La gente che sta bene, intervista a Claudio Bisio


Intervista a Claudio Bisio, tra i protagonisti della commedia italiana di Francesco Patierno, La gente che sta bene.

Di seguito l'intervista fatta a Claudio Bisio, protagonista del film La gente che sta bene, la commedia italiana diretta da Francesco Patierno in cui ha il ruolo di Umberto Maria Dorloni.

L'Avvocato Umberto Dorloni è uno che ce l'ha fatta e ormai non guarda più in faccia nessuno. Per lui crisi, tasse e precarietà sono solo un altro titolo di giornale. Quello che conta sono i ricevimenti, le interviste, il successo ad ogni costo. Ad un passo dal trionfo, però, quel mondo così perfetto inizia a sgretolarsi e a mostrare tutti i suoi risvolti oscuri. Ma il nostro Avvocato non cederà tanto facilmente la sua fetta di paradiso. Ingaggerà una lotta sempre più frenetica per riconquistare il suo posto sulla vetta. Si troverà a colpire e a essere colpito, a tradire e a essere tradito in un percorso imprevedibile sull'orlo del precipizio che in una spirale davvero tragicomica, tra battute fuori luogo e donne fatali, squali e insidie, inganni e batoste, lo porterà alla scoperta di un nuovo se stesso.

Che cosa l'ha convinta a prendere parte a questo film?
Mi era venuta voglia di lavorare con Francesco Patierno dopo aver visto i suoi film, dalla folgorante opera prima Pater familias al recente Cose dell'altro mondo fino al bellissimo docufilm La guerra dei vulcani. Mi ha chiesto di leggere il romanzo di Federico Baccomo da cui avremmo tratto il nostro film e mi sono accorto che quel libro conteneva quel tipo di comicità che a me piace: arguta, pungente… molto anglosassone. Ho recitato in diversi film tratti da libri ma questa volta mi è sembrato che l'adattamento potesse risultare particolarmente facile perché il romanzo era già scritto e strutturato in maniera cinematografica. E così è stato.

Che cosa succede in scena?
Si tratta di una commedia caustica e brillante che è ambientata ai nostri giorni in una Milano popolata da un'umanità alla ricerca disperata di un modo per stare a galla e che racconta con spietata ironia il ghigno di un uomo che giorno dopo giorno ha sempre meno motivi per ridere. Si tratta di Umberto Maria Dorloni, un avvocato d'affari che si muove tra Milano e Berlino, un narcisista, un mezzo bastardo che si aggira tra gli squali della nostra epoca di crisi economica, ma che ci sguazza e in qualche modo "cade sempre in piedi". Continua a coltivare un ottimismo mal riposto, un cinico che licenzia col sorriso sulle labbra ma che a un certo punto viene a sua volta licenziato.

Che tipo di rapporto si è creato sul set? Avete dovuto rispettare un copione ferreo o c'era anche spazio per improvvisare?
Siamo partiti da una sceneggiatura piuttosto fitta e densa, ricca di dialoghi e di personaggi che parlano tanto e a volte straparlano, grazie alla scrittura ironica e pungente di Baccomo che Francesco Patierno ha definito una "partitura musicale". Patierno secondo me ha avuto ragione nel volersi attenere al libro ma in un paio di momenti, in particolare con l'amico Abatantuono ha avuto la felice intuizione di lasciarci a briglia sciolta…

Come si è trovato con Margherita Buy?
Un altro motivo per cui sono felice di aver girato questo film è stato il piacere di lavorare per la prima volta con Margherita, che interpreta mia moglie. Sono da sempre un suo grande ammiratore a distanza e quando ci siamo ritrovati a recitare insieme, tra noi la sintonia è stata per fortuna immediata e profonda. In scena anche lei è un avvocato che si è fatta convincere dal marito a lasciare il lavoro per restare a casa a badare alla famiglia. Margherita è riuscita a dare rotondità e spessore anche al mio personaggio che, dopo aver sfiorato la tragedia, si avvia verso un cambiamento-redenzione finale. Non era affatto facile il suo personaggio, sovrastato dall'esuberanza del marito che non smette mai di parlare, spesso a vanvera. Beh, spesso i suoi silenzi, i suoi sguardi risultavano vincenti. Ho avuto così la fortuna di capire cosa vuol dire essere una grande attrice. Vorrei ricordare anche una sequenza molto importante girata con Carlo Buccirosso che interpreta un commissario sadico che gioca al gatto con il topo:una scena molto divertente in cui Carlo ha davvero dato il meglio di sé.

Che commedia è secondo lei?
È sicuramente una commedia, ma in questo caso c'è un tipo di comicità molto cinica, dialoghi ricchi di sarcasmo, e con qualche punta di amarezza. Sono quasi tutti personaggi negativi: codardi, arroganti, egoisti, ma riuscire a far ridere (cosa che mi auguro sinceramente che accada) attraverso un carattere che non corrisponde a quello che sei nella vita è, per un attore, uno degli eventi più gratificanti del cinema. È come quando da bambini si gioca a guardie e ladri e tu scegli di fare il ladro, il cattivo… per divertirti di più.

Ricorda qualche momento particolare della lavorazione?
Ricordo quando siamo stati a girare una sequenza a Berlino e ho proposto a Patierno di improvvisare una scena "rubata" tra la gente. Mentre attraversavo una enorme piazza per andare negli uffici della Kocs&Kocs, studio di avvocati che mi aveva convocato per un colloquio, io salutavo chiunque incontrassi con un "scheisse!", accompagnato da un sorriso a trentadue denti, come volessi dire: "Buongiorno!" (in realtà vorrebbe dire "merda"). Beh, le facce dei tedeschi (alcuni figuranti inconsapevoli, altri passanti veri e propri e assolutamente ignari) sono state notevoli e irripetibili. Un tipo mi ha pure risposto insultandomi in tedesco… Beh, Patierno ha montato quella scena praticamente senza tagli. Un bel coraggio!

Che cosa si aspetta dal film?
Sono molto curioso di vedere come verrà accolta qui in Italia una commedia così insolita. Soprattutto da parte dei giovani (penso ai miei figli adolescenti). Sarebbe bello se dovesse piacere, potrebbe rappresentare un bel segnale per una strada da percorrere in futuro.

Impostazioni privacy