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Euforia di Valeria Golino, la recensione

Ettore e Matteo sono due fratelli con un rapporto burrascoso ma, a causa della malattia di uno, si trovano costretti a vivere sotto lo stesso tetto dopo anni di vite condotte in direzione opposta.

Ettore e Matteo sono due fratelli con una vita completamente diversa l'uno dall'altra: il primo vive nel paese natio facendo il professore, mentre l'altro è un imprenditore di successo della capitale. Dopo anni di vite condotte separatamente, i due si trovano costretti a vivere sotto lo stesso tetto a causa della malattia di Ettore che, ignaro della reale diagnosi, si trasferisce a casa di Matteo per il periodo di cura. Sarà proprio sotto quel tetto che i due fratelli torneranno a preoccuparsi e ad occuparsi l'uno dell'altro.

Euforia è il secondo progetto da regista di Valeria Golino che, dopo il successo di Miele (2013), decide di dirigere l'ex compagno Riccardo Scamarcio e Valerio Mastandrea in questo dramma ambientato a Roma. Sicuramente si nota l'abilità e l'esperienza maturata della Golino dietro la macchina da presa e, dopo cinque anni dalla prima opera, si ritrova più consapevole e più abile soprattutto nella direzione dei due attori protagonisti. 

Se Valerio Mastandrea è sempre più credibile e convincente nelle interpretazioni che è chiamato a fare, Riccardo Scamarcio si rivela essere forse la vera sorpresa di Euforia. È Matteo che tiene le redini di tutto: la vita della madre ignara della malattia del figlio, la consapevolezza di Ettore che viene tenuto all'oscuro del suo reale stato di salute, il finto sostegno verso l'ex moglie del fratello, il gioco amoroso tra lui e il suo amante. Insomma, Matteo è colui che scrive il film, che lo piega a suo piacimento facendo cambiare direzione e tono. Per questo motivo si nota il rapporto che ha tenuto legati regista e attore fino a qualche mese fa; la Golino sa bene come far emergere le potenzialità da bravo interprete di Scamarcio e, allo stesso tempo, lui sa come far risaltare le qualità della Golino come regista. 

Euforia è un film convincente, interessante e diverso dai soliti drammi, la malattia è solo un pretesto per la costruzione di un rapporto e non la vera protagonista. La conclusione lascerà lo spettatore in sospeso ed è proprio questa la svolta che porta la platea ad interrogarsi sulle potenzialità di questo film.

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