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Life – Non oltrepassare il limite, Recensione

'Life - non oltrepassare il limite' è un film di intrattenimento che eredita gli stilemi di un preciso filone del genere fantascientifico e li trasporta nel nuovo millennio, realizzando una pellicola horror davvero ben confezionata e interpretata ancora meglio.

Daniel Espinosa, regista classe 1977, torna dietro la macchina da presa a due anni di distanza dal suo ultimo lavoro, Child 44 – il bambino numero 44. Abbandonati i paesaggi della Russia stalinista in cui Tom Hardy investigava su una serie di omicidi nati dalla fantasia dello scrittore Tom Rob Smith, il regista ha deciso di alzare (letteralmente) il tiro, puntando alle stelle. Arriva infatti nelle sale Life – Non oltrepassare il limite, pellicola a metà strada tra la fantascienza e l'horror, in cui un gruppo di astronauti – tra cui Jake Gyllenhaal, Rebecca Ferguson e Ryan Reynolds – si trovano in una stazione spaziale, dopo aver trovato tracce di vita aliena su Marte. Il campione che hanno portato a bordo, e che viene ribattezzato Calvin, sembra una foglia di qualche verdura non meglio identificata, una struttura che ha tuttavia il merito di essere "tutto muscoli e tutto cervello" e che ben presto si trasformerà nell'incubo di tutti gli astronauti, quando questi scopriranno che Calvin non è così amichevole e che ha capacità di sviluppo spaventose.

La trama di Life – Non oltrepassare il limite non ha niente di nuovo. La pellicola di Daniel Espinosa non ha niente di originale nello sviluppo narrativo della trama. Se ci si sofferma a pensare solamente alla storia si può tranquillamente affermare, con piena cognizione di causa, che la sensazione di deja-vu è quasi un elemento fondante della pellicola. Ma non è all'originalità che punta Espinosa. Il suo intervento non è tanto narrativo, quanto sintattico. La storia rimane la stessa – di quelle già viste in Alien e Gravity – ma cambia il modo di raccontarlo. L'alieno malvagio che, nel giro di qualche ora, mette a soqquadro la stazione spaziale è un essere in continuo divenire, un "mutaforma" che cresce a vista d'occhio, ma che caccia solo per sopravvivere e per difendere, in una sorta di rilettura di quel Homo Homini Lupus che Hobbes aveva sintetizzato tanti anni fa. E' una creatura spaventosa e intelligente, che mette l'umanità all'angolo e la porta a sviluppare quelle vecchie paure adamitiche che hanno a che fare con il terrore del contatto ravvicinato, della conoscenza del diverso. Una lettura, questa, che ben si sposa con l'attualità del nostro mondo, dove la xenofobia la fa da padrone e dove il personaggio di Jake Gyllenhall, così schifato dal suo pianeta da scegliere di vivere nello spazio, potrebbe facilmente essere rappresentativo di qualsiasi elettore americano.

Daniel Espinosa punta tutto non sulla storia, ma sui toni con cui la racconta. Ecco così che lo spettatore si trova avvinto in un mondo claustrofobico, con una sorta di conto alla rovescia ad echeggiare nelle orecchie e le mani affondate nei braccioli della poltrona per la troppa tensione. L'impianto scenico, che non punta alla fantascienza pura quanto piuttosto alla umanizzazione di una scienza sempre più vicina alla quotidianità delle persone, è quello di un film horror, che non rinuncia a scene tendenti allo splatter con dei colpi di scena che fanno, del film, un buon prodotto di intrattenimento con il merito di essere stato realizzato con i guanti. Gli omaggi a film come Alien e Gravity si sprecano, come si è già detto, ma Espinosa dimostra di saper maneggiare il lascito di film che hanno fatto, nel bene e nel male, la storia del cinema, da saperli spolverare e portarli nel nuovo millennio. Un plauso anche all'omaggio, solenne e intelligente, a 2001: Odissea nello Spazio: vi sfidiamo, all'inizio, sul rintoccare di timpani macabri a non pensare all'intro di Così parlò Zarathustra, leitmotiv del capolavoro di Stanley Kubrick. Tutto questo calderone di elementi – gli omaggi, il ritmo calzante, la modernizzazione del termine fantascienza e il puro intrattenimento – fanno di Life – non oltrepassare il limite un film davvero godibile, sorretto dalle ottime interpretazioni del cast.

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