

Recensione La collina dei papaveri
Recensione del film di animazione La collina dei papaveri, opera seconda di Goro Miyazaki nel quale dimostra tutto il suo talento e conferma di essere il degno successore di suo padre Hayao. Il film ci racconta di un Giappone che si sta ri-modernizzando e inizia ad essere uno degli Stati più importanti a livello mondiale.
di Giorgia Tropiano / 27.10.2012 Voto: 7/10
La collina dei papaveri è l’opera seconda di Goro Miyazaki, figlio del più famoso Hayao, realizzata dopo I racconti di Terramare del 2006. La pellicola è prodotta dallo Studio Ghibli e la storia è tratta da un manga giapponese illustrato da Chizuru Takahashi e scritto da Tetsurō Sayama nel 1980, intitolato allo stesso modo del film. La realizzazione ha subito forti rallentamenti a causa del terremoto che ha colpito il Giappone nel 2011, tuttavia si è cercato di contenere il più possibile i danni e il film è uscito nella sale giapponesi nell’estate dello stesso anno. A novembre la pellicola è stata presentata in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma del 2011 e dopo un anno da quella proiezione esce finalmente nelle sale italiane.
La storia è ambientata nel 1963 a Yokohama e racconta le vicende di due giovani studenti, Umi e Shun, di come si sono conosciuti e di come si sono amati sin da subito. Umi è orfana di padre, comandante di una nave affondata durante la guerra contro la Corea, e vive con la nonna e i fratelli, perché la madre è spesso all’estero per lavoro. Un giorno Umi conosce Shun, responsabile del giornalino scolastico e decide di aiutarlo nella sua attività dato che il ragazzo è ferito ad una mano. Nel frattempo l’edificio dove si svolgono le attività extrascolastiche, noto come Il Quartiere Latino, sta per essere abbattuto perché considerato un vecchio edificio; per salvarlo Umi e Shun collaborano insieme alla sua ristrutturazione. Questa vicinanza li porta a conoscersi meglio e ad innamorarsi. Ma ben presto il passato si va avanti e diventa un ostacolo alla loro felicità.
Il film ci racconta di un Giappone che, a un anno dai giochi olimpici che ha ospitato nel 1964, si sta rimodernizzando e inizia la sua ascesa che lo porterà ad essere uno degli Stati più importanti a livello mondiale, dopo la fine della guerra coreana. Questa cosa appare chiara, anche se in una realtà piccola, nella scuola di Umi e Shun, dove il vecchio vuole essere sostituito con il nuovo e ciò crea delle spaccature all’interno degli studenti, tra chi è pronto a sposare i nuovi valori di modernità e chi invece si sente ancora legato alle tradizioni e al passato, come i due giovani protagonisti.
Con La collina dei papaveri, Goro Miyazaki dimostra tutto il suo talento e conferma di essere il degno successore di suo padre, anche se la strada da fare prima di raggiungere i livelli paterni è tanta, ma la capacità c’è e si vede. Come evidenti sono anche gli insegnamenti e le influenze di Hayao, dall’attenzione data ai giovani che si danno da fare e lottano per raggiungere i propri obiettivi, all’importanza riservata alla natura che ci circonda (basti leggere il titolo del film) fino alla riproposizione dei vecchi valori portati avanti dalle generazioni passate e tramandate a quelle future. La tecnica d’animazione è perfettamente fedele a quella dello Studio Ghibli, semplice, luminosa, colorata e coinvolgente. Così come le musiche, sempre perfette nel descrivere il momento o la stato d’animo di ciò che le immagini ci mostrano. Sicuramente non siamo davanti ad un capolavoro e siamo lontani dalla visionarietà e dalla poesia di Hayao ma La collina dei papaveri è comunque un ottimo film d’animazione.