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Ordinary Joe, recensione della serie tra realtà e immaginazione

Joe si è appena laureato e deve decidere cosa fare della sua vita: davanti a lui si aprono alcune possibilità che lo porteranno, a seconda delle sue scelte, a vivere tre esistenze in parallelo.

Quante volte capita di pensare: e se davanti a un bivio avessi preso quella strada invece di questa, se avessi fatto delle scelte diverse, come sarebbe la mia vita adesso? È questa la domanda attorno a cui è imperniata Ordinary Joe, serie tv statunitense creata da Matt Reeves (regista del recente The Batman con Robert Pattinson) che arriva da noi su Sky e Now.

Incontriamo dunque il protagonista Joe Kimbreau (James Wolk) nel giorno della cerimonia di consegna dei diplomi di laurea, quando capisce di dover prendere delle decisioni che determineranno il suo futuro: continuare a frequentare Jenny (Elizabeth Lail), l'amica di sempre e anche qualcosa in più di questo, oppure approfondire la conoscenza di Amy (Natalie Martinez), che ha appena incontrato? Perseguire una carriera da musicista, come ha sempre sognato, o diventare poliziotto come suo padre? Da lì, la storia fa un balzo in avanti di dieci anni e si dirama in tre vicende parallele, che ci mostrano i possibili percorsi di vita intrapresi da Joe: in una ha sposato Jenny, da cui ha avuto un figlio, ed è diventato infermiere; in un'altra è una rockstar di successo ed è sposato con Amy; infine, nell'ultima, fa il poliziotto, vive ancora con sua madre e non è sicuro di volere una compagna e una famiglia.

Una premessa quindi un po' alla Sliding doors, per una storia che evidenzia come le nostre vite siano il risultato di una serie di fattori: le proprie scelte naturalmente, tanto quelle attentamente ponderate quanto le decisioni prese d'impulso, ma anche le azioni degli altri di cui ci si trova a subire le conseguenze, e infine il caso, eventi fortuiti che anche senza volerlo hanno un grande impatto sulla propria vita.

Nello svolgimento della trama è interessante notare non soltanto le ovvie differenze fra le tre vicende, ma anche i punti di contatto, con gli stessi personaggi che ritornano in ruoli diversi (ad esempio, nella versione in cui Joe è il marito di Jenny, vediamo che invece Amy ha sposato il suo migliore amico Eric) e quindi come alcune situazioni, magari sotto una forma diversa o in momenti differenti, si presentino comunque all'attenzione del protagonista.

A volte può risultare complicato seguire parallelamente le tre storie, cosa che gli autori gestiscono tutto sommato agilmente con l'aiuto di qualche espediente narrativo e visivo: una palette cromatica diversa per ogni "realtà alternativa" proposta, e qualche piccola modifica nell'aspetto di Joe (gli occhiali, la barba, e così via) e degli altri.

Ambientata in una New York post-11 Settembre (il padre di Joe ha perso la vita nell'attentato alle Torri Gemelle e quindi se ne fa spesso riferimento) e anche post-Covid (si fa cenno alla pandemia, anche se non c'è traccia di mascherine e restrizioni, quindi se ne parla al passato), la serie affronta un gran numero di tematiche: crisi di coppia, infedeltà, malattia, adozione, fama e successo, alcolismo, corruzione delle forze d'ordine, rappresentanza della comunità latinoamericana, orientamento sessuale, scandali sessuali nella politica, e altro ancora; c'è tanta carne al fuoco, quindi, ma col risultato che non tutti gli argomenti hanno tempo e spazio a sufficienza, e in alcuni momenti finiscono per accumularsi senza aver modo di approfondire.

Il cast è composto da attori attivi prevalentemente in tv, a partire dal protagonista (visto in serie come The crazy ones, Watchmen) il quale, con un volto non particolarmente insolito o dai forti connotati, deve incarnare per l'appunto "l'uomo medio" del titolo (Ordinary Joe è proprio un'espressione che si usa per indicare l'americano tipo); non sono memorabili invece le due protagoniste femminili, la bionda e la bruna, mentre sono più riusciti alcuni personaggi secondari, come la madre di Joe (Anne Ramsay) e anche il figlio (John Gluck), che inoltre offre la possibilità di mostrare la disabilità in maniera non retorica o edulcorata.

La serie quindi parte da un'idea intrigante e ha la caratteristica di offrire, in un certo senso, tre storie in una, con alcune trovate interessanti e uno sguardo in alcuni punti originale, e altre idee più scontate e prevedibili; la trama è ricca di avvenimenti drammatici e forse qualche momento di leggerezza in più avrebbe giovato, fino alla conclusione aperta (ma attualmente lo show non è stato rinnovato per una seconda stagione) che così permette di continuare a immaginare all'infinito nuovi possibili scenari alle vicissitudini dei protagonisti.

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