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Noah, la recensione


Noah di Darren Aronofsky farà sicuramente parlare di sè e alzerà polemiche per motivi tanto religiosi quanto artistici. E' stato però realizzato secondo la visione di un autore che non ha paura di pensare in grande, spesso esagerando e sbagliando, ma mettendoci la faccia.
Voto: 6/10

Noah è il nuovo e atteso film del regista Darren Aronofsky, con protagonisti Russel Crowe, Jennifer Connely, Emma Watson, Anthony Hopkins, Logan Lerman e Douglas Booth. Ovviamente la trama della pellicola si capisce già dal titolo. Si racconta la famosissima, sia ai credente che non, avventura biblica di Noè, l'uomo scelto da Dio per far ripartire il mondo e la stirpe dell'uomo, ormai corrotta, dopo il diluvio universale che sta per scatenarsi sulla Terra, pronto ad abbattere ogni forma di vita che non sia all'interno dell'Arca costruita dal prescelto. Quando si porta sul grande schermo, soprattutto in epoca moderna, una storia di natura biblica il flop è dietro l'angolo, o quanto meno è difficilissimo trovano un modo per appassionare e intrattenere lo spettatore e allo stesso tempo realizzare un buon film.

La maggior parte sono storie così famose e facenti parte dell'immaginario comune in modo così forte che bisogna per forza trovare una chiave di lettura diversa, originale e innovativa, perché si rischia di scontentare tutti. Forse Aronofsky non era esattamente il regista giusto per questo tipo di operazione. È un grande autore, ha un talento immenso e ha realizzato ottimi film, in alcuni casi meravigliosi, ma quando si tratta di parlare di qualcosa di così grande, così come era successo per L'albero della vita, tende a lasciarsi prendere troppo la mano e a strafare, perché se si deve trovargli un difetto è proprio quello di voler spesso fare troppo, eccedere nei formalismi, non riuscirsi a controllare. Quando però riesce a farlo sforna capolavori come The Wrestler, in caso contrario può toppare di brutto. E, come abbiamo già detto, il tema trattato in Noah non aiuta di certo.

In realtà il Noah di Aronofsky non è così male, ha degli aspetti positivi e alcuni molto negativi, ma nel complesso, essendo partiti con un'infinità di pregiudizi, il risultato finale sarebbe potuto essere peggiore. C'è subito da dire che la storia non è fedele alla Bibbia, la base è quella ma vi sono alcune modifiche che sono state apportate che potrebbero far infuriare i fedeli, e anche i più ipocriti, ma che in fondo sono necessarie quando un autore ateo approccia ad un testo sacro, soprattutto se ciò che gli interessa di più non è tanto la missione divina o la parte miracolosa della storia quanto l'aspetto più intimo e personale del suo protagonista. Aronofsky l'ha sempre fatto, fa parte della sua visione filmica e narrativa. Quasi sempre le sue storie sono incentrate su un protagonista assoluto, sui suoi dubbi, le sue paure, i suoi sentimenti. È stato così soprattutto nei suoi due ultimi film (The Wrestler e Il cigno nero), è così anche qui. Noah, come The Ram e come Nina, passa un'intera vita volta al sacrificio, va avanti perchè crede in ciò che fa, ci crede contro tutto e tutti, è pronto a sacrificare non solo chi ama ma anche se stesso per portare avanti la propria missione. Che in questo caso sia divina e negli altri sia artistica non cambia il risultato. Sacrificio, pazzia, dolore e ossessione prima di tutto.   

Così anche sotto le finte spoglie di una storia biblica il regista riesce a portare avanti la propria visione artistica, è quello che fanno i veri autori di solito. E questo è sicuramente uno degli aspetti positivi della pellicola, insieme ad un'ottima fotografia, immagini molto belle, effetti speciali grandiosi e alcune scene visivamente spettacolari (anche se poi sono le scene più intimiste quelle meglio riuscite). Poi arrivano anche quelli negativi. In alcuni punti il film è troppo meccanico e perde la sua poeticità con un utilizzo eccessivo della computer grafica che dà un effetto troppo finto a ciò che si vede, soprattutto nelle immagini faunistiche. Ma soprattutto l'introduzione di vigilanti, in realtà angeli caduti, puniti da Dio per aver provato ad aiutare l'uomo dopo la cacciata dall'Eden, che aiutano Noè nella sua missione divina, sono un po' ridicoli, mostrati come mostri fatti di roccia che in realtà altro non sembrano che Transformers fatti di pietra e appaiono fuori luogo all'interno della storia raccontata. Anche il finale un po' troppo buonista lascia un po' perplessi.

Ciò di cui siamo più contenti però è che, nonostante il grande budget, la grande produzione alle spalle, che rende Noah a tutti gli effetti un kolossal, Aronofsky non abbia perso la sua visione personale di cinema e abbia quindi realizzato una propria versione di una storia così famosa senza lasciarsi andare a troppi compromessi, che sono poi inevitabili in produzioni di questo livello. Noah è un film profondamente imperfetto ma con una propria identità, il che lo rende superiore a tanti altri blockbuster insipidi e senza personalità che si realizzano solitamente. Speriamo comunque in un prossimo progetto più intimista, ma sempre molto coraggioso per il regista americano. 

Valutazione di Giorgia Tropiano: 6 su 10
Noah
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