Ballata dell'odio e dell'amore
Ballata dell'odio e dell'amore

Recensione Ballata dell’odio e dell’amore


Recensione della commedia drammatica Ballata dell'odio e dell'amore di Alex De La Iglesia, vincitrice del leone d'argento a Venezia '67 che a due anni dalla realizzazione arriva nei cinema italiani. Pieno di rimandi, balada triste de trompeta è uno spettacolo pirotecnico entusiasmante e divertente.
Voto: 9/10

Arriva finalmente nelle sale italiane Ballata dell’odio e dell’amore, il film che ha portato il suo regista, Alex De La Iglesia, a vincere il leone d’argento alla 67a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, dove balada triste de trompeta – questo il titolo originale – fu presentato in anteprima. A più di due anni di distanza dalla sua realizzazione, il capolavoro pulp e sanguinolento di De La Iglesia è pronto a sbarcare nei cinema nostrani, grazie a Lucky Red che ha riesumato questa pellicola incredibile dal probabile oblio cui, problemi economici e strane strategie di distribuzione, l’avrebbero destinata.

Il film si apre in piena guerra civile spagnola: uno spettacolo circense viene interrotto bruscamente dall’arrivo di un gruppo di militanti pronti ad arruolare qualsiasi uomo possa essere utile alla causa repubblicana. Tra questi c’è un pagliaccio che, davanti agli occhi del figlio Javier, viene armato di un machete e poi gettato in mezzo alla mischia. Tra le linee nemiche il clown riesce ad uccidere un intero plotone con l’uso del machete e delle mani nude. L’esplosione di violenza lo porterà, poi, in un istituto di sanità mentale. Molti anni dopo, quando il regime di Franco è ormai una realtà, Javier (Carlos Areces) si unisce ad un piccolo circo nei panni del Pagliaccio Triste. Qui si innamora della bella trapezista Natalia (Carolina Bang), fidanzata con il Pagliaccio Tonto dello spettacolo Sergio (Antonio De La Torre), un uomo arrogante, maschilista e violento. Il triangolo amoroso che in poco tempo si viene a creare porterà infine ad una girandola di violenza inaudita.

Non è un film facile, quello di Alex De La Iglesia: con i suoi toni esagerati e le facce grottesche dei suoi personaggi, Ballata dell’odio e dell’amore è un film che in nessun caso può lasciare indifferenti. Che lo si ami o lo si odi è pressochè impossibile smettere di guardare lo spettacolo pirotecnico di morte e mutilazioni che il regista spagnolo mette in scena. Premiato a Venezia nell’anno della presidenza di Quentin Tarantino, la pellicola è uno show pulp portato all’apice estremo, dove sangue e humour nero vanno di pari passo nella creazione di un sottotesto che mira a parlare di realtà ben solide nell’immaginario collettivo che trova in alcune immagini dal grande impatto visivo la sua forza maggiore. Va ricordata, in questo senso, la scena in cui Javier, fatto prigioniero dall’esercito franchista, viene trasformato in una sorta di cane da traino per poi mordere la mano al Generalissimo. La dittatura di Franco, agli occhi del regista, è una dittatura che annichilisce, che trasforma in bestie, che elimina l’umanità da personaggi ormai allo sbaraglio, che trovano sono nell’iperbole e nell’esagerazione del circo un modo per sfuggire ad un destino mesto. Al di là, comunque, dei richiami all’attualità o al passato storico di un paese ricco come la Spagna, Ballata dell’odio e dell’amore affascina per il suo essere una storia senza speranza, disperata sin dai primi minuti, che ben si rispecchia nell’immagine inquietante di un Pagliaccio Triste, per il quale lo spettatore si scoprirà a provare sentimenti discordanti, come in un viaggio allucinogeno all’interno della più disturbata delle psiche.

Al centro della narrazione c’è una storia d’amore sui generis, dove due uomini combattono – è il caso di dirlo – fino all’ultimo sangue per conquistare il cuore di una donna che, lungi dall’essere la creatura amorevole e servizievole che un maschilista come Sergio anela, si scopre essere una vipera, una donna crudele che porta distruzione ovunque posi gli occhi. Il nero portato dalla dittatura di Franco, che ha privato Javier della sua infanzia, è un nero che trova terreno fertile in quella zona d’ombra insito in ogni essere umano, che Alex De La Iglesia esplora in tutte le sue brutture, con grande coraggio, arrivando così a dirigere un film che, pur nei suoi difetti d’eccesso, è talmente ben riuscito da sfiorare il capolavoro. Pieno di rimandi – ci sono omaggi a Fellini e alla filmografia di Tim Burton, oltre alle atmosfere che tanto piacciono a Tarantinobalada triste de trompeta è uno spettacolo pirotecnico entusiasmante e divertente, che però lascia ben visibile la cifra stilistica del suo regista, che non si nasconde mai dietro la sua arte, rimanendo ben visibile anche al di qua della macchina da presa.

Valutazione di Erika Pomella: 9 su 10
Ballata dell’odio e dell’amore
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