Il capitale umano
Il capitale umano

Il capitale umano, la recensione


La svolta noir per Paolo Virzì, che dipinge un affresco dell'Italia di oggi, tra suspense e mistero. Un grande cast per raccontare crisi economica e crollo dei valori, con ironia e disperazione.
Voto: 8/10

Nel linguaggio economico, per capitale umano si intende l'insieme delle facoltà e delle risorse umane, in particolare conoscenza, istruzione, informazione, capacità tecniche, acquisite durante la vita da un individuo, finalizzate allo svolgimento di attività di trasformazione e creazione. In una società dominata dal potere economico, quindi, si cerca di definire numericamente anche il prezzo e il valore della vita di ogni essere umano, compresi la quantità e la qualità dei suoi legami affettivi. Ma cosa si nasconde dietro questa cifra?

Qual è davvero il costo di un'esistenza? È su questo che si interroga il nuovo film di Paolo Virzì, l'undicesimo della sua carriera. Il capitale umano è tratto dall'omonimo libro dello scrittore, ex critico cinematografico, americano, Stephen Amidon; nel trasporre il romanzo, trasportando l'ambientazione dall'originario Connecticut alla nostrana Brianza, Virzì abbandona i toni più lievi dei precedenti film per dedicarsi ad un cupo noir, una storia corale, raccontata alternativamente attraverso i punti di vista di diversi personaggi, di stampo quasi thriller: la vicenda ruota intorno ad un incidente stradale che coinvolge un ciclista e una misteriosa automobile.

Questo avvenimento andrà a coinvolgere da vicino le vite dei protagonisti: un agente immobiliare, Dino Ossola (Fabrizio Bentivoglio), che vede in un fondo d'investimento la possibilità di un'ascesa sociale, Giovanni Bernaschi (Fabrizio Gifuni), facoltoso imprenditore e sua moglie Carla (Valeria Bruni Tedeschi), i loro figli adolescenti e altri personaggi che gravitano attorno ai loro nuclei familiari.

Virzì riesce nell'impresa di adattare il romanzo originale calandone protagonisti e vicende nella nostra provincia, senza tradirne lo spirito e preservando le sue tematiche, esaltando l'universalità di argomenti come l'avidità, la crisi economica, la pressione causata dalla competitività, il vuoto di certi legami familiari e affettivi, e molti altri ancora. Anche la scelta dell'ambientazione, la Brianza esplorata cinematograficamente per la prima volta dal regista, si rivela felice: un paesaggio gelido e innevato, con un che di misterioso, oscuro e impenetrabile, che conferisce un ulteriore aspetto dark ai propri abitanti. Come si accennava prima, c'è poco spazio per la leggerezza, che fa capolino in rari momenti, spesso sotto la veste di un affilato sarcasmo verso certe usanze del nostro costume.

L'utilizzo di un montaggio che suddivide la pellicola in capitoli, con la storia che si ferma, si riavvolge su se stessa e riparte seguendo un differente punto di vista, è funzionale all'accrescimento della suspense: si scoprono poco alla volta i vari dettagli che vanno a ricomporre la trama come in un puzzle; non mancano alcune incongruenze, ma il film possiede anche il merito di saper comunicare, in più di un momento, una forte intensità emotiva solo con un'inquadratura, uno sguardo, un'espressione.

In quest'impresa il regista è sicuramente aiutato da un variegato cast di grandi nomi, ciascuno giusto per il proprio personaggio, da un quasi irriconoscibile Fabrizio Bentivoglio al cinico Fabrizio Gifuni, da una malinconica Valeria Bruni Tedeschi a una dolce Valeria Golino, e così via fino ai ruoli minori, mentre tra i più giovani spicca l'emergente Giovanni Anzaldo.
Il capitale umano segna sicuramente un punto di svolta nella carriera del regista toscano, che realizza un'opera intensa, il cui contenuto arriva diretto allo spettatore, riuscendo a coniugare una storia avvincente con una riflessione sulla società odierna e le sue molteplici sfaccettature.

Valutazione di Matilde Capozio: 8 su 10
Il capitale umano
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