La collina dei papaveri
La collina dei papaveri

Recensione La collina dei papaveri


Recensione del film di animazione La collina dei papaveri, opera seconda di Goro Miyazaki nel quale dimostra tutto il suo talento e conferma di essere il degno successore di suo padre Hayao. Il film ci racconta di un Giappone che si sta ri-modernizzando e inizia ad essere uno degli Stati più importanti a livello mondiale.
Voto: 7/10

La collina dei papaveri è l’opera seconda di Goro Miyazaki, figlio del più famoso Hayao, realizzata dopo I racconti di Terramare del 2006. La pellicola è prodotta dallo Studio Ghibli e la storia è tratta da un manga giapponese illustrato da Chizuru Takahashi e scritto da Tetsurō Sayama nel 1980, intitolato allo stesso modo del film. La realizzazione ha subito forti rallentamenti a causa del terremoto che ha colpito il Giappone nel 2011, tuttavia si è cercato di contenere il più possibile i danni e il film è uscito nella sale giapponesi nell’estate dello stesso anno.  A novembre la pellicola è stata presentata in anteprima al Festival Internazionale del Film di Roma del 2011 e dopo un anno da quella proiezione esce finalmente nelle sale italiane.

La storia è ambientata nel 1963 a Yokohama e racconta le vicende di due giovani studenti, Umi e Shun, di come si sono conosciuti e di come si sono amati sin da subito. Umi è orfana di padre, comandante di una nave affondata durante la guerra contro la Corea, e vive con la nonna e i fratelli, perché la madre è spesso all’estero per lavoro. Un giorno Umi conosce Shun, responsabile del giornalino scolastico e decide di aiutarlo nella sua attività dato che il ragazzo è ferito ad una mano. Nel frattempo l’edificio dove si svolgono le attività extrascolastiche, noto come Il Quartiere Latino, sta per essere abbattuto perché considerato un vecchio edificio; per salvarlo Umi e Shun collaborano insieme alla sua ristrutturazione. Questa vicinanza li porta a conoscersi meglio e ad innamorarsi. Ma ben presto il passato si va avanti e diventa un ostacolo alla loro felicità.

Il film ci racconta di un Giappone che, a un anno dai giochi olimpici che ha ospitato nel 1964, si sta rimodernizzando e inizia la sua ascesa che lo porterà ad essere uno degli Stati più importanti a livello mondiale, dopo la fine della guerra coreana. Questa cosa appare chiara, anche se in una realtà piccola, nella scuola di Umi e Shun, dove il vecchio vuole essere sostituito con il nuovo e ciò crea delle spaccature all’interno degli studenti, tra chi è pronto a sposare i nuovi valori di modernità e chi invece si sente ancora legato alle tradizioni e al passato, come i due giovani protagonisti.

Con La collina dei papaveri, Goro Miyazaki dimostra tutto il suo talento e conferma di essere il degno successore di suo padre, anche se la strada da fare prima di raggiungere i livelli paterni è tanta, ma la capacità c’è e si vede. Come evidenti sono anche gli insegnamenti e le influenze di Hayao, dall’attenzione data ai giovani che si danno da fare e lottano per raggiungere i propri obiettivi, all’importanza riservata alla natura che ci circonda (basti leggere il titolo del film) fino alla riproposizione dei vecchi valori portati avanti dalle generazioni passate e tramandate a quelle future. La tecnica d’animazione è perfettamente fedele a quella dello Studio Ghibli, semplice, luminosa, colorata e coinvolgente. Così come le musiche, sempre perfette nel descrivere il momento o la stato d’animo di ciò che le immagini ci mostrano. Sicuramente non siamo davanti ad un capolavoro e siamo lontani dalla visionarietà e dalla poesia di Hayao ma La collina dei papaveri è comunque un ottimo film d’animazione. 

Valutazione di Giorgia Tropiano: 7 su 10
La collina dei papaveri
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