Qualcosa di troppo
Qualcosa di troppo

Qualcosa di troppo, recensione del film


'Qualcosa di troppo' è una commedia che mira a riflettere sulle differenze tra uomini e donne: il risultato è un film che non fa ridere e che trasporta la figura femminile indietro di qualche decennio.
Voto: 5/10

Jeanne (Audrey Dana) è un architetto francese, con bassa autostima e una totale mancanza di fiducia nel genere maschile, rappresentato dal suo ex marito che le annuncia di aspettare un figlio da un'altra donna. Jeanne vive il divorzio come una sconfitta e sembra non essere in grado di resistere al marito, di impedirgli di metterle i piedi in testa. Tutto cambia quando, dopo essersi sfogata con la sua migliore amica (Alice Belaïdi) sull'inutilità del correre dietro agli uomini, Jeanne si risveglia con qualcosa di troppo tra le gambe. Dopo aver consultato il suo ginecologo (Christian Clavier) e aver capito di non poter fare nulla per liberarsi del pene cresciuto come per magia sul suo pube, Jeanne dovrà imparare a conviverci, proprio quando un altro uomo (Eric Elmosnino) entra nella sua vita.

Fosse stato prodotto in Italia Qualcosa di troppo sarebbe stato velocemente etichettato comela solita commedia che punta su doppi sensi impolverati e che non riesce a liberarsi dall'impastamento di un certo tipo di intrattenimento popolare nostrano. Ma, si sa, quando ci sono di mezzo i francesi, è sempre più facile trovare giustificazioni per i luoghi comuni, le volgarità e la totale mancanza di umorismo intelligente. Ma stavolta neanche la francofilia di gran parte del nostro cinema basterebbe a salvare un film che sotto le altissime e ambiziosissime pretese di presentarsi come un prodotto quasi filosofico, finisce con l'essere una pellicola piatta, incolore e che sembra vecchia di almeno cinquant'anni, tanti sono i cliché e le scelte patriarcali che vi sono inseriti in mezzo.

Per carità, Qualcosa di troppo non vuole essere un prodotto sociologico, un trattato femminista o un manifesto politico di cose che devono cambiare. E' comunque una commedia, fatta per intrattenere. Ma quando la regista – che è sempre Audrey Dana – infiocchetta la sua pellicola come se fosse una riflessione sulla posizione della donna di oggi e, soprattutto, sull'uguaglianza tra i due sessi – come nella scena, insipidissima, in cui alcuni operai si lamentano della mancanza di giustizia nel vedere i propri figli lasciati sempre alla madre – è lecito fermarsi a riflettere su questi aspetti della narrazione. In qualcosa di troppo gli uomini sono tutti – tutti! – guidati dall'organo genitale, sono tutti divorziati, tutti incapaci di stare anche solo a sentire una donna. E per quel che riguarda il genere femminile, la regista lascia passare il messaggio – vetusto, e quasi offensivo – che per avere successo nella vita bisogna essere un uomo. Non comportarsi come tale (che sarebbe già orribile, come messaggio di fondo), ma esserlo. La protagonista non impara niente dalla sua avventura: non percorre una strada di comprensione, di accettazione di se. Nonostante le scene finali, molto tirate, sembrino mirare proprio a dare questo contentino conclusivo, in realtà Qualcosa di troppo sembra voler dire alle donne che se voglio avere successo in qualsiasi ambito, devono essere uomini. Anacronistico, no?

Ma al di là di queste riflessioni di stampo più sociale, il problema di Qualcosa di troppo è che, anche come commedia, non funziona affatto. Eccezion fatta per il personaggio del ginecologo, macchiettistico al punto giusto da strappare qualche risata, il resto è una sequela di situazioni che fanno innervosire più che divertire, che sono vecchie e già viste e che lasciano lo spettatore seduto sulla sua poltrona, freddo e distaccato. Evitabile.

Valutazione di Erika Pomella: 5 su 10
Qualcosa di Troppo
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