Taika Waititi e Roman Griffin Davis nel film Jojo Rabbit. [credit: foto di Kimberley French; courtesy of Office The Walt Disney Company (Disney Italia); Copyright 2019 Twentieth Century Fox Film Corporation All Rights Reserved]
Taika Waititi e Roman Griffin Davis nel film Jojo Rabbit. [credit: foto di Kimberley French; courtesy of Office The Walt Disney Company (Disney Italia); Copyright 2019 Twentieth Century Fox Film Corporation All Rights Reserved]
C: foto di Kimberley French; courtesy of Office The Walt Disney Company (Disney Italia); Copyright 2019 Twentieth Century Fox Film Corporation All Rights Reserved

Jojo Rabbit, recensione del film


Dal regista di Thor: Ragnarok, una satira politica di grande ricchezza visiva, con più di un richiamo al presente, interpretata da Scarlett Johansson e Sam Rockwell.
Voto: 6/10

Nella Germania nazista, Jojo Betzler (l'esordiente Roman Griffin Davis, candidato al Golden Globe per questo ruolo) è un bambino di dieci anni deciso a voler diventare un membro della Gioventù hitleriana, quella che per lui sembra la destinazione naturale, dato che come amico immaginario ha proprio Adolf Hitler in persona. Un giorno però Jojo scopre che sua madre Rosie (Scarlett Johansson) tiene nascosta nella loro casa una ragazzina ebrea, Elsa (Thomasin McKenzie, la rivelazione di Senza lasciare traccia). Fare la conoscenza di questa inattesa ospite sarà l'inizio di una serie di cambiamenti nella vita di Jojo, che lo faranno crescere e gli insegneranno molte lezioni di vita.

Adattamento cinematografico del libro Il cielo in gabbia di Christine Leunens, Jojo Rabbit è scritto e diretto da Taika Waititi, che dopo alcuni film indipendenti nella sua Nuova Zelanda, è arrivato al successo mondiale dirigendo Thor: Ragnarok (confermato anche per il prossimo Love and Thunder). Il regista qui si dedica a quello che è sicuramente un progetto particolarmente sentito per lui (madre ebrea, padre maori) ritagliandosi anche il rischioso ruolo di Hitler.

Ridere su argomenti apparentemente tabù come il nazismo è un'impresa che conta già illustri antecedenti, da Mel Brooks a Charlie Chaplin fino a Stanley Kubrick, e anche in questo caso si ironizza su regole e rituali dei personaggi simbolizzati dal Capitano Klenzendorf di Sam Rockwell, mentre anche esteticamente il film conserva un tono bizzarro: le immagini ricche di colori saturi, accentuati dagli obiettivi anamorfici, rendono gli ambienti astratti, quasi onirici, e molta cura è posta nelle scenografie, dalla pittoresca cittadina immaginaria in cui è ambientata la storia, agli interni, specialmente la casa di Jojo e sua madre.

Jojo Rabbit è un film che sorprende a tratti lo spettatore con i suoi cambi di registro nella narrazione: una satira politica, un racconto di formazione, un'allegoria su razzismo e intolleranza, e anche una riflessione sui legami familiari e l'amore per il prossimo, il tutto visto attraverso gli occhi di un bambino. 

La storia contiene alcune scene riuscite e dal forte impatto, di grande ricchezza visiva oltre che narrativa, anche se quello che manca al film in certi punti è una maggiore coesione, specialmente nella seconda parte: quella che comincia come una strampalata black comedy viene poi stemperata da una prevalenza dell'aspetto drammatico e sentimentale, alternando quindi gag comiche, che spingono sul tono farsesco, a momenti di commozione dall'ironia più trattenuta.

Jojo Rabbit è quindi, nel complesso, un film ibrido: un'opera d'autore con ambizioni di arrivare a un largo pubblico anche grazie a un cast importante (ci sono anche, in ruoli secondari, Rebel Wilson e Alfie Allen), un omaggio al cinema del passato ma al tempo stesso una storia che richiama molti aspetti comuni al presente e quindi eternamente attuali, con messaggio positivo incorporato.

Valutazione di Matilde Capozio: 6 su 10
Jojo Rabbit
Impostazioni privacy