sono grato a coloro che mi hanno reputato il regista giusto.
La troupe è stata fantastica, è stato un set sereno, tutti erano concentratissimi e volevano dare il meglio.
Durante le riprese non ho mai smesso di lavorare, un regista non smette mai, neanche in pausa pranzo, neanche la notte, ma per fortuna è un lavoro tanto massacrante quanto esaltante.
Questo è un film pop, ed è stata un’occasione per tutti di sfoggiare luci e colori a più non posso.

Perché hai scelto proprio questa sceneggiatura per il tuo esordio?
Come Non Detto è un film scritto col cuore, e a me colpire al cuore piace. 
Ci sono tutta una serie di elementi nella storia che trovo universali e trascendono l’argomento “omosessualità”.
Tutti ci sentiamo diversi e incompresi per qualcosa, e tutti lottiamo con noi stessi per liberarci. Penso sia bello ci sia un film che parli dritto al cuore di chi sta cercando la forza di non doversi più nascondere. Dopo aver visto questo film ci si sente meno soli.

Come sono stati scelti gli attori?
Tutti gli interpreti sono stati scelti attraverso lunghe sessioni di casting, i protagonisti sono semplicemente i migliori attori che abbiamo trovato. Abbiamo fatto delle scelte audaci come quella di Francesco Montanari che vedrete in un ruolo molto diverso rispetto a quello che lo ha reso famoso in Romanzo Criminale, e sono felice e onorato di aver potuto lavorare con personaggi del calibro di Monica Guerritore e Ninni Bruschetta. È un cast fresco, un ottimo assortimento di volti e tipologie, sono molto fiero e grato di aver lavorato con ognuno di loro.

Secondo te, c’è ancora bisogno di film di questo tipo?
Assolutamente, in Italia soprattutto. A volte è difficile accettare la propria omosessualità ed è difficile per gli altri accettare quella dei propri cari. Io penso che se c’è uno scopo che accomuna la vita di tutti è quello di perseguire la felicità, per me non ha neanche senso la diatriba sull’origine cultural/sociale o biologica dell’omosessualità: se attraverso un percorso di certo non facile si capisce che è un altro uomo (o donna) a renderci felici e innamorati, beh è con lui(lei) che dobbiamo stare. 
Questo film racconta la prospettiva di Mattia che è gay, ma anche dei suoi parenti e amici che con l’omosessualità si confrontano in vario modo. Tutti, nello svilupparsi della storia, si libereranno di un segreto che pensavano inconfessabile.

Oggi, come percepisci l’esperienza di questo film?
La mia sfida e missione con questo film era far percepire (a pelle) come la storia d’amore fra i due ragazzi protagonisti fosse “inevitabile”, pura e assolutamente naturale. E mi sono stupito per primo di come le immagini che andavamo a comporre ne trasmettessero la sensazione palpabile.

Quanto di tuo c’è in questo film?
Questo film è pieno di me, più di quanto si possa sospettare, io sono in ogni scelta e in ogni sguardo su questi personaggi. Il mio rapporto con la macchina è abbastanza carnale, e adoro lavorare con gli attori per rendere le scene il più stratificate possibile. Ogni immagine dovrebbe racchiudere un mondo.

Aneddoti?
Ci sono state situazioni molto divertenti lungo la lavorazione.
Un giorno Francesco Montanari camminava per strada nel suo costume di scena, ad un certo punto un signore ci urla “ma che avete fatto ar Libanese?!?”
Valeria Bilello, dopo aver quasi distrutto una macchina, guidava senza mani e febbricitante con un altro attore in macchina… e io guardandoli dal monitor portatile penso: oh mio Dio adesso si schianteranno e sarà la fine, salvo poi ricordarmi che anche io ero in quella macchina con loro nascosto nel portabagagli!
Infine Josafat che cercava di interpretare le mie indicazioni mentre gli urlavo di darsi uno schiaffo da solo allo specchio ed essere una volta colui che colpisce e una volta colui che viene colpito… e lui che timidamente mi dice “ma sono sempre io!”

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