Depp v Heard documentario Netflix
Depp v Heard documentario Netflix

Depp v Heard, la recensione del documentario Netflix


'Depp v Heard' è la miniserie in tre episodi appena approdata su Netflix. In essa si ripercorre il processo tra Johnny Depp e Amber Heard, con risultati discutibili
Voto: 6/10

Depp v Heard è il titolo del documentario che è appena approdato su Netflix e che si pone l’obiettivo di narrare la querelle legale che ha coinvolto Johnny Depp e Amber Heard lo scorso anno, dopo una battaglia mediatica andata avanti per anni. Come ormai è noto a tutti, nel 2016 Amber Heard aveva chiesto il divorzio dall’allora marito, accusando il divo di Pirati dei Caraibi di averla picchiata e di averla costretta a vivere in una relazione abusiva e tossica. Quando le accuse sono venute in superficie, in pieno movimento Me Too, l’opinione pubblica si è messa subito dalla parte di Amber Heard, nonostante il grande seguito di Johnny Depp. Presto, però, i due attori hanno divorziato con un accordo in cui si diceva che “nessuna delle due parti aveva mentito,” cosa matematicamente impossibile. E sembrava che la storia fosse finita lì. Le cose, però, sono cambiate quando Amber Heard ha scritto un editoriale per il The Washinton Post in cui definiva se stessa una vittima di abusi domestici e una sopravvissuta. A quel punto Johnny Depp ha deciso di passare al contrattacco, denunciando l’ex compagna per diffamazione chiedendo un risarcimento di cinquanta milioni di dollari. Nonostante ritardi e rinvii, dovuti ovviamente anche alla pandemia di Covid-19, lo scorso anno si è tenuto il processo in Virginia, stato scelto dal team di Johnny Depp in funzione della presenza dei server del Washinton Post nello stato. Ed è a questo processo che si ispira la miniserie di Netflix divisa in tre parti.

Depp v Heard, una serie che non dice molto

Sin dalle prime battute del primo dei tre episodi che compongono Depp V Heard viene messo in chiaro che il documentario che sta andando in onda non ha lo scopo di mettersi dall’una o dall’altra parte, né di intervistare i diretti interessati o le persone che sono state coinvolte nel caso giudiziario più famoso dai tempi di O.J. Simpson. Emma Cooper, in questo senso, non aggiunge alcuna riflessione allo scontro legale e non fa altro che proporre allo spettatore una sorta di “taglia e cuci”. Depp v Heard, infatti, non è altro che un montaggio sintetico di quello che è accaduto lo scorso anno. Un montaggio di alcuni momenti importanti e cardine delle ore e ore di dibattimento che sono state necessarie alla corte per giungere al verdetto positivo per Johnny Depp. Da questo punto di vista verrebbe da dire che vedere il documentario, se avete già seguito il processo lo scorso anno, è pressoché inutile. Non solo non dice nulla di nuovo sulla vicenda, ma manca anche di un punto di vista personale, di una riflessione, di qualcosa che faccia capire allo spettatore di essere davanti a un’opera di ingegno umano. Invece, il risultato è solo un compendio delle testimonianze più rilevanti, proponendo video che sono già diventati virali in passato e che non aggiungono niente alla conversazione. Depp v Heard, in questo senso, è l’esempio lampante di come a volte vengano realizzati prodotti non perché si ha qualcosa da dire o da raccontare. Ma solo per cavalcare l’onda del momento e sperare in un buon tornaconto economico. Ecco, il documentario su Netflix è solo un investimento economico, un prodotto pensato per far soldi. E si vede.

Depp contro Heard 1x03 [credit: courtesy of Netflix]
Depp contro Heard 1x03 [credit: courtesy of Netflix]

Inoltre, anche se la regista nel cartello iniziale si definisce in qualche modo superpartes, assicurando di non volere (e di non poter) prendere le parti di nessuno dei due contendenti legali, allo spettatore appare immediatamente evidente che questo equilibrio, questa obiettività e questa freddezza mancano del tutto. In modo sotterraneo e serpeggiante, forse persino inconscio, il montaggio voluto da Emma Cooper è fatto per mettere in dubbio le testimonianze di Johnny Depp, per sottolineare come il suo status di uomo e star di Hollywood abbia compromesso la legittimità del processo e del suo verdetto. Non è qualcosa che la regista mette in mostra: anche in questo caso, non ha avuto il coraggio di andare fino in fondo nella costruzione della sua “serie documentaria”. Non si è voluta mettere in prima linea, difendendo le sue idee o aprendo a una discussione. Ha solo dichiarato di voler essere al di sopra delle parti per poi instillare comunque il dubbio sulla credibilità di Johnny Depp, riflettendo solo su come, al contrario, Amber Heard sia stata “punita” per essersi messa contro un grande divo di Hollywood, incapace di “recitare” come lui. E va benissimo avere un’idea differente dalla massa, ma sarebbe stato molto più utile sviscerarla e affrontarla, di modo da rendere anche il documentario più interessante. Invece lo spettatore ha davanti un prodotto in tre puntate che non ha molto da dire e quello che potrebbe affermare lo nasconde tra le pagine del racconto.

Un fenomeno di massa

Quello dove invece il documentario risulta interessante – e che gli vale almeno la sufficienza in questa recensione – è l’analisi di come il processo tra Johnny Depp e Amber Heard sia diventato non solo un fenomeno di massa ma anche uno strumento utilizzato dai creator online per guadagnare più di quanto avessero fatto prima dell’esplosione del caso mediatico. Il processo tra i due attori è stato mandato online, in diretta. In corte c’erano delle telecamere per volere di Johnny Depp, che probabilmente aveva pensato a questa strategia per ripulire la sua reputazione e dimostrare al pubblico che non è mai stato davvero il mostro che è stato descritto dall’ex moglie, un uomo violentissimo capace di stuprare la sua compagna con il collo di una bottiglia. Ma proprio la presenza delle telecamere e la scelta di trasformare il processo in una serie tv in diretta ha fatto sì che attorno ad esso, in un’epoca sempre più connessa, nascesse un reticolo di contenuti, meme e live su social come TikTok o Youtube, dove l’argomento era sempre lo stesso: commentare tutto quello che avveniva davanti alla corte. Emma Cooper sceglie allora di intervallare le dichiarazioni del processo con i video di tutti coloro che hanno trasformato l’evento legale in uno spettacolo di intrattenimento: tra chi prendeva in giro Amber Heard per le sue strane espressioni facciali, a chi cercava di spiegare i termini legali, passando poi per il caso eclatante di Milani, l’agenzia di cosmetici che proprio su TikTok fece un video che andava a scardinare una delle dichiarazioni d’apertura dell’avvocata di Amber Heard. E l’analisi di questo fenomeno di massa è, in Depp v Heard più interessante della sola riproposizione delle dichiarazioni che abbiamo già visto e sentito lo scorso anno.

Valutazione di Erika Pomella: 6 su 10
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