La prochaine fois je viserai le coeur
La prochaine fois je viserai le coeur

[Roma 2014] Recensione La prochaine fois je viserai le coeur


'La prochaine fois je viserai le coeur' è una pellicola tesa, grigia, in cui a farla da padrone è un protagonista tagliato a metà, diviso tra il suo bisogno di uccidere e il desiderio di essere un uomo comune che ama, sbaglia, e cerca di tirare avanti. Ottimo Guillaume Canet.
Voto: 7/10

Nel 1978, nella banlieu parigina, vigeva un terrore senza volto e senza nome, a cui i poliziotti dell'epoca avevano dato il nome di Tueur de l'Oise ("assassino dell'Oise"). Qualcuno, infatti, vagava nella notte con il solo intento di uccidere giovani ragazze. Ed è da questo agghiacciante fatto di cronaca che il regista Cédric Anger decide di partire per il suo La prochaine fois je viserai le coeur ("la prossima volta mirerò al cuore"). E basta già solo il prologo per capire che siamo davanti ad una pellicola che, pur non ostentando nessun particolare colpo di genio, è abbastanza consapevole di se stessa per catturare l'attenzione dello spettatore.

E' notte: l'oscurità cade sul mondo come un mantello elegante, nelle cui pieghe si insinua una nebbia spettrale, fredda, che rimanda allo spettatore l'essenza stessa dell'inverno. E' la strada è un serpente nero che fende il buio, e intorno l'umanità rimane nascosta nelle proprie case. L'asfalto è deserto, eccezion fatta per una ragazza che sta rientrando in motorino. E' sola, un puntino di colore in mezzo al nero più nero. Tuttavia, a ben guardare, la sua solitudine non è altro che un'illusione, perchè la ragazza viene seguita da qualcuno di cui non vediamo il volto. Un'ombra che si fonde con le altre, una macchia d'inchiostro sfocata che siede alla guida di una vecchia macchina. Ed è con questa autovettura che la ragazza viene prima tamponata e poi completamente travolta. La sua agonia, però, non si ferma qui: l'uomo che l'ha seguita scende dall'auto, e con una freddezza agghiacciante spara tre colpi, prima di sparire. Torna a casa, l'uomo senza volto, e si spoglia di tutti i suoi abiti, quasi fossero una seconda pelle. Dopodiché si lascia cadere, nudo e addormentato, su un letto che in realtà è un giaciglio sporco e disordinato in una camera chiusa a chiave. Al mattino, però, l'uomo si risveglia e vediamo il suo volto. Con gesti lenti e misurati indossa la sua divisa da Gendarme e si prepara ad andare al lavoro, dove gli viene detto che una ragazza è stata vittima di un tentato omicidio, ma è sopravvissuto e, forse, pronta a riconoscere il suo assassino.

Dieci minuti tesi, da assoluto applauso, aprono questo film cupo e grigio; per dieci minuti anche noi spettatori sentiemo le spire dell'oscurità avvolgersi intorno a noi e quando, al mattino, il volto di Guillaume Canet appare per dare concretezza a quanto abbiamo visto, ci rendiamo subito conto che il regista ha volutamente utilizzato dei filtri freddi, che non riescono in alcun modo a rimandere il calore di una giornata di sole. In questi pochi attimi, tra la fotografia di Thomas Hardmeier e la musica inquietante di Grégoire HetzelLa prochaine fois je viserai le coeur conquista già il pubblico. Quello di Cédric Anger è un thriller però svestito della sua componente di suspance: lo spettatore, infatti, sa già dall'inizio che l'assassino che tutti stanno cercando è Alain, il personaggio interpretato da Canet. Perciò non c'è un vero e proprio senso di tensione, semplicemente perchè viene tutti spiegato prima, in quel prologo che è uno dei più meravigliosi visti ultimamente. Quasi paradossalmente, allora, l'empatia spettatoriale si sposta, quasi fosse alla disperata ricerca di qualcosa a cui aggrapparsi; e, non trovando nulla, si adagia sulla figura stentorea di Guillaume Canet, mai così "militarizzato" e spogliato delle sue espressioni. Il colpo di genio da parte del regista, infatti, è stato quello di sottolineare l'assurdità di una situazione in cui l'assassino e il poliziotto coincidono. Una situazione quasi surreale, in cui Canet si trova a dover bussare a tutte le porte del quartiere per chiedere se qualcuno ha visto o riconosciuto l'uomo dell'identikit in cui, a conti fatti, è stato raffigurato il suo volto. La tensione, allora, è tutta qui: sappiamo che l'assassino, alla fine, sarà scoperto. Trattandosi di una storia vera (sebbene arricchita da volute puramente narrative) conosciamo già l'esito della caccia, eppure non possiamo fare altro che restare fermi, tesi, in attesa che Alain faccia un passo falso, che si distragga al punto da essere scoperto.

Ed è proprio nel suo protagonista che Cédric Anger dà il meglio di sè. Il regista, infatti, ci mostra un personaggio spaccato a metà, molto complicato. Un uomo diviso tra il suo desiderio di smettere di uccidere ed essere l'uomo ordinario che mira a diventare e quella volontà sotterranea di uccidere. E per questa volontà, Cédric Anger non dà una spiegazione. Non c'è un trauma infantile, o un desiderio di vendetta. Non c'è schizofrenia, o paranoia, o qualsiasi altra attenuante del mondo civilizzato. Al regista non interessa spiegare perchè il suo protagonista uccida. Vuole solo far vedere chi sia. In questo senso, allora, è naturale non andare a cercare un commento morale all'interno della pellicola: il regista non vi dirà cosa pensare, a chi credere, o come rapportarvi con la storia tratteggiata. Per questo motivo non si fa scrupoli a mostrare un protagonista che uccide ragazze indifese, carine, simpatiche, innocenti. Allo stesso tempo, però, decide di mostrare la sua lealtà nei confronti dei colleghi, la sua alta adesione al lavoro, così come il suo desiderio di innamorarsi. Il regista ci mostra così due facce di una stessa medaglia con il tocco quasi di un documentarista e, nonostante la prochaine fois je viserai le coeur vada poi perdendo mordente, accartocciandosi in un finale un po' banale, possiamo dire che le intenzioni del regista sono riuscite con successo.

Valutazione di Erika Pomella: 7 su 10
La prochaine fois je viserai le coeurFestival del Cinema di Roma 2014
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