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American Horror Story Asylum – Recensione

La recensione della seconda stagione di American Horror Story, Asylum, partendo dal primo episodio 'Benvenuti a Briarcliff'. A cosa è dovuto il successo di American Horror Story?

Prodotta da Ryan Murphy, il padre della fortunata serie Glee, American Horror Story è stata, nella scorsa stagione televisiva a stelle e strisce, una vera e propria sorpresa a cui il pubblico ha risposto con un certo entusiasmo. Non a caso il pilot della serie, andato in onda sul canale FX, è stato l’episodio più visto di tutta la storia della rete. A cosa è dovuto questo enorme successo?

Difficile rispondere: sicuramente ha aiutato la scarsa offerta di prodotti seriali di genere horror, a cui American Horror Story ha ovviato con una prima stagione, dal sottotitolo Murder House,  in cui venivano miscelati tutti gli elementi e gli stilemi del genere. L’altra scelta interessante è stata quella di creare una serie che somigliasse più ad un’antologia di racconti: nel suo insieme, infatti, American Horror Story presenta stagioni collegate tra di loro solo dall’idea del plot di fondo, le storie di paura che corrono lungo la tradizione folcloristica americana. Ecco allora che dopo la casa infestata della prima stagione, Ryan Murphy decide di solleticare la curiosità del pubblico affezionato con un altro luogo del terrore per antonomasia, il manicomio. E’ da questo semplice spunto che parte Asylum, la seconda, strabiliante stagione di American Horror Story, in cui tornano tutti gli interpreti che hanno sancito il successo della prima serie. Pur interpretando ruolli completamente diversi da quelli già visti, tornano Jessica Lange (vincitrice di un Golden Globe per il suo ruolo di Constance Langdon), Evan Peters (interprete di Tate Langdon, uno dei personaggi più belli mai scritti), Sarah Paulson (che passa dall’avere un ruolo marginale nella prima stagione, ad essere vera e propria protagonista) e Zachary Quinto. Insieme a questi tre grandi attori tornano anche molti interpreti già visti nella prima stagione, a cui si aggiungono guest star di prima categoria come Adam Levine, il vocalist dei Maroon 5Joseph Fiennes e James Cromwell.

Il primo episodio della serie Asylum, andato in onda il 6 Febbraio sul canale satellitare Fox, porta il titolo di Benvenuti a BriarcliffL’episodio si apre con un’agghiacciante gita, ai giorni nostri, di una coppia di neosposi al famoso manicomio di Briarcliff, famoso per aver dato “asilo” ad uno dei più spietati killer della zona, il cosiddetto Bloody Face. Appassionati di storie horror e di luoghi teoricamente infestati, i due innamorati si introducono nel manicomio ormai abbandonato e decrepito, decidendo di festeggiare la riuscita del loro viaggio di nozze sui generis con un amplesso tra le rovine dell’edificio. Un rumore improvviso, però, cattura l’attenzione dei due, spingendoli verso una porta chiusa. Usando una sorta di spioncino il marito (Adam Levine) introduce il proprio iphone per fare luce e vedere cosa c’è nella stanza: la sua curiosità verrà punita con un colpo secco che gli strapperà via il braccio e metà del sangue che gli scorre nelle vene. Uno stacco improvviso trascina lo spettatore indietro nel tempo, negli anni ’60, quando Briarcliff era ancora perfettamente funzionante. Conosciamo così la rigida suor Jude (Jessica Lange), segretamente innamorata del Monsignore resposanbile (Joseph Fiennes) e orripilata dal viscido Dottor Arden (James Cromwell), medico sadico che esercita esperimenti segreti e terrificanti, di cui si sa veramente molto poco. La storia prende il via quando nel manicomio arrivano due personaggi chiave: Lana Winters (Sarah Paulson), una giornalista che, desiderosa di portare alla luce le sevizie del luogo finirà col rimanervi intrappolata, e Kit Walker (Evan Peters), accusato di aver ucciso sua moglie e altre 5 donne, internato per aver confessato di aver visto degli esseri verdi portare via sua moglie Alma. Intorno a questi personaggi si muove una galleria di quei freaks che sembrano essere usciti fuori dai ritratti della fotografa Diane Arbus e dai film di Tod Browning.

Welcome to Briarcliff risponde alla richiesta del pubblico, con la sua fotografia caotica e impiastricciata, che avvolge gli spettatori e li intrappola in un mondo cupo, fatto di ombre e toni grigi e freddi che stonano con la nenia che gli internati di Briarcliff sono costretti ad ascoltare in loop. Dominique – canzone che viene ascoltata ininterrottamente – parla di una ragazza timorata di Dio, a cui gli angeli portano il pane dorato quando la sua famiglia sta morendo di fame. Nonostante il tono allegro, la canzone – che potrebbe ben sposarsi con l’immagine di Suor Jude – viene come deformata dal luogo dove viene trasmessa senza interruzioni, tanto che anche lo spettatore finisce per sentirsi avvinto dalla melodia.

Prologo ad una stagione che si preannuncia di gran lunga superiore a quella precedente, Benvenuti a Briarcliff lancia agli spettatori pezzi succulenti di racconto, permettendo così di dare il via ad una risposta empatica basata sulle aspettative: che cosa succederà, ora? Preparatevi ad una stagione nera, dove Satana e alieni sembrano camminare di pari passo, accompagnati dalle note diaboliche di una ragazza che credeva nel buon Dio.

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