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Nella casa: intervista a Kristin Scott Thomas


La protagonista Kristin Scott Thomas parla del thriller Nella Casa, dal 18 aprile nei cinema italiani, diretto da Francois Ozon; nel cast anche Fabrice Luchini, Emmanuelle Seigner, Yolande Moreau.

Vi proponiamo l’intervista integrale fatta a Kristin Scott Thomas, tra i protagonisti del nuovo film diretto da François Ozon, Nella Casa, in arrivo nelle nostre sale Giovedì 18 Aprile 2013 distribuito da BIM. Nel film, un ragazzo di 16 anni si insinua nella casa di un suo compagno di classe per trovare ispirazione per i suoi componimenti scolastici. Colpito dal talento e dall’indole insolita dello studente, il suo professore di francese ritrova il gusto dell’insegnamento, ma l’intrusione scatenerà una serie di eventi incontrollabili.

Quale è stata la sua reazione quando ha letto la sceneggiatura di Nella Casa?
L’ho trovata divertente, lieve, ma non futile. Pone dei problemi, fa riflettere sui ruoli di maestro e allievo, sull’arte e sulla nostra sete di reality show, in particolare attraverso il personaggio che interpreto io che sviluppa una vera dipendenza per la storia che Claude scrive. Jeanne ha un atteggiamento molto voyeuristico nei confronti della famiglia Rapha. È un comportamento molto attuale: abbiamo tutti una grande curiosità nei confronti degli altri, basta guardare il successo delle celebrità da tabloid. Tutto questo non è molto bello!

Immergendosi nella vita degli altri evita di guardare la propria…
Sì, Jeanne è incapace di guardare quello che avviene sotto il suo naso e il modo in cui la sua unione salta per aria lascia un po’ di amaro in bocca. Il film solleva grandi quesiti, ma in modo semplice e divertente. Diretto da un altro regista, sarebbe potuto essere un film tragico e invece François ne ha fatto una storia spiritosa e convincente. Il suo umorismo mi piace.

Come descriverebbe la coppia formata da Jeanne e Germain?
Provano un’ammirazione reciproca, hanno trovato la loro serenità nella condivisione della lettura e dell’arte, hanno una fusione culturale. La cultura è in un certo senso il figlio che non hanno mai avuto. Del resto, sollevano la questione del figlio solo alla fine del film, a causa del rapporto che Germain intrattiene con Claude.

Che cosa cerca Claude in Germain?
Cerca di avere accesso all’immaginazione e allo stile per poter sfuggire alla sua triste realtà, fatta di un padre condannato alla sedia a rotelle e di una madre scomparsa. Fuggendo nell’universo virtuale, Claude sfrutta una famiglia. È un po’ un mostro!

Anche la famiglia è mostruosa e finisce con il richiudersi su se stessa…
Sì, questa è una tematica molto cara a Ozon! Questa famiglia ha un lato mostruoso, ma siamo nel registro della satira, è difficile prenderla sul serio. Ci teniamo a una certa distanza da essa dal momento che ci viene descritta da Claude. Al contrario, siamo più nella realtà e nell’accuratezza quando vediamo la coppia che io formo con Luchini. Ozon ci ha filmati da vicino, in un grande appartamento pieno di libri. A un tratto lo spettatore si trova immerso in una intimità più grande.

Jeanne è l’arte contemporanea, Germain è la letteratura classica…
Sì, ma fino all’arrivo di Claude, questa distinzione non li disturbava, non erano in disaccordo. Ciascuno badava alla sua occupazione. È quando la coppia entra in crisi che diventa un problema.
François filma con derisione il mondo dell’arte contemporanea. La reazione delle gemelle davanti ai quadri delle nuvole che Jeanne mostra loro è molto divertente. Le due donne non osano aprire bocca.
Jeanne non è la caricatura di una gallerista, anche lei si interroga sulla qualità delle opere che espone. Quando cerca di vendere i quadri, tradisce il dubbio che l’affligge, ci crede senza crederci. Del resto, alla fine si ritrova più nell’artigianato che nell’arte!

Come è avvenuto l’incontro con François Ozon?
L’avevo già incontrato diverse volte in passato e l’avevo trovato molto interessante, brillante, provocante. Ha uno sguardo vivacissimo, parla a cento all’ora, è un maniaco del lavoro, si interessa a tutto, è molto colto e informato su ogni cosa.

E le riprese?
Avevo appena finito di recitare a Londra una pièce di Pinter molto cupa rimasta in cartellone per diversi mesi e avevo un po’ dimenticato come si lavora nel cinema! François ha un modo di lavorare abbastanza particolare, a partire dal fatto che è lui che fissa le inquadrature. Non l’avevo mai visto fare a nessun altro regista. L’altra particolarità di queste riprese è stata che al mio arrivo sul set il film era già stato in buona parte girato e mancavano solo le mie scene. Mi stavano aspettando, un po’ come il Messia! Non è facile inserirsi in un ambiente in corsa.

Come dirige gli attori François Ozon?
Conosce il gesto che un attore deve fare fino al millimetro. La sua precisione mi ha fatto un po’ pensare a quella di Polanski. François ha un lato molto pragmatico ed è assolutamente inflessibile sul testo. In questo genere di commedia alla francese, i codici di recitazione e la scansione dell’eloquio sono molto precisi. Non è una storia costruita sulla psicologia dei personaggi, è anti Actor Studio. Si fonda essenzialmente sul ritmo e sull’ascolto del partner.

E l’incontro con Fabrice Luchini?
Fabrice Luchini girava già da parecchie settimane ed era completamente immerso nel suo ruolo e molto a suo agio con la troupe e con François. Di solito sono io a trovarmi in quella posizione di forza e il partner a essere inquieto. Ma in questo caso i rapporti erano invertiti! Era la prima volta che lavoravo con Fabrice e spero non sia l’ultima. Sullo schermo siamo complementari, diamo l’impressione di aver recitato insieme tutta la vita! È un partner con cui è molto facile scambiare le idee, probabilmente perché abbiamo in comune l’esperienza del teatro e del palcoscenico. Sono rimasta anche molto colpita dalla prestazione di Ernst Umhauer. Dà un bellissimo contributo al film accanto a Fabrice.

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