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I’m your man, recensione della commedia con Dan Stevens

Un androide creato su misura può davvero avere tutti i requisiti che lo rendono l'uomo perfetto? La risposta a questa domanda sta in un esperimento che vede coinvolta una ricercatrice in un museo di Berlino, in un film che esplora dubbi e riflessioni sull'intelligenza artificiale.

Arriva nelle sale italiane I'm your man, commedia tedesca che ha riscosso un ottimo successo di critica in patria, ed è stata scelta dalla Germania come proprio contendente all'Oscar nella categoria dedicata ai film stranieri.

Protagonista della storia è Alma (Maren Eggert, premiata per questo ruolo al Festival del cinema di Berlino), una scienziata che lavora al Pergamon Museum di Berlino, e che viene scelta per prendere parte a un esperimento di ricerca promosso dallo stesso museo: per tre settimane dovrà convivere con un androide dalle sembianze perfettamente umane, Tom (Dan Stevens, noto per serie come Downton Abbey e Legion), che è stato realizzato su misura perché risponda ai criteri di "uomo perfetto", e provare così a stabilire se i robot possono essere considerati validi surrogati degli esseri umani come compagni di vita. Il problema è che Alma è molto riluttante a collaborare al progetto, e preferirebbe concentrarsi esclusivamente sul suo lavoro, avendo messo da parte l'amore e i sentimenti dopo la fine della sua ultima relazione; l'ingresso di Tom nella sua vita la costringerà così a chiedersi quali siano le cose davvero importanti nella vita e scoprire i propri desideri.
Il rapido avanzare della tecnologia e la curiosità di immaginare un futuro sempre più vicino ha fatto sì che negli ultimi anni gli androidi siano diventati protagonisti di diversi progetti fra cinema e tv (Westworld, Ex Machina, Zoe), con tutte le relative considerazioni su vantaggi e limiti dell'intelligenza artificiale: qui la strada scelta (il film è tratto da un racconto della scrittrice Emma Braslavsky) è quella della commedia romantica, che parte dal classico incontro fra un uomo e una donna, ma con la fondamentale differenza che, appunto, uno dei due non è umano.

Le situazioni più comiche del film nascono proprio dal fatto che Tom è, sulla carta, la persona ideale da avere accanto, con uno sterminato bagaglio di conoscenze che va dall'archeologia alle dimensioni delle automobili, sempre pronto a immagazzinare nuove informazioni per perfezionare le proprie interazioni, e quindi programmato, in sostanza, per migliorare la vita a chi gli sta accanto (cominciando dal fare le pulizie in casa, e a velocità prodigiosa).

La storia dunque parte da qui per andare a riflettere sulle aspettative nei confronti dei rapporti di coppia e su come forse ci si faccia condizionare, anche inconsapevolmente, da una visione idealizzata dell'amore romantico, quali siano invece gli elementi che determinano la riuscita, o il fallimento, di una relazione, e se alcuni di questi, come ricordi ed esperienze condivise, non siano in fondo effimeri o manipolabili.

La prospettiva di avere affetto e premura sempre a portata di mano è allettante in un panorama umano spesso dominato da indifferenza, egoismo, se non proprio dalla violenza, con l'inevitabile spettro della solitudine sempre in agguato. Il film sembra suggerire che, così come il lavoro di Alma consiste nel trovare la poesia nella scrittura cuneiforme, si potrebbero cercare emozioni e sentimenti anche in un software che segue comandi predefiniti, e forse non a caso sono i personaggi in carne e ossa, a partire dall'ex compagno, quelli meno definiti e più convenzionali.

La regista Maria Schrader (che arriva dall'acclamata miniserie Netflix Unorthodox) realizza così una commedia che sfoggia ironia e momenti paradossali, ma è permeata da una sensazione di malinconia, con gli eventi osservati attraverso lo sguardo della protagonista, donna che cerca a tutti i costi di aggrapparsi alla parte più razionale di sé, quella convinta che non si possano trovare facili soluzioni alle difficoltà della vita.

I'm your man è un film che può contare su una coppia di protagonisti affiatati che rendono credibili le interazioni fra i loro personaggi (tra l'altro Stevens, nella vita reale, parla fluentemente il tedesco e questo gli ha permesso di recitare, nella versione originale, con la propria voce) e una storia dall'appeal universale, che infatti gli ha già assicurato un'ampia distribuzione internazionale.

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