Tim Burton
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Tim Burton: La Disney è come la famiglia, a volte c’è del buono, a volte no


In occasione della presentazione alla stampa di 'Dumbo', Tim Burton ha parlato del suo rapporto con il film originale, con la Disney e con l'idea di famiglia. Ecco quello che ci ha raccontato.

Dopo un primo assaggio di primavera, Roma è scivolata dietro un cielo plumbeo e un'aria cupa che sembrava quasi un dipinto fatto appositamente per accogliere nella capitale il regista Tim Burton, arrivato a Roma per due motivi. Il primo è quello di ritirare il David di Donatello alla carriera che gli verrà consegnato domani in una cerimonia che andrà in onda su Rai 1. La seconda è presentare alla stampa italiana Dumbo, la sua ultima fatica registica. Un live action che si pone a metà strada tra il sequel e il remake e che aveva già convinto la stampa estera.

Nella bella cornice dell'hotel Eden, a due passi dalla via del cinema di Via Veneto, Tim Burton ha risposto alle domande dei giornalisti in un'atmosfera rilassata e divertente. A differenza dell'ultima visita del regista nella città italiana, quando venne per presentare Miss Peregrine, in cui Tim Burton era apparso quasi a disagio, la conferenza stampa di Dumbo è stata l'occasione per Burton di divertirsi coi giornalisti, scherzando sui suoi rapporti con la Disney, su quanto sia diventato iconico Jack Skeletron di Nightmare before Christmas e su cosa abbia significato per lui avere a che fare con un film come Dumbo.

Il film arriverà nelle sale il 27 Marzo, pronto a far esplodere il botteghino anche grazie ad un cast di prima categoria, in cui troviamo (tra gli altri) Colin Farrell, Danny De Vito e la bellissima quanto conturbante Eva Green. A differenza del suo predecessore animato, il film di Tim Burton si contraddistingue per l'accento messo anche sugli umani che si muovono intorno alla storia dell'elefantino Dumbo e che nel cartone animato Disney erano stati semplicemente tenuti a bordi.

Di seguito ecco quello che Tim Burton ci ha raccontato.

La maggior parte dei personaggi, nei suoi film,  recitano con gli occhi. Dumbo non fa differenza. Volevo capire come si era rapportato a questa cosa e se è un elemento che lei ricerca nei suoi film.
Sì. Per me è molto importante, soprattutto per i personaggi che non parlano o comunque non parlano molto. In questi casi è chiaro che le emozioni devono essere espresse in modo differente. E la cosa migliore per me era andare alla ricerca di una forma semplice, pura, in un mondo invece così caotico. E il modo migliore per esprimere queste emozioni è stato attraverso gli occhi. Ci abbiamo lavorato molto: abbiamo lavorato tantissimo sullo sguardo di Dumbo, su come riuscire a trasmettere determinate emozioni.

Dumbo ricorda molto l'industria dello spettacolo e, in generale, dello show buisness: è la storia di un artista indipendente che ha molto successo, viene preso da una società molto più grande per fare la stessa cosa e guadagnare molto di più. Vorrei sapere se lei ha letto la sceneggiatura e vi ha letto qualcosa che succede spesso tra artisti indipendenti e grandi major hollywoodiane.
Quando ho letto lo script, in effetti, ci ho pensato. E ora che ne parli… be', sì, mi sembra una storia familiare (Tim Burton si riferisce a tutti i dissapori avuti nel passato con la Disney a causa del controllo che la major voleva avere sul contenuto dei suoi film, ndr). Però ricordiamoci che qui abbiamo il lieto fine, perché [attenzione spoiler] scappa. Tutto quanto non conduce che a quell'ultimo e liberatorio attimo della fuga.

Anche in Dumbo, proprio come era avvenuto con La casa per ragazzi speciali di Miss Peregrine, ritroviamo i temi della differenza, dell'essere diverso, dell'autostima. Però io mi sono incuriosita: sulla scia del finale del film c'è una sorta di appello al circo senza gli animali e volevo sapere cosa ne pensava.

Sì. Il fatto è questo: faccio film sul circo, ma non amo il circo. I pagliacci, ad esempio, mi fanno paura. Mi hanno sempre terrorizzato. E non mi piacciono gli animali costretti ad esibirsi. Discorso diverso per gli zoo. E' chiaro che un animale selvatico non dovrebbe essere costretto a fare cose strane, diverse dalla sua natura. Lo zoo è diverso perché magari può servire ad insegnare qualcosa ai bambini o a proteggere delle specie a rischio di estinzione. Faccio l'eccezione dei cani e dei cavalli che sembrano divertirsi. Be', sì, forse più i cani dei cavalli. Ma io lavoro sempre con gli animali, me incluso.

Il film mi ha ricordato il film The Greatest Show on Earth di Cecil B. De Mille. Volevo sapere se lo aveva visto e se, in qualche modo, lo avesse visto…
E' una sorta di circo biblico. Avete visto Circus of Horror? Quello è il mio preferito.

Vorrei tornare a parlare degli occhi di Dumbo: quando uscì il cartoon ci fu una polemica. Erano troppo chiari, troppo celesti. Ecco, lei ci ha pensato? Si è posto il problema nei confronti di questa polemica?
Fortunatamente quando c'è stata quella polemica io non c'ero, quindi non mi riguarda.

Lei fa sempre film controversi. Mi chiedevo come mai ha scelto di inserire anche le storie degli esseri umani, che mancavano nel film d'animazione originale.
Quello che mi piaceva della sceneggiatura erano le storie degli umani intorno a Dumbo. Perché c'erano grandi parallelismi. C'è sempre questo senso di perdita, di assenza. I bambini perdono i genitori, un ragazzo perde un braccio, qualcuno perde la moglie. Abbiamo questo senso di smarrimento e se vogliamo questa è un'analogia bella con il tema di Dumbo stesso. Si trattava di poter esplorare il senso di famiglia nelle sue molteplici forme. 

Come è cambiato il suo rapporto con la Disney nel corso del tempo? E adesso dalla Disney ha avuto quella libertà completa che magari in passato non era mai riuscito ad ottenere?
No. Nessuno l'ha mai. La vita è così. E' come la famiglia, no? C'è del buono, qualche polemica… E va bene così. Voi amate la vostra famiglia sempre? Tutto il tempo? Alzate la mano. 

Per la sua idea di fare un live action in casa Disney, doveva essere proprio Dumbo? Oppure è semplicemente capitato?
Assolutamente sì. Doveva essere Dumbo. Dumbo per me era quello che più mi permetteva di fare qualcosa di valido, per tutta una serie di motivi. C'erano tutta una serie di tematiche che mi erano vicine. Perché non si poteva semplicemente fare un remake ormai datato. Questo però consentiva di prendere tematiche molto belle e trasformarle. Portarle a qualcosa di nuovo. Senza contare che il film d'animazione era molto più corto, quindi c'era tutto un mondo da esplorare.

In Dumbo quanto effettivamente è stato usata la CGI?
È stato molto strano girare questo film. Per lo più si è trattato di costruire veramente il set e la scenografia, soprattutto per dare un senso di familiarità e agevolare il lavoro degli attori. A parte l'utilizzo del green screen soprattutto per gli sfondi. Poi col fatto che il protagonista principale non c'era mai, volevamo dare qualcosa di davvero concreto alla troupe.

Sono passati tanti anni dai suoi Batman. Chi, secondo lei, dopo i suoi film, ha ereditato meglio l'eredità del personaggio DC, Nolan o Zack Snyder?
Sono entrambi molto bravi. Io mi reputo molto fortunato per poter lavorare su Batman quando non era ancora una moda. E' stato un privilegio, per me. Ed è stato divertente lavorare su qualcosa che non era stato fatto prima. Ed è chiaro che dopo può essere trasformato in qualcosa di più grande. Ma, appunto, sono stato molto fortunato.  

Il suo cinema è diventato sempre più digitale. Anche al look che hanno i suoi film. Volevo sapere: sono solo i tempi che cambiano o lei veramente si riconosce in questo tipo di cinema?
Sì, i tempi cambiano. Abbiamo a disposizione nuovi strumenti, nuove vie. Certo, le cose più tradizionali mi mancano. Per esempio amo il cinema d'animazione fatto con le tecniche di una volta. Continua ad essere presente in me la passione per la natura tattile del fare cinema. E cerco sempre di mantenere questa presenza.

Ai David di Donatello Dario Argento verrà premiato come lei. Perciò volevo sapere se poteva dirci qualcosa della vostra amicizia...
Be', nelle figure del cinema italiano che mi hanno ispirato c'è Mario Bava, Fellini e naturalmente Dario Argento. Lui è uno straordinario regista e sono molto felice per lui.

La sequenza degli elefanti rosa, che ha traumatizzato la nostra infanzia. Se ne è parlato molto, del fatto che era un momento delicato, soprattutto nell'ottica di un bambino. Mi piace come lei lo abbia trattato, usato le forme del nuovo cinema. Vorrei sapere come ha lavorato su questo aspetto. Lei ha preso la scena psichedelica del film originale e l'ha trasformata in magia. 
E' giustissima questa considerazione. E' una scena molto strana e l'idea fondamentale era che rimanesse in questo film, ma in un contesto diverso. Meno un'immagine da incubo. Mi è venuta in mente guardando degli artisti che lavorano con le bolle di sapore. Si è cercato di mantenere la natura della scena originale, ma in modo diverso. Volevo dare di più l'impressione di entrare nei sogni di Dumbo.

Volevo sapere se è soddisfatto del risultato finale o se c'è qualcosa che cambierebbe… 
Quando finisce un film come questo ti senti particolarmente vulnerabile. Rivediamoci fra tre anni, rifammi la domanda e vediamo cosa avrei cambiato.

Facendo Dumbo ha pensato di girare una versione live action di Nightmare before Christmas?
Dovremmo trovare qualcuno che fosse tanto magro quanto Jack Skeletron. Comunque no. (per fortuna, aggiungiamo noi, ndr).

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